Non essendo stato nominato come commissario agli esami di stato e non avendo neppure svolto incarichi di sorveglianza, sono venuto a conoscenza delle tracce della prima prova di maturità mentre stavo facendo quello che io ho sempre definito il miglior metodo di aggiornamento professionale possibile, cioé una sana lettura in spiaggia alternata da qualche tuffo in mare ristoratore e tonificante. Appena sono apparse le prime indiscrezioni on line, mi sono ovviamente incuriosito scoprendo che una delle tracce dei saggi brevi verteva sul PIL.
Prima di entrare nel vivo dell’argomento, è meglio fornire qualche delucidazione riguardo alla prima prova dell’esame di maturità, profondamente modificata dalla riforma del 1998-99. Da allora il ventaglio di scelta dei candidati si è ampliato; oltre ai classici temi (storico e di ordine generale), possono analizzare un testo scelto dal ministero, oppure redigere un saggio breve o articolo di giornale, optando tra quattro diversi ambiti: artistico-letterario, storico, socio-economico, tecnologico. Rispetto al tema, nel saggio breve non viene fornita una traccia articolata ma un argomento da sviluppare con l’ausilio di documenti allegati (estratti di libri o articoli di giornale, grafici o tabelle, immagini di vario genere), in modo che lo studente riesca a esporre una tesi ben argomentata su quella determinata questione. Personalmente lo ritengo un’ottima forma di scrittura creativa e risulta immancabilmente la tipologia più scelta dagli studenti.
Occorre precisare che spesso la pomposa etichetta ‘socio-economico’ viene usata per dare lustro ad argomenti di bieca attualità. Ricordiamoci che la prima prova dell’esame di Stato è uguale per tutti gli istituti superiori – licei, tecnici e professionali – quindi è comprensibile la volontà di non penalizzare gli studenti con scelte troppo settoriali o eccessivamente umanistiche; anche per tale motivo, sono rimasto sorpreso dal fatto che, contrariamente al consueto, questa volta l’aspetto ‘economico’ abbia avuto la meglio su quello ‘sociale’. La cosiddetta riforma Gelmini ha introdotto due ore di diritto ed economia nel primo biennio di tutte le scuole superiori, anche quelle non a indirizzo commerciale, tuttavia un conto è conoscere per sommi capi la definizione di prodotto interno lordo, un altro è la capacità di valutarlo criticamente in un contesto importante come quello della maturità. Al di là della sorpresa, senza conoscere i documenti allegati alla traccia sarebbe stato precipitoso dire alcunché, ragion per cui mi sono astenuto da giudizi a caldo.
Il giorno successivo il MIUR ha pubblicato on line le tracce per intero, così come sono state consegnate ai candidati. Scopriamo che il saggio breve in questione ha per titolo: Crescita, sviluppo e progresso sociale. E’ il PIL misura di tutto?; vengono poi forniti due documenti, il primo tratto dall’Enciclopedia dei ragazzi-Treccani on line:
Il prodotto interno lordo è il valore di tutto quello che produce un paese e rappresenta una grandezza molto importante per valutare lo stato di salute di un’economia, sebbene non comprenda alcuni elementi fondamentali per valutare il livello di benessere. […] Il PIL è una misura senz’altro grossolana del benessere economico di un paese. Tuttavia, anche molti dei fattori di benessere che non rientrano nel calcolo del PIL, quali la qualità dell’ambiente, la tutela della salute, la garanzia di accesso all’istruzione, dipendono in ultima analisi anche dalla ricchezza di un paese e quindi dal suo PIL.
Il secondo invece è lo storico discorso di Robert Kennedy ben noto ai sostenitori della decrescita:
«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL – se giudichiamo gli USA in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani»
Ora che dispongo di tutte le informazioni del caso, posso giudicare in modo ponderato. Deontologia professionale mi impone di accantonare le opinioni personali e di esprimere la prima riflessione in qualità di docente di italiano e storia, e non può che essere negativa. Due documenti sono troppo pochi – un saggio breve normalmente ne prevede quattro o cinque – non si possono buttare nella traccia termini quali ‘crescita’, ‘sviluppo’ e ‘progresso’ come se fossero intuitivi, senza fornire gli strumenti concettuali adeguati agli alunni frequentanti scuole prive di un curriculum di studi approfondito in economia politica o in scienze sociali; questi hanno potuto affidarsi solamente alle proprie conoscenze personali o a eventuali spunti degli insegnanti. Inoltre, essendo il saggio breve un testo di tipo argomentativo, è opportuno che la tematica scelta possa aprirsi a un ventaglio abbastanza vasto di opinioni: in tutta onestà, qui la traccia è palesemente tendenziosa, perché sia da come è stata formulata sia dai documenti citati lo studente viene evidentemente instradato verso la tesi secondo cui il PIL è un pessimo indicatore di salute sociale. Intendiamoci: se persino il teorizzatore del concetto di prodotto interno lordo – lo studioso statunitense Simon Kuznets – ha successivamente ripudiato il parametro da lui fondato, seguito poi da economisti del calibro di Stiglitz, Sen e Fitoussi, e se persino gli autori di libri condannanti la decrescita ammettono candidamente che il PIL non è indicatore di benessere, forse non siamo più di fronte a una semplice tesi ma a un dato quasi oggettivo. A maggior ragione, quindi, il saggio breve andava strutturato differentemente.
In secondo luogo, non sono affatto convinto che gli studenti interessati alla decrescita siano stati particolarmente avvantaggiati. Ovviamente la critica del PIL è un argomento topico, ma nella traccia sviluppo e progresso sono implicitamente presentati come positivi: un candidato che li avesse destrutturati criticamente avrebbe rispettato le consegne previste dalla traccia o sarebbe finito fuori tema? Felice di non di essermi trovato a valutare le prove, perché gli scrupoli di coscienza sarebbero stati davvero tanti. Questa traccia strizzava maggiormente l’occhio ai sostenitori dello sviluppo sostenibile o alle teorie legate allo stato stazionario, come la acrescita di Mauro Gallegati, dove l’accezione di sviluppo e progresso è ancora positiva.
La decrescita vera e propria era già comparsa in prove ministeriali della maturità, ricordo alcuni anni fa la presenza di estratti di opere di Latouche nelle tracce previste per il liceo delle scienze sociali; in quel caso però si trattava della seconda prova, dedicata alla materia di indirizzo del corso di studi (quindi diversa per ogni tipologia di istituto, a differenza della prima) e di una sperimentazione molto di nicchia (oggi assorbita nel liceo economico-sociale), senza produrre quindi alcun clamore mediatico: inserire Latouche o Pallante nella prova di italiano avrebbe avuto ben altro impatto, con previdibili reazioni stizzite degli opinionisti mainstream.
In definitiva, la traccia sul PIL rappresenta sicuramente il segno di una mentalità che cambia e che comincia a pervadere anche ambienti istituzionali spesso refrattari alle novità come la scuola, ma tale sforzo non può limitarsi a una sortita una tantum e per di più sulla pelle degli studenti, in un momento delicato come l’esame di maturità. Aggiornare i programmi relativi all’insegnamento della scienze e dell’economia politica, sviluppare una didattica dei processi storici che superi le visioni progressiste ed enfatizzi le conseguenze ecologiche delle azioni umane, rivedere le competenze di cittadinanza valorizzando la difesa dell’ambiente quale virtù civica… sono solo alcuni degli aspetti imprescindibili per una scuola che intenda sostenere le giovani generazioni nell’affrontare la delicata fase di transizione che ci attende.
Immagine in evidenza: studenti impegnati nell’esame di stato (fonte: Youtube)
Questo articolo calza a pennello con me: ho scelto questa traccia e ho pesantemente ma oggettivamente criticato il concetto di sviluppo e crescita definendoli più o meno così: “fisicamente impossibili, biologicamente catastrofici e insostenibili e socialmente indesiderabili” e che “in un sistema finito di risorse uno sviluppo infinito è impossibile”
Ho citato Latouche, Giulietto Chiesa, Gandhi e ovviamente JFK.
Spero che la prof apprezzi l’originalità e che ho scritto fittamente 6 mezze facciate.