Ho sempre stimato come giornalista Riccardo Iacona, non ho cambiato certamente idea per un servizio dove vengono espresse opinioni molto differenti dalle mie. Ho concesso inoltre molto spazio sulle pagine di questo sito alla critica alla decrescita, non temo il confronto e ritengo che sia sempre auspicabile, specialmente se l’interlocutore dall’altra parte è una personsa di provata onestà intellettuale. Tuttavia, dopo pochi minuti del servizio iniziale di ieri di Presa diretta sugli OGM, mi sono sentito in dovere di cambiare canale, tornandoci solo occasionalmente facendo un po’ di zapping tra un programma e l’altro.
Il fatto è che sono aperto a qualsiasi tipo di confronto ma sono oramai del tutto refrattario ai dibattiti viziati in partenza. Gli OGM, organismi geneticamente modificati (anzi, ‘migliorati’, come affermato da uno degli intervistati) sono un mezzo e come tali devono servire a un determinato fine: nessuna discussione può prescindere da ciò. Incentrare tutta la questione solo sul demolire bufale e luoghi comuni (la fragola con la lisca di pesce, la sterilità intrinseca delle sementi, l’ampio ricorso per l’alimentazione animale) non è un’operazione scientifica ma, senza alcun ulteriore approfonfimento, solo uno spot pubblicitario per condizionare l’opinione pubblica.
La problematica degli OGM infatti travalica il pur fondamentale aspetto della difesa della salute umana: appoggiare l’ingegneria genetica significa infatti aderire entusiasticamente al modello dell’agricoltura industriale, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Trasmettere, dopo il servizio a favore degli OGM, un altro riguardante i pesanti effetti sulla Bolivia del global warming – di cui l’agro-industria è uno dei principali responsabili – rappresenta una grave forma di confusione confusione mentale. Per rispondere al servizio di Iacona e cercare di inquadrare il tutto in modo più obiettivo, propongo il paragrafo sugli OGM che ho scritto per Insostenibile. Le ragioni profonde della decrescita, liberamente scaricabile.
OGM: la soluzione per cosa?
È dall’inizio degli anni Novanta, se non prima, che i colossi del business agro-industriale hanno constatato il graduale ma inesorabile esaurirsi della spinta propulsiva della rivoluzione verde, con le rese per ettaro soggette a rendimenti decrescenti e sempre meno capaci di fronteggiare l’aumento demografico. Nella logica del mantenimento del business as usual agroalimentare, l’unica alternativa possibile consisteva nell’escogitare qualche stratagemma per far ripartire la produzione.
Da qui a sostituire la ‘vecchia’ rivoluzione con una ‘nuova’, basata sul largo impiego delle sementi geneticamente modificate, il passo è stato breve. Per ridimensionare le paure ingenerate da una simile intromissione nelle basi della vita, è stata svolta una forte opera propagandistica esaltante le presunte virtù della modificazione genetica per risolvere la piaga della fame. Su queste basi è nata ad esempio AGRA (Alleanza per la rivoluzione verde in Africa), massicciamente sostenuta dalla fondazioni Gates e Rockefeller, quest’ultima già coinvolta nello sviluppo della prima rivoluzione verde.
In questa sede eviteremo l’annoso dibattito sulla salubrità degli OGM, non senza precisare che un’incertezza di fondo degli effetti sul metabolismo umano e animale è inevitabile. In primo luogo, il rischio è intrinseco nella tecnica stessa adoperata per indurre la mutazione genetica, la quale si scontra con i meccanismi di protezione dell’organismo ospite:
Per aggirare tali ostacoli, quindi, gli scienziati prima aggiungono i geni estranei ai virus, o ad elementi simili ai virus che sono comunemente usati dai batteri per lo scambio dei geni; questi cosiddetti “vettori di trasferimento dei geni” vengono usati per introdurre i geni estranei all’interno delle cellule destinatarie selezionate, dove i vettori, insieme con i geni che vi sono uniti, si inseriscono all’interno del DNA delle cellule… L’uso dei vettori per inserire i geni dall’organismo donatore a quello ricevente è una delle ragioni per cui il processo dell’ingegneria genetica è intrinsecamente pericoloso. (1)
Come se non bastasse, l’intera impalcatura teorica dell’ingegneria genetica si fonda sul cosiddetto dogma centrale, ossia la relazione diretta un gene-una proteina:
DNA → RNA → proteina
Questa visione meccanicistica, basata sull’idea che le caratteristiche cellulari siano una semplice risultante della somma dei geni, è stata messa in seria discussione dalla ricerca genetica contemporanea.
Per quanto riguarda i presunti vantaggi produttivi, gli studi al riguardo descrivono situazioni contraddittorie. In una ricerca del 2014 (3), incentrata sul confronto tra il sistema agricolo statunitense e quello europeo – rispettivamente con e senza colture geneticamente modificate – il vecchio continente esce vincitore sia per resa per ettaro, sia per uso inferiore di pesticidi e fertilizzanti; tuttavia, altre analisi esaltano le virtù produttive e ambientali degli OGM. Paradossalmente, un soggetto con molti interessi in gioco – Monsanto – potrebbe aiutarci a fare chiarezza. Così si è espresso nel 2009 Brad Mitchell, all’epoca director of public affairs della corporation statunitense, nel corso di un’intervista:
The main uses of GM crops are to make them insect tolerant and herbicide tolerant. They don’t inherently increase the yield. They protect the yield… But in developing countries without good weed and pest controls, that’s where you see the dramatic yield increases.(4)
La ‘nuova’ rivoluzione quindi, parimenti a quanto successo con la ‘vecchia’, mostrerebbe i suoi pregi nel breve periodo e laddove vada a sostituirsi a pratiche in ritardo di venti o trent’anni rispetto all’agronomia occidentale. In effetti, la ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications), analizzando gli effetti globali delle sementi OGM tra il 1996 e il 2010, ne ha decantato i vantaggi in termini di aumento delle rese nonché di risparmio di fertilizzanti e pesticidi, ma ha anche specificato che il 90% dei beneficiari sono agricoltori di paesi in via di sviluppo.(5) Si spiegherebbero così i relativi insuccessi di tali colture in un sistema agricolo maturo come quello statunitense, già vittima tra il 2008 e il 2011 dell’invasione di super-infestanti resistenti agli erbicidi e di altre prevedibili reazioni naturali all’uso degli OGM. (6)
Anche ignorando tali criticità, resta comunque da capire l’apporto delle sementi OGM per la soluzione del problema alimentare, visto che la denutrizione attualmente non è dovuta a carenza produttiva, ma a problemi economici nell’approvvigionamento del cibo. Siccome le spese per ricerca e sviluppo di una semente transgenica si aggirano tra i 100 e 200 milioni di dollari (7), introdurre sul mercato grandi quantità di cibo molto costoso non gioverebbe in alcun modo. Gli elevati oneri di produzione spiegano l’accanimento con cui le aziende del settore difendono a oltranza i brevetti (fino a rendere sterili le sementi per impedire ai contadini di riprodurle autonomamente) oppure vincolino la forniture all’acquisto di fertilizzanti e altri ritrovatici chimici. Se già con la rivoluzione verde la dipendenza da input esterni per gli agricoltori era molto elevata, con gli OGM si perde qualsiasi autonomia.
Si arriva poi al problema più spinoso. Gli OGM promettono rese migliori e capacità di adattamento ai terreni degradati dell’erosione, ma qual è il paradigma alimentare in cui se ne immagina l’utilizzo? Quello contraddistinto da filiera lunga, meccanizzazione e chimica di sintesi, quindi da alti consumi energetici, lo stesso che ha caratterizzato la rivoluzione verde e che si è rivelato profondamente insostenibile, situazione destinata a peggiorare con l’avvento del picco del petrolio. Sorge il sospetto che OGM e nucleare siano accomunati dal medesimo destino: quello di deludere le tante aspettative riposte in loro.
(1) Capra, Luisi 2014, 555
(2) Ibidem
(3) Heinemann, Massaro, Coray, Agapito-Tenfen, Wen 2014
(4) “Lo scopo principale delle sementi geneticamente modificate è di renderle tolleranti a insetti ed erbicidi. Esse non incrementano di per sé il raccolto. Lo proteggono… Ma nei paesi in via di sviluppo senza adeguati controlli sulle erbe infestanti e sui parassiti, è lì che si vedono incrementi consistenti dei raccolti”.
(5) Ciccarese 2013
(6) Moore 2015
(7) Onorato, Colombo 2009
Fonte immagine in evidenza: Riccardo Iacona (Wikimedia Commons)
se non avete nessuna competenza in materia scientifica, evitate di raccontare frottole e predicare l’idiozia della decrescita felice;
se proprio ci tenete tanto, andatevene a vivere nelle caverne, senza luce, senza acqua corrente, senza medicinali, senza saponi e disinfettanti per l’igiene, poi tra 5 anni ci rivediamo…
questa puntata di Presa Diretta è stata, la prima parte almeno, esemplare, ha raccontato lo sfacelo della ricerca scientifica italiana (a voi non interessa, tanto “è tutto un gomblotto” ), i passi indietro fatti, i brevetti di biotecnologie persi e svenduti all’estero, le nefaste conseguenze ambientali ed economiche derivate dall’abbandono delle biotecnologie, e ha giustamente messo alla berlina le scempiaggini del mondo psicotico complottista, che oltre a rifiutare vaccini e scienza, si farebbe “curare” i tumori con acqua calda e bicarbonato, e altre idiozie simili;
fate un favore al mondo, studiate, informatevi, specializzatevi, imparate a conoscere le cose di cui parlate, e smettetela di abbindolare gli ignoranti con false verità che servono solo a trattare come pecore gli ingenui che ci cascano;
Ho scritto le ragioni del mio scetticismo sugli OGM con tanto di fonti scientifiche (siccome non vivo nelle caverne mi informo) senza parlare di complotti o sciocchezze varie come curare tumori con acqua calda e bicarbonato; e tutto quello che Lei è riuscito a fare è stato insultare attribuendomi pensieri che non mi sono mai sognato di esprimere. Se ha qualche contestazione da muovere NEL MERITO DI QUANTO HO SCRITTO (magari leggendo prima di criticare insultando) apertissimo a qualsiasi confronto (imparando le buone maniere, anche perchè insultare da dietro uno schermo non esattamente sinonimo di coraggio) se invece la Rete è per Lei solo un mezzo per sfogare le sue frustrazioni la rimandiamo gentilmente a tante altre realtà del Web adatte allo scopo.
Alla faccia del condensato di luoghi comuni. Con il “gomblotto”, poi, ti sei già delegittimato da solo. Andate a mettervi i “like” a vicenda sui siti satirici anti movimento cinque stelle e smettetela di ammorbare le pagine di chi prova a portare avanti un serio e documentato dibattito.
Ah, un appunto: la scienza merita rispetto solo quando supportata dal desiderio di scoperta, dal rigore e dall’impegno, nonché coadiuvata da un sano senso del dubbio e libera da interessi commerciali. Quando al soldo di multinazionali irrispettose di diritti umani, etica e buonsenso è solo una putt@na serva del denaro.
Tra l’altro la prima parte della trasmissione è stata ‘esemplare’ secondo il nostro costruttivo ed educato commentatore, la seconda parte (cioé il servizio sugli effetti del riscaldamento globale in Bolivia) evidentemente lo è stata di meno… si vede che il global warming è gomblotto!!!!
Si, certo.
Siamo ancora ai semi OGM sterili, a “il rischio è intrinseco nella tecnica stessa adoperata per indurre la mutazione genetica, la quale si scontra con i meccanismi di protezione dell’organismo ospite”, al modello di agricoltura “già vittima tra il 2008 e il 2011 dell’invasione di super-infestanti resistenti agli erbicidi e di altre prevedibili reazioni naturali all’uso degli OGM”.
Trent’anni passati invano, almeno per voi.
Visto che “Se già con la rivoluzione verde la dipendenza da input esterni per gli agricoltori era molto elevata, con gli OGM si perde qualsiasi autonomia” , c’è un sistema sicuro per evitare gli imput esterni: si chiama medioevo, dove non c’erano i concimi ma il letame (poco), niente diserbanti ma la zappa, niente trattori ma al massimo una vacca (i cavalli e i buoi servivano ad altro) e quindi nella dieta niente frumento, niente carne, poca legna e poca stoffa; vita media 40 anni. Decrescita assicurata, quanto felice non si sa.
ad un baro, perchè scrivere quelle cose è barare, rispondo solo con due commenti.
1° Uno è riassunto da un fumetto francese che dimostra come sia completamente falso il dire che gli USA con gli OGM producono meno che in Europa . In realtà gli USA hanno sempre unitariamente prodotto meno che in Europa ma per la semplice ragione che la loro è una agricotura più estensiva di quella che si pratica in Europa. Questo capitava prima dell’avvento delle varietà di sementi OGM cioè prima del 1996, mentre se prendiamo in considerazione solo questo periodo gli USA producono di più che non l’Europa. Questo ha una spiegazione molto logica e non c’entra nulla con gli OGM (tra l’altro quelli fino ad ora messi a punto non sono fatti per aumentare la produzione, ma per rendere più facile coltivare). Le ditte sementiere americane (ora una è divenuta cinese) che producono mais e soia, cioè le due coltivazioni che annoverano varietà OGM e non-OGM, hanno il monopolio della fornitura delle sementi sia in USA che in Europa; sono sempre le stesse.
E’ evidente che a queste interessa vendere le varietà OGM e per invogliare i coltivatori ad usarle usano due tattiche insieme: Facilitano il lavoro di coltivazione nei diserbi e protezione con i tratti OGM ed inoltre immettono il tratto OGM modificato in varietà molto selezionate e più produttive. Quindi chi accetta di seminare varietà OGM gode dei due vantaggi: quello della maggior produttività intrinseca e quello derivante dal tratto OGM. A chi invece,come noi Europei, non vuole gli OGM ci rifilano le varietà precedenti che sono meno migliorate, Pertanto non godiamo di nessuno dei due vantaggi.
Ecco il lavoro che l’autore dell’articolo ha citato con la nota n° 3 è un imbroglio vero e proprio in quanto l’indagine l’hanno fatta partire dal 1961 e quindi vi hanno messo dentro anche tutti gli anni in cui gli USA producevano meno, cioè hanno diluito i dati per validare una tesi non vera.
https://www.youtube.com/watch?v=6n1wnqfOgY0
2° il ritornello dei semi sterili e dell’invasione di infestanti ritorna sempre ed ormai in cuor loro sanno che è una balla: I semi sterili non sono mai esistiti. Esiste solo che il seme ibrido va rinnovato ogni anno da sempre e guarda caso si lamentano della cosa i giornalisti che non sono mai andati in un campo, mentre sono ben contenti di comprarli ogni anno proprio gli agricoltori che sono quelli che li pagano. Cioè vogliono difendere una categoria di persone che non vuol essere difesa da ignoranti di agricoltura
La questione delle erbe infestanti resistenti è sempre esistita, anche quando si usava la zappa, ed è solo il frutto di un agire tecnicamente sbagliato. Rotazione delle coltivazione o rotazione dei principi attivi diserbanti risolvono alla radice i problemi.
Innanzititto voglio ringraziarla per aver letto quanto ho detto, aver esaminato le fonti che ho impiegato e non essersi limitato alla pura e semplice invettiva calunniatoria. Parliamo dello studio Sustainability and innovation in staple crop production in the US Midwest, qui reperibile http://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/14735903.2013.806408. Contesto il fatto che i dati siano stati in qualuque modo ‘diluiti’: per quanto riguarda la produzione di mais, scrivono: “During the period 1985–2010, W. Europe maize yields averaged 82,306 hg/ha. Yield data for 2011 and 2012 projections for each of the W. European comparison countries were not yet available. However, 2011 yields for maize were trending upwards rather than following the United States. The five countries France, Germany, Netherlands, Belgium and Austria averaged 111,700 hg/ha (MARS 2012), up from 107,000 in 2010 (FAOSTAT). For this collection of W. European countries, 2012 projections were for average to above average yields of maize (MARS 2012). In contrast, the United States average maize yield was 82,504 hg/ha from 1985 to 2010. Adding the known yield for 2011 and the projected yield for 2012 (USDA 2012e) raises the United States average to 82,577 ha/hg. However, it lowers the slope of the linear regression (y = 1106.5x + 39861, R² = 0.8619), projecting an even more severe downward trend in yields compared to W. Europe. Although GM maize varieties have been in commercial production for most of the measured period since 1985, the linear regression of maize yield in W. Europe from 1985 to 2010 (y = 1156x + 66699, R² = 0.75) again shows that the slope of increase per year is steeper in W. Europe than the United States (y = 1053.4x + 67302, R² = 0.55)”.
Su una cosa ha perfettamente ragione: lo scopo degli OGM ‘prima generazione’ non è aumentare le rese, questo lo ha ammesso anche Monsanto, come ho riportato nel mio articolo; lo scopo principale è la protezione delle piante. La figure 3, comparando dati del 1995 con quelli del 2007, mostra chiaramente che negli USA si è assistito a un aumento nell’uso degli erbicidi mentre in Francia è diminuito, dove si è assitito anche una riduzione maggiore nell’impiego di insetticidi.
E’ chiaro che in un paese in via di sviluppo, dove si applicano tecniche già obsolete in Occidente e oltre alle sementi ibride si introducono massicciamente altre innovazioni tecnologiche, NEL BREVE PERIODO otterrai risultati molto soddisfacenti. Quanto alle infestanti, mi permetta che è un bel po’ riduttivo sostenere che dal medioevo a oggi il problema è rimasto inalterato, e che perorare la causa di erbicidi ancora più potenti (specialmente dopo i sospetti di cancerosità avanzati dall’Agency for Research on Cancer sul Roundup) mi sembra un po’ discutibile.
Comunque, se le interessa sapere la mia opionione sulla questione, io penso che IL problema non siano gli OGM, ma tutto il paradigma dell’agricoltura industriale che è causa di problemi ecologici gravi ed è incapace di affrontare la sfida portata dal picco del petrolio o del fosforo; la rimando al capitolo che ho dedicato su Insostenibile (si può liberamente scaricare dalla sezione libri), in un commento di WordPress non potrei spiegarmi in maniera esauriente.
Mi è sfuggito una piccola cosa: lei mi ha definito ‘un baro’. Si vede che sono un baro molto idiota, dal momento che lascio tanto spazio a critici che potrei bannare nel giro di un nanosecondo.
ma si tiene sempre l’ultima parola…
e sul bannare andiamo in fiducia
finiamola qui, omnia munda mundis
e l’argomento erano gli ogm e il loro possibile contributo, non l’universo agricolo e tantomeno la decrescita
p.s. e prima ancora degli ogm, la libertà (di ricerca e di impresa, oltre che di opinione), concetti che tutti dovremmo difendere a prescindere
So bene che, per ciò che ha detto e per l’estrema libertà che le è stata concessa, adesso lei pensa di essere a casa sua, ma questa è casa mia e se permette decido quando farla finita e di cosa parlare! 😀 Tra l’altro, potrò anche essere il male assoluto ma accusarmi di mancare di libertà di espressione dopo che ho lasciato pubblicare di tutto, anche il trollaggio vero e proprio proprio non sta né in cielo né in terra.
Ed ecco un altro sito dove un sicuramente preparato docente di lettere espone critiche relative a sistemi che non conosce se non per sentito dire. Non avendo neppure idea di cosa sia il metodo scientifico, ma avendo girato sul web, chiunque propone modelli completamente estranei alla realtà unendo a sostegno bibliografie di “scienziati” che corroborano le tesi suddette. Credono che la scienza sia “democratica” , che un opinione valga quella di un altro. Non capiscono che è la realtà che si impone e che il metodo scientifico con il sistema intrinseco di validazione è l’unico che abbiamo per accertare i fatti. Poi le opinioni politiche sono personali, legittime, e chiunque ha il diritto di esprimerle. Senza ammantarle di pseudo scienza. Senza ciarlare di scienza truccata dalle multinazionali . Anche perché fino ad ora chi ha truccato i dati nella ricerca OGM sono coloro che volevano, senza riuscirci, mostrarne la pericolosità. Ed evito tutto il discorso relativo alla ricerca pubblica.
Trovo curioso anche il sapere a prescindere cosa è bene per il contadino. Lasciarlo libero di decidere no? Lasciare che possa scegliere il mercato? Troppa libertà?
Ecco invece un preparato calunniatore del Web che non ha letto assolutamente nulla (dove ho parlato di scienza truccata dalle multinazionali, se ho preso assolutamente per vere le parole di Monsanto? Dove ho detto che gli OGM sono pericolosi a parte specificare la questione del dogma centrale?) ma straparla di metodo scientifico. Prima impara a leggere….
Gentile Igor, quanti esami di genetica ha sostenuto nella sua carriera universitaria? Così tanto per capire come può permettersi di criticare “l’impalcatura teorica dell’ingegneria genetica”
Meglio così? Meglio se la cito direttamente?
Quanti esami di genetica ha dato Iacona, laureato in discipline dello spettacolo? Immagino nessuno. Cosa ha fatto allora per capire la questione? Ha consultato delle fonti e ne ha tratto delle conclusioni. Cosa ho fatto io? La stessa identica cosa, ho riportato anche io una fonte scientifica. Però Iacona ha diritto di parola perché viene incontro alla sua idea e io no.
No, Iacona per la prima volta in tv ha dato la parola a soggetti riconosciuti come esperti dalla comunità scientifica dopo che per anni l’informazione pubblica ha dato rilievo solo alle opinioni di signori che sono stati scoperti come truffatori nelle ricerche effettuate, e ad altri signori che hanno interesse economico a promuovere una (legittima sia chiaro) critica alla scienza in ambito agricolo.
E visto che io, come lei ,pago un canone per avere informazioni dalla rai mi stupisco non poco sia dell’atteggiamento avuto fino ad ora dalla tv e anche dalla mole di critiche al programma. Magari mi sbaglio, ma lei, certamente più attento di me, ha pubblicato post quando dal Vespa o a linea verde apparivano i truffaldini a promuovere il pensiero unico sugli OGM? Allora le stava bene che l’informazione veicolasse solo le idee di pochissimi?
Ma ho detto forse che Iacona deve chiudere il programma? Ho detto che continuo a stimarlo nonostante la divergenza di opinione. Sui nostri gruppi di Facebook, vada a vedere se non ci crede, ho ribattuto a chi lo accusava di essersi venduto alle multinazionali e cazzate simili. Semplicemente ho scritto su di un sito a cui collaboro alcune considerazioni perché il suo servizio mi era sembrato parziale. Si legga quello che scrivo e la pianti di lanciare calunnie a caso.
Gent.le Igor Giussani, leggo che è un insegnate di storia (purtroppo precario) e per questo mi congratulo con lei che nonostante le mille difficoltà riesce comunque a portare avanti un compito difficile: preparare le nuove generazioni con spirito critico. Proprio però, perché ha un compito così delicato e difficile, mi preme sottolineare alcune cose. Nella puntata di Presa Diretta condotta da Riccardo Iacona, per la prima volta si è dato spazio e la parola a scienziati pubblici. Nel corso della puntata sono stati sfatati alcuni luoghi comuni; questo mi sembra doveroso non fosse altro per correttezza nei confronti di un’informazione che per troppi anni è stata dominata da miti e falsi racconti che avevano come unico scopo quello di terrorizzare. Tutto questo è successo anche per colpa di scienziati e ricercatori che, troppo presi dalle loro scoperte, non si sono preoccupati di divulgare con i giusti mezzi quello che facevano. Si sa; quando non sono scienziati a divulgare la Scienza, questo viene fatto da altre persone che cercano di spiegare qualcosa che loro per primi non hanno capito. Giustamente nel corso della puntata si è a lungo discusso della ricerca e delle scoperte pubbliche che scienziati non legati in alcun modo alle “cattive” multinazionali hanno realizzato per anni a favore dell’agricoltura Italiana. Nel suo intervento si fa un duro attacco all’agricoltura industriale o come viene da altri definita “intensiva” (non estensiva che vuol dire un’altra cosa; lo vedremo a breve) e sempre nel suo intervento si evince che tale modello agricolo sarebbe responsabile del surriscaldamento globale. Nel 1944 un fenomeno noto con il nome di “Rivoluzione Verde”, si pose l’obiettivo di soddisfare le crescenti richieste alimentari e ridurre le aree a rischio carestia. Questa “Rivoluzione” iniziò in Messico che in soli 20 anni passò da Paese importatore di frumento per circa metà del suo fabbisogno, a Paese autosufficiente nel 1956 ed esportatore nel 1964. Secondo i dati presentati dalla FAO circa la situazione dell’insicurezza alimentare nel mondo, la percentuale di persone malnutrite nei paesi in via di sviluppo, alla fine degli anni sessanta, era del 34%. Alla fine degli anni settanta questa percentuale era scesa al 25% e nel 1990 al 20%. Nel corso di questi ultimi 25 anni, la percentuale di persone malnutrite nei paesi in via di sviluppo è continuata a scendere arrivando al 13% con una leggera risalita tra il 2002 ed il 2007 [1, 2]. Dal 1960 ad oggi, le rese del frumento sono aumentate del 190%, quelle del riso riso del 132%, quelle del mais del 180% (Fonte: FAOSTAT http://faostat.fao.org). Tutto questo è stato possibile grazie alla scienza e allo sviluppo tecnologico in campo agroalimentare. L’uso della chimica, della meccanizzazione e della razionalizzazione dei processi ma soprattutto grazie al miglioramento genetico messo in atto da personalità come Norman Borlaug (premio nobel per la pace 1970) e Nazareno Strampelli. L’intensificazione dei processi produttivi, messo in atto dalla Rivoluzione Verde, ha avuto inoltre il pregio di essere riuscito a contenere le emissioni di gas ad effetto serra. E’ stato calcolato ad esempio, che produrre la quantità di cibo che si è prodotta a partire dagli anni 60 ad oggi, attraverso un sistema estensivo, avrebbe generato circa 590 giga-tonnellate in più di anidride carbonica di quelle prodotte dal sistema intensivo della Rivoluzione Verde [3]. La sfida che si presenta a questa generazione e a quelle future è riuscire a fare ancora meglio abbassando l’impatto ambientale per la produzione di cibo. L’obiettivo sarà quello di produrre una quantità di cibo sempre maggiore con un minor consumo di combustibili fossili, un minor consumo di acqua, una minore erosione dei suoli, un ricorso alla chimica più mirato ed intelligente. Ancora una volta, così come in passato, si potrà raggiungere tale obiettivo attraverso ricerca ed innovazione, attraverso lo sviluppo coordinato di diversi settori della scienza e della tecnica. In questo contesto, le biotecnologie ed in particolare il miglioramento genetico rivestiranno un ruolo importante.
Nel suo intervento, si fa riferimento ad una presunta più bassa resa degli OGM rispetto ai semi tradizionali e per avvalorare questa tesi si riporta una pubblicazione che mette a confronto le rese del mais (ton/ha) in due sistemi agricoli (europeo e statunitense) a partire dal 1961 al 2010. Questa ricerca, già ampiamente criticata dal mondo scientifico, è stata pubblicata su una rivista a bassissimo impact factor (1,6) il che dovrebbe far riflettere sulla sua attendibilità. Ma entriamo nel merito della ricerca. Il lavoro cerca di mettere a cofronto due sistemi produttivi molto diversi tra di loro sia per tecnica che per disposizione geografica. Le latitudini coperte dagli USA sono nettamente superiori a quelle dell’Europa e se si vorrà perdere un pochino di tempo a confrontare le diverse produttività da Stato a Stato ci si renderà conto delle ampie differenze che ci sono. Inoltre, per motivi inspiegabili è stato deciso di togliere dall’analisi la produttività di Italia e Grecia che storicamente sono due stati a bassissima produttività (es. Spagna 110 q/ha – Italia 78 q/ha). Come se non bastasse e come già hanno fatto notare alcuni miei colleghi, l’analisi parte dal 1961 quando il primo mais GM coltivato risale al 1996. In statistica quelle presentate nel grafico, si chiamano rette di interpolazione; cioè si cerca la retta che meglio approssima tutti i dati sperimentali. Il problema è che tutti i punti presenti nel grafico influenzano la pendenza della retta. Come si noterà nel 1961 l’Europa parte da una posizione di svantaggio nelle rese del mais; responsabile di ciò è la scarsa presenza di mais ibrido in Europa che invece era già ampiamente disponibile negli USA. Solo successivamente il mais ibrido spopolò anche in Europa, grazie al quale le rese europee risalirono velocemente. È proprio grazie a questo più basso punto di partenza, che la retta europea ha uno slope maggiore rispetto a quella degli USA. Se ci si diverte a prendere gli stessi dati facendoli partire dal 1996 (data della prima semina di mais GM), si noterà come le rette si invertono (i dati sono quelli presenti sul sito della FAO menzionato prima). Detto questo, rimane corretta l’osservazione da lei fatta circa il fatto che questi OGM (quelli attuali) non sono stati sviluppati per incrementare le rese quanto piuttosto (aggiungo io) per contenere le perdite [4, 5]. Numerose altre considerazioni andrebbero fatte circa la “pericolosità” della tecnica utilizzata (DNA ricombinante) che, rispetto a quelle usate fino ad oggi (incroci, mutagenesi casuale, induzione di poliploidia ecc. (sempre di modificazione genetica si tratta)), è molto più precisa e mirata (magari lo approfondiremo). Non ruberò altro tempo; spero solamente di aver fatto capire che le cose non sono mai semplici né sempre bianche o nere, ma vanno valutate volta per volta a costo di grandi sacrifici, liberi da pregiudizi.
References:
1] FAO (2009) The State of Food Insicurity in the World http://www.fao.org/docrep/012/i0876e/i0876e00.htm
2] FAO (2014) The State of Food Insicurity in the World http://www.fao.org/3/a-i4030e.pdf
3] Jennifer A. Burney, Steven J. Davis and David B. Lobella (2010) Greenhouse gas mitigation by agricultural intensification. PNAS 107(26); 12052-12057
4] Gómez-Barbero, Manuel Berbel, Julio Rodríguez-Cerezo, Emilio (2008) Bt corn in Spain–the performance of the EU’s first GM crop. Nature Biotechnology 26(4) 384-386
5] Shi, Guanming Chavas, Jean-Paul Lauer, Joseph (2013) Commercialized transgenic traits, maize productivity and yield risk. Nature Biotechnology 31(2) 111-114
Gentile Prof Mattioli,
innanzitutto non sono più precario da due anni, ma non ho voluto modificare il mio status perché mi sento ‘precario nell’anima’. In secondo luogo, le posso assicurare che il pensiero critico cerco di applicarlo prima di tutto verso la mia presunta ‘parte’ (quanto odio queste maledette guerre di religione) come può ad esempio evincere da questo articolo http://www.decrescita.com/news/penso-senza-la-mia-testa/, teso a combattere le tendenze anti-scientifiche che si annidano nella variegata galassia della decrescita.
Come ho scritto anche nell’articolo, riconosco a Iacona di aver demolito alcuni pregiudizi sugli OGM, ma il problema non sono quelli e in definitiva non sono neppure gli OGM; magari fosse così, la questione è molto più complicata. Lei mi ha sintetizzato molto bene la storia della Rivoluzione Verde però, mi permetta, non solo la conosceva già ma mi pare largamente incompleta. In particolare, si omette che il paradigma agricolo attuale è enormemente dipendente da derivati degli idrocarburi, è una delle principali cause di emissione di CO2 e contribuisce massicciamente a fenomeni di erosione e salinizzazione dei suoli, eutrofizzazione delle acque (se vuole verificare le fonti che uso per affermare ciò la rimando al capitolo che ho dedicato su Insostenibile, si può liberamente scaricare dalla sezione libri), mentre nel suo racconto, mi permetta, tutti questi effetti collaterali sembrano capitare quasi per caso alla maniera delle piaghe d’Egitto scagliate da Dio e dal faraone.
La cosa che trovo sinceramente più preoccupante è che Lei riduce tutto a un problema di tecnologie, non di comportamenti: e in un modo che produce alimenti per 10-11 miliardi di persone ma presenta 1 miliardo di obesi e 800 milioni di denutriti mi suona molto strano. E trovo molto riduttivo riconoscere ‘l’onore delle armi’ ai successi (indubbi) della Rivoluzione dissociando da essa gli effetti collaterali che ha contribuito a provocare, di fatto Lei sta andando contro la massima di Einstein per cui un problema non può essere risolto dallo stesso atteggiamento mentale che lo ha creato.
Le posso chiedere professore se, quando lavora sugli OGM, immagina anche il contesto in cui verranno inseriti? Un mondo alle prese con il picco del fosforo o del petrolio? Un mondo dove i trasporti internazionali sono possibili e convenienti come ora? La resilienza è questione solo di modificare un gene qua e là?
Lei ha fatto benissimo a puntualizzare sugli studi che ho citato portando avanti le sue competenze innumerevolmente superiori alle mie; per contro, come professore di storia una parte integrante del mio lavoro è collegare i fatti, deformazione professionale che mi porta ad esempio a cercare la relazione tra produzione petrolifera e alimentare. Se io rischio di avere una visione troppo ‘ipermetrope’ e di cadere sulle bucce di banana delle singole discipline – allora ben venga qualcuno che con cortesia, competenza ed educazione me lo fa notare – una visione basata esclusivamente sull’agronomia rischia di risultare molto ‘miope’. Perché quando Lei parla di agricoltura, sta parlando anche di energia, di ecosistemi, di demografia, di risorse naturali nonché di cultura e politica. L’approccio di un misero dilettante con molto tempo libero come il sottoscritto è quello di imparare la lezione del team di ricerca de I limiti dello sviluppo e della dinamica dei sistemi in generale, per cui capirà che così come non voglio demonizzare la tecnologia non posso neanche accettare proclami all’insegna de ‘la tecnologia è la soluzione’, specialmente se i rimedi sono ispirati a quelli che per molti versi sono stati i mali. E se nella questione OGM riconosco che possa esserci molta demonizzazione anti-scientifica, sarebbe anche bello riconoscere che alcune voci contrarie si levano non perché ‘hanno capito male’ ma perché esaminano la questione da una prospettiva differente e più complessa della pur fondamentale componente agronomica. Nel ringraziarla ulteriormente, la saluto e spero che sia emerso il mio tono costruttivo.
Gent.le Igor Giussani, assolutamente è emerso il suo tono costruttivo. Devo sottolineare tuttavia che nella pubblicazione relativa a Rivoluzione Verde ed emissione di CO2 (ed altri gas ad effetto serra in realtà) è stata considerata anche quella emessa per la produzione di fertilizzanti, erbicidi e quant’altro. E’ indubbio che la rivoluzione verde ha portato con se effetti negativi che però considero nettamente inferiori a quelli positivi e che senza dubbio dobbiamo cercare di superare, come ho cercato di evidenziare nell’intervento precedente. Ho anche cercato di sottolineare che la soluzione non può essere trovata da un’unica disciplina ma mettendo insieme soluzioni diverse in settori diversi. Il fatto che una parte della popolazione mondiale soffra il problema opposto a quello della malnutrizione è sicuramente un discorso da affrontare, ma non si faccia l’errore di pensare che una piatto risparmiato qui in Italia possa automaticamente finire sulla tavola di un bambino che soffre la fame in un paese del terzo mondo. Le biotecnologie, nel loro complesso, sono strumenti che sarebbe bene utilizzare con intelligenza proprio al fine di risolvere questi problemi. Mi chiede se immagino il contesto in cui verranno inseriti. Assolutamente si, è una domanda che si pone qualunque ricercatore prima di cominciare un progetto applicativo; ci si domanda a che serve? Quali possono essere i suoi benefici? e quale i rischi? Le faccio presente che alcune criticità su una vasta gamma di argomenti e applicazioni tecnologiche sono venute proprio dallo studio e dalle ricerche del mondo scientifico che è sempre in continua evoluzione. Dal mondo scientifico sono arrivate le energie rinnovabili che hanno lo scopo di superare proprio l’eccessivo uso di risorse fossili. Sarebbe di fondamentale importanza riunire le menti più brillanti nei diversi settori, non solo della Scienza, per trovare soluzioni a lungo termine.
Gentile Prof. Mattioli, sono felice quantomeno che l’unica voce con qualche titolo in agronomia non mi accusi di essere un baro o mi paragoni a Infascelli. Come ha potuto vedere comunque non banno nessuno, se si sente in dovere di qualche epiteto non si trattenga!
Per quanto riguarda il giudizio sulla Rivoluzione Verde (ma più in generale sull’industrializzazione) qui sale in cattedra il prof. di storia e dice che ne dobbiamo necessariamente riparlare tra un paio di secoli, quando sarà chiaro se e come l’umanità ne avrà superato gli effetti collaterali; certo ci sono stati benefici notevoli per un gran numero di persone (tra cui me, lei e i simpaticoni che stanno commentando), ma se per le generazioni future questi dovessero essere dei lontani miraggi e se il pianeta dovesse aver superato certi limiti ecologici il giudizio dovrà necessariamente essere negativo.
Per il resto, non la conosco abbastanza e non posso pretendere da Lei che sia esaustivo su una piattaforma commenti di wordpress, però mi sembrano emergere alcune criticità. Ad esempio Lei dice: “Dal mondo scientifico sono arrivate le energie rinnovabili che hanno lo scopo di superare proprio l’eccessivo uso di risorse fossili”. Con pannelli fotovoltaici e pale eoliche puoi causare facilmente problematiche ecologiche da non far rimpiangere le fossili, il punto è creare il contesto adatto per renderle virtuose. Se le usi come stampella delle fossili – cioé in piena logica business as usual – fai solo ulteriori danni. Devi ripensare l’energia.
Ecco, nel settore della biotecnologia vedo all’azione lo stesso misunderstanding: la natura è sbagliata e il paradigma agro-industriale è giusto, bisogna solo puntellare le mancanze della vecchia rivoluzione verde con la ‘nuova’ della modificazione genetica. Se io ho un sistema agricolo che provoca erosione dei terreni (per dirne una) e mi sforzo di creare una pianta più resistente all’erosione mantenendo il medesimo sistema agricolo di riferimento, sto unicamente persistendo nell’errore.
Ora se Iacona, ha svelato le bufale sugli OGM, non ha però detto mezza parola sulle magagne del paradigma agricolo a cui fanno riferimento; e se è ovvio che non esistono soluzioni semplicistiche, è altrettanto chiaro che limitarsi all”onore delle armi’ della rivoluzione verde non aiuta in alcun modo, così come prendere trend del passato ritenendo che possano mantenersi inalterate malgrado alcuni drastici cambiamenti delle condizioni del pianeta.
Gent.le Professore, personalmente vedo le nuove biotecnologie come qualcosa di molto diverso dai mezzi della prima rivoluzione verde. Capisco tuttavia che non è semplice affrontare tale argomento con relativamente poco spazio e poco tempo. Le propongo di contattarmi all’indirizzo email per poter approfondire. Inizialmente avevo avuto l’impressione che fosse uno dei tanti che sparava sentenze senza alcuno spirito critico…non posso chiedere a chi non è del settore di poter interpretare documentazione scientifica ma lo spirito che mostra lascia ampio spazio al dibattito ed allo scambio dei relativi punti di vista. Detto questo devo informarla che non sono un agronomo ma un genetista molecolare che si occupa per lo più di ricerca di base. Il buon Guidorzi è invece un agronomo e le assicuro che è tra i più preparati che io conosca…si lascia solo trasportare dopo tanti litigi con persone che diversamente da lei erano totalmente in mala fede. Le auguro una buona serata nella speranza di sentirla presto. Ps…inizialmente anch’io ho avuto l’impressione che fosse di quel genere. Con osservanza.
emissione di CO2: mai venuto il sospetto che la CO2 per le piante è cibo? si è mai chiesto quanta CO2 viene organicata ad esempio da 1 ettaro di mais? secondo lei nella organicazione di Co2 sarà più efficace ed efficiente 1 ettaro di mais o 1 di foresta?
contribuisce massicciamente a fenomeni di erosione e salinizzazione dei suoli, eutrofizzazione delle acque: contribuisce si, massicciamente lasci perdere, ci sono voluti 30 anni per far capire che l’eutrofizzazione dell’adriatico non dipendeva dal fosforo dei fertilizzanti ma naturalmente alle anime belle non fa piacere pensare che per molti che agiscono correttamente c’è anche qualcuno che non sa fare il suo mestiere me che quel qualcuno non è la regola
un modo che produce alimenti per 10-11 miliardi di persone: magari, vada a vedersi le previsioni della FAO solo per nutrire i 9 mrd del 2050, cioè dopodomani; e certo che non è solo un problema di tecnologie, ma buttare a mare le migliori solo perchè secondo voi “c’è ben altro”, non mi pare un approccio intelligente
dissociando da essa gli effetti collaterali che ha contribuito a provocare: e quali sarebbero? forse il fatto che siamo di più e viviamo meglio e più a lungo?
immagina anche il contesto in cui verranno inseriti?: certo, meglio non pensare di utilizzare piante modificate per usare meglio l’acqua, i concimi, la CO2, per resistere meglio alle avversità ed evitare lo spargimento di fitofarmaci che mica vengono dal petrolio…
una visione basata esclusivamente sull’agronomia rischia di risultare molto ‘miope’: bè sarebbe già qualcosa, i tecnici che fanno i tecnici, i giornalisti che fanno i giornalisti e magari i politici che fanno i politici.
Poi esamini pure la questione dalla parte che più le piace: resta il fatto che il modello scientifico e quello tecnologico che ne deriva è quello che ha dimostrato di funzionare meglio e cioè di essere il più aderente alla realtà e talvolta di confermare con l’oggettività dei numeri la banale ovvietà del progresso.
In cambio può sempre scegliere altro: fra maggiorenni e vaccinati basta contentarsi dell’io senza pretendere intrusioni nell’altrui. Non bastasse provi a votare con il portafogli: se sarete in tanti, quello che non vi piace sparirà come d’incanto e non ci sarà nemmeno bisogno che ci spieghi perchè
Caro Gigi, immagino che le daranno il premio Nobel ora che ha scoperto che deforestare e immettere grandi quantità di CO2 sono una buona cosa! Per il resto, vedo che non sa nulla di problemi come la dipendenza dalle fonti fossili dell’agroindustria o la rottura del ciclo del fosforo, è convinto che i trend del passato possano proseguire all’infinito, la ‘banale ovvietà del progresso’ come la chiama lei. Posso solo consigliarle di leggere il pensiero legato a I limiti dello sviluppo e filoni simili. Per il resto, gli OGM di cui parla lei ‘sarebbe una buona’, per parafrase il buon Gandhi, non assomigliano a nulla di quello che c’è in circolazione oggi.
infatti sa tutto lei
io invece non posso consigliarle niente, dovrei parafrasare il buon Murphy e rischierei di offenderla
p.s. la banale ovvietà del progresso è quella che le consente di stare alla tastiera, invece che chino sulla terra o con la clava in mano per procurarsi la cena
Direi che è anche quella che permette a gente con account fittizi di lanciare comodamente strali da dietro uno schermo, senza metterci la faccia. A pensarci bene forse quella è più la banalità del male, che del progresso.
perchè, dire scempiaggini a pappagallo come quelle sui semi sterili mettendoci la fotografia della faccia è forse più utile al progresso sociale?
Sbagliare esponendosi è sempre meglio di lanciare il sasso e ritrarre la mano.
Che poi a lei e a tutti quelli de ‘gli OGM sterili gne gne gne’, se leggete ho scritto: “Gli OGM, organismi geneticamente modificati (anzi, ‘migliorati’, come affermato da uno degli intervistati) sono un mezzo e come tali devono servire a un determinato fine: nessuna discussione può prescindere da ciò. Incentrare tutta la questione solo sul demolire bufale e luoghi comuni (la fragola con la lisca di pesce, l
, l’ampio ricorso per l’alimentazione animale)”, Gli elevati oneri di produzione spiegano l’accanimento con cui le aziende del settore difendono a oltranza i brevetti (fino a rendere sterili le sementi per impedire ai contadini di riprodurle autonomamente), io sapevo che gli OGM non sono intrinsecamente sterili ma ero convinto erroneamente che qualche semente sterile esistesse. E dallo scambio con Mattioli si è capito che l’attenzione la pongo sui paradigmi agronomici che su queste questioni; poi chi vuole capire quello che vuole si arrangi. Spero solo che tutti voi troviate in futuro gente così solerte nel puntualizzarvi gli errori ma che magari non liquidi 50 righe di discorso per due parole o salti a conclusioni.
“Per il resto, gli OGM di cui parla lei ‘sarebbe una buona’, per parafrase il buon Gandhi, non assomigliano a nulla di quello che c’è in circolazione oggi.”
Ah no?
Che mi dice del Golden rice ?
Solo per fare un esempio, eh, mica per ricevere il Nobel che lascio volentieri ai ribaltatori di frittate
egregio Igor, dire che la CO2 assorbita da un ettaro coltivato è molta di pù di quella assorbita da un ettaro di foresta significa forse sostenere che la foresta va sostituita con le coltivazioni?
A mio parere significa soltanto che il contributo dell’agricoltura non è affatto marginale come si tende a credere e perciò cosa buona e giusta non deforestare ma cosa ancora più giusta non mistificare, anche considerando che sono le pratiche agricole quelle che consentirebbero di fissare nel suolo grandissime quantità di CO2. Ma qui il discorso diventa complesso ed esula dal tema del blog.
Se per realizzare il campo coltivato complessivamente rilascio più CO2 di quella trattenuta dal terreno si perde qualsiasi vantaggio. Di pratiche agricole per trattenere la CO2 se ne è parlato eccome comunque sul sito, lo ha fatto Vincenzo Pisante, se vuole può trovare i suoi contributi.
se mio nonno avesse la ruota non realizzerebbe il campo coltivato (che c’è già)
eh, i bei tempi della calcolatrice sul tavolo!
ma ci dica, cosa le impedisce di decrescere anche utilizzando gli strumenti che la tecnica mette a disposizione?
sprecare meno raccolto già in campo, e lasciare così più spazio alla siepe o al bosco o a … le fa schifo?
a parità di tutti gli altri fattori si può già fare, che dice aspettiamo la decrescita coatta?
Le mie idee sulla decrescita le ho già esposte altrove quindi se vuole può andarsele a leggere magari starsene qua a sparare basse insinuazioni è meno auspicabile.
Come si può definire differentemente uno che elabora oggi un articolo riportando: – un articolo ormai reso inservibile da chi lo ha analizzato da vicino e ne ha svelato tutte le “mariuolerie” tipiche del gruppo di Infascelli, – la balla dei semi sterili mai esistiti nell’ambito delle varietà OGM, ma esistiti naturalmente fin dall’antichità (banana e uva sultanina) o creati dall’uomo ben prima dell’avvento della tecnica del DNA ricombinante, vale a dire negli anni ’50 e nel silenzio totale visto che vi era gente come lei totalmente ubriacati dall’ideologia, – l’imputare una colpa ad un elemento ( un principio diserbane) che agisce in modo neutro per quanto riguarda le infestanti resistenti. Perchè non si è scagliato contro la zappa che quando taglia i rizomi della sorghetta in un campo non fa altro che moltiplicare l’infestazione? Per fortuna che non c’è più da abolire la zappa altrimenti nella vostra ignoranza di cose agricole fareste anche questo. La laurea in storia non mi pare che preveda lo studio dell’agronomia e della genetica, quindi quando lei parlerà di questi argomenti o bara o fa figure barbine per ignoranza totale degli argomenti che si devono trattare.
Per ribadire che lei non sa di cosa parla ecco un altro studio che dice tutto il contrario di quello che lei afferma falsamente.
Fonte: https://www.purdue.edu/newsroom/releases/2016/Q1/study-eliminating-gmos-would-take-toll-on-environment,-economies.html
In USA le coltivazioni OGM occupano circa il 40% della superficie totale mondiale e si è calcolato cosa succederebbe se queste venissero tutte eliminate.
1° Cali di resa: il mais perderebbe circa l’11,2% di produzione, la soia perderebbe il 5,2% , mentre il cotone il 18,6%.
2° Compensazioni delle perdite di produzione: bisognerebbe disboscare 102.000 ettari di foresta ed i pascoli dovrebbero essere convertiti in seminativi per 1,1 milioni di ettari.
3° Il cambiamento d’uso del suolo con l’eliminazione dei pascoli e del bosco per produrre il cibo mancante comporterebbe l’annullamento dei vantaggi ambientali acquisiti con il piano delle energie rinnovabili in USA.
4° L’eliminazione “sic et simpliciter” delle coltivazioni OGM farebbero aumentare del 28% il prezzo del mais e del 22% il prezzo della soia. Di conseguenza i consumatori devono aspettarsi un aumento dei prodotti alimentari dell’ 1-2%
Innanzitutto non si permetta mai più di paragonarmi a Infascelli: io non ho alterato alcun risultato di ricerca, ho preso uno studio tratto da una rivista scientifica e l’ho paragonato con un altro che portava dati pro OGM, ho dato per scontata la buona fede di entrambi e ho cercato nel mio piccolo di capire come si potevano spiegare le discrepanze. Il fatto che non sia laureato in genetica o in agronomia non mi impedisce di informarmi e cercare di comprendere dove posso. Se le può interessare – sempre che le interessi ascoltare un ‘baro’ – ho completamente escluso una serie di studi anti OGM (e anche quello che insinua la correlazione Roundup-celiachia) proprio perché li ho ritenuti molto deboli. Quindi io – piantatela per favore con quel ‘voi’ collettivo, io scrivo per me e non rappresento nessuno – posso sbagliare ma sono una persona intellettualmente onesta.
Per il resto, riportando quello studio, Lei dimostra di non aver capito nulla della mia posizione, che specialmente dopo la replica al Prof. Mattioli è risultata evidente: dando per scontato i dati dello studio, qual è la sostenibilità del paradigma in cui è inserito? Quanto dipende da input esterni come i derivati degli idrocarburi? E soprattutto, per quanto tempo è capace di garantire certe rese in queste stesse condizioni?
Quanto al paragonare le erbacce medievali con quelle selezionate da 50 e passa anni di ricorso alla chimica di sintesi non spendo una parola.
Igor Giussani
E’ mai andato a documentarsi quanto fosforo finisce nelle acqua proveniente dai detersivi? Lo faccia e vedrà dentro di sè dirà “ma la mia ignoranza è abissale!”
Guardi mi accusi di tutto ma di essere il paladino dei detersivi proprio no. All’epoca della mucillagine nell’Adriatico avevo 7 o 8 anni, quindi se ci sono state inesattezze al riguardo la colpa non è mia questa volta.
Ah, mi tolga una curiosità signor Guidorzi… Secondo la sua visione, immaginiamo una persona che mettiamo per assurdo sia laureata in legge e si mettesse a sparare a zero contro scienziati del calibro di Dennis e Donella Meadows, Jorgen Randers, William J. Forrester… anche lui sarebbe un ‘baro’? No, così, giusto per curiosità.
Igor Giussani
Legga bene quanto ho scritto e lo riporto per sua comodità:
“…….riportando: – un articolo ormai reso inservibile da chi lo ha analizzato da vicino e ne ha svelato tutte le “mariuolerie” tipiche del gruppo di Infascelli,……..” E’ chi ha scritto l’articolo, vale a dire Heinemann, che assomiglia ad Infascelli non certo lei che lo ha solo usato, Io mi sono limitato ad invitarla a verificare meglio la valenza di un articolo prima di portarlo a supporto del suo dire.
Pertanto se non aveva le capacità di valutare l’inghippo statistico insito nel lavoro è solo stato un ingenuo, invece, se sapeva che il documento era squalificato nei contenuti e lo ha ugualmente citato la definizione di “baro” ci sta. E’ la sua onestà intellettuale adesso che deve decidere tra essere “Ingenuo” o essere “baro”.
Circa il suo ultimo commento delle 20:42 le rispondo che se quel laureato in legge utilizzasse elementi inerenti alla disciplina scientifica dello scienziato per sparare a zero, ma senza aver verificato la valenza delle citazioni a supporto e soprattutto se essi sono probanti, certamente che si comporta da baro; infatti tiene un comportamento non onesto.
Dando per scontatato tutto quello che dice, le faccio notare che la mia ‘ingenuità’ è consistita nel fidarmi non di una ricerca scritta su di un blog da quattro frikkettoni, bensì apparsa su di una rivista scientifica accreditata, da gente che come lei ha dei titoli universitari (che non mi risulti siano stati ritirati) e lavora presso istituti di ricerca; quindi il problema non è Igor Giussani che cerca di informarsi, lo avete nella comunità scientifica se dei ciarlatani possono occupare posti accademici e scrivere su riviste scientifiche. Io personalmente nel mio piccolo sapevo chi era Infascelli (non Heinemmann), sono capace di riconoscere una metodologia di ricerca spudoratamente partigiana e in qualche modo provo a orientarmi nel vastissimo dedalo della letteratura scientifica che tra open access e riviste di dubbio valore non è propriamente tutta un pozzo di sapienza. E quando ricevo obiezioni le pubblico, anche quando nel suo caso avrei potuto cestinarle all’istante essendo lei subito partito offendendomi dandomi del baro (mi permetta: io difetterò di conoscenze agronomiche, ma lei da questi scambi via Web non è risultato propriamente un campione di educazione e buone maniere, il suo collega è riuscito a intrattenere una discussione senza trattare il suo interlocutore come un disonmesto a prescindere). Per il resto, avrà notato che molti commentatori pro-OGM se ne sono usciti con delle bestialità che in confronto i miei ‘inghippi statistici’ meriterebbero una laurea ad honorem…
La ringrazio anche per le delucidazione in merito al comportamento dell’avvocato, la terrò sicuramente da conto nel caso che una situazione del genere dovesse mai verificarsi….
Resto a disposizione, fin dove arrivano le mie competenze che sono eminentemente genetiche e agronomiche, per supportarla in modo obiettivo ed onesto e se lo crederà opportuno, circa gli argomenti del fare agricoltura produttiva, sostenibile e dei relativi mezzi a disposizione. Sarà poi lei a giudicare se le avrò apportato qualcosa di utile.
Ci conto! Spero che i confronti possano esserle di aiuto anche a lei, magari sui temi contigui alla sua specializzazione. Mi raccomando però faccia anche molta, molta attenzione agli avvocati…
5 marzo 2016 at 13:17
vedo che lei può aggiungere post ma non si può rispondere, quindi metto qui che
“(fino a rendere sterili le sementi per impedire ai contadini di riprodurle autonomamente)” l’ha scritto lei – ed è una bufala colossale che gira da almeno 20 anni
e se “io sapevo che gli OGM non sono intrinsecamente sterili ma ero convinto erroneamente che qualche semente sterile esistesse.” non si capisce per quale ragione ha riportato ugualmente quanto sopra se non per motivare una seconda discutibile quanto falsata affermazione:
“Gli elevati oneri di produzione spiegano l’accanimento con cui le aziende del settore difendono a oltranza i brevetti” visto che gli elevati oneri non sono tanto di produzione quanto di registrazione, esattamente come succede per i farmaci
per quanto riguarda la difesa della proprietà intellettuale che tanto la preoccupa basta tenere presente:
1 che la prima generazione di pgm è spesso stata oggetto di veri e propri atti di pirateria, nella maggior parte dei casi mai perseguiti (vedi cotone BT in India)
2 che tale affermazione non vale per tutti i ritrovati della ricerca pubblica, usualmente resi disponibili gratuitamente (vedi Golden Rice)
3 che da sempre il costo dell’innovazione è una delle variabili oggetto di attenzione nelle scelte imprenditoriali; nel caso delle sementi può essere incluso nel prezzo, ed è quello che succede anche oggi per i mais ibridi, o distinto, come succedeva tempo fa con le royalties indicate separatamente dal prezzo.
Resta il fatto che nessuno è obbligato all’acquisto di ciò che non lo convince: e allo stesso modo si vorrebbe che nessuno fosse obbligato alla scelta contraria sulla base delle convinzioni antiscientifiche di una minoranza
e chi mai l’ha accusata di di mancare di libertà di espressione?
ho detto che la libertà di opinione e se possibile anche di più quella di ricerca e di impresa (in quanto non confliggenti con le leggi mi sembrava ovvio) dovremmo difenderle tutti, a prescindere (dai risultati, che possono anche non piacerci e che abbiamo la facoltà di non usare)
è casa sua? certo
immaginavo che scrivere in una caselle titolata “lascia un commento” non venisse interpretato come come un’intrusione
evidentemente mi sbagliavo e me ne scuso
in quanto al bannare vedo che non tutto è stato pubblicato: è un suo diritto e non me ne lamento, ma da qui a santificarsi il passo è lunghetto
Grazie ancora per l’ospitalità e buona continuazione
Ho pubblicato tutti i commenti non ho bannato nulla non calunniamo. Alla piattaforma di WordPress risultano questi commenti da questo account: 05/03/2016 alle 14:41; 05/03/2016 alle 14:09; 05/03/2016 alle 13:30; 05/03/2016 alle 11:15; 05/03/2016 alle 11:05; non c’è altro quindi si è sbagliato a inviare i commenti o sta raccontando balle. Se li reinvia le pubblico qualsiasi cosa.
Ecco il mio contributo:
Io contrappongo al coltivare biodinamico ed al coltivare biologico, che danno sicuramente decrescita, l’agricoltura produttiva sostenibile. Il discriminante è il produrre cibo o volutamente produrne poco.
Cosa s’intende per agricoltura sostenibile e quella che facevano i nostri vecchi agricoltori, ma con mezzi inadeguati. Lo spiego per punti.
1° il terreno è un ambiente vivo e da sempre ha fatto da supporto ai vegetali, quindi ne va rispettata la struttura, le proprietà chimico-fisiche, le proprietà microbiologiche, le capacità di ritenzione dell’acqua e in caso di eccesso il loro sgrondo. Esso va lavorato e quando non vi erano i concimi ed i diserbanti, ma solo il letame e la zappa si doveva arare in profondità per riportare in superficie gli elementi nutritivi che vi erano stati trascinati dalle piogge e per infossare i semi delle erbe infestanti di superficie. Ora invece si può optare per lavorazioni molto più leggere ed anche con la non aratura, che però comporta sempre una minima lavorazione. Per ottenere tutti i risultati di salvaguardia accorre quindi ruotare le coltivazioni su quel terreno e supplire con coltivazioni di intercoltura da interrare.
2° Il seme una volta era l’agricoltore che se lo produceva, era il genetista di se stesso, nel senso che si procurava il seme o dalle sue coltivazioni o scambiandolo con altri, ma la genetica ci ha detto che il rimescolamento genetico era insufficiente per aumentare le produzioni, che spesso erano insufficienti anche per la sola famiglia contadina. Ora invece grazie al miglioramento genetico di ogni specie coltivata abbiamo creato delle varietà, che non è altro che un assemblaggio di geni messo a punto affinché quella varietà produca bene e meglio in un cero numero di ambienti. Oggi la creazione varietale è continua e inarrestabile e la ricerca di resistenza ai parassiti è un obiettivo di sempre. Chi è ignorante di agricoltura dice ad altri che non possono valutare l’esattezza delle affermazioni che le sementi antiche erano più rustiche delle sementi delle varietà moderne. Niente di più falso. Le varietà moderne di fronte alla virulenza inusitata di un parassita offre sufficienti resistenze e/o tolleranze (perché appunto man mano immesse con il miglioramento genetico) perche il flagello non si traduca in disastro. La cosa invece capitava tutte le volte che un parassita era particolarmente virulento e si seminava sempre lo stesso seme autoriprodotto. Infatti sempre lo stesso seme era diventato una popolazione di individui con resistenze diverse a secondo del tipo di piante che formava una sottopopolazione delle popolazione e quindi molte di queste sottopopolazioni non sopravvivevano al parassita, qualcuna certo sopravviveva, ma erano la minoranza e quindi ci si ritrovava con la produzione disastrosa. Basta percorrere la storia per ritrovarci man mano con delle carestie, che oggi non ci sono più, salvo laddove fanno un’agricoltura come la facevamo noi nell’antichità. Una varietà di seme la si deve scegliere non solo in funzione delle potenzialità produttive, ma soprattutto in funzione di come io le posso realizzare. Se una varietà di frumento ha potenzialità di produrre 100 q/ha, ma lo fa solo con eccessive concimazioni e con trattamenti di difesa parossistici non è una varietà da seminare.
3°) Tecnica di concimazione. Nessuno disconosce che le piante asportino degli elementi nutritivi e dato che l’uomo fa una agricoltura produttiva li deve integrare. Il letame non è un concime, appunto per le scarsissime percentuali di elementi nutritivi che contiene. Il letame ha invece una importante azione nel terreno in quanto favorisce l’attività microbica che facilità e rende più disponibile l’assorbimento degli elementi nutritivi presenti nel terreno. Una volta l’azienda senza stalla non aveva senso, oggi è diverso perché si è obbligati alla specializzazione. Per inciso il produrre biologico non obbliga l’azienda ad avere una produzione di letame autonoma e quindi la stragrande maggioranza delle aziende biologiche non ha stalla, cosa inaudita visto che l’unico “concime” ammesso è il letame. In questo contesto assume valore l’interramento di biomasse derivate dai raccolti o seminate appositamente e tra queste vi sono le leguminose.
Inoltre oggi abbiamo la possibilità di fare un bilancio degli asporti delle sostanze nutritive e di stabilire mediante analisi chimiche la dotazione di un terreno in elementi nutritivi. Quindi la concimazione deve essere fatta sulla base di un bilancio: asporto –(dotazione intrinseca + apporto di concimi). Inoltre la pianta ha maggior bisogno di elementi nutritivi in particolari momenti del ciclo vegetativo e quindi gli apporti concimanti devono essere frazionati.
4° ) Tecnica di diserbo. Oggi siamo dotati di una miriade di principi attivi ad effetti molto diversificati e l’agricoltore deve conoscerli tutti al fine di poter ottimizzare gli interventi. Inoltre l’agricoltore deve saper riconoscere le erbe infestanti dei suoi terreni fin dallo stato cotiledonare. In questo modo, se interviene in questo stadio, usa delle dosi enormemente inferiori e raggiunge lo scopo di tenere puliti i suoi terreni. Inoltre seppure si disponga del diserbo chimico non si può negligere l’uso del diserbo meccanico in quanto fa risparmiare dosi di diserbo e opera azione favorevole alla crescita dei raccolti. Dato che principi attivi diversi ottengono stessi effetti diserbanti, questi devono essere usati in rotazione in modo che non permettere alle infestanti resistenti di sopravvivere e aumentare di numero.
5° ) tecnica di distribuzione degli antiparassitari. L’agricoltore deve riconoscere i primi sintomi delle malattie crittogamiche al fine di fare interventi preventivi e diminuire i curativi che comportano sempre maggior uso di fitofarmaco. Inoltre deve valutare presenza e numero di insetti parassiti al fine di fare interventi mirati. Se del caso si fa uso di interventi biologici preliminari. Inoltre cosa importantissima è valutare se l’attacco parassitario vale il trattamento, in quanto spesso la virulenza e la diffusione dei parassiti non arrecherà danni tali da ripagare il trattamento. Altro aspetto è che l’agricoltore deve conoscere i principi attivi dei fitofarmaci che ha a disposizione, conoscerne azione, tecnica e periodo di distribuzione consigliata, periodo di carenza del fitofarmaco affinché non rimangano residui pericolosi sui prodotti raccolti.
Seguendo queste regole le agricolture più tecnicamente avanzate hanno già raggiunto questi risultati. Prendo spunto da dati francesi sulle grandi colture (quelle che assommano tanta superficie), perché in Italia l’arretratezza dell’agricoltura è tale che di queste ricerche non se ne fanno.
a) Il mais aumenta di 1,4 q/ha ogni anno, la bietola aumenta la produzione di zucchero del 2% anno, I cereali sono in stagnazione dal 1990 e ciò a causa del riscaldamento climatico. Il colza dopo un periodo di stagnazione ha cominciato ad aumentare la produttività media e ciò grazie all’avvento dei semi ibridi.
b) Questi aumenti di produttività non han comportato diminuzioni di fertilità dei suoli francesi. Gli apporti concimanti azotati sono in continua diminuzione dagli anni 90, dai 162 kg/ha del 1989 nel frumento si è arrivati in 20 anni a distribuirne 154 kg. Per valutare pienamente si deve tenere conto anche degli aumenti in produzione realizzati nei 25 anni. Prima, concimazioni e aumenti di produzione erano direttamente proporzionali. Per la bietola da zucchero dove si è verificato un aumento di produttività del 40% negli ultimi 25 anni, si è registrato che gli apporti di azoto si sono ridotti del 50% e sono diminuiti del 70% le quantità di potassio e di fosforo. Questi risultati sono stati ottenuti anche grazie all’infossamento delle paglie delle coltivazione precedente e alla messa in atto per 90% di colture intercalari ad effetto antinematodi e apportanti sostanza organica. Nel colza negli ultimi 8 anni gli apporti azotati sono diminuiti di 35 unità/ ha e si è convinti di fare ancora meglio.
c) Per quanto riguarda l’uso di fitofarmaci gli IFT (indice di frequenza dei trattamenti a piena dose è il mais con il migliore IFT (1,9), poi viene il frumento (3,8) poi la bietola (4,2, ma con diminuzione del 30% in 20 anni). Grazie alle disinfezioni alle sementi i trattamenti con farmaci insetticidi sono diminuiti del 75% ed i fungicidi del 50% grazie alle resistenze immesse. L’irrigazione in 20 anni ha subito una forte diminuzione. L’uso di insetticidi di prima classe, i più velenosi, è pressoché sparito
Ci si chiederà, ma questi miglioramenti nell’uso degli intrans è generalizzabile su tutti gli agricoltori? In Francia si, mentre in Italia certamente no, al massimo in Italia abbiamo solo un 15-20% di agricoltori professionalmente preparati (quindi la decrescita è già insita in questa de professionalizzazione) ma il risultato è che importiamo il 50% di quello che mangiamo. In conclusione bisogna cambiare prima l’agricoltura italiana se gli si vuole far fare un salto più ecocompatibile. Il problema non lo si risolve con le proibizioni, in quanto gli effetti collaterali sono ancora più gravi.
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