E’ una mattina di inizio maggio, saranno più o meno le otto e trenta e sto guidando per andare al lavoro. Ogni giorno mi devo sorbire un’ora d’auto all’andata ed una al ritorno, è una cosa che mi pesa molto, non tanto per la fatica fisica, ma perché questo tragitto obbligato mi costringe a rinunciare a ben due ore quotidiane con la mia famiglia. Cerco quindi di fare buon viso a cattivo gioco, e approfitto del fatto di percorrere strade collinari a cavallo fra Romagna e Marche per ammirare (quando la guida me lo consente) incantevoli scorci di paesaggio sempre diversi ad ogni cambio di stagione. In fondo, cosa dovrebbero dire coloro che invece tutti i giorni si devono infilare dentro tangenziali o raccordi anulari intasati dal traffico? A volte cambio pure un po’ il percorso per ravvivare le cose, e ne approfitto sempre per ascoltare qualche cd musicale che altrimenti starebbe a prendere la polvere in qualche cassetto a casa.
Ma ritorniamo a noi.
In fondo ad una discesa vedo parcheggiata un’auto familiare, a dire il vero messa un po’ di traverso, ma per fortuna il traffico è scarso. Non ci sono lampeggianti accesi né triangoli sulla sede stradale, per cui non si tratta di una noia meccanica né di un incidente. Allora rallento la marcia cercando con lo sguardo il proprietario della macchina, e lo vedo un paio di metri più avanti, seduto in giacca e cravatta sul ciglio della strada sopra quella che sembra essere una coperta ripiegata. Non ha con sé una macchina fotografica né un cavalletto o altra attrezzatura per disegnare. Si è semplicemente seduto in quel punto ad ammirare il paesaggio, che a dire il vero è incantevole, illuminato dalla luce mattutina finalmente nitida dopo noiosi giorni di pioggia e foschia.
Questa scena mi è ritornata in mente molto nitida a distanza di mesi, perché mi ha fatto molto pensare e riflettere: viviamo in un Paese fisicamente stupendo e spesso calpestiamo paesaggi magnifici senza accorgercene, per colpevole disinteresse o semplicemente perché, indaffarati tutto il giorno come formiche impazzite, non ne abbiamo il tempo (o non vogliamo VERAMENTE ritagliarcelo). Ma chi diavolo ce lo fa fare? Siamo sicuri che non possiamo rinunciare davvero a qualche incombenza che ci stressa la vita e dedicarci un po’ di più a tutto ciò che di bello abbiamo intorno? Ce lo ha ordinato il dottore di imbottire ogni ora della nostra giornata di scadenze ed impegni inderogabili?
Ode quindi a questo signore che ha trovato il tempo di fermarsi a godere della vista di quel panorama che quotidianamente percorre solo in auto, di solito vedendolo senza guardarlo veramente. Probabilmente sarà arrivato al lavoro in ritardo, ma ne sarà valsa sicuramente la pena.