Passare ad una eco-bolletta?

0
1921

r4ixNpsZIxO166L20bASznCyXBeddCv9XtGM-IhXbl0Se da semplici fruitori di un prodotto “preconfezionato” intendessimo diventare consumatori critici anche di un bene pur impalpabile come l’energia, perché intendiamo anche in questo modo contribuire a ridurre l’uso di risorse non rinnovabili, la nostra dipendenza energetica dall’estero, le emissioni climalteranti di CO2 ed evitare i rischi legati al nucleare? La spiacevole parabola de La220 ci ha insegnato che non è così facile come potrebbe sembrare. Eppure, in seguito a quella vicenda, alcune organizzazioni hanno ripreso la difficile opera di costruire una filiera etica dell’energia con rinnovato impegno e scrupolo. Vi accompagniamo in un breve viaggio nel complesso mondo delle offerte di elettricità verde per le utenze domestiche.
Risorsa preziosa
In tema di sostenibilità dell’energia resta senza dubbio valido il consiglio n.1: il suo risparmio. Ovvero evitarne lo spreco e migliorare l’efficienza attraverso numerosissime scelte responsabili che possiamo adottare. Solo alcuni esempi: disattivare gli stand-by degli apparecchi spenti, scegliere elettrodomestici a basso consumo, coibentare termicamente i nostri edifici, non ultimo uno stile di vita sobrio e quindi un utilizzo responsabile della risorsa energia. Eppure, andando a vedere gli enormi sprechi dei motori a combustione interna montati su gran parte delle nostre autovetture, o quelli della rete elettrica nazionale basata su poche grandi centrali termoelettriche (le perdite di rete sono stimate tra il 6 e il 10% rispetto alla produzione totale), c’è da mettersi le mani nei capelli!
Volendo piuttosto autoprodurre elettricità locale e rinnovabile, fatto che costituisce il consiglio n.2 in tema di energia sostenibile, per chi ne ha la possibilità è sempre indicata l’installazione di un impianto fotovoltaico, di una mini pala eolica o di un micro-cogeneratore condominiale (cfr. articolo sulla Cogenerazione nel numero di Maggio 2008 di Aam TerrNuova). Oppure si può partecipare ad uno dei numerosi gruppi d’acquisto solari, o ancora sottoscrivere quote di impianti ad azionariato popolare: nell’articolo in tema sul numero di Settembre 2010 di Aam TerraNuova si trovano indicazioni preziose.
Ma dalla mia presa di corrente, che cosa esce?
In attesa del sistema elettrico efficiente e decentrato del futuro, se intanto volessi essere sicuro che la corrente che arriva al mio contatore domestico non provenga da un inceneritore, oppure da una centrale a gas o a carbone? Beh, c’è da fare un chiarimento intanto: l’energia elettrica di per sé non è né bianca e né nera, né tantomeno verde, perlomeno al momento in cui viene erogata. Esemplificando: a valle della distribuzione, nella rete elettrica dei grandi tralicci fin dentro alle nostre case e nei nostri uffici, tutta la corrente è uguale come fosse quella di un fiume, anch’esso composto dalle acque provenienti da tante fonti diverse. La differenza sta nel fatto che l’acqua del fiume è generalmente pulita quando sgorga alla fonte e purtroppo viene inquinata lungo il suo tragitto – mentre l’energia elettrica crea inquinamento proprio laddove è generata, ovvero a monte del suo percorso, quando spesso vengono bruciati petrolio, gas o carbone. Ed è in questo punto della filiera energia che potrebbe cadere la nostra scelta critica e responsabile: optando per una fornitura certificata da fonti 100% rinnovabili, vorremmo poter sostenere questo tipo di produzione energetica e boicottare quella inquinante e dannosa per il clima. Se siamo in tanti a farlo il mercato se ne accorge, e forse anche quella parte di classe dirigente del paese ancora impantanata a inseguire una chimera nucleare estremamente costosa e rischiosa. Ma è davvero tutto così semplice? A detta di diversi esperti del settore sembrerebbe proprio di no.
La crescita delle rinnovabili in Italia
Le stime meno ottimistiche prevedono che nel 2020 in Italia saranno prodotti dalle cosiddette FER, le fonti energetiche rinnovabili, circa 104 TWh, equivalenti ad almeno il 26% dei consumi. In mancanza (alla stesura dell’articolo) dei dati relativi all’anno 2010 sappiamo che in Italia, rispetto all’anno precedente, nel solo 2009 la produzione di elettricità da FER è aumentata del 16%, seppure principalmente grazie all’incremento quantitativo dell’idroelettrico (l’energia prodotta dalle dighe). Si è così passati dai circa 58 TWh registrati a fine 2008 agli oltre 69 TWh del 2009. L’eolico è passato da 4.861 a circa 6.543 GWh, e secondo l’Associazione Nazionale Energia del Vento ANEV ha soddisfatto i consumi domestici di oltre 7 milioni di italiani evitando l’emissione di 3,5 milioni di tonnellate di CO2, l’importazione di 10 milioni di barili di petrolio, dando lavoro ad oltre 18.000 persone tra occupati diretti ed indiretti. La produzione da biomasse è cresciuta da 5.966 a circa 6.500 GWh, escludendo per questo dato la quota stimata proveniente da incenerimento rifiuti (come sappiamo definita anch’essa incoerentemente fonte “assimilata alle rinnovabili” e quindi – ahinoi – incentivata con soldi pubblici tramite il provvedimento CIP6 ed oggi da una parte della componente A3 sulle nostre bollette). L’accelerazione maggiore però si è osservata nella produzione da solare fotovoltaico, che passando da 193 a 677 GWh, da un anno all’altro è aumentata del 250%. In sintesi, negli ultimi 15 anni la crescita delle FER è stata esponenziale, e nel 2009 l’elettricità “verde” ha coperto praticamente il 20% del fabbisogno lordo del paese.
E dove va a finire tutto questo bel quinto di energia verde? In pratica si “mescola” nel cosiddetto mix energetico della rete nazionale, il “fiume” di cui sopra, agli altri quattro quinti di energia convenzionale (compresa quella che importiamo, tra cui figura anche quella nucleare). Certo, possiamo decidere di sottoscrivere una fornitura di energia certificata esclusivamente da fonti rinnovabili, ma tornando alla nostra questione -“come faccio a sapere che l’energia che compro è veramente “sostenibile”? – in definitiva la realtà ci richiama ad un vecchio detto: non è tutto oro ciò che luccica.
Le certificazioni per l’energia verde
RECS (Renewable Energy Certificate System) è il principale sistema europeo volontario di certificazione delle energie rinnovabili. I certificati REC sono rilasciati ai produttori per ciascun MWh di energia prodotta e contengono informazioni sulle fonti e sulle tecnologie impiegate. Questo sistema costituisce senz’altro un passo avanti lungo la via di uscita dalle fonti fossili, ma presenta degli evidenti limiti: in realtà i REC sono semplicemente dei titoli, validi in tutta europa e senza scadenza. Possono cioè essere scambiati e venduti sul mercato internazionale, slegati dalla distribuzione dell’elettricità che attestano, anche a distanza nel tempo. Un paradosso che si verifica è che coloro che noi immaginiamo essere “produttori” di energia verde, alla fine dell’anno possono semplicemente acquistare sul mercato i certificati per compensare il consumo dei loro utenti che hanno sottoscritto una fornitura da rinnovabili, fungendo quindi da semplici rivenditori senza in realtà possedere alcun impianto “verde”, né avere affatto intenzione di costruirne! Sfruttando questo meccanismo, persino aziende che gestiscono inceneritori e centrali a carbone possono fregiarsi di offrire “energia pulita”. Inoltre, molti dei fornitori che fanno uso del RECS approfittano di fatto della disponibilità a pagare un surplus sul costo dell’elettricità da parte degli utenti che hanno l’intenzione, meritevole, di migliorare l’impatto dei propri consumi. Ma in questo c’è un’ulteriore contraddizione: le produzioni FER sono già incentivate, e da tutti i clienti finali, attraverso una parte della componente A3 sulle nostre bollette! Inoltre, la quasi totalità (il 91%) dell’energia certificata RECS in Italia proviene in realtà da impianti idroelettrici, che possono essere anche alquanto impattanti sugli ecosistemi (molti sono di potenza superiore ai 50 MW e la maggior parte costruiti nei lontani anni ’50), mentre è scarsa la presenza del geotermico, praticamente inesistente quella del solare e dell’eolico: molte aziende preferiscono vendere l’equivalente della propria produzione da rinnovabili come “certificati verdi”, più remunerativi rispetto ai REC.
Certo, va detto che diverse tra le aziende che abbiamo interpellato dichiarano di annullare esclusivamente certificati REC emessi per impianti sul territorio italiano, ma sembra proprio che questo sistema non sia automaticamente in grado di migliorare la nostra indipendenza energetica e sostenibilità ambientale – ovvero di stimolare concretamente la dismissione dei tradizionali impianti termoelettrici, il superamento del mega-idroelettrico, la creazione di impianti a rinnovabili di nuova concezione (come fotovoltaico, eolico, solare termoelettrico, ecc.) e di ridurre le importazioni dall’estero. Per assurdo, potremmo teoricamente non avere un solo impianto di questo tipo sul territorio italiano, pur acquistando e annullando in gran numero certificati emessi magari anni fa nel nord d’Europa (l’89% dei REC relativi alla produzione del 2008 provenivano da Norvegia, Svezia e Finlandia). Dove starebbe il reale beneficio, avendo sostenuto impianti probabilmente obsoleti, in gran parte non così sostenibili, magari lontani dal nostro territorio e comunque già incentivati da finanziamenti pubblici?
Qualche punto in più rispetto al RECS, con un’attenzione mirata alla sostenibilità ambientale, lo segna il marchio italiano 100% Energia Verde (www.centopercentoverde.org), rilasciato da Reef Onlus. Produttori, grossisti, persino i consumatori di energia possono ottenere il marchio, vincolato al rispetto di criteri etici di qualità, trasparenza e tracciabilità della filiera. Il tutto è verificato da una commissione di garanti indipendenti, composta da associazioni ambientaliste e di consumatori. Attualmente anche per “100% Energia Verde” la quasi totalità della produzione proviene dall’idroelettrico, ma questa certificazione ha il pregio di non ammettere gli impianti che superano i 50MW. Inoltre gran parte dei proventi di rilascio del marchio sono investiti in progetti a favore delle rinnovabili. Purtroppo però, al momento sono poche le aziende produttrici che hanno richiesto questa certificazione.
Il cambio di fornitore
Per fortuna tuttavia, seppure lentamente, la situazione è in evoluzione anche dal punto di vista normativo: il “decreto Bersani” del 1999, che ha introdotto gradualmente di liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica in Italia (in recezione di una direttiva europea risalente al 1996) è entrato in vigore a Luglio 2007 anche per gli utenti domestici, offrendo alle famiglie la possibilità di scegliere l’offerta di fornitura che meglio soddisfa le loro esigenze – quindi anche una di energia prodotta al 100% da fonti rinnovabili. Da quest’anno inoltre (dopo un lungo iter di decreti-legge e decreti ministeriali a seguito dalla direttiva europea 2003/54) entra finalmente in vigore l’obbligo per le aziende che vendono energia elettrica, di fornire ai propri clienti informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato nella produzione dell’elettricità fornita nei due anni precedenti. E questo sia nel materiale promozionale che, almeno una volta ogni quattro mesi, nelle fatture. In altre parole, i venditori devono pubblicare la provenienza dell’energia erogata suddivisa per tipologia di fonti in una sorta di “bolletta trasparente”. Questo ci permetterà di poterne meglio valutare l’offerta, ed eventualmente di sceglierne uno che più ci corrisponde.
Ma in pratica, come si fa a cambiare fornitore?
Una volta valutata attentamente l’offerta occorre sottoscrivere un contratto di fornitura con il nuovo venditore. Sarà sua responsabilità inoltrare la richiesta di chiusura del vecchio contratto (recesso) al fornitore precedente. C’è da sottolineare che nel passaggio non avviene alcuna interruzione di fornitura: l’energia elettrica continua ad essere consegnata al nostro contatore, attraverso la rete e gli impianti gestiti dall’impresa locale di distribuzione (la stessa che interviene in caso di guasto, per intenderci) con le caratteristiche previste dal contratto. Cambia solo il venditore, che sostanzialmente immette a monte nella rete la quantità di energia corrispondente a quella da noi impiegata a valle. Attenzione: non vi fate ingannare da chi prospetta risparmi mirabolanti! Prima di passare al mercato libero dell’energia o di cambiare fornitore consigliamo di informarsi, ad esempio visitando il sito dell’Aeeg (www.autorita.energia.it), telefondando al numero verde dello Sportello per il consumatore di energia (800-166654) o ancora consultando le pubblicazioni elencate in bibliografia, ricche di informazioni che per ragioni di spazio non possiamo qui riportare. Ne citiamo solo una, significativa: con un’offerta che prevede uno sconto sulla “quota energia”, vale a dire il prezzo stabilito dall’Autorità (Aeeg), generalmente non viene spiegato che il valore delle perdite di rete (circa il 10%) – già compreso nella “quota energia” sul mercato vincolato – nel mercato libero viene invece addebitato al cliente finale rischiando nei fatti di vanificare lo sconto offerto.
I progetti di “sovranità energetica” dal basso
“Consumare è coprodurre” così suona uno degli atti di sensibilità planetaria di Critical Wine. E in tal senso è un bene che esistano, oltre alle mega-aziende che spadroneggiano sul mercato elettrico, anche realtà impegnate a promuovere concretamente la co-produzione partecipativa del bene energia e la scelta critica dei produttori. Finalmente si stanno concretizzando le opportunità per la fornitura domestica di elettricità a filiera controllata, destinate ai loro iscritti e non solo:
Il progetto Co-Energia, nato in seno al movimento dei GAS (Gruppi d’Acquisto Solidale) e dei DES (Distretti di Economia Solidale), fin dalla sua creazione nel 2007 ha cercato di individuare sul mercato un fornitore che garantisse una produzione esclusivamente da fonti rinnovabili, l’impegno per una filiera etica, fiduciaria e trasparente, la partecipazione ad un fondo per progetti di economia solidale e per l’educazione ambientale. La220 fu il primo fornitore selezionato in tal senso, ma in seguito al rocambolesco processo di fusione con la società Green Network tutte le garanzie avute in precedenza vennero meno e la collaborazione troncata. Sempre basandosi sull’impegno volontario dei partecipanti Co-Energia, divenuta nel 2010 associazione, dopo avere tentato il percorso di arrivare ad un “accordo collettivo” di fornitura elettrica secondo canoni di economia solidale con un consorzio di produttori che purtroppo non era in grado di gestire l’impegno che richiede la fornitura a un grande numero di privati, è approdata infine a stipulare una convenzione con Trenta SpA, produttore e fornitore descritto di seguito.
Per avere informazioni e per l’adesione visitare il sito: www.co-energia.org.
Un percorso altrettanto virtuoso è quello intrapreso dalla cooperativa Retenergie, nata in seguito al progetto “Adotta un Kw” (cfr. articolo sul numero di Febbraio 2009 di Aam TerraNuova). Oltre a raccogliere quote sociali per finanziare la costruzione di diversi impianti idroelettrici e fotovoltaici, dei quali alcuni sono già stati realizzati, di recente è stata stipulata una convenzione per la fornitura di energia verde ai soci della cooperativa con Trenta SpA. Il fornitore ha soddisfatto largamente le loro aspettative, dato che è controllato da soggetti pubblici della provincia di Trento, offre sostanzialmente energia prodotta da installazioni idroelettriche e fotovoltaiche di Dolomiti Energia (dello stesso gruppo e situate prevalentemente in provincia di Trento) ed è disponibile a far visitare i propri impianti ad una commissione nominata dalla cooperativa. Inoltre Trenta si è impegnata ad acquistare la produzione elettrica di Retenergie una volta entrati in funzione gli impianti, sta considerando di farsi socia e ad ogni modo parteciperà alla costituzione di un fondo per progetti ambientali e sociali decisi dalla cooperativa. Per informazioni su Retenergie e sull’adesione visitare il sito: www.retenergie.it

Fonti dati: AEEG Autorità per l’energia elettrica e il gas, ENEA “Rapporto Energia Ambiente 2009”, GRTN-TERNA, Energia verde in Italia – R. Rizzo, L’energia che ho in mente – Altreconomia, Le fonti rinnovabili 2010 – C. Manna & A. Fidanza
Bibliografia: mini guida “L’energia che ho in mente” Aa. Vv., Ed. Altreconomia 2010 – “Energia verde in Italia” Roberto Rizzo, Ed. Ambiente 2009 –

(versione aggiornata dell’articolo pubblicato su Aam TerraNuova di Marzo 2011)

CONDIVIDI
Articolo precedenteThe Affluent Society – La societa` opulenta
Articolo successivoL’economia minaccia di rovinarci se non le paghiamo il pizzo
1975 Norimberga / dal 1985 Firenze. Trascorsi in Greenpeace, nel Gruppo Consumo Critico del Firenze Social Forum, come educatore ambientale per bambini e adulti, oggi lavoro in un centro di materiali per la Bioedilizia e scrivo per la rivista Aam TerraNuova. GASista da quasi tre lustri, ho collaborato alla nascita dell'associazione Cohousing in Toscana e raccolgo esperienze di comunicazione empatica e di facilitazione per gruppi con il metodo del consenso. Amo il concetto di Wendel Berry "Investi nel millennio… pianta sequoie". www.twitter.com/Ollipaz

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.