Super Lega o sulla secessione dei ricchi

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Dopo anni di minacce, i più grandi club calcistici alla fine l’hanno fatto davvero: hanno creato la famigerata Super Lega, una sorta di campionato europeo ristretto ai fondatori, dove i soldi superano definitivamente qualsiasi merito sportivo guadagnato sul campo. Il primo presidente della nuova creatura, il patron del Real Madrid Florentino Perez, ha annunciato l’inizio della competizione il prima possibile, forse già a partire da agosto.

La crisi economica e finanziaria provocata dal Covid ha accelerato la realizzazione del progetto, che per ora ha incontrato la netta resistenza (almeno a parole) di UEFA, FIFA e alcuni governi, che minacciano l’esclusione dai campionati nazionali e dai mondiali di tutti i soggetti coinvolti. Molto interessante la dichiarazione del presidente della Juventus Andrea Agnelli, che da anni caldeggia il calcio in versione circolo privato: “I 12 Club Fondatori hanno una fanbase che supera il miliardo di persone in tutto il mondo e un palmares di 99 trofei a livello continentale. In questo momento critico ci siamo riuniti per consentire la trasformazione della competizione europea, mettendo il gioco che amiamo su un percorso di sviluppo sostenibile a lungo termine, con un meccanismo di solidarietà fortemente aumentato, garantendo a tifosi e appassionati un programma di partite che sappia alimentare il loro desiderio di calcio e, al contempo, fornisca un esempio positivo e coinvolgente”.

Trovo molto significativi i riferimenti allo ‘sviluppo sostenibile a lungo termine’ e al ‘meccanismo di solidarietà fortemente aumentato’, in quanto rivelatori di una certa mentalità di fondo: quella per cui gli squali devono smettere di farsi la guerra e ‘solidarizzare’ in un percorso di sopravvivenza a spese di tutti i pesci più piccoli. Per la cronaca, la Juventus nelle ultime tre edizioni della Champions League è stata eliminata nell’ordine da Ajax, Lione e Porto, tutte formazioni escluse dalla Super Lega. Perché affrontare Davide quando sei Golia è facile, ma non farlo partecipare direttamente è ancora più semplice.

Tutto questo assomiglia po’ alla versione politicamente corretta di quel ‘capitalismo e avidità’ additato da Boris Johnson (che oggi però tuona contra la Super Lega) come ragione fondamentale del percorso britannico di liberazione dal Covid. Intendiamoci, la forza dei soldi è sempre esistita e la mitologia liberale della meritocrazia è sempre stata appunto un mito (specialmente nello sport più popolare al mondo), ma adesso viene abbandonato qualsiasi ritegno, le peggiori logiche corporative sono esibite in bella vista, eliminato ogni orpello formale.

Perez si è espresso in termini, se possibile, ancora più spudorati di quelli di Agnelli. In fondo, però, si è limitato a ripetere i refrain che i vari i pezzi grossi dell’economia globale ripetono oramai da qualche decennio come dischi rotti:

  • i cambiamenti che proponiamo, per quanto controversi e forieri di proteste, sono inevitabili, come la storia (quale storia?) dimostra;
  • il nostro arricchimento è per il bene collettivo (‘per salvare il calcio’, in questo caso);
  • vi daremo qualche grossa briciola della nostra torta e, se fate i bravi, qualcuno di voi sarà cooptato dal sistema

In tal senso, la Super Lega è anche la riproposizione sportiva dell’ideologia antidemocratica e neoaristocratica alla base del ‘governo dei competenti’ e iniziative simili, dove i ‘peggiori’ (cioé chi non appartiene alla ristretta oligarchia) devono sostanzialmente sparire o al più limitarsi a guardare (e a pagare, ovviamente). Dalla ‘ribellione dell’élite’ di cui parlava Christopher Lasch, siamo passati direttamente alla loro secessione.

Una élite globale che, alla maniera dei club calcistici europei (che sono in buona parte una loro espressione), immagina un mondo dove esistano solo loro e una massa totalmente amorfa e manipolabile di sempliciotti, non dissimile dai tifosi che foraggeranno il nuovo format, molto più simile a un reality show che a una competizione sportiva. Un mondo dove devono sparire gli equivalenti di Atalanta o Leicester, quello che è un po’ successo con la pandemia dove Amazon e i colossi del Web hanno rimpinguato i loro già estremamente lauti profitti ai danni di piccole e medie imprese, per quanto dinamiche e meritevoli.

Al di là dell’indignazione, tale scenario ci racconta comunque di un capitalismo che, privo di quella crescita continua indispensabile per la sua sopravvivenza, inizia ad cannibalizzarsi, alla maniera di un organismo vivente privo di cibo che, finite le riserve adipose, inizia a nutrirsi dei propri tessuti meno essenziali. In quest’ottica, la Super Lega è solo l’aspetto più visibile ed eclatante di un fenomeno molto più vasto e, soprattutto, dalle conseguenze decisamente più gravi. Proprio perché, da tempo, il calcio aveva smesso di essere uno sport.

PS: mentre scrivo, pare che il Manchester City si sia ritirato dalla Super Lega e che anche altre squadre inglesi siano intenzionate a farlo, specialmente Chelsea e Liverpool dopo le vibranti reazioni di protesta dei propri tifosi. Lo so che non si tratta del risveglio delle coscienze che servirebbe al nostro povero pianeta, ma a suo modo è un segno di vigore morale, per quanto decisamente distorto. Proprio perché, nel bene e nel male, si tratta del calcio.

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

3 Commenti

  1. Ho visto che questo articolo è datato 21 aprile, ma forse l’avevi scritto prima, perché come saprai la meteora superlega il 21 sera si era già spenta, 7 club si sono defilati e i restanti 5 hanno capito che non era il caso di insistere. Tuttavia il tuo articolo, anche se sorpassato dai fatti, mantiene una sua validità per il parallelismo che hai fatto tra élite del calcio ed élite tout court. Anche sul versante economico e politico assistiamo ad un tentativo di togliere di mezzo tutti gli intoppi ad una gestione del potere concentrata in poche mani, che mantiene però in piedi alcuni meccanismi di rappresentanza democratica dopo averli svuotati di ogni possibilità di incidere sulla realtà. Da questo punto di vista la vicenda Superlega un segnale ce lo dà. Il progetto è saltato per ora più per l’opposizione dimostrata con grande fermezza dai tifosi inglesi,
    pronti a levare il loro sostegno alla squadra del cuore, che per la condanna dei leader politici di Inghilterra, Francia, Germania e Italia. I ricchi del cacio erano già pronti ad andare ai materassi contro UEFA e FIFA se non si fossero resi conto di aver pestato una merda rischiando di perdere il supporto dei tifosi, perché alla fine i miliardi dei diritti televisivi e degli stadi pieni, nonché quelli dei vari sponsor, vengono dal pubblico partecipante, o in presenza o davanti a uno schermo.

  2. Un mattino arrivo al lavoro e un collega mi dice: “E’ nata la SUPERLEGA!”. “Cioè??” Gli rispondo io.
    Di punto in bianco nasce un enorme progetto destinato a rivoluzionare il mondo del calcio.
    Dopo due giorni il faraonico progetto era morto e sepolto.
    In mezzo gli unici eventi di rilievo sono stati appetitosi movimenti finanziari che hanno portato nelle tasche dei soliti personaggi che, beati loro, sanno le notizie al momento giusto (e sempre un pò prima degli altri) un bel pò di GRANO.
    Sono dell’idea che quella che sembra la conseguenza indiretta di questa “GROSSA CAZZATA” cioè le speculazioni di borsa siano in realtà l’OBIETTIVO PRINCIPALE.

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