“Certe notti per dormire mi metto a leggere, e invece avrei bisogno di attimi di silenzio. Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene., mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione. Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie ci vuole un’altra vita….[…] Non servono eccitanti o ideologie, ci vuole un’altra vita” … così cantava Franco Battiato già in tempi non sospetti.
Ecco il punto di partenza della nuova trasmissione “Un’altra vita”, pensata e condotta da Simone Perotti, che si ricollega esplicitamente alla celebre ballata del cantautore italiano, le cui rime riecheggiano come colonna sonora della pellicola.
Le puntate, che si svolgono nel lungo viaggio-intervista di persone significative per l’autore, assumono un fine, oltre che documentaristico, “educativo”: funzionano da provocazione, riflessione, invito a guardarsi dentro e chiedere all’uomo o alla donna che siamo fino a che punto ci sentiamo davvero realizzati e soddisfatti della vita che stiamo vivendo.
Obiettivo assai ambizioso. Paradossalmente, il taglio non è tanto psicologico, ma piuttosto antropologico, per quella sorta di religiosità e serietà con cui viene ricercato un significato al nostro esistere. Si può attibuire a Perotti una fortissima fiducia nell’uomo, nelle possibilità di autorealizzazione, creazione e capacità di intervenire sulla propria sorte.
Fra i testimoni assunti a protagonisti della trama in quanto artefici di emblematiche “svolte” nel corso della propria vita, c’è un prete, una persona di fede rivolta a Dio, ma anche all’uomo che sa pensare e porsi delle domande. Padre Natale Brescianini, Priore di una comunità monastica presso l’Eremo di Monte Giova , viene chiamato a riflettere circa l’importanza dell’esperienza della solitudine, mezzo ritenuto privilegiato anche dallo scrittore (che gli dedica un’intera puntata) per poter arrivare al nocciolo della propria essenza e all’origine dell’energia e creatività di cui siamo capaci. E’ autobiografica la considerazione dello stesso autore quando parla di “problema della solitudine” che si manifesta in modo non consapevole nella nostra paura di stare soli. E’ così diffusa questa difficoltà da non apparire spesso neppure come un problema, perchè tutti ne soffrono. E così, pochi si preoccupano di affrontarla.
Le interviste sono espedienti per condividere esperienze, ma fra le battute delle discussioni intavolate con i protagonisti di ogni puntata si svolge lo scopo educativo di Perotti, cercando di scardinare le convinzioni e le resistenze che trattengono i suoi spettatori dal buttarsi in un’altra vita, in quella vera che ciascuno si sentirebbe di poter calcare se non fosse per quegli obblighi morali che normalmente si sente addosso (dover guadagnare, dover consumare, dover essere etc..).
L’attacco, allora, va proprio alle fondamenta di quegli “obblighi morali”, invitando gli spettatori a ragionare sulla loro fondatezza, perchè spesso sono proprio questi la causa di una congenita lontananza dalla felicità .
“Se uno non fa le cose che ama – dice al microfono del conduttore Stefania Mattelloni, ex architetto affermata che ha scelto una vita in mezzo alla campagna per realizzare un sogno – se non fa le cose che desidera fortemente, sta facendo la vita di un altro”.
Ma non basta. Non si pensi che sia sufficiente cambiare luogo, ufficio, moglie o casa per risolvere un presente non troppo coinvolgente. La strada, per quasi tutti i soggetti che sono stati presi ad esempio, è passata attraverso la ricerca, il silenzio, la solitudine intesi come approfondimento di se stessi fin nel profondo, per giungere al coraggio di sognare e poi realizzare concretamente il cambiamento.
Un aspetto curioso che emerge dalle testimonianze è come spesso una maggior soddisfazione si accompagna ad un incrementeo delle attività manuali, materiali, a discapito di quelle solamente intellettuali e prestazionali. Si lavora per il gusto del fare e molto spesso questo si realizza in un piacere del formare, plasmare, allevare, in poche parole in un ritrovare un contatto più prossimo con la natura.
Stress e tensione scompaiono dal vocabolario dei protagonisti interpellati. L’attenzione è rivolta altrove, alla creazione di qualcosa di nuovo, all’auto- sostentamento in forma più semplice (e quindi meno oneroso da raggiungere). Ne consegue che la mente si allinea con i silenzi, i rumori ed i ritmi “lenti” della natura. “Il fatto bello”, racconta Gaia di Stefano, ingegnere ed ex insegnante diventata artigiana della lana, ” è che ti piace molto quello che stai facendo e ti piace tutti i giorni, già mentre lo stai facendo. Non hai bisogno di ferie per star bene.”
Alle domande classiche di “come farai con la pensione? O di cosa dire agli altri di questa scelta, sono semplici e tranquille le parole di Gaia: ” Penso che per risolvere il problema della pensione creerò delle attività collaterali che mi diano dei redditi (come l’ospitare gente nei pressi del nel mio laboratorio artigianale, sorta di accoglienza turistica – ndr). Quanto il cosa dire a chi ci sta seguendo… dico che tutti in questo momento storico hanno paura di qualcosa. Non dobbiamo guardare solo a queste paure, dobbiamo esorcizzarle e iniziare dalle piccole cose – dai piccoli passi – per iniziare a fare quello che si desidera senza rimandare”.
Non ci sono formule magiche, dunque, nè eroi, semplicemente persone che onestamente e semplicemente osano mettersi in gioco. Non è da tutti, ma è proprio per questo che nasce la trasmissione. Fare downshifting non è semplice, ma è dalla condivisione di esperienze vive e forti che a volte si trova la capacità- apparentemente sopita- di cambiare atteggiamento e, di conseguenza, di approdare ad un’altra vita.