Passato e presente

La logica nella storia

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Lo stendardo di Ur: la faccia detta “della guerra”, mostra l’esercito (fanteria e carri) e in generale la casta militare e probabilmente degli schiavi dediti ai servizi di supporto. Il re è rappresentato nel registro superiore ed è visibilmente più alto dei soldati semplici, proprio a determinarne il ruolo. (da Wikipedia alla voce Stendardo di Ur all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Stendardo_di_Ur )

L’articolo di Silvana Dal Cero di qualche giorno fa esprime l’esigenza che il sacro torni a impregnare l’esistenza umana. Esprime l’esigenza che le chiese tornino a essere piene e che l’uomo trovi la sua verticalità perduta.
Comprendo la sensibilità di Silvana sull’importanza da dare a questi valori e sono d’accordo con lei.
In un articolo scritto in passato dicevo che “…il senso della vita umana è la ricerca e sperimentazione dello straordinario, del superamento della “ordinarietà” della vita quotidiana…”, che “…obiettivo dell’uomo quindi è il continuo superamento della piattezza delle determinazioni spazio-temporali della vita quotidiana, da quelle che mettono in forse la continuazione della specie a quelle che impediscono un adeguato soddisfacimento dei bisogni alimentari e di buona salute e, per concludere, a quelle che portano alla modificazione delle determinazioni spazio-temporali con la ricerca del sacro, con la creazione artistica, con l’assunzione di droghe e in tanti altri modi.”, e che “di fronte all’uomo c’è solamente la prospettiva della ricerca dello straordinario: la ricerca dello straordinario è l’atto costitutivo dell’uomo, non può scegliere diversamente, costi quello che costi!” (ho affrontato questi temi in diversi articoli come per esempio in questo http://www.decrescita.com/news/il-futuro-straordinario/ e in questo http://www.decrescita.com/news/la-ricerca-dello-straordinario-i-moai-dellisola-di-pasqua/ )

Poi però Silvana dice:
“Poi venne la stagione della scienza e l’uomo dimenticò quanto fossero poca cosa le sue forze.
Conoscere i segreti della Natura, applicare il sapere con successo, fu come bere fiore di loto. Crebbe in superbia e orgoglio, si sentì potente, novello dio, creatore e padrone dell’Universo.”

Ho notato più volte, sia all’interno del movimento per la decrescita che da parte di molti studiosi, una critica ingiustificata della storia passata. Le epoche passate sono viste migliori delle attuali e tutto ciò che ha portato al loro superamento è visto come un insieme di errori.
Ho visto esponenti della cultura della decrescita fare riferimento, ispirarsi, a Leone Tolstoj e a Per Paolo Pasolini. Queste due importanti personalità della cultura mondiale hanno espresso dure critiche all’attuale moderno modello di vita e, contemporaneamente, un “innamoramento” verso epoche passate.
Farò due esempi per criticare questa impostazione, uno riferito a Leone Tolstoj e all’epoca in cui visse e un altro riferito a Pier Paolo Pasolini e all’epoca in cui quest’ultimo visse.
In passato ho fatto una ricerca sul modo in cui si cercava di provvedere all’approvvigionamento dell’acqua nel mio paese di nascita nel periodo che andava dall’unità di Italia fino a quando, negli anni trenta del secolo scorso, arrivò l’acquedotto.
Nella ricerca tra l’altro scrivo:
“Il problema dell’acqua era un problema centrale nella vita delle famiglie. Nel periodo a cui si riferisce questa ricerca la scarsità di acqua aveva un’incidenza notevole sull’igiene e sulla salute delle persone. Specialmente durante l’estate la mortalità infantile per enterite raggiungeva cifre spaventose. Ma a mietere vittime, soprattutto sulla gente più povera, erano anche il tifo, la malaria, la polmonite, il vaiolo, la difterite, la poliomielite e altre malattie ancora.” (l’articolo che espone i risultati di questa ricerca, pubblicato su questo blog il 03 giugno 2015, è raggiungibile al seguente indirizzo: http://www.decrescita.com/news/il-problema-dellacqua/ )
Leone Tolstoj visse dal 1828 al 1910, un periodo in cui le condizioni di vita della gente del mio paese era simile a quanto detto nella citazione riportata. Non mi risulta che negli ultimi decenni al mio paese ci siano stati casi di tifo, colera, vaiolo e quant’altro indicato: questo è un indubbio miglioramento delle condizioni di vita e non vedo chi possa vedere negativo tutto ciò!
Non ho nostalgia dei tempi in cui ha vissuto Leone Tolstoj e di cui questo poeta è innamorato.
Col successivo esempio farò riferimento a Pier Paolo Pasolini e al periodo in cui visse (1928-1974)
Ricordo che quando ero bambino-ragazzo (anni cinquanta-sessanta) notavo che alcuni ragazzi della mia età, che in seguito a una caduta o altro avevano subito una frattura, mostravano il braccio o la gamba con evidenti deformazioni.
Quattro anni fa mentre andavo al lavoro in bicicletta stavo fermo all’incrocio aspettando il verde. Ho perso l’equilibrio e sono caduto pesantemente a terra. Il mio gomito è andato in frantumi. Sono stato soccorso da alcune persone e dopo un po’ è arrivata l’ambulanza chiamata da una delle persone che mi hanno soccorso. Sono stato portato al pronto soccorso, in seguito ricoverato, dopo qualche giorno operato (estrazione di schegge di osso, riconfigurazione dell’articolazione, ecc.), poi ingessato, ecc. ecc. poi ho fatto riabilitazione, ecc. ecc.
Tutto è andato bene ma il dottore che mi ha operato dice che avrei perso circa il 10-15% di motilità.
Nel periodo della malattia ho conservato il posto di lavoro, ho ricevuto il trattamento economico previsto per gli infortuni sul lavoro (perché mi stavo recando al lavoro quando è successo l’infortunio) e infine ho avuto un risarcimento dall’assicurazione (purtroppo per molti giovani che sono entrati da poco nel mondo del lavoro non sono previsti questi trattamenti…ma questa è un’altra storia!).
Sono passati quattro anni da quando è successo l’infortunio e ho l’impressione di avere recuperato il 100% della motilità; della frattura è rimasta solamente la cicatrice (sempre meno evidente) dei punti datimi.
Ripeto quanto detto a proposito dell’epoca a cui faceva riferimento Leone Tolstoj: non ho nostalgia dei decenni in cui ha vissuto Pier Paolo Pasolini e di cui questo poeta è stato innamorato. (ovviamente nella critica a questi due importanti uomini di cultura mi riferisco solamente all’aspetto indicato)


Stendardo di Ur: la faccia detta “della pace”, divisa in tre registri che si leggono dal basso verso l’alto, rappresenta un banchetto e una processione alla presenza del re. Nel registro superiore il re, raffigurato di dimensioni maggiori e vestito con un kaunakes[3], siede di fronte a altri sei commensali seduti, attorniato da cortigiani, danzatori, un coppiere e un arpista. Nei registri inferiori è raffigurata una processione di cortigiani e contadini, commercianti e artigiani che portano animali, doni e vivande. (da Wikipedia alla voce Stendardo di Ur all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Stendardo_di_Ur )

La storia passata ha una profonda logica!
I valori culturali dell’attuale modo di vita arrivarono a maturazione nella Bassa Mesopotamia nel VI millennio b.f. (before present). Sono i valori di originalità, superiorità, contrapposizione ed esclusione, che a un livello più concreto si articolano nella creazione dell’individuo (inteso come centro di interessi prima solo operativamente diversi ma poi anche in contrapposizione [visto la scarsità, storicamente determinata, di risorse] a quella degli altri individui), nella creazione della gerarchia (intesa come l’orizzonte, il contesto, in cui si situano gli individui, indicandone le diverse posizioni e funzioni e i connessi diversi oneri e diritti nella distribuzione di beni e servizi),…(ma su questo argomento sto preparando un lungo lavoro che quando sarà terminato pubblicherò su questo blog).

E’ in base a questi valori culturali che oggi viviamo in un mondo caratterizzato da buone condizioni di vita (adeguato soddisfacimento dei bisogni alimentari e sanitari, istruzione di massa, ecc.) per una parte consistente della popolazione mondiale: queste buone condizioni di vita sono il risultato di quei valori che (in un continuo rapporto dialettico con la “realtà”) hanno portato a millenni di storia fatta di sviluppo delle forze produttive ma insieme e “tramite” sviluppo demografico, sviluppo tecnologico-scientifico-amministrativo, ecc., ma anche insieme e “tramite” guerre, epidemie, carestie, deportazioni, imponenti migrazioni umane, genocidi, condizioni di vita e di lavoro al limite della sopportazione, sfruttamento di popolazioni su altre, ma anche, per terminare, insieme e “tramite” profonde ferite inferte alla natura.


Bambini a scuola che disegnano

E’ anche vero che questo modo di vita, oltre a essere ingiusto per una parte della popolazione mondiale che è esclusa da quelle buone condizioni di vita, non può continuare a lungo perché gli equilibri ecologico-ambientali del pianeta Terra, come sempre più fatti dimostrano, non reggeranno ancora per molto e, insieme a guerre e tensioni legate alle criticità nell’approvvigionamento di risorse naturali e ad altri eventi ancora, porteranno l’intera umanità alla catastrofe.
Sarà necessaria una nuova cultura che, come quella arrivata a maturazione nella Bassa Mesopotamia nel VI millennio b.f., dovrà investire ogni aspetto dell’esistenza umana, dai rapporti interpersonali a quelli fra le diverse aree geo-politico-culturali del mondo.
Queste nuova cultura però dovrà guardare al futuro, che è tutto da fare nella sua complessità, ma che deve comprendere anche quanto di buono c’è stato nel passato, sia quei valori richiamati da Silvana che quanto di buono hanno portato i fiumi di lacrime e sangue che hanno impregnato la storia.
Ma non si può guardare al futuro se in questa nuova cultura mancherà il fondamentale valore della decrescita! Senza la decrescita non si va da nessuna parte!
Questo ovviamente è un altro discorso!

Fonte immagini
La foto in evidenza è presa da http://civiltadeifiumideimari.blogspot.it201111i-sumeri.html
La seconda immagine è presa da http://swww.flickr.comphotosvincenzovacca15711516624
La terza immagine è presa da http://simmaginibambini.com

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

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