Nell’analisi delle vicende riguardanti l’automobile ritroviamo il modo di funzionamento della società occidentale. L’auto nasce agli inizi del novecento e sicuramente costituisce una grande innovazione tecnica dalle enormi prospettive socio economiche. L’automobile aumentò le possibilità di spostamento degli individui rivoluzionando in un tempo relativamente breve il trasporto privato. Innegabilmente in principio l’automobile costituì un fattore positivo per la società essa infatti costituiva un mezzo di trasporto in più da utilizzare nel modo migliore. Ben presto però il fattore economico prese il sopravvento e i costruttori di automobili sperarono, a ragione, di potere vendere una automobile ad ogni famiglia. In breve tempo le strade delle città occidentali sono state invase dalle automobili con tutte le conseguenze nefaste che ciò comporta: inquinamento, traffico, morti per incidenti stradali. C’è da dire che i sogni dei costruttori di automobili sono stati superati dalla realtà: in Italia c’è quasi un automobile per abitante compresi vecchi e bambini e vi sono regioni come la Lombardia dove c’è 1,6 automobile per persona.
Oggi, dopo circa una quarantina d’anni di dibattiti si è realizzato in modo definitivo che l’auto costituisce un problema (problemino!) e si stanno adottando provvedimenti per tenere le auto lontane dai centri cittadini oramai al limite del collasso. I provvedimenti si rivelano essere pagliativi poco incisivi perché non ci si vuole mettere contro le società automobilistiche che in un tempo di crisi continuano a dare lavoro; negli ultimi giorni anzi si è tornato a parlare di incentivi! Una soluzione potrebbe essere quella di lasciare che le case automobilistiche producano quante auto vogliono ma che se le tengano nei loro autoparchi.
Mi viene così facile immaginare una città senza automobili private con efficienti bus a metano che scorrazzano senza intoppi dovuti al traffico e con altissima frequenza di passaggio, persone che si spostano in bicicletta senza il rischio di essere asfaltati; treni e aerei che ci trasportano da una città all’altra. Invece continuiamo a vendere automobili perché i sindacati ci parlano delle centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio mentre in realtà tutto ciò non fa che ingrassare le case automobilistiche e le multinazionali del petrolio (ossia le 20-30 persone che da esse ricavano profitti stratosferici…i cosiddetti: cavalieri del lavoro!).
Milioni di persone si avvelenano per arricchirne poche decine..questa è l’ETICA DEL PROFITTO!
Davvero una bella riflessione, puntuale e incisiva.
Il mio modesto parere è che difficilmente, allo stato attuale dell’economia nazionale, lo Stato potrà prendere seri provvedimenti per disincentivare l’acquisto e l’uso della macchina nelle città. Le automobili sono una fonte di guadagno anche per le casse pubbliche: bollo, assicurazioni, benzina (con le relative accise), etc; una enorme fonte di reddito, garantito e quasi a costo zero (perché tutto il peso è spostato sul cittadino che acquista la macchina). D’altro canto, è anche vero che si potrebbe riconvertire il modello produttivo delle industrie automobilistiche, indirizzandolo verso una mobilità verde (biciclette, bus a metano o elettrici) capace di non disperdere la forza-lavoro che, altrimenti, gonfierebbe il numero dei disoccupati già altissimo.
Le singole possono e devono essere le promotrici di questo (tanto atteso) cambiamento! Ma anche a livello politico è necessario fare il (difficile) passo di rinuncia a una mobilità obsoleta e altamente nociva per i cittadini, a beneficio di una migliore vivibilità urbana.
L’auto privata con motore a scoppio è un vero insulto alla termodinamica: il suo rendimento è pessimo.
Ved. http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=44179