Prima di commentare alcuni stralci dell’articolo di Paolo Mieli ‘I dati, i dubbi e gli eccessi sul cambiamento climatico’ pubblicato sul Corriere on line lo scorso 7 novembre (e, immagino, presente anche nella versione cartacea, che non acquisto oramai da almeno dieci anni) è doverosa una premessa. Le discipline scientifiche si articolano su diversi gradi di complessità, per cui esiste un livello scolastico accessibile a chiunque abbia terminato il ciclo di istruzione obbligatorio, uno più avanzato comprensibile studiando divulgazione scientifica di qualità e infine ci sono le nozioni padroneggiabili solo attraverso competenze specialistiche sull’argomento. Dal momento che la mia laurea in lettere è spesso servita come pretesto a (talvolta sedicenti) esperti per dileggiarmi e troncare a priori qualsiasi dibattito, non sarò certo io a diffidare Mieli dal parlare di climatologia: anzi, spesso lo specialista vede il mondo dall’ottica limitata della propria disciplina, come se lo guardasse da un microscopio, mentre il non-specialista, osservando i fatti da una prospettiva più ampia, può incorrere frequentemente in imprecisioni ma anche cogliere correlazioni tra fenomeni ignorate dagli esperti di settore. Ovviamente bisogna essere consapevoli dei propri limiti e procedere con i piedi di piombo, specialmente quando si lanciano accuse o si mette in discussione la validità di assunti scientifici; il rischio di scambiare lucciole per lanterne è enorme. Detto ciò, riporto gli estratti più critici dell’articolo di Mieli.
Non si capisce però perché tale discussione [quella relativa al global warming, ndr] debba essere imbarbarita da una certa dose di fanatismo. Perché il leader dei laburisti inglesi, Jeremy Corbyn, deve quasi scusarsi di avere un fratello maggiore, Piers, fisico e meteorologo, il quale, sulla base di evidenze scientifiche (anch’esse meritevoli d’essere prese in esame), sostiene che il riscaldamento globale non sia dovuto ai guasti provocati dal genere umano o dalla industrializzazione sregolata e trovi piuttosto spiegazione nel sole? Perché è passato quasi sotto silenzio il licenziamento su due piedi di Philippe Verdier, per un ventennio «Monsieur Météo» di France 2 , reo d’aver dato alle stampe «Climat Investigation»un libro in cui si relativizzavano le conseguenze del global warming?
Chi è Piers Corbyn? Stando a Wikidipedia, il fratello del leader del partito laburista è un laureato in fisica con un dottorato sui superconduttori, che successivamente ha fondato l’impresa WeatherAction impegnata nelle previsioni del tempo, si occupa pertanto di METEREOLOGIA, disciplina distinta dalla CLIMATOLOGIA (la prima analizza i trend di breve periodo, la seconda ragiona sulle modificazioni climatiche di lungo corso). Non ha mai scritto alcun articolo scientifico peer-reviewed pertinente con la climatologia.
Per quanto concerne il giornalista Philippe Verdier, le sue competenze si limitano a un master in in sviluppo sostenibile grazie al quale è stato successivamente assunto a France 2 per occuparsi di previsioni meteo. (1) La ragione del suo licenziamento è ben spiegata da Mieli alcune righe più sotto:
È normale che lo abbiano buttato fuori dall’emittente televisiva solo per aver messo in evidenza «alcune connessioni opache tra scienziati, politici, lobbisti e ong ambientaliste»? «Siamo ostaggi di uno scandalo planetario … una macchina da guerra che fa soldi mantenendoci in uno stato di ansia», sosteneva Verdier. Può darsi che esagerasse, che avesse torto. Ma è il licenziamento il modo giusto di cimentarsi con le sue tesi?
Il morigerato e liberale Paolo Mieli, normalmente sempre pronto a rimbrottare per i ‘toni troppo accesi’, con questa affermazione sembra aver riscoperto le sue origini giovanili di estremista di sinistra militante di Lotta Continua. E’ tanto strano che France 2 abbia preferito allontanare un giornalista che, privo di competenze specialistiche, non solo metteva in dubbio le basi della climatologia ma addirittura si permetteva di lanciare accuse gravissime senza uno straccio di prova? La butto lì: forse all’emittente premeva salvaguardare la sua credibilità facendo riferimento a quelli che dovrebbero essere i principi deontologici basilari del giornalismo (che dovrebbero essere ben noti a chi scrive)?
E’ interessante notare come lo stesso Mieli un paio di anni fa abbia scritto un articolo polemico nei confronti del M5S per alcune posizioni prese contro i vaccini, sebbene, a puro di titolo di confronto tra le due questioni, alcuni studiosi contrari alle vaccinazioni abbiano conseguito titolo di studio in medicina, diversamente dai due presunti martiri della libertà di ricerca per quanto concerne la climatologia. (2) All’epoca scriveva: “Dove sono le prove specifiche? E siamo al punto. I responsabili di queste cospirazioni non vengono mai identificati per nome e cognome dai complottomani”, frase perfetta per commentare il comportamento di Verdier. Evidentemente c’è complottismo e complottismo.
Ma la lista delle ‘vittime’ dell’ortodossia climatica, secondo il giornalista, non si fermerebbe qui:
Perché poi (quasi) nessuno ha fiatato quando la presidente della Società italiana di fisica, Luisa Cifarelli, fu aggredita per aver tolto il logo della società da lei presieduta dal documento di dodici associazioni italiane che, in vista della Conferenza sul clima di Parigi, affermavano essere «inequivocabile» l’influenza umana sul sistema climatico? Avrebbe voluto, la Cifarelli, che il termine «inequivocabile» fosse sostituito con «verosimile» o «probabile» . La nostra, diceva, è un’associazione di fisici abituati a considerare leggi della scienza «regolate da equazioni». Le verità scientifiche, sosteneva, «non possono basarsi sul consenso generalizzato mescolando scienza e politica, come sta avvenendo in questo caso… Avrei solo voluto qualche cautela in più». Sensato. E invece la Cifarelli fu lapidata.
A quanto mi risulta, Luisa Cifarelli sta benissimo (e ci mancherebbe che non fosse così), presiede tuttora la SIF e, dando un’occhiata al curriculum on line, il suo campo di studi è la fisica nucleare. I ricercatori che hanno obiettato al comportamento della Cifarelli non sono dei bulli violenti e non hanno mai fatto male a una mosca (altro che ‘lapidazione’), hanno solo tentato vanamente di farle capire che ‘l’influenza umana’ sul clima attraverso l’immissione di milioni di tonnellate di gas serra è ‘inequivocabile’ perché è dimostrabile empiricamente in laboratorio che la CO2 e altri gas trattengono calore, il problema semmai è costruire modelli capaci di predire con buon margine di approssimazione le conseguenze di tali immissioni; evidentemente, a lei come a Mieli sfuggono alcuni principi elementari del funzionamento del clima sui cui torneremo poco più avanti. Inoltre, mi viene francamente da sorridere pensando a un fisico nucleare capace di rimanere tanto scandalizzato di fronte “alla confusione tra scienza e politica”, quasi non sapesse che la determinazione delle cosiddette ‘soglie di rischio’ (quelle riguardanti l’esposizione a radiazioni in modo particolare) è sottoposta spesso e volentieri all’influenza di fattori che hanno a ben poco da spartire con la scienza.
Per la cronaca, il dipartimento di fisica dell’Università di Bologna – a cui la Cifarelli afferisce – a suo tempo ha dato credito a personalità decisamente eterodosse che sulle ‘equazioni della scienza’ ci hanno letteralmente sputato sopra. Mi riferisco ad esempio alla convenzione stipulata (e successivamente rescissa) con la Efa di Andrea Rossi per testare l’E-Cat, apparecchio presentato dal suo inventore come un reattore portatile a fusione fredda, uno dei tanti marchingegni miracolosi circolanti sul Web che invece di essere cestinato quale ennesima bufala ha avuto l’onore di ricevere tanta prestigiosa attenzione.
Nella conclusione dell’articolo Mieli cerca di dare credibilità alle sue argomentazioni rivestendo nuovamente i panni a lui più consueti, quelli dello storico:
Il clima poi ha una sua storia molto particolare. Tra il 21 e il 50 d.C. si ebbero temperature superiori a quelle di oggi, tanto che fu possibile importare in Inghilterra la coltivazione della vite. Intorno all’anno mille il riscaldamento continentale consentì ai vichinghi di colonizzare la Groenlandia (che fu così chiamata proprio perché era diventata «gruene», verde) e l’America del Nord. Dopo l’anno mille, come ha ben raccontato Emmanuel Le Roy Ladurie, si sono alternate epoche di riscaldamento e di glaciazione senza che l’uomo avesse alcun potere di influenzare questi cambiamenti. Nel ventesimo secolo la temperatura è salita tra il 1910 e il 1940, è scesa poi fino alla metà degli anni Settanta (a causa della Seconda guerra mondiale?), ha ripreso a crescere a partire dal 1975 ma si è fermata una seconda volta alle soglie del nuovo millennio (per effetto delle politiche ecologiste?). Tutti temi da studiare, da approfondire. Se ne può discutere?
Questo capoverso, apparentemente ragionevole ed equilibrato, in realtà svela la totale sconclusionatezza della tesi del giornalista del Corriere, in particolare per due ragioni:
1) L’ultima frase (“Tutti temi da studiare, da approfondire. Se ne può discutere?”) tende a presentare la climatologia come una setta chiusa e dogmatica, pronta a marchiare d’infamia chiunque osi minare l’ortodossia. La realtà è profondamente diversa: essa subisce quotidianamente intrusioni di ogni genere, non parlo solamente di profeti autoimprovvisati delle scie chimiche o di giornalisti salvatori del mondo, ma di fisici, agronomi e ogni genere di esperti di altri campi che si sentono in diritto di sconfinare in questa materia (ma che quasi mai accetterebbero un comportamento analogo nelle rispettive discipline);
2) Il secondo problema è ancora più grave perché rivela che Mieli si è imbarcato nell’argomento clima da totale neofita, senza posseddere neppure quelle competenze acquisibili consultando delle buona divulgazione sul tema. Altrimenti saprebbe che i climatologi non solo ‘approfondiscono’ le dinamiche climatiche da lui presentate, ma che si spingono molto più in là, addirittura attraverso carotaggi delle calotte polari ricostruiscono le condizioni esistenti in altre aree geologiche. Come se non bastasse, se possedesse conoscenze che oramai sono a livello di uno studente di scuola superiore, saprebbe che il clima è un sistema complesso di feedback e retroazioni che tendono a scaldare o raffreddare l’atmosfera, di cui i gas serra sono una delle componenti, le eruzioni vulcaniche (giusto per fare un esempio), che favoriscono all’opposto un’azione di raffreddamento, un’altra; quindi non si stupirebbe affatto dell’andamento non omogeneo del clima. Invece, nella sua ignoranza tutto quello che sa fare è consigliare di scoprire l’acqua calda
Insomma, non il migliore articolo di Mieli, che si è permesso di esprimere giudizi particolarmente pesanti nonostante la scarsa conoscenza della materia. Se persiste il pregiudizio sull’opportunità degli umanisti di partecipare a discussioni scientifiche, sapremo chi – tra gli altri – ringraziare.
PS: il titolo è chiaramente ricalcato su quello dell’articolo ‘Una rispostina a Carlo Rubbia’, scritto dal prof. Claudio Della Volpe in replica ad alcune affermazioni discutibili del premio Nobel sulla questione climatica.
(1) Per qualche strana ragione molti sostenitori delle tesi ‘scettiche’ riguardo all’influenza antropica sul clima sono legati alla metereologia; anche il principale sito Web italiano del genere è diretto da un ex metereologo dell’areonautica militare.
(2) Prima che venga strumentalizzato questo passo, affermo categoricamente che non credo nella correlazione trivalente-autismo (ampiamente smentita a livello scientifico) e che non ho figli ma li avrei sicuramente sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie. Mi resta qualche dubbio riguardo all’utilità di vaccinare per malattie dell’infanzia che, nel XXI secolo, non presentano particolari rischi per la salute.
Immagine in evidenza: Paolo Mieli (fonte: Wikipedia)