Mi sembra inevitabile per ogni sostenitore della decrescita affrontare prima o poi il problema della crescita demografica e della sovrappopolazione, quindi fare i conti con l’esigenza di un contenimento di tale crescita, se non addirittura di un’inversione di tendenza. Così come da bravi sostenitori della decrescita accettiamo pacificamente una riduzione dei consumi (energetici e non solo), così come ci facciamo sostenitori della riduzione drastica di emissione di gas serra, non si vede perché non dovremmo sottoscrivere l’opportunità di contenere il numero degli abitanti del pianeta e questo per varie ragioni che vedrò di chiarire in questo articolo.
Robert Malthus si era fatto sostenitore di questa esigenza molti anni fa. Siamo all’incirca nel 1798 e il suo saggio …” sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società” parte da un presupposto molto semplice: la popolazione terrestre cresce (sarebbe meglio dire cresceva…) secondo una progressione geometrica mentre quella delle risorse disponibili (leggi soprattutto risorse alimentari) cresce secondo una progressione aritmetica. Ergo ci troveremo di fronte prima o poi ad un problema di sovrappopolazione, ovvero di milioni di esseri umani che non avranno da mangiare. Credo che lo spettro della fame nel mondo, l’immagine delle carestie che in passato hanno decimato molte popolazioni africane sia sotto gli occhi di tutti…
Malthus, da rigido pastore anglicano qual’era, sosteneva l’opportunità di contenere le nascite con un paio di accorgimenti: la castità (e qui siamo di fronte ad un auspicio morale davvero difficile da far accettare) e un basso livello di salari, un accorgimento economico che avrebbe disincentivato, a suo dire, i poveri dal mettere al mondo figli.
E’ noto che Malthus si fece molti nemici fin da subito. Gli rinfacciarono ad esempio di non tener conto che anche la mente umana è un fattore di crescita economica e che perciò l’innovazione scientifica e il progresso avrebbero potuto compensare la crescita demografica, aumentando la produttività dei terreni. Se ci pensate è quello che è successo recentemente con le coltivazioni intensive, col transgenico, con l’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi. C’è da chiedersi però se questa aumentata produttività dei terreni sia un bene, se non abbia pesanti controindicazioni e se vada nella direzione del rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Sulla questione troverete contributi preziosi su questo stesso sito (vedi ad esempio gli articoli recenti “OGM: il re è nudo?”).
Neanche Carletto Marx fu molto tenero con Malthus e contestando l’impostazione pretesca e poco originale, a suo dire, delle argomentazioni di Malthus, sostenne che all’origine della crescita demografica c’era piuttosto la nuova produzione industriale che abbassando il costo delle merci generava il potenziale per una crescita demografica. (Curioso notare come in questa critica il ben noto rigore economicista di Marx prestasse il fianco ad un’argomentazione di tipo socio-ideologico che non ci si attenderebbe da parte di chi l’ideologia voleva metterla alla porta. La nascente classe operaia avrebbe dovuto prolificare di più sulla base di un più facile accesso ai consumi…)
A questo punto credo che sia doveroso storicizzare il problema, prima di considerarlo nella sua attuale dimensione.
Nel 1750 la popolazione mondiale era stimata in circa 791 milioni. Nel 1800 la stima era di 978 milioni e nel 1850 di 1262 milioni. In 100 anni si era avuta una crescita del 159% !!!
Nella sola Europa si va dai 163 milioni del 1750 ai 203 del 1800 e ai 276 del 1850. Ovvero un aumento del 170% in un secolo ! Capirete che Malthus aveva ben di che preoccuparsi…
Ovviamente nel corso degli anni il tasso di crescita della popolazione mondiale è andato ridimensionandosi, ma mi pare di poter dire che l’allarme resta ancora rosso, se un report delle Nazioni Unite del 2004 stimava la popolazione mondiale a circa 9 miliardi nel 2050 e a 9 miliardi e 746 milioni nel 2150. Tanto per capirci la popolazione mondiale nell’agosto 2016 ammonta a circa 7,5 miliardi di persone.
Sempre per fare chiarezza diciamo che la popolazione mondiale tra il 1985 e il 2005 è passata da 4831 milioni a 6454 (crescita del 33%), mentre quella europea è passata da 706 milioni a 725 (crescita dell’11%).
Qualche prima timida conclusione si può a questo punto azzardare.
1 -Il tasso di crescita della popolazione mondiale è globalmente in calo e probabilmente le stime per il 2050 e il 2150 sono da rivedere al ribasso.
2 – in Europa la popolazione aumenta solo per via dell’immigrazione dal Sud e dall’Est del mondo, perché di per sé il tasso di natalità in molti paesi europei, tra cui l’Italia, sarebbe addirittura negativo.
Questa specie di “sospiro di sollievo” ha dato fiato a una pletora di sedicenti opinionisti, molti dei quali, ahimé, militano nelle file della così detta controinformazione (di sinistra ?!?), che sparano a zero su Malthus e sui neomalthusiani, tirando spesso fuori le più stravaganti teorie complottiste. Ne volete un esempio? Il sito disinformazione.it (in nomine nomen…) si scaglia conto il “neo-malthusiano” Al Gore, screditandolo e asserendo che le battaglie che porta avanti per un contenimento demografico e per la salvaguardia dell’ambiente sarebbero finanziate dalle multinazionali del petrolio e che “I suoi scopi invece sono quelli di portare avanti le più becere teorie malthusiane sulla sovrappopolazione: cioè lasciar morire o aiutarli a morire, milioni di persone nei paesi in via di sviluppo!” (?!?). Come vedete siamo al delirio. Da qui il passo alle “scie chimiche” (chi avesse voglia di documentarsi sulla bufala delle scie chimiche lo faccia, mi raccomando !) è breve.
Come pure è breve il passo che porta alla visione di un mondo progettato a tavolino dalle eminenze grigie del gruppo Bilderberg (non c’è qui lo spazio per spiegare di cosa sto parlando, ma invito a documentarsi). Sempre secondo numerosi e fantasiosi complottisti che animano il web, anche le più audaci politiche di contenimento della popolazione mondiale (e quando dico audaci si va dalla disincentivazione a procreare allo sterminio di massa) sarebbero decise a tavolino dai membri del club, che agirebbero come una specie di SPECTRE, l’organizzazione segreta contro cui combatte Bond 007.
Tanto per stare al gioco, qualcuno riesce a spiegarmi che interesse potrebbe avere l’intellighenzia finanziaria mondiale a contenere la crescita di un popolo di consumatori di basso profilo, gli unici che possono garantire la sopravvivenza del sistema economico attualmente dominante basato su una crescita continua dei consumi, gli unici che possono tenere in piedi una domanda scalare di merci ?
Ora però vorrei mettere da parte questi aspetti grotteschi del problema e tornare ad occuparmi seriamente di Malthusianesimo e di emergenza demografica, con una doverosa premessa però.
Il primo problema che ogni demografo, vorrei dire ogni uomo di coscienza, dovrebbe affrontare è quello della redistribuzione. Un mondo in cui “l’1 per cento della popolazione mondiale possiede più del restante 99 per cento messo insieme” è un mondo assurdo e senza futuro. Queste cifre sono “la prova definitiva che viviamo in un mondo in cui la disuguaglianza ha raggiunto livelli senza precedenti da oltre un secolo”. Questo dice il rapporto Oxfam, una federazione di 18 associazioni umanitarie e attiviste che si occupano di povertà, diritti umani e ingiustizie nel mondo, pubblicato il 18 gennaio di quest’anno.
Quindi, voglio gridare forte e chiaro che il primo punto all’ordine del giorno è quello di ristabilire una giustizia sociale! Ma non il solo, perché il problema dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, problema che Malthus non poteva affrontare nella sua epoca, oggi si presenta inderogabile ai nostri occhi. Se Malthus non poteva avere attenzione per problemi come deforestazione, polluzione, riscaldamento globale, smaltimento rifiuti, noi possiamo e dobbiamo avrla.
La crescita demografica nei paesi in via di sviluppo (Cina, India, Africa e in piccola parte Centro e Sud-America) è una minaccia reale per l’ambiente. Questa minaccia è tanto più seria in quanto i modelli a cui tendono i popoli in via di crescita sono i modelli occidentali improntati al consumismo e al così detto benessere. Si ha un bel da dire a chi si sta ora affacciando ad un’esistenza meno stentata che bisogna perseguire sobrietà e frugalità. Mi par già di sentire l’adagio senti da che pulpito viene la predica…
Eppure ad analizzare la questione secondo gli stessi criteri scientifici che ci inducono da tempo a sostenere l’impraticabilità del nostro modello di vita, c’è poco da scantonare o da sperare fideisticamente che scienza e tecnologie possano ridare compatibilità a qualcosa che è intrinsecamente incompatibile. Il rapporto sui limiti dello sviluppo (The limits of Growth) commissionato dal Club di Roma nel 1972 è più che mai valido. Così come più che mai valide sono le leggi della termodinamica (ed in particolare la seconda che si richiama all’entropia). In un sistema chiuso, e il pianeta Terra lo è, l’entropia o se preferite l’energia dissipata non più riconvertibile, è destinata ad un continuo aumento. Più è elevata l’entropia più il sistema vivrà uno stato di progressivo disordine. Sostituite alla parola disordine la parola caos ed il gioco è fatto! Un impatto umano virtuoso può rallentare molto il processo entropico e permetterci un orizzonte temporale di lungo periodo. Un impatto eccessivo e scellerato lo accelera velocemente e imprevedibilmente. Ecco perché dovremmo sforzarci di rimanere pochi e virtuosi !
Siccome mi è capitato di essere accusato contemporaneamente sia di essere un malthusiano sia di essere anti-Malthus, dico volentieri la mia sull’argomento. Il fatto fondamentale è che Malthus, sulla correlazione risorse-popolazione, aveva ragione ma non poteva considerare la variabile combustibili fossili, che ci hanno permesso per un po’ di barare aletrando il trend naturale. Marx e altri fautori del progressismo, sia di sinistra che di destra, hanno visto nella tecnologia del carbone prima e del petrolio poi una confutazione del pensiero di Malthus, senza pensare alle esternalità che si venivano a creare sull’ambiente e, cosa ancora più importante, che le fossili non fossero qualcosa di unico nella storia umana. Il fallimento del nucleare come alternativa per rimpiazzare il petrolio ha reso evidente tutto ciò.
Il grosso problema riguardo a Malthus è che il suo status di uomo privilegiato dell’upper class britannico non era affatto ininfluente nei suoi ragionamenti. Anche nei ragionamenti dei malthusiani odierni ‘uno vale uno’, come se l’impatto ecologico di un africano fosse pari a quello di un nordamericano o di un europeo, invece c’è la stessa differenza che esiste tra nani e giganti. Mentre vedo sempre positivamente i programmi di pianificazione familiare nei paesi in via di sviluppo, quando in Occidente si parla di sovrappopolazione provo sempre un sentimento di sospetto, perché dove la natalità è tendente a zero (come in Italia) è troppo facile far sembrare che la patata bollente ecologica sia un problema degli ‘altri’, quando i consumi eccessivi inficiano qualsiasi effetto positivo dei trend demografici. Penso che il XX secolo ci abbia offerto il pensatore che ha dimostrato di superare virtuosamente Malthus, e mi riferisco a Paul Herlich. La sua formula IPAT (impatto = popolazione * consumi *tecnologia) rappresenta compiutamente tutte le variabili che sono interessate nella questione ecologica.
Igor, ti ringrazio per il prezioso contributo che aggiunge nuovi spunti a quanto scritto da me. Mi riferisco soprattutto al ruolo giocato dai combustibili fossili sulla correlazione risorse-popolazione. La così detta Rivoluzione Verde è stata resa possibile da un uso massiccio di tali combustibili, con tutti gli effetti collaterali che sappiamo. Molto opportuna anche la tua citazione di Paul Ehrlich, che però, giusto dirlo, è un Malthusiano convinto ! La sua formula IPAT che mette in correlazione l’impatto ambientale con popolazione, benessere e tecnologia dovrebbe servire a farci considerare che l’inquinamento ambientale arriva anche dal tipo di “benessere” di cui ci siamo circondati oltre che dal numero degli abitanti del pianeta. Mi permetto solo di aggiungere che secondo Ehrlich la tecnologia, a differenza degli altri due fattori, è in relazione inversa. Ovvero dovrebbe servire a mitigare l’impatto ambientale causato da sovrappopolazione e consumi. Su questo personalmente sono alquanto scettico, perché non ho mai creduto ad una scienza (e quindi ad una tecnologia) neutra. Sono le scelte etiche e i modelli di vita che dovrebbero indirizzare la tecnologia e quelli attualmente prevalenti sono… imbarazzanti
Caro Danilo, sono in piena risonanza con il tuo intervento che mi pare davvero ottimo e circostanziato:
parafrasando un antico detto popolare siciliano, la teoria di Malthus recita: “chiù picca semo e megghiu na passamo”
che certamente si chiosa con facilità per chiunque.
Riguardo al finale del tuo bell’intervento mi permetto un piccolo addendum: giustamente citi,
1. la finitezza del sistema chiuso Pianeta (n.b., chiuso, non isolato, riceviamo continuamente energia dal Cosmo)
da cui discende il fatto che, a meno di piccole fluttuazioni irrilevanti, l’energia totale disponibile U è una costante non modificabile
— in particolare, non la si può significativamente aumentare ;
2. ogni aumento demografico nel mondo globalizzato della società dei consumi comporta necessariamente
un aumento — percentualmente di gran lunga superiore — della produzione dei rifiuti da smaltire, il vero problema
esiziale dell’Umanità (scompariremo tra breve, su scala geologico-paleontologica, sommersi ed asfissiati
dai nostri rifiuti); altro che crescita economica, pil, benessere e colossali idiozie “à la Briatore” tipo turismo per ricchi!
3. la rappresentazione plastica dell’aumento dell’entropia a causa delle trasformazioni spontanee
irreversibili (antropiche e non) è proprio data dalla produzione dei rifiuti o scorie.
La semplicissima equazione che esprime questo fatto è niente altro che il II Principio della Termodinamica di Rudolf Clausius e Lord Kelvin:
F = U -TS
F è l’energia libera di Helmoltz, cioè la parte dell’energia totale U disponibile sul Pianeta che si
può trasformare in lavoro (quindi cibo, vestiti, suppellettili etc.) T è la temperatura media del
Pianeta, in continuo e rapido aumento, S è l’entropia, cioè la misura del degrado dell’energia,
alias la quantità di rifiuti prodotta in qualunque processo di trasformazione antropica e non.
Ergo: U è costante, mentre il prodotto TS aumenta continuamente e rapidamente, come le stime
che riporti nel tuo articolo certificano, ed ha segno negativo; quando F raggiungerà il valore 0 (zero)
saremo alla morte termica del Pianeta, cioè la fine della vita sul Pianeta, non ci sarà più energia libera
“ordinata” disponibile per la sopravvivenza.
4. siccome nessuno ha mai esperito eccezioni al II Principio della Termodinamica*, con buona pace
di opinionisti, ottimisti, futuristi, ecologisti del sì e altre bizzarre figure del genere, l’avvento della
morte termica è solo questione di tempo e, visto l’aumento iper-malthusiano della produzione dei
rifiuti mondiale, neanche tanto! Basta guardare le numerose ed inquietanti emblematiche immagini
sul web di Oceani, Ande e Himalaya oramai ridotti a gigantesche discariche, o degli orsi polari denutriti
alla disperata ricerca di qualche blocco di ghiaccio galleggiante su cui posarsi, ma che non trovano causa
l’impressionante ritiro della banchisa per l’aumento della temperatura media T del Pianeta.
Per chiudere con un altro ben noto detto siciliano: “Auguri e figghi masculi”.
*il II Principio è fondato sulla meccanica statistica e sulla struttura microscopica della materia, oramai ben
nota, a differenza di 150 anni fa (soltanto!) quando venne così formulato da Ludwig Boltzmann. Dunque ha
un fondamento probabilistico e la probabilità che venga evaso nel prossimo G-Year è calcolabile ed esponenzialmente piccola, cioè nulla de facto.
(l’Universo attuale ha 13.81 G-Year secondo la teoria del Big-Bang e il cosiddetto modello cosmologico standard: finora nessuna
violazione del II Principio è stata mai registrata).
Ciao Roberto, invito te e tutti coloro che come te scrivono commenti sensati, argomentati e soprattutto molto lunghi a iscriversi al sito (qui le informazioni http://www.decrescita.com/news/collabora/) per scrivere dei veri e propri articoli per DFSN, in modo che i contenuti possano essere valorizzati molto di più rispetto a quanto avviene nell’area commenti, dove riflessioni eccellenti rischiano di sparire in un batter di ciglia.
Caro Igor,
grazie per il tuo gentile invito. In effetti ieri mi sono iscritto, pensando fosse necessario anche per inviare commenti.
Sono amico di Danilo fin dall’adolescenza (ahimè molto molto lontana) accomunati dalla passione per la musica, e mi
ha pilotato lui su questo sito molto interessante e di cui condivido in toto motivazioni e finalità.
Sono un fisico teorico, se mi verrà in mente qualcosa di sensato, articolato e pregno, ben volentieri cercherò di
contribuire per quel che posso, magari in sinergia con Danilo.
Grazie ancora e cari saluti
Roberto
Ci conto allora! Ricercatori che si “abbassano” a fare divulgazione per aprirsi al pubblico senza rinunciare al rigore (tipo Ugo Bardi, per capirci) sono preziosissimi
Caro Igor, al contrario, non è affatto un abbassarsi, la divulgazione scientifica (rigorosa nel metodo e nei contenuti) è una fra le cose più difficili,
sono pochissimi i colleghi in grado di farla ad un buon livello (p. es. il mio amico Carlo Rovelli, che conoscerai, è sicuramente molto talentuoso).
Cari saluti e ad maiora
Roberto