Narayama e dintorni

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OLYMPUS DIGITAL CAMERANello stupendo romanzo del 1956 “Le canzoni di Narayama” l’autore Schichiro Fukazawa racconta di O Rin che giunta all’età di 69 anni si ritrova imbarazzata per la perfetta dentatura che le permette di essere agli occhi dei compaesani un’ottima mangiatrice. Nella misera realtà del povero villaggio giapponese un anziano che consuma oltre misura le preziose risorse alimentari familiari è biasimevole. Così O Rin colpendosi gli incisivi con un sasso riesce a rimuovere la causa della sua vergogna. Giunto l’inverno convince il figlio riluttante a non posticipare il pellegrinaggio di Narayama. Il figlio dunque la carica sulla schiena e la porta sulla montagna dove O Rin può serenamente morire di freddo. Il vicino di casa che ha rinviato il pellegrinaggio già di 3 anni e continua ad opporre resistenza viene invece legato e gettato in un crepaccio.

Questa forma obbligatoria di eutanasia sociale, neppure troppo dolce, può sembrare crudele, ma ha avuto una certa diffusione in società installate in ambienti difficili, ad esempio tra i nativi americani che popolavano i territori dell’odierno Canada.

Attualmente le risorse alimentari rischiano di diventare limitate su scala planetaria data la costante crescita della popolazione umana.

Normalmente il problema del sovra-popolamento viene descritto come un problema di regolazione delle nascite. In realtà le determinanti del livello di una popolazione sono due: le nascite e le morti.

La popolazione in un dato momento (P1) è infatti data dalla popolazione precedentemente esistente (P0), che è un dato di fatto, più il numero di nascite (N) detratto il numero di morti (M)

P1 = P0 + N – M

Il numero di morti dipende poi dalla lunghezza della vita. Inoltre per la dinamica della popolazione è significativa anche la distinzione tra le morti che precedono, che sono all’interno o oltre il periodo fertile.

Ad ogni modo ciò che ha rotto l’equilibrio nella popolazione umana è essenzialmente l’insufficiente numero di morti.

Per ripristinare l’equilibrio bisognerebbe dunque rialzare la mortalità neonatale evitando il parto assistito, dare libero corso alle epidemie abolendo i vaccini, evitare in generale le cure mediche e promuovere guerre quanto più possibile sanguinose.

Se dicessi che queste sono le mie proposte verrai, giustamente, preso per un pazzo. Anche un limite obbligatorio alla vita in stile Narayama appare altrettanto improponibile. Persino lasciare all’individuo stesso la scelta circa la propria morte incontra nella nostra società fortissime resistenze, figuriamoci delegare questa scelta allo Stato.

Ma anche limitare le nascite incontra non minori difficoltà. Per sensibilità personali, culturali, nazionalistiche, religiose e quant’altro moltissime persone non sono minimamente disposte ad alcun controllo delle nascite.

Sinceramente penso che lasciare il diritto a procreare in mano alle singole coppie sia la scelta migliore, perché qualsiasi autorità che assumesse un tale ruolo rischierebbe di divenire un’orrenda tirannia. Non parliamo poi del controllo delle morti: l’argomento è complesso e spinoso, ma sicuramente anche qui la libertà individuale è una garanzia veramente irrinunciabile.

Siamo dunque in un dilemma senza uscita: non possiamo imporre un limite alla popolazione, ma non possiamo neppure lasciare alla coscienza individuale la soluzione di un così pressante problema collettivo.

Vediamo allora di chiarire un po’ meglio il problema stesso.

Il rapporto “OECD-FAO Agricultural Outlook 2012-2021” registra un tasso di crescita in calo, che comunque proietta una popolazione mondiale di 9,1 miliardi di persone per il 2050.

A fronte di ciò la FAO stima che le produzioni agricole debbano salire entro il 2050 del 60%, ossia in 40 anni sarà necessario aumentare la produzione di cereali di 940 Mt di cereali e 200Mt di carne all’anno in più rispetto alla produzione 2005/7 in modo da assicurare a tutti 3070 kcal/caput/day

Nello stesso periodo però le terre arabili potranno crescere solo del 5% ossia di 69Mha

Dunque la crescita sarà basata sostanzialmente sull’incremento della produttività agricola.

Nello stesso tempo però la stessa FAO segnala che il 25% della terra agricola è altamente degradata a seguito dell’intensivizzazione colturale e che sia invece necessario aumentare l’uso sostenibile della terra, dell’acqua, dei sistemi marini, degli stocks ittici (molti già a rischio), delle foreste e della biodiversità. Pertanto è necessario, sempre secondo il rapporto, incoraggiare:

  • pratiche agronomiche migliori,
  • un commercio equo,
  • un sistema di innovazione tecnologica e di regolazione ambientale,
  • l’educazione,
  • le infrastrutture,
  • le misure per i piccoli produttori.

    Perdite e distruzione di cibo vanno anche combattute.

La contraddizione di tutte queste misure con l’incremento di produzione ottenuta praticamente solo con l’aumento delle rese – che è proprio ciò che provoca la perdita fertilità – è palese, insolubile e completamente ignorata dalla FAO.

Inoltre preoccupazioni aggiuntive, sempre secondo l’organismo internazionale, nascono dal cambiamento climatico in atto, sempre più certo, che porterà ad una maggiore frequenza di eventi estremi in grado di compromettere le produzioni agricole su vasta scala.

Come è possibile conciliare la tutela dei suoli con la crescita delle produzioni? Non è possibile. Ma c’è un assunzione nel ragionamento della FAO che va scardinata.

La FAO infatti si limita a calcolare la razione calorica necessaria e assume che una quota rilevante di questo fabbisogno debba derivare dall’assunzione di carne.

In realtà gli apporti calorici sono solo un primo grossolano aspetto dei fabbisogni alimentari e una dieta ben bilanciata richiede una quantità modestissima di carne. Il secondo aspetto della questione è che la produzione di carne consuma una gran quantità di risorse alimentari in particolare di cereali che potrebbero essere impiegate direttamente per il consumo umano con efficienza ben maggiore.

In altre parole i fabbisogni di cereali e di conseguenza di superfici agricole calano radicalmente se si sposta la dieta umana verso un regime vegetariano. Con l’effetto secondario di migliorare la salute delle persone.

Facendo una stima a partire dai dati FAO sopra riportati e considerando un mix di carni bovine, suine e avicole si giunge ad un apporto calorico della razione di carne per persona attorno al 15-25% del fabbisogno totale. Ora un consumo del 15% è secondo molti alimentaristi il massimo apporto di carne consigliabile, dunque la FAO propone un apporto di carne nella dieta assolutamente esagerato.

Consideriamo poi l’indice di conversione alimentare della produzione di carne. Nell’allevamento bovino, ad esempio, le calorie che è necessario fornire all’animale per produrre un chilo di carne variano tra le 1600 nel vitello fino alle 8500 nell’adulto. Mediamente dunque è necessaria una quantità di vegetali pari a 13 volte il peso della carne bovina prodotta.

Pertanto se i nuovi cereali prodotti invece di andare ad alimentare il bestiame fossero utilizzati direttamente per l’alimentazione umana l’incremento di produzioni potrebbe essere limitata a circa un decimo.

Andando a riconvertire analogamente i consumi di cereali già impiegati negli allevamenti le superfici agricole potrebbero essere tranquillamente ridotte e le rese abbassate garantendo comunque una dieta adeguata all’intera popolazione mondiale.

La non rinuncia alla carne o perlomeno non limitarne radicalmente il consumo è dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista prettamente alimentare, abbastanza assurdo.

Quindi una risposta di medio periodo al problema dell’incremento demografico è dato dal cambio di dieta. Andrebbero pertanto incentivate le diete vegetariane e disincentivati la produzione e il consumo di carne.

Non si può però trascurare anche di ricordare come tra distruzioni di derrate per calmierare i prezzi, produzioni che deperiscono perché invendute e spreco di cibo nelle famiglie e nella ristorazione moltissimo cibo tra il Nord America e l’Europa vada perso e di come inoltre in questa stesse aree geografiche il problema della sovra-alimentazione sia esattamente speculare al problema della sottoalimentazione del Sud del mondo.

Tutti questi problemi nascono dal sistema economico monetaristico che ci obbliga a consumare e produrre non ciò che ci serve, ma più che possiamo e ciò vale anche per il cibo e per l’agricoltura.

Tornando all’incremento della popolazione e supponendo che il tasso di crescita continui a decrescere linearmente come nel periodo analizzato dalla FAO si può stimare una popolazione mondiale di 15 miliardi di persone nel 2030 e di 22 nel 2210.

Nel lungo periodo è chiaro dunque che se non interviene una forte contrazione della natalità prima o poi si arriverà ad un punto di rottura in cui nessuna decrescita sarà più sufficiente per mantenere la popolazione umana a misura di pianeta Terra.

Forse saranno i viaggi spaziali a salvare la situazione o forse interverrà qualche altro fattore che oggi non riusciamo a prevedere, ma arrivare lì senza guerre del cibo e dell’acqua e senza distruggere l’intero ecosistema planetario sarebbe già un bel risultato e solo la decrescita ci dà questa speranza.

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Laurea in scienze agrarie, dottorato di ricerca in economia del sistema agroalimentare, sta avviando un'attività agricola autonoma. Scrittore dilettante pubblica racconti e poesie nel suo blog (http://debolisegnali.blogspot.it/). Fortemente orientato a decrescere felicemente.

3 Commenti

  1. Certo che l’unica nazione al mondo che pratica il controllo delle nascite è la Repubblica Popolare Cinese ovvero… la nazione che in termini assoluti contribuisce maggiormente all’effetto serra. Senza decrescita abbiamo solo un fascismo ecologico dai molteplici effetti collaterali.

  2. invece penso che le argomentazioni sulla morte non siano follia…
    se riflettiamo sul fatto che siamo arrivati al punto di doverci rivolgere alla Svizzera per porre fine alla nostra esistenza, perchè non riusciamo più a morire…ormai la richiesta di morte dolce arriva anche da persone sane, ma molto anziane.

    Un’altra considerazione che faccio spesso è che chi dovrebbe fare figli perchè molto più attento a tutte queste tematiche (e quindi educare i futuri cittadini del mondo nel rispetto dell’ambiente e del prossimo), spesso decide di non farli e chi invece non sa neanche in quale pianeta vive fa una carrettata di figli ignoranti…..forse solo una bella epidemia potrebbe salvarci!

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