E’ un periodo di grande protagonismo per il ministro alla transizione (ecologica?) Roberto Cingolani che, dopo la sparata sugli “ambientalisti radical chic peggiori della catastrofe climatica”, ha fatto ancora parlare di sé annunciando rincari del 40% sulle prossime bollette.
La profezia di sventura del ministro ha scatenato le consuete lagnanze dei sostenitori dell’atomo, molti dei quali hanno tessuto i soliti peana per la Francia, eden del nucleare e delle bollette leggere. Per noi, una buona occasione per demistificare leggende metropolitane e luoghi comuni consolidati sulle virtù del sistema energetico transalpino.
Il sistema energetico francese: un modello azzeccato?
Per quanto possa suonare assurdo, una delle ragioni che ha reso la Francia il paese più nuclearizzato al mondo (70-80% di elettricità prodotta dall’atomo) è stato un errore di valutazione del Corps des mines, una élite di tecnici inquadrata all’interno del ministero dell’economia che ha guidato la strategia energetica del dopoguerra molto più delle istituzioni elettive, rimaste per lo più ai margini.
Gli esperti fecero affidamento sulle previsioni dei consumi elaborate negli anni 60-70, risultate poi largamente gonfiate: la conseguenza è stata una capacità produttiva sovradimensionata rispetto alle esigenze reali, come testimonia il fattore di capacità dei 56 reattori ancora operativi, inferiore al 75% (in confronto, negli USA supera l’80%).
Per tenere la domanda più alta possibile, l’uso dell’elettricità è stato esteso anche a certi settori, come il riscaldamento abitativo, dove il suo impiego risulta più questionabile. In conseguenza di ciò, il consumo pro capite di elettricità per uso domestico francese è tra i più alti in Europa, decisamente superiore a quello italiano, tedesco o britannico.
Sul piano tecnico è insensato utilizzare i reattori al di sotto del carico ideale, ragion per cui la strategia francese non è stata imitata. Anche l’attuale programma atomico cinese, che a prima vista può impressionare per i numeri elevati in gioco, non deve trarre in inganno: rispetto allo smisurato fabbisogno elettrico attuale del paese del dragone, anche i 64 reattori previsti nelle condizioni più favorevoli non inciderebbero per più del 7-8%.
Per assurdo, se tutte le 444 ora unità funzionanti al mondo convogliassero la loro energia in Cina, alimenterebbero appena il 40% dei consumi elettrici. Un fatto che la dice lunga sullo stato di minorità del nucleare nel contesto globale.
L’elettricità francese alimenta l’Italia e l’Europa?
Incontestabilmente, la Francia è il primo esportatore di elettricità in Europa, nell’ultimo decennio mediamente ha esportato una sessantina di TWh annui (a titolo di paragone, circa un quinto del consumo italiano), un fatto frequentemente rimarcato dai nuclearisti a vantaggio della loro fonte prediletta. Essi però non conoscono o preferiscono omettere alcuni dettagli.
La produzione elettronucleare è estremamente rigida e pressoché costante nelle 24 ore, anche la notte quando la richiesta è minima: pertanto, meglio esportare energia a prezzi stracciati piuttosto che dissiparla inutilmente. Persino alla Germania conviene acquistarla, pur non avendone bisogno essendo il secondo esportatore netto d’Europa.
L’Italia, “che ipocritamente acquista energia nucleare dall’estero ma non vuole centrali atomiche sul suo territorio”, si limita anch’essa ad approfittare di un’offerta quanto mai conveniente. Per altro, tutte le nostre importazioni elettriche sarebbero tecnicamente evitabili e la dipendenza dalla Francia è assai poco rilevante; per maggiori approfondimenti, rimando a un articolo del 2014 di Claudio Della Volpe, sempre valido nella sostanza perché le cifre in questione non sono mutate in maniera significativa da allora.
Di sicuro, ovviare ai 10-15 TWh dalla Francia spendendo una decina di miliardi di euro per una centrale atomica disponibile tra dieci anni (nella più favorevole delle ipotesi) sarebbe in assoluto il peggior affare possibile.
Importazioni contro i black out
Mentre si fa un gran parlare delle esportazioni elettriche transalpine, le importazioni sono invece generalmente taciute. Sono molto più esigue, in quanto nell’ultimo decennio sono ammontate a una quindicina di TWh annui, ma fino al 2005 erano un terzo o meno di quel valore. Ma che senso ha importare elettricità in un regime di sovrabbondanza produttiva?
Come spiegato, il funzionamento del nucleare è molto rigido e mal si adatta ai picchi di richiesta che in Francia, a causa dell’uso intensivo del riscaldamento elettrico, si possono verificare anche in inverno, non solo d’estate quando sono accessi gli impianti di condizionamento: talvolta, le autorità hanno espressamente invitato la cittadinanza a moderare i consumi per evitare il rischio di un black out generalizzato. Bizzarro paradosso per un sovraproduttore di elettricità!
La Francia è meno dipendente dal petrolio?
Da quando i nuclearisti hanno tinteggiato di verde la loro propaganda, sono soliti raffigurare sordidi piani della lobby petrolifera contro la loro energia preferita. In realtà, il petrolio viene utilizzato per produrre combustibili liquidi, plastiche e solo molto marginalmente per generare elettricità (3% sul totale globale), unico scopo per il quale è invece impiegabile il nucleare. A riprova di ciò, il consumo pro capite italiano di petrolio è minore di quello della Francia e delle principali nazioni nucleari. La capacità dell’energia atomica di influenzare i consumi petroliferi è quindi pressoché nulla.
La realtà dietro le bollette
Una tipica narrazione pro atomo consiste nel paragonare il prezzo al kWh in bolletta italiano con quello francese.
Prezzo utenza domestica:
Italia: 0,215 €/kWh
Francia: 0,195% €/kWh
Prezzo utenza non domestica:
Italia: 0,151 €/kWh
Francia: 0,095 €/kWh
(prezzi riferiti al secondo semestre del 2020)
Da qui l’equazione energia atomica = bassi prezzi dell’elettricità. Essa si potrebbe banalmente confutare facendo notare come i prezzi francesi non siano i più bassi in assoluto, altri paesi con impiego del nucleare inferiore o nullo ne vantano infatti di più competitivi; alla stessa maniera, le tariffe italiane sono inferiori a quelle di alcune nazioni dotate di energia atomica.
In realtà, le bollette sono un indicatore scarsamente affidabile per comprendere i costi reali dell’energia, per le seguenti ragioni:
- gli oneri fiscali e di sistema variano da paese a paese, in Italia sono maggiori che in Francia. In particolare, il prezzo dell’utenza non domestica italiano è gravato da un consistente 42% di imposte, contro il 21% transalpino. Al netto delle tasse, quindi, le differenze si fanno alquanto più labili: 0,133 €/kWh vs 0,129 €/kWh per l’utenza domestica e 0,087 €/kWh vs 0,075 €/kWh per la non domestica;
- in Francia esiste una filiera nucleare militare complementare a quella civile (hanno marciato in parallelo fin dalle origini), per cui alcune voci di spesa (come il ciclo del combustibile) vengono addebitate al ministero della difesa, il cui budget è sensibilmente maggiore che in Italia. In Belgio, ossia in uno dei paesi più nuclearizzati d’Europa dopo la Francia (40% circa di elettricità) dove però esiste solo il comparto civile, i prezzi netti e lordi dell’utenza domestica sono tra i più elevati: rispettivamente 0,179 €/kWh e 0,270 €/kWh. Parimenti, le utenze non domestiche belghe, nette e lorde, sono superiori a quelle di svariati paesi senza atomo (vedi Portogallo, Danimarca, Grecia);
- in Francia, avendo in gran parte elettrificato la produzione di calore per uso domestico, è fondamentale calmierare le tariffe per non creare disagio sociale. Uno studio di Save On Energy stima che mediamente il cittadino francese paghi €1.156 annui di bolletta elettrica, contro €693 di quello italiano.
Tenendo conto del fatto che la Germania, ossia la locomotiva economica europea, presenta i prezzi in assoluto più elevati per entrambi i tipi di utenza (domestica e non domestica), l’importanza attribuita alle tariffe elettriche nell’incidere sulla competitività nazionale sembra esagerata. In ogni caso, alla luce delle spese per le costruire i reattori di III generazione a Flamanville e Olkiluoto (intorno ai 6/7 miliardi di euro a GW) un progetto industriale per nuclearizzare anche solo il 20% del fabbisogno italiano costerebbe intorno ai 40 miliardi, con inevitabile rincaro delle bollette per sostenere gli oneri di costruzione.
Un sistema energetico poco costoso?
Se, come sostengono i nuclearisti, la loro energia prediletta presenta veramente il miglior rapporto costo/produzione, allora le aziende francesi storicamente legate alla industria atomica e alla distribuzione d’energia (EDF e Areva) dovrebbero trovarsi in una situazione economica più che mai florida. Nulla di più lontano dal vero, invece.
Il colosso energetico EDF, ancora largamente di proprietà statale, versa da anni in condizioni critiche, al punto che oggi è gravato da un debito di 41 miliardi di euro. Per cercare di sbrogliare la situazione, il governo e la dirigenza intendono attuare il ‘progetto Hercule’, che consiste nello smembramento di EDF in due società distinte: EDF Blue, di proprietà interamente statale a cui rimarrebbe la gestione delle centrali atomiche, ed Edf Verde (detenuta al 60% da Edf Bleu) quotata in borsa per la distribuzione e la vendita dell’elettricità da rinnovabili.
Lo scorporo testimonia di rinnovabili in grado di competere sul mercato e di un’energia atomica che non si può sostenere senza aiuto statale. Il CEO di EDF Jean-Bernard Levy in un’intervista ha parlato espressamente di costi del nucleare non adeguatamente coperti: “Viviamo da sei anni con delle misure congiunturali che non ci permettono di risolvere un problema strutturale: la regolazione del nucleare (si riferisce alla Arenh, ossia un dispositivo che permette ai fornitori di elettricità concorrenti di Edf in Francia di acquistare una parte della sua produzione nucleare al prezzo di 42 €/MWh, n.d.r.) è asimmetrica e non ci permette di coprire i costi complessivi della produzione. E’ un veleno che ci indebolisce considerevolmente”.
Il destino dell’altra impresa a capitale pubblico, Areva, impegnata in vari settori della filiera nucleare (estrazione uranio; raffinazione, produzione e arricchimento combustibile; gestione scorie), è stato addirittura peggiore: nel 2017, la Commissione Europea ha autorizzato un piano di salvataggio pubblico da 4,5 miliardi di euro per avviare una profonda ristrutturazione dell’azienda, oggi chiamata Orano.
La Francia ricicla le scorie?
L’operazione che in tanti chiamano ‘riciclaggio delle scorie’ è in realtà il ‘riprocessamento del combustile esaurito‘. In termini molto semplici, il combustibile nucleare già adoperato da un reattore viene sottoposto a complessi processi chimici per recuperare elementi fissili, in particolare il plutonio 239. Tale elemento può essere poi impiegato insieme a uranio impoverito per ottenere un nuovo combustibile nucleare, chiamato MOX (Mixed Oxide Fuel).
Solo certi reattori possono impiegare il MOX (20 per la precisione in Francia), una volta utilizzato non può essere ulteriormente ritrattato e, sebbene la massa delle scorie sia inferiore a quella del ciclo senza riprocessamento, è più complicato gestire queste e il MOX esaurito, a causa di valori più elevati di radiotossicità e calore.
Il riprocessamento non solo aumenta gli oneri energetici del ciclo atomico, (di conseguenza anche le emissioni di gas serra associate), ma pone anche un grave rischio di proliferazione nucleare militare: il plutonio 239, infatti, è perfetto per l’uso bellico, ne bastano pochi kg per costruire potenti ordigni. Non a caso, quello francese è il terzo arsenale nucleare al mondo dopo quelli di USA e Russia.
Una volta chiarita la vera natura del ‘riciclaggio’, è utile fornire qualche informazione sulla gestione delle scorie in Francia, anche perché smentiscono la faciloneria di chi sminuisce il problema. All’inizio degli anni Ottanta è stata abbandonata definitivamente la pratica di stoccarle nei fondali oceanici, da allora sono state promesse soluzioni meno impattanti e, soprattutto, gestite sul territorio nazionale.
Nel 2009, però, un documentario-inchiesta dell’emittente televisiva Arté rivelò che il 13% delle scorie radioattive francesi veniva inviato nel complesso atomico russo di Tomsk-7, in Siberia, e che ogni anno 108 tonnellate di uranio impoverito provenienti dalle centrali atomiche transalpine veniva depositato in discariche a cielo aperto.
Vista la saturazione degli impianti attuali per il stoccaggio, è allo studio la realizzazione di un deposito permanente di profondità dei rifiuti a media e ad alta attività nella località di Bure, nel nord-est della nazione, per un costo stimato tra i 25 e i 35 miliardi di euro.
La Francia abbandona il suo stesso modello?
Raggruppando i reattori francesi in base al periodo di inizio attività, si ottiene la seguente ripartizione:
- 1975-80: 11 unità
- 1981-85: 24 unità
- 1986-90: 14 unità
- 1991-95: 3 unità
- 1996-00: 4 unità
I 56 reattori in servizio appartengono tutti alla cosiddetta II generazione nucleare: i piani originali prevedevano una vita operativa di 40 anni, dopo i quali sarebbero stati presumibilmente sostituiti o da nuovi modelli evoluzione della fissione tradizionale (III generazione) o addirittura dai reattori autofertilizzanti (IV generazione). Il periodo 2020-30 avrebbe dovuto quindi essere caratterizzato da un radicale rinnovamento nel comparto atomico.
Gli eventi hanno però preso una piega alquanto diversa. Attualmente è in costruzione un solo reattore di III generazione a Flamanville, ma il suo completamento è diventato oramai una vera e propria odissea: i lavori erano iniziati nel 2007 con la previsione di chiuderli nel 2012 in base a un budget di 3,9 miliardi di euro, ma a oggi è ancora in fase di completamento e intanto le spese sono lievitate, al punto che la corte dei conti francese paventa un ammontare complessivo di 19,1 miliardi (più di 10 miliardi di euro a GW). I due tentativi di reattori autofertilizzanti (Phenix e Super-Phenix) sono invece miseramente falliti, convincendo EDF ad abbandonare ogni velleità al riguardo.
Per far fronte alla situazione, si è deciso di prolungare la vita operativa di 32 vecchie unità da 900 MW di altri dieci anni, investendo una cinquantina di miliardi nell’operazione. Così facendo, si è preso tempo per allontanare il ‘giorno del giudizio’ del decomissioning, ossia dello smantellamento definitivo delle centrali e della messa in sicurezza di tutti i componenti. L’intero processo, secondo la corte dei conti, dovrebbe costare almeno 87 miliardi di euro, di cui ben 67 a carico di EDF.
La nuova strategia energetica sostenuta da Macron prevede un ruolo più limitato dell’atomo per il futuro e un mix energetico 50% nucleare/50% rinnovabili, con queste ultime che per ora apportano meno del 10% del fabbisogno (la generazione da fotovoltaico è ancora al palo, la metà di quella italiana). Queste due tipologie di fonti, però, non si integrano bene a causa della rispettiva scarsa flessibilità d’impiego, ragion per cui finirebbero per competere tra loro per i sistemi di accumulo dell’elettricità, cioé batterie e pompaggi idroelettrici.
Insomma, al di là di certa facile retorica, sul futuro energetico francese gravano pesanti incognite.
Bibliografia
Angelo Baracca e Giorgio Ferrari Ruffino, SCRAM ovvero la fine del nucleare, Jaca Book, Foligno 2011
Dati sulle centrali atomiche e su consumi e produzione energetica: AIEA, IEA.
Dati sui costi dell’elettricità in Europa: EUROSTAT
questo articolo è un suppurato di cherry picking ed informazioni false come raramente ne ho visto in giro.
Se sono così tante informazioni false e cherry picking me ne indichi giusto due o tre, dal momento che dovrebbe esserci soltanto l’imbarazzo della scelta.
la francia ha un fattore di carico basso DI PROPOSITO, modulando i reattori il fattore di carico cala. ma per avere una economia di scala nella modulazione devi avere i reattori uguali, infatti sono di 3 modelli, tutti uguali fra di loro eccetto che per piccole modifiche (negli USA non esistono 2 reattori uguali e sono tutti stati approvati dall’NRC singolarmente, in francia si approvava il sito e lì ne costruivi 2-4-6).
il riscaldamento elettrico è ecologico ed emette molto meno di quello a gas. si può questionare che sia meglio utilizzare una pompa di calore al posto di una resistenza elettrica, o il teleriscaldamento come fanno in slovacchia ed ucraina con i loro reattori, NON che il riscaldamento elettrico sia peggio di quello a combustibili fossili. infatti nei paesi nordici si utilizza praticamente solo riscaldamento elettrico. a riprova di ciò il consumo di gas transalpino è 44 Gmc, in italia è 72 Gmc.
i cinesi sono 1.4 miliardi. per un decennio hanno allacciato alla rete in media 1 GW di centrali a carbone a settimana. dire che 64 centrali farebbero solo il 7-8% del fabbisogno cinese è non capire i numeri di cui si sta parlando.
la produzione nucleare non è rigida, il nucleare francese è stato ideato per la modulazione. infatti puoi andare dal 100% al 20% e tornare al 100% in meno di 4h. una centrale a carbone non ce la fa. se esportasse energia sottocosto converrebbe modulare i reattori di più. la francia ha sempre un guadagno. il CERN funziona principalmente in inverno dato che è in inverno che sono accesi i reattori francesi, e le quotazioni dell’elettricità sono le più basse dell’anno.
l’italia importa energia francese triangolandola dalla svizzera. a causa del numero limitato di elettrodotti le importazioni maggiori sono dal canton grigioni, non dalla savoia o dalla provenza. questo fatto genera un “greenwashing” dell’energia francese, che è importata come 50% idroelettrica mentre è al 75% nucleare.
le autorità hanno invitato a moderare i consumi anche in california. ed il governatore ha autorizzato l’uso estensivo di generatori diesel domestici.
da quando in occidente si fa elettricità col petrolio? sono decenni che non si fa. solo arabia saudita e giappone ne fanno largo uso, in tutto il resto del mondo no. ma come detto prima i consumi di gas francesi sono quasi la metà di quelli italiani, dato che la differenza è tutta dovuta a riscaldamento e centrali elettriche.
eurostat dà altri prezzi per l’energia elettrica, totalmente differenti e con un margine molto più ampio
https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Electricity_price_statistics
per le spese della difesa è di nuovo un falso mito. la francia ha un esercito molto più grande e ha una triade nucleare quasi completa. poi non partecipa praticamente mai ai progetti europei di sviluppo d’arma ma sono tutti domestici. da ciò ha spese molto maggiori. se l’italia avesse dovuto finanziare da sola il progetto F35, avrebbe assorbito da solo un decennio di spese militari solo per la progettazione.
l’italia ha speso 220 miliardi per produrre meno di 50 TWh totali per 20 anni. se con 40 miliardi dati al nucleare faresti quello che hai fatto con 220 miliardi alle rinnovabili….guarda che casca tutto il tuo discorso
https://www.gse.it/documenti_site/Documenti%20GSE/Studi%20e%20scenari/Scenari%20risorse%20impegnate%20per%20la%20sostebilit%C3%A0%20e%20spesa%20energetica%20delle%20famiglie.pdf
bernard levy si lamenta che i concorrenti fanno un sacco di profitti con i reattori EdF. nei primi 15 giorni di settembre con questa legge EdF ha perso alcuni miliardi, dato che il prezzo in borsa elettrica francese è schizzato a 120€, mentre nel regno unito ha raggiunto le 1200£ (sempre a MWh, da ricordare che di solito si sarebbe sui 60€).
il MOX è il combustibile dei reattori di IV gen. il centro di la hague non è stato studiato per riprocessare il MOX ma il combustibile standard. da ciò si conserva il MOX per quando saranno autorizzati i processi post-PUREX che saranno integrati nella IV gen. lo si sa da decenni, lo insegnano in tutti i politecnici.
il plutonio per bomba deve avere al minimo il 93% di Pu239. quello da reattori ha al massimo il 60%. questo lo rende inutilizzabile a qualsiasi fine proliferante. la centrale iraniana di busher non ha alcun problema sotto il profilo di proliferazione (infatti al 99% non sapevi che l’iran ha 2 GW di nucleare), mentre i processi di arricchimento si, e questi sono strettamente sorvegliati dalla IAEA.
l’uranio impoverito francese viene mandato a tomsk per essere riarricchito fino alla % naturale. i russi si tengono come pagamento l’uranio super-impoverito. l’uranio impoverito ha ancora lo 0.3% di U235, al posto dello 0.7% normale. cosa facciano i russi con il proprio uranio è un problema dei russi, non della francia. come se oggi tu ti lamentassi con la georgia perchè il nitrato d’ammonio esploso a beirut era stato prodotto in georgia…..
i piani originali dei reattori francesi prevedevano 20 anni di funzionamento. QUESTA era la loro licenza di esercizio da progetto. ma già da progetto era prevista una revisione decennale. di contro i reattori americani hanno una licenza di 40 che è rinnovata di 20 in 20 (ora turkey point ha avuto l’estensione ad 80 anni). i reattori svizzeri non hanno alcuna scadenza.
superphoenix ha avuto molti problemi nel circuito secondario. phoenix invece ha funzionato tranquillamente per quasi 40 anni. dal 1973 al 2010.
il 50% di nucleare sarà raggiunto senza la chiusura di reattori, infatti la mobilità elettrica prevede di far aumentare i consumi elettrici, e quindi il rapporto diminuirà. di contro la scorsa settimana la germania ha visto tornare di prepotenza il carbone come prima fonte di generazione nazionale.
https://www.dw.com/en/germany-coal-tops-wind-as-primary-electricity-source/a-59168105
poi c’è anche altro ma ora non ho tempo.
Sono attualmente alle prese con un paio di shitstorm su Facebook riguardo a questo articolo, con persone sgradevoli che adottano atteggiamenti da cyberbulli celendosi dietro profili falsi. Qui invece la persona in questione ci mette nome, cognome e mail ed evita di di fare inutilmente il simpaticone. E’ una cosa che apprezzo molto.
Avrei da ridire su diverse osservazioni che mi sono state mosse, ma sto lontano dalle questioni tecniche. Rispondo solo a questa contestazioni di merito: “eurostat dà altri prezzi per l’energia elettrica, totalmente differenti e con un margine molto più ampi”. Se vede nella pagina che ha linkato c’è un file Excel, ho fatto copia+incolla da quei dati, netti e lordi. Riguardo a questa “il 50% di nucleare sarà raggiunto senza la chiusura di reattori, infatti la mobilità elettrica prevede di far aumentare i consumi elettrici, e quindi il rapporto diminuirà”, tra 10 anni spariscono 32*900 MW nucleari e ingresso ne arrivano solo 1,6 GW. (E sapevo invece dell’Iran. Consulto molto spesso il database della AIEA). Anche questa “da quando in occidente si fa elettricità col petrolio? sono decenni che non si fa”. Lo vada a raccontare a tutti i vari fan del nucleare che hanno invaso il gruppo Fb di MDF Italia e la menano con questa cosa del nucleare contro il petrolio.
Questo articolo vuole replicare a due osservazioni che sono scaturite da molte dopo le esternazioni di Cingolani sui rincari in bolletta: 1) se avessimo il nucleare avremmo meno bollette più leggere 2) grazie alla competitività dell’energia atomica la Francia ha un sistema energetico economicamente solido.
La prima affermazione è smentita dai fatti, per quanto riguarda la seconda la situazione economica di EDF ed ex Areva lascia riflettere parecchio.
Tutto queste rimane al di là delle mie lacune tecniche ed è il vero nocciolo del problema.
i piani di macron sono stati di molto ridimensionati negli ultimi anni. ed in ogni caso i reattori che erano previsti chiudere sono 14 e non 32
https://www.lifegate.it/francia-macron-nucleare-2035
mentre la decisione su altri 6 EPR2 (versione semplificata degli EPR) è prevista essere subito dopo le prossime elezioni, intanto si sono già candidati molti comuni (flamanville ed il comune dove sorge il ticastin, che è il nome della regione storica, non quello della città)
https://www.nucnet.org/news/company-says-it-will-unveil-epr-2-reactor-technology-in-2021-10-5-2020
in ogni caso la chiusura dei due di fessenheim sono un salasso per le casse pubbliche, essendo reattori perfettamente funzionanti e senza problemi (certificati dall’ente regolatore, che aveva segnalato delaminazioni del basamento poi corrette, ed al giorno della chiusura i due reattori erano in perfetto stato e con una licenza di funzionamento fino a quasi il 2030, ma devo controllare bene la dara), lo stato francese paga indennizzi lautissimi ad EdF.
https://www.nucnet.org/news/unit-2-at-france-s-oldest-nuclear-station-shuts-downs-for-good-6-2-2020
se fossero stato trovati inabili al funzionamento lo stato li faceva chiudere senza problemi senza neppure aspettare la fine del ciclo e non dava alcuna compensazione economica. dato che sono abili, lo stato paga fior di quattrini. come fa la merkel con i suoi reattori, solo per ISAR 2 le previsioni erano di dover dare 11 miliardi ad E.On, dato che ne ha anticipato di 13 anni la chiusura. intanto ha dato indietro i soldi delle tasse del combustibile
https://www.world-nuclear-news.org/Articles/German-high-court-rules-nuclear-fuel-tax-illegal
da ricordare che, a causa della legge promossa da segolene royale, in francia è previsto un limite alla potenza nucleare installata a 67.000 MW. quindi per accendere flamanville dovevi per forza chiudere fessenheim. ma dato che fessenheim poteva funzionare e macron non aveva la maggioranza per togliere la legge (ricordo poi che hollande ha messo [sotto la spinta del partito verde] incentivi sul riscaldamento domestico a gas, che è una eresia sotto ogni punto di vista), pagherà miliardi ad EdF.
col nucleare puoi ORA sostituire il petrolio. le auto elettriche (di massa) sono una invenzione recente. negli anni ’70 non potevi sostituire petrolio. oggi si. oggi puoi comprare una tesla, 30 anni fa non esisteva. dire che nei 30 anni passati la francia non ha risparmiato petrolio è una argomentazione capziosa, non c’era alcun metodo per sostituire il petrolio (eccetto il gasolio da riscaldamento, ovvio). o anche negli aerei, solo ora si stanno affacciando i primi progetti di aerei ad idrogeno (la capofila è la rolls royce, che prevede di costruire una ventina di SMR per la produzione di idrogeno entro la fine degli anni ’30). quindi SOLO ORA possiamo sostituire il kerosene aeronautico o la benzina con altro. fino a ieri potevi efficientare i motori, NON sostituire il combustibile
https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-12-06/rolls-royce-pitches-nuclear-reactors-as-key-to-clean-jet-fuel
e da ciò il mancato risparmio francese di petrolio è una argomentazione capziosa che continuo a leggere da almeno un decennio. ma che è ontologicamente falsa.
1) col nucleare il prezzo delle bollette è anelastico. il contributo dell’uranio è risibile sul costo del kWh
https://world-nuclear.org/information-library/economic-aspects/economics-of-nuclear-power.aspx
https://www.eia.gov/electricity/annual/html/epa_08_04.html
(in “fuel” hai anche le componenti smantellamento e gestione rifiuti, per spiegare come mai i conti non tornino).
quindi col nucleare (come sta avvenendo in francia ed in svezia) il prezzo del kWh ha oscillazioni minime (francia) o nulle (svezia, dato che loro hanno solo nucleare + eolico + idro). nazioni come la germania o il regno unito hanno oscillazioni fortissime.
2) l’ENEL ha un debito quasi pari a quello di EdF. vedere il solo debito non indica alcunchè. l’italia ha un debito al 150%, il giappone al 250% (vado a memoria), solo che i tassi italiani sono più alti di quelli giapponesi ed il nostro debito (benchè inferiore) è meno sostenibile. il dare il solo dato dell’indebitamento è NULLO.
le questioni tecniche sono anche quelle importanti. dirmi che tu possa fare una bomba nucleare con 60% Pu239+40%Pu240 è un falso fisico, se fosse possibile non si sarebbe mai costruito il centro di hanford per la produzione di plutonio per ordigni. i celeberrimi RBMK sono stati costruiti in quel modo perchè erano gli unici reattori al mondo costruiti per la produzione di energia e plutonio per bombe. ma il plutonio veniva prodotto solo da alcuni elementi di combustibile che venivano messi e rimossi giornalmente dal reattore. quelli che vi rimanevano anni non potevano produrre plutonio weapons-grade.
il dirmi che la francia spende più della germania quando solo la marina francese sarà il triplo di quella tedesca (e la francia ha una portaerei), e dimenticare che tutti i sistemi d’arma sono autoctoni senza compartecipazioni…..non è oggettivo. per l’eurofighter si sono messe assieme germania-italia-UK-spagna. la francia ha creato un aereo analogo tutto da sola. quello che per la progettazione noi abbiamo suddiviso per 4, la francia lo ha speso da sola. la francia progetta ancora carri armati, noi solo aggiornamenti di modelli esistenti. la germania è solo in europa, la francia è su 4 continenti, ed i costi di una presenza militare dall’oceania al sudamerica non sono equiparabili al mantenere una flotta nel mal baltico, SUVVIA!!!
inerente il MOX, tutti i processi post-PUREX sono il DIAMEX, il SANEX, il GANEX ed altri ancora. ora il PUREX utilizza il TBP o tributilfosfato, che avendo il fosfato non va bene per il criterio CHON per l’eliminazione della fase organica quando è esaurita, dato che la sua combustione genera acido fosforico. poi ci sono i processi pirometallurgici (il PUREX è idrometallurgico). le macchine per l’arricchimento ed il riprocessamento sono ideate per lavorare solo su UN UNICO parametro di uscita e con UN UNICO parametro di entrata. nel centro di arricchimento george bess II ci sono 3 cascate di centrifughe, 2 sono unicamente per l’uranio da miniera, uno è invece per l’uranio da riprocessamento (Rep-U), dato che avendo questo U236 che è un veleno neutronico, e devi tenerne conto quando confezioni il MOX per bilanciare tutti i parametri. quanto detto sul MOX è quindi fisicamente falso perchè la strategia di utilizzo del MOX è quella da decenni. oltretutto dire che “il MOX è più pericoloso” (non scritto qui) non capisco da dove derivi, dato che allo scarico del combustibile, l’1% del combustibile è plutonio, mentre nel MOX è il 6%.
riusciamo a capire che le questioni TECNICHE sono importantissime? e che quanto detto sul MOX è totalmente falso? il combustibile dei reattori di IV gen (che sono già in funzione e costruzione nel mondo) è il MOX, dato che avranno per la maggiorparte lo spettro veloce, e quindi produrranno plutonio che sarà poi consumato o sempre in questi reattori, o l’eccesso in normali reattori ad acqua.
da ciò, tutto l’articolo continua ad essere totalmente sbagliato ed un cherry picking di dati controfattuali.
Rispetto a quanto ho detto nei commenti precedenti, correggo che i 32 reattori a cui è stata prolungata la vita operativa di 50 anni cesseranno l’attività entro il 2040. Riguardo a progetti futuri, vedremo quando saranno effettivamente in cantiere, sono tanti i progetti nucleari che sono rimasti sulla carta. Per il resto, lei mette molta carne al fuoco, pure troppa, e conviene un po’ rimettere chiarezza nella coltre di fumo.
>”e da ciò il mancato risparmio francese di petrolio è una argomentazione capziosa che continuo a leggere da almeno un decennio. ma che è ontologicamente falsa”
Era l’argomentazione principe anche della famosa lettera aperta del Riformista al PD affinché appoggiasse il programma nucleare del governo Berlusconi, quindi mi sa che su questo argomento le capziosità appartengano ad altri.
>”l’ENEL ha un debito quasi pari a quello di EdF. vedere il solo debito non indica alcunchè. l’italia ha un debito al 150%, il giappone al 250% (vado a memoria), solo che i >tassi italiani sono più alti di quelli giapponesi ed il nostro debito (benchè inferiore) è meno sostenibile. il dare il solo dato dell’indebitamento è NULLO.”
Secondo la vulgata pro nucleare, se l’ENEL si trovasse in una condizione economica pessima sarebbe solo la logica conseguenza delle scelte ‘scellerate’ dei referendum. In ogni caso, nell’articolo c’è un link (per la precisione questo https://www.affaritaliani.it/notiziario/edf_levy_ceo_progetto_hercule_essenziale_senza_riforma_rischiamo_serie_b-184262.html) dove Levy spiega la situazione molto più dettagliatamente. Copio+incollo:
“”vogliamo fare in modo che Edf torni tra i principali gruppi energetici europei”. Iberdrola e Enel, aggiunge, “in questi anni hanno superato” il gruppo francese. Oggi, aggiunge Levy, “puntiamo a 50 gw di capacità nelle rinnovabili entro il 2030. Con questa riforma potremmo arrivare a raggiungere 100 gw” ossia circa 15-20 miliardi di euro di investimenti in più.L’obiettivo del progetto Hercule, sottolinea il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire nel corso della sua audizione, “è conservare e stabilizzare il servizio pubblico nel settore dell’elettricità non di smantellare il gruppo”. Attualmente, rileva il ministro francese, “Edf ha un indebitamento di 41 miliardi di euro. E questo indebitamento è un fardello per il gruppo che non può svilupparsi o investire come vorrebbe nelle rinnovabili. I margini di manovra di Edf a causa della sua situazione finanziaria sono ristretti: il fatturato di Edf è 71 miliardi di euro, quello di Enel nel 2019 è 80 miliardi di euro e quello di Iberdrola è 36 mld di euro. Il fatturato di Iberdrola è la metà di quello di Edf ma la sua capitalizzazione in borsa del gruppo spagnolo è di 67 miliardi di euro contro 27 per il gruppo francese”
Mi viene comunque da sorridere: da attento osservatore di questi argomenti (onestamente non sapevo chi fosse all’inizio, ma poi mi sono informato) conosce sicuramente le vicissitudini economico-finanziarie di EDF dell’ultimo decennio meglio di me.
>col nucleare puoi ORA sostituire il petrolio.
Avrei varie cose da dire sia su questo sia sulla diffusione di massa dei reattori autofertilizzanti, ma siccome non voglio stare al suo gioco mi taccio.
SPESE MILITARI
Io non ho mai detto che la maggior spesa militare transalpina sia da addebitare al nucleare, bensì che alcuni costi di filiera riferiti al ciclo del combustibile siano accollati alla Difesa. E che ad esempio un paese come il Belgio, che si produce il combustibile ma ha solo comparto civile, non può ricorrere a tale pratica.
>”le questioni tecniche sono anche quelle importanti. dirmi che tu possa fare una bomba nucleare con 60% Pu239+40%Pu240 è un falso fisico”
Peccato che io non l’abbia mai detto. Ho scritto un’altra cosa, che il plutonio 239 recuperato tramite il riprocessamento può essere utilizzato per produrre ordigni atomici e favorire così la proliferazione atomica militare. Cosa che infatti ha spinto gli USA ad abbandonare tale pratica (ho l’impressione che ogni tanto lei abbia delle risposte preconfezionate pronte all’uso).
>”riusciamo a capire che le questioni TECNICHE sono importantissime? e che quanto detto sul MOX è totalmente falso?”
Questo articolo si occupa molto marginalmente di questioni tecniche, comunque sul MOX mi sono limitato a dire due cose: 1) il recupero del Pu239 può rischiare una proliferazione per uso militare 2) malgrado meno massa di scorie, quelle del MOX e il combustibile esausto presentano criticità rispetto al ciclo aperto. FINE.
>”da ciò, tutto l’articolo continua ad essere totalmente sbagliato ed un cherry picking di dati controfattuali.”
Si è dimenticato il bias di conferma e l’analfabetismo funzionale! 🙂 Al di là di battute e frasi fatte, le mie fonti sono state: Eurostat, AIEA, IEA, Corte dei conti francese, ipsissima verba del CEO di EDF. Nessuna delle fonti dei dati può essere accusata di ostilità alla energia atomica. Sinceramente, mi sembra un atteggiamento un filo più intellettualmente onesto di quelli che sono soliti portare come oro colato i numeri della WNA, ossia un’organizzazione pappa e ciccia con l’industria nucleare (se non sbaglio, l’attuale presidente è il CEO di Orano).
se la politica si mette in mezzo a decisioni tecniche i reattori saranno chiusi nel 2040. altrimenti arriveranno ben oltre. negli USA ci sono già reattori con licenze di funzionamento ad 80 anni
https://www.utilitydive.com/news/fpls-turkey-point-first-us-nuclear-plant-to-get-license-out-to-80-years/568593/
e si sta studiando se concederle a 100 anni
https://www.utilitydive.com/news/how-long-can-a-nuclear-plant-run-regulators-consider-100-years/597294/
da ciò, 40 anni è solo la “licenza di fabbrica”. negli anni ’70 i codici di calcolo erano fatti a mano con le conoscenze dell’epoca. si prevedeva un infragilimento per bombardamento neutronico molto elevato. in quell’epoca non era ancora possibile la sostituzione dei generatori di vapore (oggi si fa abitualmente e senza problemi). da ciò le opere di manutenzione sulle parti a maggior usura delle centrali erano impossibili. migliorata la tecnica tutte queste opere di manutenzione maggiore sono possibili e si è quindi potuta estendere notevolmente la vita operativa. se poi ora si dice: “quindi tu volevi tenere tihange 3 acceso anche se erano state rilevate cricche nel reattore?”. ASSOLUTAMENTE NO! si è spento per oltre un anno, si sono fatti tutti i controlli e si è visto che queste imperfezioni micrometriche sono solo nei primi mm del reattore, sotto è uniforme. lo spessore del vessel oscilla dai 20 ai 25cm a seconda del modello. oltre a questo furono fatte ispezioni si tutti i reattori prodotti dallo stesso produttore (erano in svizzera e svezia). se ci fossero stati problemi si sarebbero chiusi almeno 4 reattori tutti assieme, non è stato riscontrato alcun problema per la sicurezza.
inerente il petrolio io sto scrivendo qui, non sotto al riformista. è qui che si dice che l’argomentazione del risparmio di petrolio è falsa “perchè i consumi italiani e francesi sono similari”. ma come mai non viene scritto che è al suo posto vero che la francia consumi quasi la metà del gas italiano? è un articolo che SPIEGA qualcosa o vuole indirizzare l’opinione pubblica, nello stesso modo in cui si taccia i nuclearisti del riformista di fare quando parlarono erroneamente del petrolio?
inerente il comparto civile che scarica sul militare mi si dovrebbe spiegare una cosa. che vantaggio ci sarebbe nel mettere sulle tasse francesi incentivi occulti al consumo di elettricità per gli italiani? visto che si cita il belgio posso dire: “In May 2010, CREG estimated the cost of producing electricity from Belgian nuclear power plants as 1.7-2.1 Euro cents/kWh, including fuel cycle, operating, depreciation, and provisions for decommissioning and waste management. This compared with the forward market price of 6 ¢/kWh and the market price for green energy certificates at 8.8-10.7 ¢/kWh.”
ma guardando i dati americani (così abbiamo una ampia visione d’insieme) vediamo che sono pari a quelli belgi, e gli americani hanno un arsenale nucleare molto più grande di quello francese
https://www.eia.gov/electricity/annual/html/epa_08_04.html
i 3/4 dei reattori di IV generazione sono autofertilizzanti. il rapporto di conversione dei reattori FBR è 1.3, quindi servono oltre 3 reattori FBR per creare il combustibile per 1 reattore ad acqua leggera.
inerente il Pu239 lo hai detto, e lo stai ripetendo, e continua ad essere falso. il plutonio239 ed il plutonio240 sono chimicamente IDENTICI. per avere solo plutonio239 nel combustibile questo deve subire un burnup al massimo di100 MWd, di contro il combustibile di un reattore commerciale è al minimo a 45.000 MWd. puoi separare Pu239 e Pu240 con metodi similari a quelli con cui separi U235 ed U238? ASSOLUTAMENTE NO! se l’esafluoruro di uranio ha una differenza in massa dello 0.85%, per il plutonio è meno dello 0.03%, irrealistico creare qualsiasi sistema di arricchimento. oltretutto il Pu240 ha una altissima probabilità di fissioni spontanee, quindi non puoi accumularne in un dato luogo oltre 1kg puro, altrimenti esplode spontaneamente (ma con una fizzle, cioè facendo cilecca, dato che la sua massa critica è circa 10 kg). i centri di riprocessamento sono O militari O civili, non puoi mischiarli. puoi sì usare plutonio militare per fare combustibile (programma megatons for megawatt), ma non puoi fare il contrario. RIPETO: se ciò fosse facile, il programma manhatthan avrebbe risparmiato circa metà del suo costo, dato che non sarebbe servito fare il complesso di hanford nello stato di washington.
le criticità del ciclo chiuso (cioè usare il MOX) sono minori che il ciclo aperto. il combustibile esausto del ciclo aperto contiene al suo interno ancora il 95% del potenziale energetico residuo inespresso. e per raggiungere la radioattività del minerale uranifero di partenza impiega 300.000 anni. il combustibile riprocessato, dato che è riprocessato, ha un volume che è idealmente 1/20 di quello originale (effettivamente è 1/10), e la sua durata è circa 10.000 anni. i processi post-PUREX hanno l’obiettivo di rimuovere tutti gli AM, e quindi di portare il combustibile esausto a raggiungere il valore del minerale di partenza in 300 anni.
se come “criticità” si addita l’avere una radiotossicità ed una durata nell’ambiente inferiore di svariati ordini di grandezza……devo dire di essere ogni giorno sempre più stupito.
il cherry picking si fa anche con fonti autorevoli. quanto si sta ripetendo sul MOX ne è un esempio palese.
>inerente il petrolio io sto scrivendo qui, non sotto al riformista. è qui che si dice che l’argomentazione del risparmio di petrolio è falsa “perchè i consumi italiani e >francesi sono similari”. ma come mai non viene scritto che è al suo posto vero che la francia consumi quasi la metà del gas italiano? è un articolo che SPIEGA qualcosa o vuole >indirizzare l’opinione pubblica, nello stesso modo in cui si taccia i nuclearisti del riformista di fare quando parlarono erroneamente del petrolio?
1) A differenza del Riformista, io ho segnalato i link al sito della IEA dove ognuno poteva comodamente verificare i consumi di energia primaria di entrambi i paesi. 2) Ho scritto espressamente che la produzione di calore proviene è stata quasi completamente elettrificata, quindi va da sé che l’uso del metano sia estremamente limitato. I nuclearisti del Riformista invece non presentavano fonti e non contestualizzavano il loro discorso. Mi sembrano livelli di onestà intellettuale estremamente diversi, dal momento che tra i firmatari della lettera c’erano fisici ed esperti di energia che sicuramente erano consapevoli della castroneria che c’era scritta. Più che altro, con il nucleare bisognerebbe applicare lo stesso metro di ragionamento che si fa con le rinnovabili: la loro filiera ha più o meno prosperato nel paradiso dei combustibili fossili e bisogna capire come possano raccapezzarsi in un regime in cui queste sono in costante declino.
>il cherry picking si fa anche con fonti autorevoli.
Questo è vero, penso a quelli che si stanno limitando da giorni a mostrare il prezzo al kWh della bolletta francese come prova autoevidente che avere il nucleare di per sé alleggerisce le tariffe. Siccome constato il suo profondo odio per il cherry picking, immagino che avrà molto da fare con costoro per riportare chiarezza. La ringrazio in questo suo sforzo di avere trovato anche il tempo per me!
dato che la tiritera del: “i francesi col loro nucleare hanno consumi di petrolio pari ai nostri” è vecchia come il cucco ed è ripetuta in primis dai detrattori del nucleare da tempo immemore (lo sentivo ad esempio da gianni mattioli alle sue conferenze nel lontano 2010, spacciando per vero anche il KiKK e negando che gli USA stessero costruendo 4 centrali anche di fronte alle foto dei cantieri), quindi mi baso su quello.
sull’economia si è giunta una empasse, dato che al momento non trovo le fonti sul costo dell’energia in giappone e non si vogliono accettare i dati francesi, americani e belgi.
mentre sulla fisica? è ora assodato che quanto scritto su plutonio e MOX è falso, o si vuole obiettare che qualcosa che fermi e compagni hanno dimostrato come impossibile sia invece fattibile nello scantinato del primo scappato di casa? (per chiarirci, è una iperbole).
ricordo poi che i reattori FBR di IV gen esistono già, ma solo 4 su 6 di quelli che genereranno elettricità sono nel PRIS. questi sono il BN800 russo ed il CEFR cinese e l’HT-PBR. dei due di xiapu solo 1 è presente mentre l’altro deve essere ancora inserito, di contro il reattore FBR al piombo MBIR è invece nell’RRDB benchè abbia un gruppo turbine convenzionale.
ricordo poi che i pompaggi idroelettrici sono andati in disuso a causa delle rinnovabili che hanno fatto diminuire il prezzo in borsa elettrica (ma non quello al consumatore). nel 2008 i pompaggi ammontavano a 7.5 TWh, ora sono a 2.5 TWh. essendo crollato il prezzo dell’energia, i pompaggi sarebbero in perdita economica se tornassero ai livelli di 10 anni fa.
https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/pubblicazioni/rapporto-mesile
interessante discussione, ma oltre al dato errato dei reattori francesi da chiudere (del tutto marginale), non si è ammesso alcun altro dei palesi errori nella trattazione.
Documento del DOE, “Nonproliferation and arms control assessment of weapons-usable fissile material storage and excess plutonium disposition alternatives”, pag.37-39, alcuni estratti (https://www.osti.gov/biblio/425259-nonproliferation-arms-control-assessment-weapons-usable-fissile-material-storage-excess-plutonium-disposition-alternatives):
“ Virtually any combination of plutonium isotope — the different forms of an element having different numbers of neutrons in their nuclei — can be used to make a nuclear weapon. s Not all combinations, however, are equally convenient or efficient.
The most common isotope, plutonium-239, is produced when the most common isotope of uranium, uranium-238, absorbs a neutron and then quickly decays to plutonium. It is this plutonium isotope that is most useful in making nuclear weapons, and it is produced in varying quantities in virtually all operating nuclear reactors. As fuel in a reactor is exposed to longer and longer periods of neutron irradiation, higher isotopes of plutonium build up as some of the plutonium absorbs additional neutrons, creating plutonium-240, plutonium-241, and so on. Plutonium-238 also builds up from a chain of neutron absorptions and radioactive decays starting from uranium-235.
These other isotopes create some difficulties for design and fabrication of nuclear weapons.
First and most important, plutonium-240 has a high rate of spontaneous fission, meaning that the plutonium in the device will continually produce many background neutrons, which have the potential to reduce weapon yield by starting the chain reaction prematurely.
Second, the isotope plutonium-238 decays relatively rapidly, thereby significantly increasing the rate of heat generation in the material.
Third, the isotope americium-241 (which results from the 14-year half-life decay of plutonium-241 and hence builds up in reactor-grade plutonium over time) emits highly penetrating gamma rays, increasing the radioactive exposure of any personnel handling the material.
Because of the preference for relatively pure plutonium-239 for weapons purposes, when a reactor is used specifically for creating weapons plutonium, the fuel rods are removed and the plutonium is separated from them after relatively brief irradiation (at low “burnup”). The resulting “weapons-grade” plutonium is typically about 93 percent plutonium-239.
Such brief irradiation is quite inefficient for power production, so in power reactors the fuel is left in the reactor much longer, resulting in a mix that includes more of the higher isotopes of plutonium. In the United States, plutonium containing between 80 and 93 percent plutonium-239 is referred to as “fuel-grade” plutonium, while plutonium with less than 80 percent plutonium-239 — typical of plutonium in the spent fuel of light-water and CANDU reactors at normal irradiation — is referred to as “reactor-grade” plutonium. All of these grades of plutonium can be used to make nuclear weapons. [Infatti, mi pare che l’ordigno indiano Smiling Buddha sia stato prodotto con plutonio generato da un reattore della filiera CANDU comprato dal Canada, ndr] Designing and building an effective nuclear weapon using reactor-grade plutonium is less convenient than using weapon-grade plutonium, for several reasons.
Some nuclear weapons are typically designed so that a pulse of neutrons will start the nuclear chain reaction at the optimum moment for maximum yield; background neutrons from plutonium-240 can set off the reaction prematurely, and with reactor-grade plutonium the probability of such “pre-initiation” is large. Pre-initiation can substantially reduce the explosive yield, since the weapon may blow itself apart and thereby cut short the chain reaction that releases the energy.
Nevertheless, even if pre-initiation occurs at the worst possible moment (when the material first becomes compressed enough to sustain a chain reaction) the explosive yield of even a relatively simple first-generation nuclear device would be of the order of one or a few kilotons. While this yield is referred to as the “fizzle yield,” a one-kiloton bomb would still have a radius of destruction roughly one-third that of the Hiroshima weapon, making it a potentially fearsome explosive. Regardless of how high the concentration of troublesome isotopes is, the yield would not be less.
Dealing with the second problem with reactor-grade plutonium, the heat generated by plutonium-238 and plutonium-240, requires careful management of the heat in the device. There are well developed means for addressing these problems and they are not considered a significant hurdle to the production of nuclear weapons, even for developing states or sub-national groups.
The radiation from americium-241 means that more shielding and greater precautions to protect personnel might be necessary when building and handling nuclear explosives made from reactor-grade plutonium. But these difficulties are not prohibitive.
While reactor-grade plutonium has a slightly larger critical mass than weapon-grade plutonium (meaning that somewhat more material would be needed for a bomb), this would not be a major impediment for design of either crude or sophisticated nuclear weapons. The degree to which these obstacles can be overcome depends on the sophistication of the state or group attempting to produce a nuclear weapon.
At the lowest level of sophistication, a potential proliferating state or subnational group using designs and technologies no more sophisticated than those used in first-generation nuclear weapons could build a nuclear weapon from reactor-grade plutonium that would have an assured, reliable yield of one or a few kilotons (and a probable yield significantly higher than that).
At the other end of the spectrum, advanced nuclear weapon states such as the United States and Russia, using modern designs, could produce weapons from reactor-grade plutonium having reliable explosive yields, weight, and other characteristics generally comparable to those of weapons made from weapons-grade plutonium. In short, reactor-grade plutonium is weapons-usable, whether by unsophisticated proliferators or by advanced nuclear weapon states. Theft of separated plutonium, whether weapons-grade or reactor-grade, would pose a grave security risk. ”
Questo è il parere per il quale il DOE (divisione Arms Control and Nonproliferation) sconsiglia caldamente di ricorrere al riprocessamento del combustibile esausto per ricavare plutonio per fabbricare il MOX. Questo per quanto attiene a Fermi, scantinati e scappati di casa.
Per il resto, alcune considerazioni generali. Quando si affrontano certa tematiche, come nucleare e transgenesi, bisogna indossare le mutande di latta. Devi cioé scrivere senza lasciare scoperto nulla, altrimenti ti si attaccheranno al più piccolo dettaglio, per quanto insignificante rispetto ai temi generali del pezzo. Se mi fossi limitato a riportare i prezzi delle bollette lorde-nette europee, la situazione economica di Edf e la sorte di Areva, avrei indossato le citate mutande di latta e sarei stato inattaccabile. Siccome però il gruppo Facebook di MDF Italia è stato invaso da fan del nucleare che farneticano di scorie che si possono tenere sotto tendoni (non sto scherzando), che confondono consumi elettrici ed energia primaria, che sparano dati a casaccio sulle importazioni italiane(50% del fabbisogno elettrico e scemenze varie) e cose simili, ho aggiunto anche altri riferimenti.
Il suo comportamento è stato quello classico dell’esperto che come il cane si attacca ai polpacci sulle questioni tecniche, come questa del MOX (dove però forse le cose sono meno perentorie di come le presentava lei, per dire). Il senso di questa strategia, sostanzialmente, è far passare l’idea che se ci sono imprecisioni o errori su alcuni aspetti tecnici, per quanto secondari per il senso generale del discorso, allora l’intero articolo è da buttare.
Adesso vorrei riprendere in mano la discussione, perché ho la tendenza (si veda i miei trascorsi con il sig. Franco) a lasciare che siano i commentatori a muoverla in lungo e in largo. Facciamo una sintesi di quanto voleva esprimere l’articolo.
– L’idea diffusa che ‘avere il nucleare’ abbassi il prezzo delle bollette è fondata? NO, lo dimostrano i dati empirici sulle varie tariffe europee, lorde e nette. Il prezzo dell’elettricità dipende da vari fattori, ma l’idea che basta comprare e installare qualche reattore e magia! Abbiamo le bollette francesi, non sta né in cielo né in terra.
– E’ vero che l’Italia dipende dalle importazioni francesi? NO. Vedi articolo linkato di Claudio Della Volpe, la potenza installata in Italia sarebbe più che sufficiente per fare a meno di qualsiasi importazione elettrica. Le importazioni francesi sono solo per approfittare di una offerta conveniente.
– E’ vero che alcune spese della filiera nucleare francese civile sono accollate alla Difesa? Sì. In Francia le due filiere sono strettamente legate (si veda il ruolo del CEA), non è detto che sia ovunque così (mi riferisco al suo confronto Francia-Belgio-USA). Negli USA, ad esempio, già il presidente Carter ha distanziato i due comparti. E molto dipende anche dal grado di liberalizzazione del settore elettrico, che in USA o UK (paesi con entrambe le filiere) è molto più liberalizzato che in Francia. Tra l’altro, lei fa un paragone dove nei tre paesi il contributo dell’atomo è differente: negli ultimi 15-20 anni, 70-80% per la Francia, 40-60% per il Belgio, stabile al 20% per gli USA. A senso mi pare abbastanza ovvio che dove l’atomo contribuisca a quote intorno al 50% i prezzi siano più bassi rispetto a dove è meno di un quarto del contributo.
– E’ vero che il ritrattamento del combustibile esausto pone un problema di proliferazione nucleare? Il DOE e altri scienziati di chiara fama (afferenti ad AIEA o importanti enti di ricerca) sono molto preoccupati al riguardo
– E’ vero che usare il nucleare significa avere un’industria della filiera elettrica in condizioni economiche floride? No, la vicenda di EDF e soprattutto di Areva lo dimostra. E la vicenda di Flamanville (a cui si aggiunge quella di Olkiluoto e altre) dimostra che certi budget mostrata da determinata propaganda (meno di 4 miliardi di costi complessivi e simili) non stanno né in cielo né in Terra.
Questi sono gli elementi fondamentali su cui si regge l’articolo, al di là delle mie mancanze tecniche.
Poi lei fa altri discorsi, sono questioni interessanti e complesse, e che bisogna ponderare molto. Ad esempio, il problema non è solo dimostrare che si possono costruire un certo numero di reattori autofertilizzanti, bensì che si possa instaurare una vera e propria economia globale del plutonio (con tutte le conseguenze del caso), in un regime di drastica riduzione dei combustibili fossili. E’ lo stesso tipo di perplessità che provo quando vedo quei piani che prevedono di mantenere il business as usual con le rinnovabili, per esempio.
Sempre sulla questione dell’impiego di plutonio rector grade per fabbricare armi atomiche questo link https://www.wiseinternational.org/nuclear-monitor/787/can-reactor-grade-plutonium-be-used-nuclear-weapons . Riporto alcuni dei pareri citati:
– Hans Blix, ex IAEA Director General: “On the basis of advice provided to it by its Member States and by the Standing Advisory Group on Safeguards Implementation (SAGSI), the Agency considers high burn-up reactor-grade plutonium and in general plutonium of any isotopic composition with the exception of plutonium containing more than 80 percent Pu-238 to be capable of use in a nuclear explosive device. There is no debate on the matter in the Agency’s Department of Safeguards.”
– Robert Seldon (1976), del Lawrence Livermore Laboratory: “All plutonium can be used directly in nuclear explosives. The concept of … plutonium which is not suitable for explosives is fallacious. A high content of the plutonium 240 isotope (reactor-grade plutonium) is a complication, but not a preventative.”
– J. Carson Mark (1993), former director of the Theoretical Division at Los Alamos National Laboratory: “Reactor-grade plutonium with any level of irradiation is a potentially explosive material. The difficulties of developing an effective design of the most straightforward type are not appreciably greater with reactor-grade plutonium than with those that have to be met for the use of weapons-grade plutonium.”
– Matthew Bunn (1997), chair of the US National Academy of Sciences’ analysis of options for the disposal of plutonium from nuclear weapons: “For an unsophisticated proliferator, making a crude bomb with a reliable, assured yield of a kiloton or more − and hence a destructive radius about one-third to one-half that of the Hiroshima bomb − from reactor-grade plutonium would require no more sophistication than making a bomb from weapon-grade plutonium. … Indeed, one Russian weapon-designer who has focused on this issue in detail criticized the information declassified by the US Department of Energy for failing to point out that in some respects if would actually be easier for an unsophisticated proliferator to make a bomb from reactor-grade plutonium (as no neutron generator would be required).”
–
Per quanto riguarda le mie altre ‘falsità sul MOX’, fanno riferimento ai dati del libro in bibliografia che a loro volta attingono a questo documento del DOE https://www.energy.gov/sites/default/files/nepapub/nepa_documents/RedDont/EIS-0396-DEIS-2008.pdf . Per farla breve, i sistemi di ritrattamento prevederebbero una quantità decisamente maggiore di rifiuti classe C, in particolare. Dico subito che i numeri sono molto diversi da quelli forniti da EDF e che non ho le competenze per decidere chi ha ragione (credo che sia alla portata di pochissimi). Mi limito a far notare che il DOE non è un’azienda che vende reattori al MOX.
Baracca e Ferrari Ruffino segnalano per il combustibile MOX le seguenti complicazioni:
– la maggior presenza di isotopi ed elementi transuranici rispetto al combustibile convenzionale, con conseguente maggior calore prodotto;
– prodotti di fissione del MOX più radioattivi;
– maggior spazio necessario per gestire il MOX esaurito in quanto più caldo del tradizionale (occorre distanziare a sufficienza i contenitori) oppure conservarlo per svariati anni in depositi superficiali finché raggiunga le stesse emissioni termiche del combustibile tradizionale.
0.3%, non 0.03%
Enrico, può portare tutte le argomentazioni e dati che vuole, ma non riuscirà mai a smuovere un NO-NUCLEAR, (al pari di un NO-VAX, un NO-TAV o altri esempi di NO-Progress) dalle sue convinzioni. Non ho certo le sue competenze su questa specifica materia, ma per semplice buon senso, mi ha fatto particolarmente ridere la citazione di Igor sul maggiore consumo medio di “petrolio” da parte dei francesi rispetto agli italiani. Non tiene conto di due semplici fatti: la Francia ha una superficie quasi doppia dell’Italia, per cui le percorrenze medie dei francesi (non tutti abitano in città con bus e metro) in automobile sono praticamente doppie. E in Francia, combustibili alternativi come Metano e GPL per autotrazione sono pressoché sconosciuti. Per non parlare poi dei diversi climi, dipendenti da diverse latitudini e continentalità. Conosco bene la Francia profonda ed ho constatato come nella maggior parte dei paesini e fattorie non arrivi la rete del gas come in Italia, per cui molti si scaldano ancora con caldaie a gasolio. Ed in particolare i contadini con gasolio agricolo agevolato. Tanto, là nessuno controlla perché i contadini contano politicamente molto più che in Italia. Da questi elevati consumi di gasolio “agricolo”, Igor tempo fa ne deduceva che i francesi hanno un’agricoltura poco efficiente!
Più che su questi fraintendimenti ( banali ed ininfluenti ai fini della discussione, anche se significativi riguardo la mancanza di buon senso) sui dati, trovo che l’errore più importante riguardi la noncuranza sulle conseguenze dovute alla demonizzazione di ogni possibile tentativo “pratico” per ridurre il consumo di combustibili fossili.
Non credo sia difficile capire come l’eolico e il fotovoltaico abbiano dei limiti, sia economici, sia strutturali, sia di reperibilità delle materie prime. E soprattutto l’aleatorietà delle produzioni. Troppo intermittenti per poter sostenere una domanda necessariamente continua: nei periodi di picco massimo della domanda e cioè nei due estremi di caldo e freddo, sia l’eolico che il fotovoltaico sono contemporaneamente inutilizzabili. Se capitasse di nuovo quello che accadde a metà del Gennaio 1985 in cui praticamente tutta l’Italia si trovò coperta da quasi un metro di neve e con temperature medie al di sotto dei -10 C, cosa succederebbe se dipendessimo solo da fonti rinnovabili? L’intero sistema collasserebbe ed i morti si conterebbero a centinaia di migliaia. Di sistemi di immagazzinamento del temporaneo surplus energetico da queste fonti rinnovabili, non ne vedo a tempi brevi. Compresa la trasformazione di surplus energetico in idrogeno. L’unica fonte sufficientemente stabile sarebbe l’idroelettrico, ma oramai è un sistema pressoché saturo e in futuro sarà anch’esso sempre più soggetto all’aleatorietà climatica. Per sostenere una produzione stabile diventa quindi necessario studiare/approntare per tempo delle soluzioni alternative all’attuale ricorso a combustibili fossili. Ed il nucleare ( in attesa che diventi fattibile la fusione) è una delle soluzioni più promettenti. Demonizzarla “ a priori” ( compresa la ricerca di nuove tecnologie) , mi sembra quanto meno miope.
>Da questi elevati consumi di gasolio “agricolo”, Igor tempo fa ne deduceva che i francesi hanno un’agricoltura poco efficiente!
Dove, come e quando avrei detto questo stronzata prego? Le ricordo che lascio libertà di insultarmi ma non di calunniarmi.
“Gli effetti sull’agricoltura possono anche essere drammatici perché i fertilizzanti azotati sono costituiti in gran parte dal gas naturale. Due fabbriche di fertilizzanti hanno chiuso di recente nel Regno Unito a causa degli alti prezzi del gas naturale”
https://www.resilience.org/stories/2021-09-19/its-all-connected-the-natural-gas-market-and-its-casualties/
Ma cosa andiamo a tirar fuori il nucleare? E’ come parlare dell’eolico o del fotovoltaico. Sono fonti energetiche marginali. Bisognava attrezzarsi per far fronte alla dipendenza dai combustibili fossili.
Ci si illudeva che fossero Infiniti.
Se non lo si è fatto prima bisognerà farlo ora. E di corsa!
A me quello che sembra “demonizzare a priori” mi pare lei
Mettere tutto assieme “No Tav” “No Vax” come se centrassero qualcosa uno con l’altro come se dire NO ad una cosa implichi automaticamente il no all’altra e soprattutto mettere tutto nel calderone “NO progress”.
Come se davvero fosse possibile.
E come se davvero il progresso passi automaticamente dal dire di SI a tutto.
A prescindere.
Come se il progresso debba per forza essere quello novecentesco fatto di gigantismo, buchi nelle montagne, spostare miliardi di tonnellate di merci (spesso inutili o superflue) da una parte all’altra del globo.
Come se davvero la terra fosse una cornucopia inesauribile.
Quello che non si vuole veramente capire è che non stiamo parlando solo di flussi di energia. I nodi che sono arrivati al pettine sono tanti, non c’è solo la CO2, i cambiamenti climatici o lo scioglimento dei ghiacci. C’è l’esaurimento della maggior parte delle altre risorse che sostengono il BAU di oggi.
Il nucleare servirebbe esattamente a quello a mantenere il BAU cosa che non è più possibile che ci piaccia o no.
Io sinceramente spero che non si trovi una fonte energetica che sostituisca il petrolio che ci permetta così di continuare a distruggere il pianeta con la scusa che non lo stiamo più riscaldando.
Noi comunque ridurremo volenti o nolenti, sarebbe meglio pilotarla questa transizione invece che subirla.