Non passa giorno in cui non viene ribadito, attraverso i mezzi di informazione, il problema dell’aumento della disoccupazione e in particolare di quella giovanile. Il mondo intero vive il lavoro come un valore fondamentale su cui basare la vita di tutti e su cui organizzare l’intera società. Ma, al di la di quello che i mezzi di informazione continuano a ribadire e al di la di quello che tutti noi siamo arrivati a credere fermamente, il lavoro non è un bene per l’uomo e mai lo è stato. In varie lingue europee tra cui alcuni dialetti italiani il significato originario di questa parola si concentra sui suoi accenti più negativi: dolore (travaillé, trabajo), servitù (arbeit); un altro termine italiano per dire lavoro è travaglio dal latino tripalium (antico strumento di tortura). Il lavoro in sostanza è sempre stato considerato una “iettatura” per l’individuo. Nell’antichità il lavoro veniva svolto dagli schiavi e gli uomini liberi erano occupati a vivere la vita e a conoscere il mondo. Per qualcuno il lavoro è l’essenza dell’uomo, il modo con cui l’individuo si realizza nella vita e nel sociale. Ma io metterei quel qualcuno dentro una miniera o a raccogliere frutta sotto il sole di una calda e “fantastica” giornata di luglio….
Il problema fondamentale è che nella ideologia attuale – condivisa dalle masse, dai politici, dagli industriali, dai giornalisti…e condivisa in ogni parte del globo – il lavoro è il bene primario per l’individuo e per il gruppo sociale. Il lavoro è un bene di per se…al di là della retribuzione che da esso si ricava (per cui vediamo spesso persone protestare per essere state messe in cassa integrazione). Questo fa si che chi ce l’ha il lavoro non lo molla e mai è disposto a ridursi l’orario di lavoro.
Siamo ciechi di fronte all’evidenza del fatto che è inutile aumentare le dimensioni della torta se questa poi viene tagliata male e la gran parte finisce a pochi privilegiati e la gran massa delle persone deve dividersi una piccola porzione. Tutti continuano a parlare di crescita, crescita economica…facciamo la torta più grande….sbagliatissimo….la montagna di rifiuti sotto cui stiamo per essere seppelliti dimostra che la il tortone è già fin troppo grosso, il segreto è tagliarlo meglio.
Con troppa facilità subiamo il lavaggio del cervello per non sospettare una nostra complicità: i beni materiali ci allettano e non riusciamo a farne a meno e il sistema ha gioco facile ad addomesticarci come bestie da consumo. Per non dimenticare che la maggior parte di questi beni viene prodotto in zone del mondo dove l’inquinamento è arrivato a livelli inimmaginabili, dove le città sono seppellite sotto una coltre di smog e le persone camminano con le mascherine.
L’umanità e l’uomo con la sua ricchezza, la sua intelligenza i suoi sentimenti sono schiacciati da questa società a una dimensione quella economica che tutto invade e tutto devasta. Dopo due secoli e mezzo di “galoppo industriale e economico” è arrivato il momento di ritrovare l’uomo. Se in passato c’era l’uomo ma non c’erano le condizioni materiali per costruire una società di persone felici ora tutto ciò è possibile. Mettiamoci al lavoro!
Hai azzeccato il punto Diego, bell’articolo. Il problema è che il consumismo è diventato una droga, una specie di “soma” in grado di schiavizzare le persone e quando gli levi il lavoro (il mezzo per raggiungere questo soma), la gente impazzisce, anche perché ha ormai associato il lavoro al consumismo.
Abbiamo i mezzi (tecnologici) per progettare una società del benessere materiale in cui vi sia spazio anche per il vero ben-essere, ovvero quello umano.
Abbiamo i mezzi (tecnologici) … ma i mezzi dipendono da come si usano e che scopo gli si da. Ma non lo dico con pessimismo, anzi sono ottimista perchè penso che quando le società alternative alla civiltà occidentale troveranno maniere più efficienti di convivere a noi non resterà che adeguarci. Come la “commons economy” descritta da Raj Patel:
http://www.youtube.com/watch?v=CGvCbojStZI&feature=youtu.be
..caro Vincenzo le società alternative alla nostra hanno le gambe corte…l’ECONOMIA GLOBALE ha bisogno sempre più di spazi e di risorse….o facciamo qualcosa noi dall’interno o sennò…..
e’ da moltissimo tempo che la penso come Diego … le avvisaglie della situazione attuale c’erano gia da tempo e inoltre la crescita infinita non e’ possibile , occorre piuttosto una ridistribuzione della ricchezza ( che ce ne e’ ed anche molta , solo che e’ molto mal distribuita ) , e forse anche un modello di sviluppo che sia diverso da quello capitalistico : magari non si cambia dall’oggi al domani pero’ , piano piano , qualche passetto verso la direzione giusta si puo’ fare 🙂
…il problema è che molte cose sono date per scontate perchè “sono sempre andate così” ma la verità è che la società occidentale è TRAGICAMENTE PARADOSSALE; noi forse non ci accorgiamo di questo ma ci sono altre parti del mondo dove le NOSTRE ASSURDITA’ sono pagate a caro prezzo!
Sull’argomento consiglio di leggere anche quello che sta succedendo sul Protocollo di Investimenti sugli scambi Transatlantici o Trans-Atlantic Trade and Investment Protocol (TTIP):
http://www.euractiv.com/trade/ttip-challenged-environmental-cr-news-533794?utm_source=EurActiv%20Newsletter&utm_campaign=fc977ca8fe-newsletter_daily_update&utm_medium=email&utm_term=0_bab5f0ea4e-fc977ca8fe-245719885
Se approvato potrebbe consentire alle multinazionali di citare per danni gli stati sovrani che volessero opporsi alle loro attivita` ad esempio dannose per l’ambiente.
Abbiamo un grossissimo problema nel rapporto dell’uomo con il lavoro; il 99,9% delle persone è seriamente convinto che competere coi propri simili per avere l’occasione di consegnare a un’azienda qualunque i 9/10 del suo tempo di veglia, tempo durante cui nel 99,9% dei casi si è portati a danneggiare ALMENO uno tra l’ambiente, il nostro prossimo e noi stessi, e in cambio di cui si ricevono pezzi di carta con cui procacciarsi quello che ci spetterebbe di diritto in quanto esseri umani, sia il migliore dei mondi possibili.
E’ inutile sventolare bandiere, suonare fischietti o mettere la x sul simbolo di un partito qualunque quando vivi in mezzo a persone che venderebbero la mamma pur di poter trascorrere la loro vita a commettere ogni genere di efferatezza “perché il lavoro è lavoro” a 900 euro al mese.
Che poi, “creare lavoro” significa essenzialmente creare problemi. Se tu risolvi definitivamente un problema, nessuno potrà più lavorarci su e i posti di lavoro diminuiranno. Viceversa, se sganci una batteria di missili su un centro abitato hai creato migliaia di posti.
I discorsoni sull’amore e sulla sovranità rimangono aria fritta per quanto mi riguarda, fino a quando non si incomincia seriamente a riflettere sul fatto che non siamo ancora usciti nemmeno di un passo dal sistema schiavista-feudale, più potente che mai in quanto non c’è più bisogno di vincolare i servi con la coercizione ma sono le persone stesse ad essere disposte a battersi pur di potersi fare schiavizzare.
Lavoro gratuito, deformazioni e malattie professionali, concorrenza spietata, menzogne sono cose di cui la maggioranza non si lamenta; al contrario, SE NE VANTANO.
Io mi chiamo fuori. Questa storia mi ha davvero stancato, mi fa male, non ne posso più. 13 anni a ripetere a memoria interi libri senza imparare nulla, altri 5 anni a farmi fregare e sfruttare al lavoro senza imparare né guadagnare alcunché, altri 5 a spedire curriculum a gente che non sa leggere, sostenere colloqui con gente che non sa parlare e frequentare corsi inutili. Basta, ho dato quello che potevo e ora non ne ho più.
Da un anno a questa parte ho smesso di cercare lavoro. Non ho fatto mutui né figli, mi sposto a piedi, ho salvato tutti i vestiti anziché buttarli via ogni anno, al cibo e alla casa ci pensa mia madre e in cambio le riparo i computer, le cambio i sifoni e le pitturo le ringhiere. Fine della storia. Non avrò una vita avventurosa né ricca di prospettive ma almeno non devo mentire più a nessuno, non devo inquinare nulla, non devo farmi male né farmi umiliare. In un anno spendo quello che un operaio spende in una settimana. Le rughe sono sparite, i problemi di salute idem, mi guardo allo specchio e mi trovo bello.
Sono choosy, sono Neet, sono un bamboccione pantofolaio, sfigato e cocco della mamma, ma possiedo un tesoro che John Elkann non ha: IL TEMPO.
Emigrare in Cruccolandia? Ma non esiste. La mia generazione ha di quei “cervelloni” che non vorrei davvero che tedeschi e americani se li perdessero a causa mia. Cedo volentieri il passo; anzi, se lorsignori e le loro lauree in materie inesistenti scelgono l’ubicazione ove emigrare ce li porto io in braccio, a gratis, a “creare lavoro” per rispondere a “mercati” governati da “mani invisibili” e tutto quello che vogliono, solo per cortesia lontano da qui.
…ehi Dark sono con te! Siamo in presenza di una società di persone deliranti! Una società che valuta le cose secondo il valore del PROFITTO e nel farlo trita tutto ciò che gli si pone davanti…non siamo uomini ma ingranaggi di una macchina infernale che ha creato l’uomo stesso e che non riesce più a fermare..cerchiamo di tirarci fuori e provare a cambiare le cose…
Non sarà una grande consolazione, ma vedi un po’ se trovi qualcosa negli archivi di greenreport:
http://www.greenreport.it/green-lavoro/