Prolegomeni al Grande Reset

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immagine simbolo del Grande Reset

Due parole sul “GRANDE RESET” senza nessuna pretesa di salire in cattedra. Non sono un professore di economia o di filosofia, non sono proprio un professore. Sono un cittadino con alle spalle buoni studi di sociologia che ha letto molto sull’argomento. Mi permetto perciò di offrire alcuni spunti, utili a capire in generale cosa si debba intendere per Grande Reset.
Chi ha seguito il pensiero espresso a tal riguardo da Carlo Freccero dovrebbe già avere un’idea dell’argomento, ma io preferisco partire, per così dire, dalle basi e dalle dichiarazioni di intenti. Quindi trovo utilissimo cominciare con una citazione di Wikipedia, che fa capire, se mai ce ne fosse bisogno, che il Grande Reset non è un’invenzione complottista.
“Il Grande Reset (Great Reset) è una proposta del World Economic Forum (WEF) per ricostruire l’economia in modo sostenibile dopo la pandemia di COVID-19. È stato presentato nel maggio 2020 dal principe Carlo di Galles e dal direttore del WEF Klaus Schwab. Le componenti fondamentali della proposta sono le seguenti: la prima consiste nel creare le condizioni per una “economia degli stakeholder” o portatori di interesse, si intende un’economia basata su coloro che hanno interesse ad acquistare i prodotti o aderire al progetto; la seconda comprende la costruzione del futuro in un modo più “resiliente, equo e sostenibile”, basato su metriche ambientali, sociali e di governance, che comprenderebbero progetti di infrastrutture pubbliche più verdi. La terza componente è “sfruttare le innovazioni della Quarta Rivoluzione Industriale” per il bene pubblico. Nel discorso di apertura, la direttrice del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, ha elencato tre aspetti chiave della risposta sostenibile: crescita verde, crescita più intelligente e crescita più equa. Il GR (abbrevio così d’ora in avanti il Grande Reset) si pone quindi l’obiettivo di migliorare il capitalismo rendendo gli investimenti più orientati al progresso reciproco.”
Entrando nel merito di questa descrizione mi sembra importante sottolineare i seguenti punti:

  • Il GR punta allo sviluppo di un’economia basata su coloro che hanno interesse ad acquistare i prodotti
  • Il GR si propone la costruzione di una crescita più resiliente, equa e sostenibile (questo riguarda tutto il progetto sulla green economy e su un’economia che cresca compatibilmente col rispetto dell’ambiente. Avremo modo di approfondire quanto di ingannevole c’è in questa dichiarazione di intenti).
  • Il GR punta a sfruttare le innovazioni della Quarta Rivoluzione Industriale per il bene pubblico (anche qui sarà opportuno capire cosa si debba intendere per l’una e per l’altro).
    Il primo punto mette subito in evidenza qual’è l’esigenza prioritaria del GR. Garantire la tenuta del sistema economico capitalista-neoliberista fondato sull’acquisto dei prodotti e sulla circolazione globale delle merci. Ne consegue che l’impianto economico alla base del GR è la crescita costante dei consumi (cosa del resto già perseguita da decenni, non c’è giorno in cui gli organi di informazione non ci ricordino quanto sia importante riprendere il cammino della crescita…) e la messa in atto di tutti gli incentivi e tutte le condizioni che possano favorire il consumo delle merci, specie quelle su cui più puntano gli stessi produttori. Faccio notare che questo obbiettivo taglia fuori qualsiasi riflessione etica su come orientare i consumi. Ad esempio è davvero opportuno consumare massivamente carni macellate? E’ utile ad una pienezza di vita inseguire gli ultimi ritrovati dell’industria tecnologica? Siamo certi di voler continuare a puntare sulla mobilità privata? Nell’impostazione che sta alla base del GR non ci può essere spazio per una riflessione su cosa determini la qualità della vita, prevale nettamente l’impostazione mercantilista. In quest’ottica anche la ricerca di una salute durevole non verrà affidata ad un’impostazione preventiva (stile di vita, corretta alimentazione, ricchezza di relazioni interpersonali, ruolo fondamentale del tempo libero, ecc), ma piuttosto alla ricerca farmacologica che metterà a punto nuovi farmaci al presentarsi di ogni insorgenza sanitaria. La medicalizzazione della società è sicuramente più funzionale all’innalzamento del PIL !
    Il secondo punto insiste sulla resilienza, intesa come capacità di adattamento agli elementi di disturbo che possono intervenire nel tempo. Ad esempio un progetto economico è resiliente se capace di adattarsi alle mutate condizioni di mercato. In un certo senso è la scoperta dell’acqua tiepida. Si usa un termine di moda per sottolineare un’accortezza che le imprese hanno sempre avuto. Sulla sostenibilità ci sarebbe bisogno di soffermarsi nel dettaglio. Faccio prima a rimandarvi ad un mio precedente articolo pubblicato su DFSN dove tra l’altro è ben indicata la definizione di sostenibile indicata da Herman Daly (Lessico familiare: tre parole da cancellare – Decrescita Felice Social Network). Dal mio punto di vista oggi non esiste alcunché di realmente “sostenibile”, ma solo pratiche virtuose, per altro poco apprezzate, che possono rallentare il degrado e il processo entropico.
    Sull’equità c’è poco da dire. Gli ideatori del GR sono ben consapevoli che non esiste società più iniqua dell’attuale, sanno perfettamente che la forbice reddituale si è allargata a dismisura e lanciano un vuoto appello per una maggiore equità. Una dichiarazione di intenti priva di qualunque “governance”, tanto per usare un altro termine di moda che piace molto agli amministratori della cosa pubblica.
    Il terzo punto tira in ballo la “Quarta Rivoluzione Industriale”.
    Per comprendere cosa sia la Quarta Rivoluzione Industriale usiamo le parole del direttore del World Economic Forum, Klaus Schwab, uno degli ideatori del Grande Reset.
    Nella quarta rivoluzione industriale i confini tra “sfere fisiche, digitali e biologiche” si sono sfumati e questa rivoluzione già in atto oggi, iniziata con la rivoluzione digitale a metà del 1900, è “caratterizzata da una fusione di tecnologie”. Questa fusione di tecnologie include “campi come l’intelligenza artificiale, la robotica, l’Internet of Things, i veicoli autonomi, la stampa 3-D, la biotecnologia, la scienza dei materiali, l’accumulo di energia e il calcolo quantistico.”
    Qui entriamo nel campo così caro al nostro ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, un campo delicatissimo che riguarda il futuro dell’uomo e il rapporto tra l’uomo e l’intelligenza artificiale, l’uomo e la macchina. Persone come Schwab e Cingolani sono degli entusiasti della ricerca scientifica a prescindere dalle sue finalità, entusiasti della digitalizzazione a prescindere dalla sua pervasività, entusiasti delle biotecnologie e delle nanotecnologie a prescindere dai rischi e dalle possibili nefaste conseguenze. Il discorso si estende inevitabilmente al TRANSUMANESIMO e andrà visto nel dettaglio. Soprattutto, questa è una tematica che non si può affrontare separandola da una riflessione etico-filosofica, ma l’epistemologia, parte importante della filosofia della scienza, risulta solitamente molto indigesta ai tecnocrati ad oltranza.
    BREVE E PROVVISORIA CONCLUSIONE:
    Quello che ho esposto sopra dovrebbe far comprendere come il Grande Reset è un piano elaborato da chi detiene il potere per rendere compatibile il mantenimento dello stesso a dispetto dei dissesti ambientali, economici e sanitari che il sistema capitalista-liberista ha creato nel tempo. Poiché in nessun modo viene presa in considerazione la possibilità di cambiare il modello sociale, ciò su cui si punta è solo un progetto di restyling dove, nella migliore delle ipotesi, si cercherà anche di correggere alcune storture.
    Per dirla alla Tomasi di Lampedusa si vuol fare intendere che tutto cambi perché in realtà nulla cambi davvero.
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Avevo 60 anni quando ho cominciato a collaborare a questo blog, ora qualcuno in più. Mi occupo prevalentemente di musica, ma anche di informatica e di grafica web. La mia è una formazione umanistica (liceo classico, Scienze Politiche, Sociologia). Ho collaborato a lungo all'informazione e alla produzione di trasmissioni cultural-musicali di una nota emittente bolognese. Conosco il pensiero e le opere di Serge Latouche ed ho cominciato ad interessarmi con passione e continuità ai temi della decrescita dopo la lettura di "Entropia" di Jeremy Rifkin (10 anni fa). Vorrei contribuire, nel mio piccolo, ad arricchire queste tematiche e a dare una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

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