L’uomo e la montagna

1
6487

pascolo

La terra invecchia e con essa invecchiano tutti i suoi elementi, ma si sa si può invecchiare bene e in salute o male e in malattia, molto dipende dalla cura che abbiamo avuto di ciò che sta invecchiando, e purtroppo sopratutto in epoca moderna  non si può certo dire che l’uomo dell’ambiente abbia avuto una cura attenta, anzi lo ha sfruttato e violentato a più non posso, forse incurante  del fatto  che ogni risorsa non è infinita, e che ciò che viene distrutto difficilmente sarà ripristinabile come all’origine.

Una testimonianza di ciò la possiamo avere “guardando” le regioni alpine  del passato per poi confrontarle con quelle dei  giorni nostri, dove perfino i ghiacciai si sono notevolmente ridotti.

All’inizio poter vivere ed abitare i luoghi montani l’uomo, ebbe necessità di rendere l’ambiente più funzionale , sfruttando i caratteri mutevoli dell’ambiente, ed adattandosi, preservando, le caratteristiche immutabili dell’ambiente stesso, per così ottenere il massimo in senso di produttività nel rispetto dell’ambiente stesso

Nelle storia rurale e pastorale delle regioni alpine si può trovare testimonianza di come, tutto ciò ebbe la sua storia.

Per abitare quei luoghi e costruire un futuro prospero e produttivo si dovette affrontare e risolvere i problemi rivolti al modo di come poter  sfruttare al meglio e al massimo i terreni coltivabili senza mutare l’ambiente, ma anzi preservandolo dalle forze della natura. Non è stata impresa facile, vista la natura impervia e scoscesa del terreno montano.
Su questi terreni che dovevano essere resi non solo coltivabili, m anche meno inclini a franare, fu operato   un lavoro di terrazzamento, procedendo nella costruzione di muretti  utilizzando esclusivamente pietre del luogo , il che evitò un deturpamento ambientale ed inoltre i sassi raccolti hanno liberato le zone invase da frane che avevano lasciato sassi e detriti.
Coi muretti si potè  arginare il terreno, permettendo alle alpi di essere meno vittime di piogge selvagge che portavano via e erodevano le pareti delle rocce portando a valle tutto quello che l’acqua raccoglieva al suo passaggio.
I muretti venivano circondate da piccoli fossi che incanalavano l’acqua in piccoli tubi che riportava l’acqua ai torrenti.
Un lavoro capillare e certosino che ha permesso alla montagna di essere preservata e mantenuta per un certo periodo di anni.
La montagna ha avuto, quindi un beneficio da questo lavoro, pendici più dolci e praticabili, spazi agricoli più ampi, e si è rallentato lo scivolamento di rocce e terra verso valle.

Fin dall’antichità le comunità montane hanno dedicato parte delle energie alla costruzione e poi alla manutenzione di canali lunghi decine di km che attraversavano dirupi, pendii scoscesi, arrivavano a valle per portare l’acqua a dei serbatoi da cui questo bene prezioso veniva smistato e destinato all’irrigazione di terreni agricoli, con principi che avevano come uno dei principali obbiettivi quello di evitarne lo spreco.

L’agricoltura montana,  inoltre da sempre, ha  dovuto fare i conti con le differenze di altitudine.
Vi era la necessità di adeguare le coltivazioni alle varie fasce altimetriche; per cui nella bassa montagna le culture erano (e quelle rimaste ,  sono)  dedicate a semina, frutteti e vigneti. Alle medie altitudine troviamo culture più resistenti e prati dove veniva (viene)  coltivato il fieno per l’inverno, fino ad arrivare all’alta montagna dove si trovano esclusivamente i pascoli delle mandrie

Tutto in montagna era organizzato fin nei minimi particolari, nulla lasciato al caso, e tutto nel rispetto dell’ambiente, se ci si reca in antichi borghi montani troviamo i vecchi agglomerati di case in legno e pietra separate da stretti passaggi , costruite esclusivamente con materiali del luogo, prevalentemente in legno e pietra.
Ricordo sempre, a questo proposito, il vecchio borgo di Alagna, un paese ai piedi del Monte Rosa, dove vi è un delizioso esempio di questi piccoli villaggi, costruito con vecchie casette in legno e pietra stile walser, con un piccolo orticello spesso in pendenza , un piccolo ruscello e una fontana sull’imboccatura della strada che porta al pascolo.

In luoghi così si respirava ancora uno spirito di collaborazione e solidarietà che è da noi introvabile, spirito che è nato in epoca remota ed è stato tramandato fino ad oggi in forma di collaborazione di consorzi e cooperative che permettono di raggruppare forme e disponibilità delle singole famiglie per potere fare tutti insieme quello che singolarmente non sarebbe possibile.
Vi sono borghi dove è ancora presente il forno del villaggio per la cottura del pane o il mulino del consorzio per macinare la farina.
Oppure i famosi condotti che portano l’acqua, dalla cima fino a valle, io personalmente ne ho visto uno nella valle del Gran Combin, in Valle D’aosta, tubi dai diametri notevoli che partivano dalla vetta della montagna e scendeva fino a valle per rifornire di acqua le varie zone

Purtroppo però , anche in montagna l’attività agro pastorale comincia a far parte del passato quanto le scuole del villaggio erano direttamente gestite dal villaggio, le mulattiere erano tenute e mantenute dai contadini che se ne servivano.
Oggi la maggioranza degli abitanti se ne scende nel fondo valle e a poco a poco l’alta e media montagna va spopolandosi.
I campi vengono abbandonati , i terrazzamenti non più manutenzioni crollano, le case disabitate vanno in malora, così le Alpi vengono lasciate sempre più a se stesse, con il pericolo e le conseguenze che ne derivano.

La montagna oggi è diventata, in diverse zone,  una sorta di villaggio per gli sport invernali, è divenuta un po’ succube  di questo sport, che per essere praticato, ha bisogno di piste, che richiedono l’abbattimento di ettari ed ettari di vegetazione, ha bisogno di alberghi che spesso sono edificati con una forma architettonica che male si sposa con l’ambiente, ha bisogno di strade e impianti di risalita.
Perciò le montagne da un lato vengono abbandonate nelle attività contadine e pastorali, dall’altro sono invase dal mercato degli sport invernali, che certamente incrementerà il turismo, ma è troppo spesso  un turismo che va a scapito dell’ambiente e della sua preservazione

CONDIVIDI
Articolo precedenteLa plastica sa. E parla.
Articolo successivoDecostruendo Contro la decrescita #10
Sono nativa della città di Firenze, nella quale ho vissuto per vent'anni, per poi trasferirmi in campagna. Lavoro nel settore amministrativo contabile di una piccola azienda, sono sposata ed ho due figlie adulte. Ho un piccolo laboratorio dove mi diletto nell'esercitare l'hobby del decoupage , in casa ho diversi oggetti che ho riportato a nuovo con questa tecnica. Mi piace adoperarmi per riscoprire: piccoli borghi, antiche usanze e tradizioni, ricette; ricercando nella storie popolari particolari che mi siano utili per capire meglio cosa il progresso ci ha tolto e cosa ci ha dato.

1 commento

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.