Quando attraverso la strada non ringrazio mai*

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Quando attraverso la strada non ringrazio mai l’automobilista che si è gentilmente fermato per farmi passare. E non lo faccio per mancanza di educazione, per arroganza, per pigrizia o per dimenticanza. Lo faccio esclusivamente come espressione di una disobbedienza civile, come gesto sovversivo. Allo stesso modo il mio andare in bicicletta a lavoro è identificabile maggiormente come atto rivoluzionario in termini culturali-politici piuttosto che con motivazioni prettamente ecologiche ed economiche.

In altri paesi europei, anche in paesi latini di bassa latitudine come il Portogallo, quando un pedone si avvicina alle strisce pedonali (vale a dire quando è ancora a uno-due metri distanza) le automobili rallentano immediatamente e si fermano, consentendo al pedone di passare celermente e in completa sicurezza. Tutti si comportano così, è parte della cultura del luogo. Le rare eccezioni sono quegli automobilisti che filano dritto pur vedendo qualcuno sulle strisce che attende di passare. Nessun pendone ringrazia il gentile autista, perché non è necessario, perchè non vi è motivo. Sarebbe come ringraziare un’auto che si è fermata ad uno stop o a un semaforo rosso per lasciarci passare. Ringraziare fa sempre bene, oltre ad essere un gesto di cortesia, dovrebbe essere una pratica da adottare quotidianamente in ogni aspetto della vita. Ma il punto su cui voglio focalizzarmi adesso è un altro.

In Italia, siamo abituati ormai, culturalmente, a considerare il pedone un essere inferiore, che non ha bisogno di tanto spazio (molte strade pur avendo macchine parcheggiate, non hanno marciapiede), non ha bisogno di rispetto, perchè lo spostamento è concepito solo su mezzi motorizzati: loro hanno la precedenza sempre e comunque, loro delineano i tratti caratteristici delle città, a loro sono sacrificati le strade, le piazze, i monumenti, i giardini, a loro viene dato immenso rilievo nelle campagne pubblicitarie. L’uomo sta diventando un’appendice dell’automobile quando si sposta e della televisione o del computer quando è fermo a lavoro o a riposo. Le grandi invenzioni tecnologiche dell’uomo lo stanno disumanizzando.

Non mi stupisce perciò che per le strade non ci sia nessuno a camminare, che le piste ciclabili siano interrotte da macchine parcheggiate, che i marciapiedi siano inesistenti o devastati, che le piazze invece di essere spazi sociali e culturali siano parcheggi stracolmi, che sulle strisce pedonali si rischi di morire dato che le auto non solo non si fermano per farti passare ma una volta che sei nel mezzo della strada fanno slalom del tuo corpo pur di non fermarsi o rallentare.

C’è qualcosa che non va in questa società moderna, osservare le piccole cose della vita quotidiana certe volte ci rende più consapevoli di ciò piuttosto che leggere giornali o sentire notizie dal mondo sulle grandi questioni che lo agitano. C’è tanto lavoro da fare, culturalmente in primo luogo, dobbiamo riprenderci da un incubo fatto di illusioni e superficialità e riscoprire la semplicità e la banalità della vita.

Luca Madiai
Decrescita Felice e Rivoluzione Umana

*il titolo del post è volutamente provocatorio

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Mi interesso da qualche anno delle tematiche della decrescita e della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Sono arrivato alla decrescita dopo il mio percorso di studi di ingegneria nel settore della produzione di energia. Durante gli anni universitari sono stato membro attivo dell’associazione studentesca europea AEGEE ed ex presidente della sede locale di Firenze (AEGEE-Firenze). Ho lavorato a un progetto sull’energia geotermica a Budapest, dove sono vissuto per alcuni mesi nel 2009 e nel 2010 e ho scritto la tesi di laurea specialistica. Ho studiato anche la lingua ungherese. Nell’autunno del 2010 ho scritto il saggio Decrescita Felice e Rivoluzione Umana e aperto l’omonimo blog dove cerco di diffondere le mie idee attorno alla decrescita felice e alla filosofia buddista. Nel 2012 ho contribuito alla rinascita del Circolo Territoriale del Movimento della Decrescita Felice di Firenze (MDF-Firenze), di cui sono parte attiva. Ho lavorato nel settore delle energie rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico. Mi diletto nello scrivere poesie “decrescenti” e nello spostarmi quasi sempre in bicicletta. Credo nella sobrietà, nella semplicità e nelle relazioni umane disinteressate come mezzo per migliorare la qualità della vita e cerco ogni giorno di attuarle. Ho scritto due libri sulla decrescita liberamente scaricabili da questo sito: "Decrescita Felice e Rivoluzione Umana" e "Ritorno all'Origine"

9 Commenti

  1. Vivo in Colombia. Qui quando si rivolge la parola a qualcuno, anche se non lo si conosce si chiede: come sta? Va tutto bene?
    E quando si va via si dice: le auguro una buona giornata, che tutto le vada bene!
    Trovo triste il suo articolo. Non vedo perché abbandonare un’abitudine gentile che ancora esiste nel nostro paese.
    Ringraziare non costa niente, ma dà un poco di colore, di sorriso sia a chi ringrazia che a chi viene ringraziato. Il mondo è già sufficientemente triste, non lo renda ancora più cupo!

  2. Ciao…io vivo a Firenze e sono ogni giorno vittima dell’aggressione sulle strisce pedonali da parte di macchine incuranti del pedone che danno per scontata la loro precedenza su chiunque altro. E’ davvero snervante e pericoloso e mi mette sempre in uno stato di tensione fortissima. Avrei voluto suggerire al sindaco un progetto del tipo ” lascia passare sulle strisce, ti regalo un sorriso” : provocatorio,chiaramente, ma poteva essere un modo per riaprire un ponte di comunicazione tra i dimenticati ( pedoni) e gli alienati ( guidatori). Mi sembra che si tratti di questo, di non vedere l’altro, come se l’altro fosse davvero separato da noi. E così non è, anche perchè capita quel giorno in cui noi autisti ci ritroviamo sulle strisce da pedoni. Io da guidatrice ho preso la sana abitudine di fermarmi almeno un metro e mezzo prima per non far sentire chi attraversa in uno stato di ansia e minaccia costante! Riflettiamo sempre sul nostro comportamento individuale e se c’è da ringraziarsi, come gesto che riapre un dialogo, facciamolo, col cuore! ciaoooooooo simona

  3. Vi ringrazio per i vostri commenti. Il post, come è riportato, vuole essere provocatorio proprio per attirare l’attenzione su cose ritenute da tutti banali ,come il fermarsi con l’auto per far attraversare una persona, ma che io ritengo fondamentali. Il mio è post è una provocazione, non è certo un invito a non ringraziare le persone. Tanto è che scrivo : “Ringraziare fa sempre bene, oltre ad essere un gesto di cortesia, dovrebbe essere una pratica da adottare quotidianamente in ogni aspetto della vita”.
    Io sogno la mia città senza auto private. Secondo me l’automobile in città allontana le persone, oltre che mettere a rischio la loro vita con lo smog e con gli incidenti pericolosissimi. Quando una persona è in macchina è come se non fosse più una persona, diventa solo un’appendice dell’auto, si spersonalizza, perchè questo è il ruolo fondamentale dell’auto oggi, basta vedere i centinaia di spot pubblicitari.
    Con questo, se ho ferito la serenità di qualcuno con questo articolo , chiedo scusa.

  4. Ciao Luca! Oltre a essere tuo omonimo e coetaneo, devo dirti che sottoscrivo il tuo articolo e il tuo commento in una maniera.. sconcertante! E’ impressionante quanto il tuo pensiero sia identico al mio fino nei dettagli! Il fatto di ringraziare gli automobilisti che ti lasciano passare, per esempio, anch’io l’ho sempre ritenuto un gesto.. “diseducativo”, perché appunto lascia intendere che il macchinato ti ha fatto un favore niente affatto dovuto. Nonostante questo mi viene sempre spontaneo farlo e inoltre accelero il passo (o, più spesso, la pedalata) per togliermi di mezzo il prima possibile perché mi sento un peso, un ostacolo alla circolazione, mentre invece il vero ostacolo a una città pulita silenziosa e vivibile sono proprio i motorizzati! Ritengo infine che sia ragionevole lasciare passare un mezzo che sopraggiunge a velocità sostenuta (se non è seguito da altri) perché il suo arrestarsi e ripartire aumenta il consumo di carburante mentre per me al massimo significa la perdita di qualche secondo di tempo.
    Detto questo, io uso solo ed esclusivamente la bici (o il bus quando piove) per gli spostamenti in città, anche se la vita del ciclista urbano è resa in tutti i modi il più difficile possibile, sono un accanito partecipante della critical mass e convinto sostenitore di un centro storico totalmente interdetto ai mezzi a motore privati e della diffusione di quelli pubblici elettrici.
    Grande, fa sempre piacere scoprire che c’è gente così prossima alle proprie idee!
    Luca, Bologna.

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