“Per la prima volta l’economia globale cresce mentre le emissioni di CO2 non aumentano. Il dato, riferito al 2014, viene dall’Agenzia internazionale dell’energia e segnala una svolta epocale. Benessere economico e inquinamento smettono di viaggiare in tandem: si può produrre più ricchezza con meno costi ambientali. Negli ultimi 40 anni le emissioni serra si erano fermate solo tre volte, ma sempre in presenza di una crisi economica…
Secondo i dati del Financial Times negli ultimi cinque anni le economie dei Paesi Ocse sono cresciute del 7% mentre le emissioni serra diminuivano del 4%. E la Cina ha rilanciato con forza la sua produzione da fonti rinnovabili e l’efficienza energetica chiudendo una parte delle centrali a carbone più inquinanti e cominciando nel 2014 a far scendere le emissioni nonostante il forte ritmo di crescita”.
Avete appena letto un estratto di un articolo di Repubblica.it scritto da Antonio Cianciullo, (‘L’economia globale cresce, l’aumento della CO2 si ferma’, pubblicato il 14 marzo). È da tempo che mi interesso del cosiddetto ‘sviluppo sostenibile’ e che cerco di sviscerarne le sue contraddizioni insanabili, basate principalmente sull’illusione di poter ‘disaccoppiare’ il ‘bambino’ della la crescita economica dall”acqua sporca’ rappresentata da inquinamento e consumo di risorse. Nulla di nuovo sotto al sole, però vale sempre la pena di analizzare certi esempi di (dis)informazione.
Prima di entrare nel merito delle obiezioni, è assolutamente ovvio che una stabilizzazione dei gas serra è preferibile a un ulteriore aumento, ma non si può presentarla come un risultato epocale: lo sarebbe stato forse alla fine degli anni Ottanta, ma il problema del riscaldamento globale del pianeta si è aggravato a tal punto che per i prossimi trent’anni sono richiesti tagli dell’ordine del 50-70% delle emissioni per evitare eccessivi rialzi delle temperature. Non ci complimenteremmo mai con una persona fortemente obesa che, dopo trent’anni di continuo aumento di peso a grave rischio della salute, per la prima volta si attestasse su di un livello stabile pur non avendo intrapreso alcuna dieta e senza essere intezionata a iniziarla; penseremmo solo che è matta ma fortunata.
Cianciullo nell’articolo ha riportato un commento entusiastico del Chief Economist della IEA Fatih Birol (“Questo fatto mi dà la speranza che l’umanità riuscirà a lavorare insieme per combattere il cambiamento climatico, la più grave minaccia a cui dobbiamo far fronte: per la prima volta si è registrato il disaccoppiamento tra crescita ed emissioni inquinanti”), ma mi sembra più appropriata un’altra dichiarazione di Birol apparsa sul sito Web dell’agenzia: “This is both a very welcome surprise and a significant one”.
La ‘sorpresa’ di Birol è del tutto giustificata. Malgrado i peana di Cianciullo per il “lungo pressing ecologico dell’Europa”, il “maggior impegno degli Stati Uniti” e la “recente riconversione cinese”, l’analista della IEA è ben consapevole del fatto che, a parte qualche operazione limitata, la politica mondiale si è caratterizzata unicamente per il desiderio di far ripartire la crescita economica, costi quel che costi, con ben poche preoccupazioni ambientali. Anche in questo caso, allora, si tratta solo di fortuna? Possiamo dare una mano a Birol per spiegare almeno in parte il suo stupore?
Tralasciando il conteggio delle emissioni di gas serra, forse si potrebbe dire qualcosa riguardo ai metodi di calcolo del PIL. Secondo il World Economic Outlook 2015 del FMI, questi sono stati i tassi di crescita delle varie aree del pianeta:
Economie avanzate: +1,8%
Mercati emergenti ed economie in via di sviluppo: +4,4%
Totale media mondiale: +3,3%
Tra i paesi emergenti, la parte del leone della crescita è stata ricoperta non solo da Cina (+7,4%) e India (+5,8) ma anche da Nigeria (+6,1%), Africa Sub-Sahariana (+4,8%) e dall’ASEAN, l’associazione delle nazioni del sud-est asiatico (+4,5%). Da tutto ciò si possono trarre alcune importanti considerazioni:
– le economie avanzate, quelle cioé con le maggiori emissioni pro capite, hanno relativamente stabilizzato i gas serra perché la loro crescita economica, di fatto, è abbastanza asfittica: se non fosse per la ‘ripresa’ statunitense (+2,5%) alimentata dal fiume di liquidità della FED, nel complesso il suo valore sarebbe leggermente superiore all’1%, con la Zona Euro al +0,8% e il Giappone (uno dei peggiori inquinatori) addirittura al +0,1%;
– notoriamente, i progressi economici dei paesi in via di sviluppo vanno presi con estrema cautela. Molto spesso, si tratta di dati gonfiati dal fatto che attività appartenenti all’economia ‘informale’ entrano nell’ambito commerciale, e vengono quindi monetizzate e contabilizzate per la prima volta. Difficile quantificare esattamente questo ‘bonus’ ma, tenendo conto che più di due terzi della crescita mondiale è alimentata dal PIL di tali nazioni, esso può incidere sensibilmente nel computo complessivo.
In ogni caso, al di là di queste constatazioni, c’è un vizio di fondo in tutto l’articolo di Cianciullo, nonché in tutta la visione dello sviluppo sostenibile, ben incarnata dalla frase “si può produrre più ricchezza con meno costi ambientali”: essa riflette una mentalità fortemente riduzionista – per altra alimentata dalle istituzioni internazionali e dai mass media – che limita il problema ecologico al riscaldamento globale dell’atmosfera.
Sul perché ciò avvenga si può solo congetturare: forse perché le conseguenze dell’effetto serra stanno colpendo anche i paesi più avanzati e danneggiando importanti settori economici, tuttavia è da alcuni anni che ho una mia spiegazione decisamente più perfida. Il riscaldamento globale è l’unico problema ecologico che ci si può illudere di risolvere semplicemente con una sostituzione di tecnologia mantenendo inalterata la logica del business as usual e tutto ciò che ne consegue: infatti, nessuna tecnica potrebbe mai riportare in vita una specie animale estinta o rigenerare una risorsa naturale esaurita; al contrario, la propaganda del carbon free, tra realtà e mitologia, ha molte frecce al suo arco.
Anche ammettendo, sulla scorta di Repubblica e della IEA, che davvero la stabilizzazione delle risorse si debba all’adozione di politiche e tecniche innovative, si tratterebbe di una ben magra consolazione, considerando tale fatto all’interno della vasta e complessa problematica ecologica planetaria.
Basta consultare l’ultimo Living Planet Report per constatare che l’overshoot delle risorse naturali della Terra prosegue senza soste, così come l’esaurimento di stock biologico e il conseguente rischio di estinzione di innumerevoli specie di flora e fauna; leggendo tra le righe il World Energy Outlook 2014 – redatto per altro dalla medesima agenzia per cui lavora Fatih Birol – oramai si constata il picco di produzione di quasi tutte le principali fonti energetiche, petrolio in testa.
Ho sottoposto questo articolo a diversi ricercatori con cui sono in contatto attraverso social media; direi che il miglior commento è stato di Jacopo Simonetta, collaboratore del blog effetto risorse curato da Ugo Bardi: “allora aveva ragione Topo Gigio: la Luna è davvero di formaggio!“.
Fonte immagine in evidenza: rielaborazione immagini tratte da Wikipedia.