Giorni fa un ragazzo (del quale non rivelo il nome per ovvi motivi di privacy) mi ha contattato su Facebook per chiedermi delucidazioni dopo che aveva trovato i miei dati su Decrescita.com: riporto di seguito lo scambio di messaggi integrale, le frasi in neretto sono le mie risposte.
03/05/13 Ciao ho visto il tuo profilo su un sito che parla di decrescita felice e dal momento che sto facendo una tesina proprio su questo, vorrei sapere se saresti in grado di spiegarmi un punto sul quale mi sto arrovellando il cervello senza risultati. Prima che a te ho scritto ad esponenti del movimento ma nessuno mi ha risposto, spero che tu avrai del tempo da dedicarmi 🙂 se posso chiederti informazioni ti pregherei di rispondermi al messaggio, grazie in anticipo :).
05/05/13 Va bene, ed anzi scusami per il ritardo nella risposta! puoi anche mandarmi una mail.
05/05/13 Dunque… Pallante parla di “riduzione” progressiva di tutte quelle merci che non sono beni. In questo modo diminuiscono necessariamente i consumi, e quindi la domanda e quindi anche l’offerta di lavoro. Qui entra in gioco la riduzione dell’orario di lavoro così da permettere a tutti di lavorare. Qui sta il problema: i salari diminuiscono perché si lavora di meno e ma i prezzi dei prodotti aumentano perché le aziende sono meno produttive e anche meno competitive (e sappiamo come nel mondo globalizzato la competitività sia fondamentale) e senza mezzi come la pubblicità è difficile lo scambio mercantile. Ad esempio è noto che i prodotti locali o biologici siano molto più cari. Come si può conciliare la diminuzione dell’orario di lavoro con l’aumento dei prezzi?
Il risultato non porta a una progressiva disoccupazione che può essere tragica per persone che ad esempio hanno un mutuo da pagare? Grazie:).
07/05/13 Certamente, diminuendo progressivamente la produzione delle merci che non sono beni se ne riduce il consumo e conseguentemente la quantità. Ma secondo il mio modestissimo parere la domanda e l’offerta di lavoro diminuirebbero in maniera minore, in parte grazie alla riduzione degli orari di lavoro che tu stesso hai menzionato, ed in parte perché alcuni posti di lavoro potrebbero essere indirizzati verso settori meno mercantilistici e non legati alla produzione di oggetti tangibili. Un esempio per noi italiani può benissimo essere (e ne ho parlato sia sul mio blog che su DFSN) quello di dare finalmente al nostro impressionante patrimonio artistico, culturale e paesaggistico il rilievo che merita, senza dover costruire grandi opere ma semplicemente rendendo fruibile ciò che abbiamo e che il mondo ci invidia. La nostra competitività deve basarsi sulla qualità e non sul puro prezzo. Quella proposta da Pallante è semplicemente una “cura dimagrante” per la nostra società basata – come tu stesso accenni – sul mercantilismo. E generalmente le diete almeno all’inizio creano difficoltà, inutile negarlo. Circa vent’anni fa studiai marketing e pubblicità per piccole e medie imprese. Ricordo ancora quegli studi che mi appassionarono, ma quello che noto al giorno d’oggi è che tutti i ritmi che ci vengono imposti sono diventati parossistici, ed è per questo che talvolta faccio osservazioni un po’ velenose circa l’argomento. Da una parte siamo spinti a comprare sempre di più e più spesso, e dall’altra parte, specie con la crisi strutturale che ormai ci affligge da anni, ci vengono tolte le risorse per farlo. Per quanto riguarda il mutuo, anche in casa mia ce n’è uno da pagare, e ora che da pochi mesi ho una figlia mi rendo maggiormente conto delle difficoltà del quotidiano. Sia io che mia moglie lavoriamo ma l’aria che tira non è delle migliori e quindi mi rendo conto dell’obiezione che si può muovere a coloro che come me parlano di decrescita. Ciò comunque non mi fa cambiare punto di vista. La risposta che ti ho dato è un po’ buttata lì e sicuramente non esaustiva. Se non dovessi essere convinto di qualche mia affermazione o desiderassi maggiori approfondimenti, non esitare a scrivermi. A proposito, posso girare la domanda ai miei colleghi di DFSN?.
12/05/13 Io ho scritto a più persone possibili e magari anche a quelli del circolo ma non sono riuscito ad avere una risposta chiara.. mi rendo conto che le idee decresciste sono nate da poco e forse per questo ci sono dei punti chiave su cui è necessario fare un po’ di luce.. io aspetto con pazienza un eventuale chiarimento da parte dei suoi colleghi e la ringrazio moltissimo della disponibilità…
13/05/13 Comprendo i tuoi dubbi e fa piacere vedere che qualcuno vuole parlarne senza farne una questione ideologica, ma semplicemente per saperne di più. Se qualche parte della mia risposta non ti ha soddisfatto chiedimi pure maggiori ragguagli: io non sono certo un economista né un esperto (anzi, fra i miei colleghi sono forse quello con meno formazione). Ma il mio essere decrescentista nasce dalla semplice constatazione che la nostra economia non può andare avanti solo su un specie di continua “ricapitalizzazione” dei numeri della nostra economia (vedi pil), al fine di nasconderne le “magagne”. I ritmi dei nostri consumi e della nostra vita in genere sono diventati parossistici, e quando sento dire da uomini politici di rilievo che dobbiamo consumare per sostenere l’economia… Bè, mi girano le cosiddette :).
13/05/13 Le do completamente ragione.. in ogni caso ho riformulato la domanda in modo più chiaro: in una ipotetica società della decrescita un lavoratore medio come fa a comprare oggetti sempre più costosi (senza pubblicità, producendo in loco e quando possibile biologicamente i prezzi dei prodotti inevitabilmente aumentano) se guadagna sempre di meno a causa della diminuzione dell’orario di lavoro?? Da un lato può sopperire autoproducendo qualche bene ma ci sono beni che non possono essere autoprodotti! come fa a permettersi questi?
18/05/13 Perdonami per il ritardo nella mia risposta ma ultimamente mi connetto poco ad internet… Forse parti con una immagine di “società della decrescita” troppo radicale, senza pubblicità, con produzioni solo in loco eccetera, quasi si volesse tornare indietro di generazioni. Non occorre ragionare in termini di bianco e nero, esistono tantissime tonalità di colore. Quello che io mi sforzo sempre di dire è che ormai ogni minuto della nostra vita è scandito da ritmi e sollecitazioni sempre più esasperati e disumanizzanti. Già da tempo, se ci pensi bene, vogliamo essere pagati da europei quando lavoriamo (giustamente aggiungo), ma quando andiamo a comprare qualcosa la vogliamo pagare a prezzo “cinese”. In linea teorica il tuo ragionamento potrebbe essere giusto, ma in pratica si scontra con tantissime variabili. Ma anche se tu avessi completamente ragione, ti risponderei semplicemente: imparando a consumare meno e meglio, e imparando a riciclare, riparare e riutilizzare le cose. La società in cui viviamo è divenuta molto complessa e specializzata, al punto che sappiamo sì fare cose che un tempo erano quasi impensabili, ma dall’altro canto ci troviamo spesso a non saperci più arrangiare nella vita di tutti i giorni quando dobbiamo fare qualcosa che esuli dalla nostra routine iperspecializzata. Dipendiamo troppo da denaro. Riprendo poi la parte finale della domanda che mi avevi fatto giorni fa, dicendoti che so bene cosa vuol dire avere un mutuo da pagare e avere una famiglia: io e mia moglie abbiamo entrambi un lavoro, ma la situazione nei nostri settori non è rosea ed è davvero brutto sentire che intorno a te si fa terra bruciata. Parlo di sollecitazioni al consumo esasperate e lo ripeto. Forse sembrerò esagerato ma credimi non lo sono e non lo erano nemmeno quei due genitori con tre figli che ad un certo punto si sono sentiti richiedere dal primogenito 12enne un IPAD da 600 euro (cioè 2/3 di uno dei loro stipendi) perché ce lo avevano tutti gli amici. Che cacchio se ne fa un 12enne di un apparecchietto tanto costoso? Se non sono cattive sollecitazioni queste… Scusami se mi sono dilungato, ma mi sono fatto prendere la mano e spero di essermi spiegato almeno un po’, pur nella concitazione. 🙂