Umanesimo o barbarie?

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Madmax
Madmax (Mel Gibson) in un mondo post-catastrofe

Dopo un mese di emergenza coronavirus diventa inderogabile aprire una riflessione sul futuro: 480.000 contagiati nel mondo, 21.600 morti, 7500 solo in Italia (dati Johns Hopkins University delle ore 12 del 26 marzo 2020) sono cifre che fanno pensare.
Per quanto possa sembrare cinico affermarlo, non è tanto il danno in termini di perdite di vite umane che getta un’ombra scura sul futuro, quanto piuttosto il crollo di tutte le nostre certezze relative all’economia, allo sviluppo, alla libera circolazione delle merci e delle persone, all’Europa di Schengen, alle consolidate alleanze del patto Nato, ai delicati equilibri tra Stati Uniti e Russia, tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud del mondo.
Certamente esiste anche un’incertezza di natura epidemiologica. Quando cesserà la pandemia? Cesserà veramente e definitivamente? E se sì, in che modo? Per una raggiunta immunità di gregge? Per la scoperta di una cura antivirale di sicuro effetto? Per un vaccino contro il coronavirus di efficacia comprovata? Per queste ultime domande, la comunità scientifica non ha al momento risposte certe. Alcuni virologi, tra questi la nostra Ilaria Capua, propendono più per una futura convivenza non traumatica col morbo, tipo quella che esiste ora per il virus del raffreddore o per quello dell’influenza (quest’ultimo da considerare però nella sua oggettiva pericolosità).
Ma l’incertezza più preoccupante non riguarda la sfera della salute, quanto piuttosto quella dell’economia.
La domanda che è doveroso porsi è: quale e quanto grande sarà il danno economico del dopo virus? Quante imprese falliranno? Quanti artigiani dovranno chiudere bottega? Quanti gestori di attività legate al ristoro e al turismo non ce la faranno a rialzarsi in piedi? Che contrazione avremo nella domanda globale di beni di consumo? Quanto calerà la possibilità e la propensione ai viaggi, ai grandi spostamenti, che contrazione subirà l’industria mondiale del turismo?
Se rapportiamo questi interrogativi all’Italia, un paese che già viveva, per così dire, sopra le righe e molto bisognoso degli introiti del turismo, risulterà chiaro che non ci attendono anni di prosperità.
Si potrebbe considerare, per vedere il bicchiere mezzo pieno, che un ridimensionamento dei consumi e degli spostamenti, fatta salva la possibilità di vivere dignitosamente pur in una drastica riduzione delle risorse, va nella direzione di un risanamento ambientale e di un recupero di valori primari, meno fatui e più legati ad una convivialità semplice ed essenziale. In un certo senso, potremmo dire che un siffatto sconvolgimento sarebbe terreno ideale per affermare i valori della decrescita e farli comprendere, obtorto collo, ad una vasta platea.
In realtà, a ben vedere, questo terremoto che sta sconvolgendo l’intero pianeta apre due possibili scenari sul futuro. Uno ottimistico improntato alla nascita di un nuovo umanesimo e uno pessimistico che ci proietta nella barbarie.
Parlando di Umanesimo, è opportuno comprendere l’accezione che diamo a questa parola.
Non ci si riferisce certo all’Umanesimo letterario nato nel Rinascimento e propugnato da scrittori come Petrarca e Boccaccio, nemmeno al “Discorso sulla dignità dell’uomo” di Pico della Mirandola e nemmeno al pensiero dell’umanista olandese Erasmo da Rotterdam, sebbene queste radici storico-letterarie hanno un loro ruolo nella ridefinizione di Umanesimo.
Il concetto di “Nuovo Umanesimo” trova le sue basi ideologiche nel pensiero del filosofo e pedagogista Edgar Morin, l’autore del volume Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione. Morin ha usato l’espressione “nuovo umanesimo” a proposito della necessità del genere umano di tornare a quell’umanesimo, concetto di origini rinascimentali, che rimette al centro l’uomo e le sue naturali inclinazioni, contro le storture (medievali all’epoca) del capitalismo sfrenato, oggi. Per capirci il nuovo umanesimo pone al centro l’esigenza di cooperazione e solidarietà tra i popoli, garanzia di equità ed equilibrio in epoca normale, ancor più nei periodi di straordinaria emergenza come quelli attuali.
Il premier Conte ha spesso fatto ricorso nei suoi discorsi all’esigenza di un nuovo umanesimo come concetto guida per la rifondazione di un’Europa attenta al bene e alla prosperità dei cittadini di tutti gli stati che ne fanno parte.

Cosa sia la possibile Barbarie all’orizzonte, credo sia invece facile da intuire. E’ una condizione di vita caratterizzata dalla perdita di civiltà e di cultura e dal prevalere della forza sulla ragione. Si cede alla barbarie quando si sfruttano posizioni di privilegio economico o di predominio bellico per fare gli interessi di una parte a scapito di un’altra.
L’emergenza coronavirus sta creando (e ancor più creerà nel tempo) le condizioni favorevoli ad una nuova barbarie.
Già nelle prime dichiarazioni di Boris Johnson a inizio pandemia (dichiarazioni per ora rientrate) si scorgevano segni inequivocabili di barbarie. Non fermare la produzione in Inghilterra a scapito di un prezzo alto da pagare in termine di decessi altro non era che una strategia per arrivare a fine pandemia con le ossa (economiche) non rotte o comunque meno rotte di quelle dei competitor.
L’avversità di Olanda e Germania all’emissione di eurobond è un altro segnale di voler far razza per conto proprio, nella logica del ‘si salvi chi può, non voglio farmi carico delle difficoltà economiche degli altri paesi d’Europa’
Non si pensi che queste volontà di supremazia economica siano meno violente o meno barbare rispetto a quelle di un predominio di tipo bellico-militare. Sono semplicemente l’altra faccia della medaglia e inglobano lo stesso tasso di violenza.
Anche la Cina, uscita a quanto pare per prima dall’emergenza coronavirus, dovrà rivelarsi capace di non sfruttare a suo esclusivo vantaggio la rendita di posizione acquisita. Saprà non cedere alla tentazione ?
E chi invece dovrà rivedere i propri piani di sviluppo e prosperità, come gli Stati Uniti, saprà resistere alla tentazione di non ricorrere all’arma bellica per riequilibrare i rapporti di forza?
Questi sono gli interrogativi che si prospettano e questo è il campo della sfida tra Umanesimo e Barbarie .
Per chi fare il tifo è scontato, ma non dimentichiamo che la storia dell’uomo è cosparsa di cadute nella barbarie, dalla persecuzione degli ebrei per volontà del faraone, alle crociate che portarono morte e distruzione in Terrasanta, alla crociata contro gli Albigesi bandita da Papa Innocenzo III, ai 16 milioni di morti e 20 milioni di feriti e mutilati della Grande Guerra, per arrivare allo sterminio razzista della Germania hitleriana e agli omicidi di massa del terrorismo di matrice islamica.
Insomma il prevalere di un nuovo Umanesimo non si può affatto dare per scontato.

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Avevo 60 anni quando ho cominciato a collaborare a questo blog, ora qualcuno in più. Mi occupo prevalentemente di musica, ma anche di informatica e di grafica web. La mia è una formazione umanistica (liceo classico, Scienze Politiche, Sociologia). Ho collaborato a lungo all'informazione e alla produzione di trasmissioni cultural-musicali di una nota emittente bolognese. Conosco il pensiero e le opere di Serge Latouche ed ho cominciato ad interessarmi con passione e continuità ai temi della decrescita dopo la lettura di "Entropia" di Jeremy Rifkin (10 anni fa). Vorrei contribuire, nel mio piccolo, ad arricchire queste tematiche e a dare una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

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