La vittoria dei Maneskin al festival di San Remo aggiunge, nel suo piccolo, un altro tassello alla colossale operazione gattopardesca in corso nel nostro paese: il tempio della canzone melodica che apre per la prima volta le sue porte al rock, quello però certificato da X Factor (quindi no ragazzi, non siete tanto “diversi da loro” come dite di essere) e dove le provocazioni (nude look e simili) sono totalmente fini a se stesse, come del resto quelle del loro sodale Achille Lauro (clone mal riuscito di Renato Zero elevato ad artista di avanguardia).
Altre cose, invece procedono di pari passo rispetto allo scorso anno, in un’immensa sensazione di déjà-vu. Pare infatti imminente un nuovo lungo periodo di lockdown nazionale sotto forma di ‘maxi zona rossa’, probabilmente con coprifuoco anticipato alle 20 o addirittura alle 18: le parole d’ordine sono sempre le stesse, ‘inasprire le misure’, ‘giro di vite’, ‘stare a casa’ ecc. Rispetto al marzo 2020, al potere non c’è più un governo in qualche modo espressione della volontà popolare, bensì un esecutivo di ‘competenti‘ non privi di modestia, però, dal momento che avvertono la necessità di farsi assistere da società di consulenza nel loro operato.
I vaccini tanto agognati sono arrivati in tempo record (per gli stati che se li sono potuti permettere, ben inteso), ma la ‘cavalleria degli anticorpi’ (come la chiamava qualcuno) si è rivelata più simile a una masnada di mercenari. Nessuno crede più alla retorica del fatidico ‘ultimo miglio’, anche perché, finora, l’unico che si sta dimostrando davvero resiliente è il Covid-19, con mutazioni (le famigerate varianti) che potrebbero scalfire l’efficienza dei vaccini o addirittura aggirarne l’effetto. Intanto, l’età media dei contagiati si è sensibilmente abbassata e c’è da sperare di non assistere a pericolose evoluzioni in malattia infantile.
In ogni caso, sul piano prettamente sanitario ci sono ragionevoli motivi di ottimismo (salute mentale esclusa, sempre più erosa dal persistere del distanziamento sociale). Le drastiche misure di contenimento che si aggiungeranno a quelle già in vigore, unitamente a un’accelerazione delle vaccinazioni, produrranno per forza effetti e, a meno che il virus non dimostri capacità di mutazione fuori dall’immaginazione, non è impossibile un’estate più rilassata rispetto a ora e persino quel Natale con parvenza di normalità auspicato da Anthony Fauci.
Il problema infatti non è la lotta al coronavirus, bensì tutto il resto. In particolare, una società di cui si biasima la pervicace passione per l’aperitivo e che ora sta subendo la dura reprimenda proprio da chi le ha sempre e solo proposto quell’orizzonte di senso, all’insegna di edonismo, individualismo e consumo. Una società a suo modo giustamente frastornata dal brusco passaggio dal ‘produci, consuma, crepa’ al solo ‘produci e crepa’. E che senza aperitivo non riesce più a trovare un senso esistenziale: e gente incapace di trovare un significato al proprio essere al mondo non può concepire alcun tipo di ‘sacrificio’ o ‘rinuncia’.
Alla fine, così come sembrava inverosimile che il rock potesse mai sbancare a San Remo, arriverà anche l’anno agognato della fine della pandemia (magari già il 2022), ci sarà un po’ di ritorno della crescita (che, visto il crollo verticale post Covid, si presenterà sotto forma di numeri da boom economico). Torneremo anche a votare e al consueto teatrino della politica, magari con Draghi che, dopo l’onorato servizio, sarà traslocato da Palazzo Chigi al Quirinale, mentre i partiti che ora predicano l’unità nazionale riprenderanno a insultarsi e ad accusarsi dei peggiori mali del mondo, proprio come ai cari vecchi tempi.
Tuttavia, tale normalità sarà farlocca non meno della presunta eccezionalità della vittoria dei Maneskin a San Remo. Il Covid-19 ci ha definitivamente traghettato nell’era dove i problemi escono dalla teoria dei libri e si fanno dannatamente pratici. E lo struzzo sotto la sabbia può tenerci solamente la testa.