L’ultima spiaggia

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Ogni volta che pronunciavo: decrescita felice, vedevo nei volti di chi avevo davanti dei sorrisi di compatimento, così decisi di esprimere il concetto in altro modo, definendo il progetto: un sereno rallentamento capace di condurre la vita personale e comunitaria, verso un equo e equilibrato cambiamento;  purtroppo a questo punto mi si presentava un altro ostacolo, se facevo seguire alla parola consumare l’aggettivo: meno, vedevo nei volti di chi avevo davanti gli stessi sorrisini di compatimento , quindi ho adottato l’aggettivo: meglio, ed ho avuto più attenzione

Del resto la realtà è  scritta nero su bianco, nel nostro paese finiscono ogni anno nel cassonetto diverse tonnellate di alimenti, uno schiaffo, all’ambiente e alla salute visto che tutti questi rifiuti ingolfano il loro stesso  smaltimento, aumentando l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.

Ma questo spreco è anche uno schiaffo alla miseria ed a quei popoli che è tanto se per pasto hanno una ciotola di riso.

A volte mi chiedo quanti siano veramente coscienti che testi come questo  non sono  solo poesia ma una cruda realtà che noi offendiamo ogni volta che gettiamo nella spazzature anche solo un tozzo di pane avanzato

 “Così è da sempre.
Quando la notte cede la luce al giorno,
nel grande campo circondato dalle pietre
si inizia a battere per sbriciolare i blocchi.
Seduti a terra con un masso tra le gambe,
piccoli bimbi impugnano un martello
e ritmicamente picchiano,
sui grossi sassi che devono frantumare.
Grandi occhi scuri dallo sguardo rassegnato,
mani minute che non hanno mai giocato.
Miseri stracci con parvenze di vestiti,
coprono corpi imbrattati e denutriti.
Nell’aria opaca, resa grigia dalla polvere
nemmeno un sogno,
riuscirebbe a sopravvivere.
Dieci ore dopo con le braccia indolenzite,
lasciano il campo trascinando i passi,
poveri piccoli stremati e stanchi
privati anche del calore di un sorriso,
e per ricompensa, mezza ciotola di riso.
E’ una storia che si ripete da millenni,
nel susseguirsi di albe e di tramonti,
perfino i sassi, se avessero la voce
vorrebbero urlare a tutti
quanto la vita sia triste e atroce
per gli schiavi-bambini del Benin.”

Lo spreco è un chiaro segno di ipocrisia appartenete a coloro che buttano gli avanzi nel cassonetto e poi donano dieci euro per i bambini del terzo mondo.

Correggere, quindi  il proprio stile di vita, alzare lo sguardo dal nostro spazio vitale, andare oltre il nostro egoismo,oltre noi stessi non rappresenta soltanto  una possibilità per cambiare rotta al nostro destino, ma si configura  come un dovere verso noi stessi e gli altri.

La mia personale esperienza nel  fare della mia realtà decrescente la realtà di più persone è stata deludente, per non dire amara, avrei voluto sentirmi parte di una squadra di pompieri all’opera , e invece mi sono sentita come un imbecille, convinta fin nel profondo di essere nel giusto, ma nello stesso tempo inutile. Persino, mi ritornò alla memoria la favola del colibrì: “mentre tutti gli animali della foresta scappavano dall’incendio , l’uccellino  non si perse d’animo e, dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua, incurante del gran caldo, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo. Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento. Il colibrì, ancora una volta , non si perse d’animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d’acqua che lasciava cadere sulle fiamme. A quel punto il leone si mise a ridere insieme a tutti gli altri animali adulti della foresta , ma il Colibry non se ne curò si gettò nel fiume e raccolse altra acqua ed  uno dopo l’altro tutti i giovani animali seguirono il suo esempio e l’incendio fu domato.”

Purtroppo la favola non riesce quasi mai a rispecchiare la realtà e forse è ancora troppo presto, perchè il  genere umano sia  pronto a capire l’importanza e la necessità di un  cambiamento vero e radicale , ma allora quando sarà pronto? Quando non ci sarà più tempo e il sipario sarà già calato sul non ritorno?

Vi è una nota frase di Gandhi che fa ben capire i limiti della nostra madre terra : ” la terra ha abbastanza per le necessità di tutti , ma non per l’avidità di pochi “.

Ciò dovrebbe far riflettere,  far capire che la decrescita non vuol dire  tornare indietro nel tempo per rinunciare al progresso e alla civiltà,  nessuno di noi vorrebbe tornare a quando ci si muoveva solo a cavallo, però se non corriamo ai ripari, se non impariamo a consumare meno e meglio, a dare respiro al pianeta  e a farlo:  ora subito,  al medioevo ci torneremo davvero .

Si può benissimo pensare che siano tutte balle, dei decrescenti che si dilettano a dipingere scenari da fine del mondo per spaventare la povera gente, si può chiudere gli occhi, e pensare che come ce l’abbiamo fata fino ad oggi ce la faremo anche fino a domani, e che la natura farà il miracolo e raddoppierà le sue risorse, certo tutto si può pensare , anche illudersi che domani i ciuchi voleranno, e così consegnare ai nostri figli il deserto, sperando che almeno ci sia rimasta un oasi e che le generazioni che seguiranno avranno più responsabilità di noi e da quell’oasi siano capaci di far rifiorire la vita, ma sono solo pie illusioni, il momento per fare qualcosa e riparare è ora: dopo sarà tardi!

Tempo fa lessi questa testimonianza agghiacciante a proposito del grande parco naturale dell’Antartide , tanto da chiedermi: ma siamo bestie o esseri umani capaci di provare ancora un qualche sentimento?
“ora in pieno inverno australe arrivano i turisti a migliaia a vedere cadere sempre più blocchi di ghiaccio , per vedere sparire i ghiacciai , insomma vengono a toccare allegramente con mano la morte di questi paesaggi. Amico mio oggi si paga per essere testimoni della morte del mondo”

Un grande maestro: John Cage, alla domanda: se secondo lui il mondo stesse migliorando o peggiorando, rispondeva convinto che sta sicuramente migliorando, ma così lentamente che non ce ne accorgiamo.

Che sia veramente così? Che io sia toppo pessimista e veda segnali di non ritorno dove invece ci sono timidi miglioramenti?

Khalil Gibran disse : ” la civiltà ebbe inizio quando per la prima volta l’uomo scavò la terra e vi gettò un seme”

Vogliamo essere proprio noi a farla finire, o vogliamo essere noi a far si che un nuovo seme dia inizio ad una civiltà migliore… L’uomo ha un grande dono: il libero arbitrio impariamo ad usarlo bene per costruire un mondo migliore.

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Sono nativa della città di Firenze, nella quale ho vissuto per vent'anni, per poi trasferirmi in campagna. Lavoro nel settore amministrativo contabile di una piccola azienda, sono sposata ed ho due figlie adulte. Ho un piccolo laboratorio dove mi diletto nell'esercitare l'hobby del decoupage , in casa ho diversi oggetti che ho riportato a nuovo con questa tecnica. Mi piace adoperarmi per riscoprire: piccoli borghi, antiche usanze e tradizioni, ricette; ricercando nella storie popolari particolari che mi siano utili per capire meglio cosa il progresso ci ha tolto e cosa ci ha dato.

1 commento

  1. Mi è sempre piaciuta molto la favola del colibrì, tuttavia quei geni dei Casseurs de pub l’hanno rielaborata in versione satirica e secondo me hanno lanciato un messagggio molto significativo: https://www.youtube.com/watch?v=r2i9SkLhKEQ

    Per il resto, la condanna degli sprechi che fa Simona è fuori discussione. Però penso che sia necessario che tutti quanti facciamo uno step ulteriore per comprendere bene la situazione in cui viviamo. Forse su certe cose che possiamo essere un po’ ciechi anche noi, e l’ostilità alla decrescita non mossa del tutto da prevenzione.
    Se c’è una cosa che ho imparato confrontandomi con i critici della decrescita, è che quelle che ai nostri occhi sembrano esternalità negative in realtà spesso e volentieri sono il cuore fondante del sistema. Liberarsi della ‘crescita antieconomica’ (Herman Daly) o delle ‘merci che non sono beni’ (Pallante), per quanto auspicabile, non è possibile farlo nel paradigma politico-economico attuale senza farlo crollare. E qui, probabilmente, finisce la constatazione della decrescita e inizia la necessità di costruire un nuovo paradigma politico, economico e tecnologico che prenda spunto da quelle constatazioni.

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