Non è un mistero la mia passione per il debunking, specialmente se ci sono di mezzo le bufale sul clima; siccome, purtroppo, gli ‘scettici’ riguardo all’influenza antropica sul riscaldamento globale stanno infestando anche i gruppi di ecologismo radicale sui social network, potrei decostruire bizzeffe di mitologie da riportare qui su DFSN, non avendo poi così tanto tempo da perdere mi limito normalmente a qualche replica su Facebook o altri luoghi virtuali in cui capita di imbattermi in certi capolavori dell’orrore.
Faccio però un’eccezione per un pezzo pubblicato sul blog di Maurizio Blondet (Perché Greta non va in Cina) in quanto, per il suo carattere tragicomico, rappresenta forse la quintessenza del negazionismo climatico che vuole accampare pretese di scientificità e ragionevolezza.
CO2 e globalizzazione-ecologica
All’inizio del suo contributo, Blondet linka un video su Youtube dove sono riportate le variazioni nel tempo delle emissioni di CO2 per nazione:
Dopodiché tuona contro Greta Thunberg e i suoi sostenitori:
So che ogni dimostrazione è inutile per i “gretini”, ma qui si vede come nelle emissioni di CO2 (che loro credono erroneamente causa dell’effetto-serra) i paesi europei contribuiscono comparativamente quasi nulla.
Sul “quasi nulla” si può parecchio eccepire, come si evince dai dati sulle emissioni degli ultimi cinquant’anni.
Tuttavia, c’è un fatto ancora più importante che stranamente sfugge a un contestatore della globalizzazione quale Blondet, ossia che gran parte dell’industria pesante più inquinante negli ultimi decenni è stata trasferita dall’Europa in Cina e paesi emergenti, per produrre beni da vendere poi nel Vecchio Continente e in Nord-America. Come ha evidenziato uno studio ripreso dall’ENEA, se le emissioni per i prodotti esportati fossero addebitate ai paesi importatori, europei e occidentali in genere risulterebbero nettamente i peggiori inquinatori; se esteriormente appaiono più ‘verdi’, ciò si deve solamente alla nuova divisione internazionale del lavoro inaugurata dal neoliberismo.
Fonte: Fonte: Davis, Caldeira 2010 ed elaborazioni ENEA 2011
Nel tentativo di screditare la presunta paladina del Sistema Greta Thunberg, il blogger sovranista si è invece prodotto in un’involontaria (e decisamente inopportuna) esaltazione del Business As Usual.
Lo ‘studio rivoluzionario’
Qui sotto: uno studio rivoluzionario attribuisce le variazioni climatiche alla variazione della massa dell’atmosfera (che non è una costante) più che ad altri fattori. Questa teoria è verificata dal fatto che consente di “prevedere” le variazioni climatiche anche su altri pianeti.
Lo studio in questione, ‘New Insights on the Physical Nature of the Atmospheric Greenhouse Effect Deduced from an Empirical Planetary Temperature Model‘, scritto dal fisico Ned Nikolov e dal metereologo Karl Zeller, riporta complicati concetti di fisica dell’atmosfera ampiamente al di sopra delle mie capacità di comprensione, per cui mi astengo da qualsiasi commento nel merito. Al pari di Blondet, sul Web molti contestatori dell’influenza umana lo osannano entusiasti, mentre risulta ignorato dal mondo accademico. Si tratta forse forse dell’ostracismo dei servi delle lobby nei confronti di novelli Galileo? Sembrerebbe proprio di no.
Contrariamente alla consolidata abitudine di ricercare “chi sta dietro a chi” (Chi c’è dietro Greta Thunberg, l’IPCC, ecc), questa volta il blogger milanese ha smesso i panni del cospirazionista proprio quando sarebbe stata utile qualche ricerca sui due scienziati anche perché, facendolo, avrebbe scoperto una vicenda davvero singolare.
Le teorie di Nikolov e Zeller presentano evidenti affinità con quelle esposte in un articolo pubblicato nel 2015 su Advances in Space Research da Den Volokin e Lark ReLlez. Capitato alla sua attenzione, il climatologo della NASA Gavin Schmidt constatò quello che forse i lettori più attenti hanno già notato, ossia che ‘Volokin’ e ‘ReLlez’ altro non sono che ‘Nikolov’ e ‘Zeller’ scritti al contrario, scoprendo così che i due avevano pubblicato celandosi dietro pseudonimi, un fatto che costò loro il ritiro dell’articolo (qui per tutti i dettagli).
Nikolov giustificò l’uso dei nomi falsi adducendo la necessità di ricevere un’equa peer review, non inficiata da possibili pregiudizi sulle loro note opinioni in materia di clima; Schmidt cercò su Twitter di buttarla sul ridere:
Con queste premesse, sembrebbe difficile trovare qualcuno disposto a dare nuovamente credito ai due scienziati: invece, a un anno di distanza, la testata open access Omics International, fondata dal ricercatore indiano Srinubabu Gedela, ha accettato e pubblicato il paper con le teorie ‘rivoluzionarie’. Di fronte all’open access bisogna sempre drizzare bene le antenne, perché dietro a questo nobile concetto (accesso libero e gratuito alla conoscenza), purtroppo si trincerano anche le cosiddette ‘riviste predatorie’, vero e proprio cancro del mondo accademico, che Wikipedia così descrive:
Il fenomeno prende di mira gli accademici, specialmente ma non esclusivamente nei paesi in via di sviluppo, e le caratteristiche tipiche delle pubblicazioni predatorie sono l’accettazione rapida e senza peer review degli articoli, l’accettazione di bufale e articoli senza senso, la presentazione dei costi di pubblicazione solo dopo l’accettazione degli articoli, il non consentire il ritiro di un articolo dopo l’invio per poter essere pubblicato altrove, il procacciamento attivo di accademici disposti a pubblicare o a far parte del comitato editoriale tramite campagne aggressive, l’indicazione nel comitato editoriale di accademici non esistenti o non consenzienti e il non acconsentire la rimozione dei medesimi da esso, l’imitazione ingennevole di nomi e siti web di riviste legittime, la diffusione di informazioni ingannevoli o false circa il processo editoriale, l’uso improprio degli ISSN e il millantamento di impact factor falsi o non esistenti.
Per quanto attiene alla “accettazione di bufale e articoli senza senso”, John Bohannon ha pubblicato su Science i risultati di un esperimento condotto per testare l’affidabilità di riviste sospette, da cui si ricava che l’84% ha accettato senza alcuna revisione una ricerca chiaramente artefatta.
L’espressione ‘editoria predatoria’ è stata coniata da Jeffrey Beall, studioso dell’University of Colorado Denver, che dal 2010 pubblica una lista di editori considerati predatori, periodicamente aggiornata; i suoi sforzi hanno poi trovato pubblicazione su The Charleston Advisor, Nature e Learned Publishing. Omics International non solo compare nella Beall List ma, come si può evincere dalla voce di Wikipedia dedicata alla testata, la sua condotta è alquanto controversa; il New York Times riporta della causa da 50 milioni di dollari intentata e vinta dalla Federal Trade Commission presso un giudice federale, avente come oggetto illeciti compiuti pubblicando articoli di ricerca e organizzando conferenze.
Per finire, una chicca che prova inequivocabilmente la mancanza di serietà sia dei due scienziati sia della rivista nell’opera di revisione. Nella ricerca ‘rivoluzionaria’, Nikolov e Zeller hanno infatti spudoratamente citato l’articolo ritirato di ‘Volokin e ReLlez’:
Qualsiasi altro commento è superfluo.
Blondet smentisce i negazionisti climatici!
Adesso arriva però l’autogol più clamoroso. Blondet presenta una ricostruzione delle temperature medie della Terra, così commentandola:
Qui i periodi di raffreddamento (cold) e di rialzo termico (warm) dal 2050 a.C. al 2040. I reiscaldamenti nulla hanno a che vedere con l’industria umana; i raffreddamenti hanno una relazione con l’intensità di eruzioni vulcaniche.
Tale immagine ricorda più un disegno a mano libera che un grafico vero e proprio, dal momento che manca completamente l’asse y con le temperature; chi è un po’ avvezzo alle ricostruzioni paleoclimatiche avrà notato anche valori eccessivamente elevati attribuiti all’epoca medievale. Ma che cosa sappiamo dei due autori, Cliff Harris e Randy Mann? Essi vendono previsioni del tempo attraverso il loro sito Web proponendo abbonamenti annuali da 129 dollari. Nella pagina di presentazione degli autori, Harris si autodefinisce “uno dei dieci climatologi più importanti al mondo” (senza però aver mai pubblicato alcun articolo di ricerca), non sono riportati i suoi studi e sembrerebbe anzi un totale autodidatta; cercando su Internet, si trovano sue dichiarazioni in favore dell’esistenza delle scie chimiche e si scopre che ha scritto un libro dove spiega come le profezie della Bibbia descriverebbero l’andamento del clima. Di Mann sappiamo che almeno è laureato (senza specificare però in quale disciplina) e che dal 1988 fa parte dell’American Meteorological Society.
Di fatto, non era necessario rivolgersi a scienziati ‘eretici’ per scoprire quello che la climatologia ‘ufficiale’ sostiene da decenni, ossia che l’attività solare e i fenomeni vulcanici, in assenza di significative alterazioni nella concentrazione di gas serra, sono tra i principali agenti delle variazioni climatiche. Ovviamente, il fatto che in passato il clima si sia modificato naturalmente di per sé non dimostra che anche l’attuale fase di riscaldamento sia altrettanto slegata da intervento umano (vedi contestazioni alla pseudo-critica dell’antropocentrismo esposta in un mio contributo per DFSN), ma sorvoliamo.
Paradossalmente, presentare oggi questa ricostruzione/previsione di Harris e Mann è utile per suffragare l’esatto contrario di ciò che si proponevano quando l’hanno concepita, perché esaminandolo oggi rivela l’esistenza di fenomeni che esulano dalla ciclicità naturale. Esaminiamo la parte finale del grafico, con le previsioni sull’andamento delle temperature fino al 2040:
Harris e Mann nel 2009 (“now 2009”), dopo aver constatato un rallentamento del processo di riscaldamento dall’atmosfera a partire dal 1998 – in corrispondenza con il picco massimo dell’irradiazione ciclica del sole – ipotizzarono un abbattimento delle temperature con l’approssimarsi del picco minimo, cioé nel 2010-2019.
Tale predizione è stata però ampiamente smentita dai fatti, perché durante il minimo solare si sono registrate le temperature medie della Terra più elevate da quando esistono le misurazioni: secondo le rilevazioni NASA-GISS, il 2010-2018 è stato mediamente più caldo del presunto picco delle temperatura del 1998 di 0,1°C.
Fonte: Skeptical Science
Qui siamo veramente al paradosso più totale: partito lancia in resta per negare l’influenza antropica sul global warming, Blondet confuta invece gli ‘scettici’ portando un’importante prova a suo sostegno.
Tra divertimento, frustrazione e speranza
Non nascondo che, avendone tempo e voglia, provo un certo piacere nel mettere un po’ alla berlina personaggi discutibili come Maurizio Blondet, particolarmente insopportabili quando, malgrado la totale ignoranza degli argomenti affrontati, si sentono in diritto di prorompere con toni da profeta veterotestamentario contro chi ha la sola colpa di essere molto più informato di loro.
Purtroppo però la questione è ben più complessa e delicata del levarsi i sassolini dalle scarpe. La confutazione delle argomentazioni addotte non muta di una virgola i convincimenti di Blondet e simili, che al più si limitano a ricercare nuove tesi ‘rivoluzionarie’ utili alla causa (quando semplicemente non ripropongo imperterriti le medesime già stroncate); non mi illudo e sono perfettamente consapevole di ciò. Pertanto, non è mia intenzione rieducare ultras irriducibili, spero solo nel mio piccolo di raggiungere persone ragionevoli e genuinamente dubbiose per aiutarle a smascherare la falsità, specialmente se si ammanta di intellettualismo e pseudo-scienza.
Non si perde tempo con i reazionari; piuttosto si lavora con agenti di cambiamento attivo e con la grande quantità di gente moderata che è di larghe vedute. (Donella Meadows)
Immagine in evidenza: Maurizio Blondet