La Repubblica di alcuni giorni fa ospitava un articolo di Ilvo Diamanti dal titolo: “Gli attentati di Parigi minacciano anche noi.Un italiano su due è pronto a cambiare stile di vita”
Non so se questo titolo sia stato scritto dall’Autore o, com’è probabile, sia stato attribuito dalla redazione. In ogni caso mi sembra doveroso rivolgere a Diamanti, sempre puntuale ed accorto nelle sue analisi, alcune domande.
I tragici fatti di Parigi sono l’effetto non la causa di tensioni internazionali piu’ o meno latenti.Chi oggi avversa l’Occidente con tanta veemenza e si serve del fondamentalismo religioso per attaccare la nostra quotidianità, non la “civiltà cristiana”, esprime qualcosa di piu’ di una semplice repulsione ideologica. Questo è il risultato della sedimentazione di politiche sbagliate dell’Occidente verso il Medio Oriente. In qualche modo il terrorismo le è figlio. Sempre La Repubblica, in questi giorni, ha pubblicato la notizia secondo la quale il traffico di armi al mondo “fattura” la bella somma di 1.800 miliardi di dollari e che gli Emirati Arabi sono il primo cliente dell’Italia. Ecco dunque la prima domanda: “non crede il professor Diamanti che l’Occidente abbia molte responsabilità nella formazione del califfato; anche in considerazione degli appetiti sulla Siria, quale nuova via possibile dei nuovi traffici dal Golfo Persico, in alternativa a quelli molto piu’ lunghi e costosi dal Canale di Suez?”.
Ma la domanda che mi preme rivolgere a Diamanti sta nel titolo. Da sondaggi effettuati pare che un italiano su due sia disposto a “cambiare stile di vita” per contrastare il terrorismo. Cambiare stile di vita, a mio avviso, non significa solo e semplicemente adattarsi ad un restringimento delle libertà personali, accettare controlli piu’ serrati, limitazioni alle libertà di movimento, in funzione della sicurezza collettiva. Cambiare stile di vita significa comprendere come l’Occidente coi suoi consumi, con la dipendenza dalle fonti energetiche fossili e non rinnovabili ha impresso squilibri geopolitici di cui si avverte tutta la loro portata devastante. Dunque il cambio di stili di vita non può riguardare solo un aspetto parziale, seppure importante, come la sicurezza e, in definitiva, le libertà personali. Riguarda, invece, la maniera di concepire i consumi, i rapporti sociali, il corretto utilizzo delle risorse, la sobrietà quale alternativa necessaria per contenere lo spreco. Riguarda l’obsolescenza programmata, il consumo di suolo, le politiche agro-alimentari e tutto ciò che coincide con l’idea della crescita senza fine. Ecco dunque la seconda domanda per Diamanti: “non crede che un cambio vero di stili di vita che affronti alle radici le ragioni delle contrapposizioni di “civiltà” coincidano con un cambio radicale di paradigma”?