La teoria organica

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Che cosa siamo in realtà, quando il nostro stesso corpo è un fiume che scorre, che cambia costantemente? A livello atomico abbiamo un continuo scambio tra noi umani e con tutto ciò che c’è intorno a noi. Ad ogni respiro profondo inaliamo 10 alla ventiduesima (10 con 22 zero dietro) atomi dell’universo: un numero enorme. Ogni 6 settimane abbiamo un fegato nuovo, una nuova pelle ogni 5 giorni, sostituiamo il nostro scheletro ogni 3 mesi e ogni 6 settimane la materia prima del nostro DNA va e viene, come si trattasse di uccelli in migrazione. Senza che ce ne accorgiamo, in meno di un anno rimpiazziamo il 98% di tutti gli atomi del nostro corpo.Il mondo organico è la vita e di essa contiene l’esperienza, l’evoluzione e i misteri.

In un suo straordinario racconto, Primo Levi descrive la storia di un atomo di carbonio, dalla sua presenza vecchia centinaia di milioni in una roccia calcarea, al momento in cui viene staccato con una picconata nella pietra, finisce in un forno a calce, e da lì, colto dal vento, si solleva e inizia il suo percorso nel mondo vivente passando dal corpo di un falco, sciogliendosi in acqua, entrando in una foglia, in un tronco d’albero, penetrando una molecola di glucosio, trasformandosi in alga, pesce e crostaceo, in colore e nel profumo dei fiori, in un perpetuo girotondo di vita e di morte.

Considerato questo, è assodato che nel nostro organismo è presente almeno un milione di atomi che facevano parte del corpo di esseri viventi vissuti centinaia o migliaia di anni fa: quelli di un misero contadino o di un famoso condottiero, di una giovane lavandaia o di una principessa, di pollo ruspante, di una formica, di un elefante, di un’aquila reale.

E’ utile sapere che in appena 3 settimane -nelle ultime 3 settimane- un quadrilione di atomi (10 seguito da 15 zero), sono passati attraverso il corpo di ogni essere vivente di questo pianeta e che (come scrive Deepack Chopra) in questo breve lasso di tempo, abbiamo accumulato in noi la materia prima che prima circolava, ad esempio, in un albero in Africa, in uno scoiattolo in Siberia, in un autista a Calcutta, in un bambino in Afghanistan.

Abbiamo fede nell’idea di stabilità ma siamo quanto di più instabile esista.

Abbiamo una grande considerazione per noi stessi, ma in termini geometrici la nostra stessa presenza sul pianeta diventa risibile: se il peso dell’intera umanità venisse ripartito come un rivestimento di spessore omogeneo su tutte le terre emerse, la “statura dell’essere umano” sarebbe di pochi millesimi di millimetro. Uno spessore ridotto ma evidentemente assai aggressivo se pensiamo a come la nostra specie ha alterato la superficie terrestre, inquinato le acque e l’atmosfera, a come ha compromesso la funzionalità degli ecosistemi, il clima, la vita stessa del pianeta.

Scrivendo della teoria organica in realtà ho qualche difficoltà ad utilizzare il termine -teoria- se a questo attribuiamo la sua definizione classica, ovvero: una formulazione logicamente coerente di un insieme di definizioni, principi e leggi generali che consente di descrivere, interpretare, classificare, spiegare a vari livelli, aspetti della realtà naturale e sociale e delle varie forme di attività umana.

Mi viene da affermare che più che una teoria si tratti di una visione, nel senso di una percezione e di una concezione che ha di sicuro una sua logica interna ma non necessariamente necessita di definizioni, principi e leggi generali, almeno non nel senso delle teorie classiche.Pertanto, per comodità di lettura e di comprensione, posso chiamare la teoria organica anche come visione, pensiero, insieme, tradizione.

Da un punto di vista scientifico, più precisamente biologico, etologico, naturalistico, si può certamente dire che la teoria organica eredita e condivide le tesi di “Gaia” elaborate da James Lovelock, in cui il pianeta è concepito come un unico grande organismo in grado di autoregolarsi. Allo stesso modo fa propri i principi della teoria generale dei sistemi, il suo approccio e, l’importanza delle interazioni, delle relazioni, dei flussi di energia, che contraddice il paradigma cartesiano secondo cui il comportamento di ogni cosa può essere compreso studiando le proprietà delle sue parti.

Più in generale supportano e alimentano il tessuto del pensiero organico, le scoperte e le ipotesi della fisica relativistica e quantistica, il rapporto tra mente e natura concepito da Gregory Bateson e molte altre fondamentali elaborazioni concettuali che nella recente storia dell’umanità hanno permesso di realizzare un notevole passo in avanti nella comprensione della realtà.

Da un punto di vista umanistico, nel senso più ampio del termine, l’insieme organico fa tesoro degli insegnamenti presenti nelle cosiddette “tradizioni minoritarie”, nelle matrici della filosofia orientale ed in particolare di quella buddhista, nel panteismo di Spinoza, nell’ecosofia di Arne Naess, nelle speculazioni dei grandi saggi di ogni tempo che hanno evidenziato la nostra specificità ed i nostri limiti.

In concreto, la teoria organica va concepita come una miscela di informazioni, conoscenze, idee e pratiche, che costituiscono un Weltanschauung, ovvero una visione della vita e del mondo da cui prende forma un’etica, un comportamento pratico ecologicamente orientato.

Difficile da sintetizzare in una singola espressione, la teoria organica certamente condivide un approccio olistico e sistemico nella ricerca di comprensione di ciò che si manifesta, ma in modo più sottile coglie un sentire ulteriore, complessivo, metacognitivo, spiritualmente laico. Per la visione organica il concetto di spiritualità laica è significativo in quanto, sganciato dai dogmi e dalle strutture del contesto religioso, esprime la spontanea ricerca dell’essere umano verso la sua origine, verso il mistero della vita, verso la conoscenza di sé. Così concepita, la spiritualità laica rappresenta la capacità percettiva, la coscienza-intelligenza e, come ricorda Paolo D’Arpini, “una semplice e spontanea espressione della consapevole presenza”. La spiritualità laica è altresì una spiritualità naturale che in molte culture “native” riguarda il riconoscimento di una realtà immateriale anche in ciò che non è umano. Un’essenza, per così dire, che prende forma nelle foreste, nei fiumi, negli animali, nelle rocce, ecc. e che ben si addice -sotto il profilo immaginativo- alla instabilità dei noi stessi stessi corpi, alla generale mutevolezza e alla continua interazione di ciò che è vivente.

Altro tratto distintivo del pensiero organico è quello che riguarda la sfera del diritto inteso come “principio” che solo successivamente determina conseguenze sul piano giuridico. Nella concezione organica il diritto naturale all’esistenza può essere riassunto in quella che Aldo Leopold ha definito come “l’Etica della Terra”.Nella sua formulazione, oltre ad un’etica umana esiste per l’appunto un’etica della Terra che allarga i confini della comunità per includervi, il suolo, le acque, le piante, gli animali e afferma il loro diritto ad esistere e a perpetuare la loro esistenza in uno stato naturale. Ciò presuppone un diritto alla vita che è indipendente dalla presenza di una categoria economica, a significare che la vita di un singolo albero, di un cervo, di una mucca, non può essere valutata esclusivamente in termini utilitaristici perché di fatto si pone al di là di ogni nostra interpretazione, senza ipotetiche e supponenti traduzioni in termini di denaro e di profitto.

Nell’etica della Terra (come nell’Ecosofia di Naess) entra dunque in gioco il concetto di valore in sé, di valore intrinseco che a sua volta richiama la nozione di “noumeno” in quanto termine filosofico usato da Platone e ripreso da Kant. Per Platone, noumeno significa ciò che è pensato o pensabile dal puro intelletto, indipendentemente dall’esperienza sensibile, quindi le idee, in quanto distinte dagli oggetti sensibili. Anche Kant intende per noumeno ciò che è pensabile, ma sottolinea che questo è inconoscibile e che ponendosi in contrapposizione al fenomeno/oggetto dei sensi (di cui pure costituisce il fondamento, il substrato) costituisce una realtà di per sé.Il noumeno, ovvero ciò che pensiamo esistente ma non conosciamo, ovvero ciò che è sovrasensibile, incondizionato, si pone dunque come limite alla conoscenza.Noi umani possiamo dunque attribuire una categoria economica ad un oggetto di natura ma questo non modifica la sua sostanza che per l’appunto è rappresentata dal suo valore intrinseco, da quella realtà in sé che noi non riusciamo ad afferrare né con i nostri sensi né con il nostro intelletto ma che pure esiste e connota il complesso di ciò che è vivente.

Questo è un concetto estremamente importante per la visione organica perché disegna una sorta di linea di confine percettivo ammettendo (come fa la stessa fisica moderna) che noi siamo immersi in una “apparenza di realtà” e che la realtà “ultima” è ben altra cosa.

Si tratta, in altri termini, dell’intuizione che i popoli nativi hanno plasticamente rappresentato con la costruzione di miti ancestrali in cui per l’appunto “le forme viventi” animali, vegetali, ecc. sono investiti di una attitudine particolare, assumono caratteri fantastici, esprimono simbologie, diventano oggetti sacri di devozione religiosa e che non solo interagiscono con l’umano ma che per l’appunto ne sottolineano la sua “limitatezza”.

Nell’ancestrale si esprime infatti la fondamentale possibilità di riconoscersi in qualcosa d’altro, di far parte di un corpo più grande, di quell’anima mundi unificante che concepisce le forze della natura come immanenti, ovvero che non esistono in una sfera di realtà separata e indipendente e che quindi sono in grado di ricondurre il tutto ad un solo organismo, ad una sola struttura che è in grado di ospitare e manifestare congiuntamente fenomeno e noumeno, ovvero conoscibile e inconoscibile.

L’ idea del valore in sé degli oggetti di natura ha dunque come conseguenza che ogni elemento, ogni essenza del naturale, è degna di attenzione e rispetto: ciò, inevitabilmente, modifica il ruolo dell’essere umano che da soggetto esterno, da conquistatore, si trasforma in semplice membro e cittadino di una unità più vasta.

L’unità, la realizzazione che tutto è correlato, è il cuore della prospettiva ecocentrica che si materializza nella teoria organica e che ne determina un altro presupposto fondamentale: il convincimento che esiste una responsabilità individuale per la salute della Terra.

E’ la percezione della sua armonia a creare questo senso di responsabilità.

E’ un fatto estetico, psichico, morale, in cui non solo si afferma la tesi del diritto all’esistenza del vivente ma che ci consente di trarre conclusioni su ciò che è corretto e su cosa è sbagliato. Per usare le parole di Leopold, consideriamo perciò: “una cosa è giusta quando tende a preservare l’integrità, la stabilità e la bellezza della comunità dei viventi, è sbagliata quando mostra una tendenza diversa”.

In evidente contrapposizione all’antropocentrismo e a tutto ciò che ne consegue, la teoria organica si fonda sull’assenza di dualismo tra l’essere umano e la natura, comprende il carattere relazionale della realtà e concepisce la realizzazione del sè individuale come un processo che va dal personale all’universale.

Sulla scorta degli insegnamenti orientali, l’ecosofia di Ness afferma che quando siamo chiusi nel nostro individualismo “sottostimiamo noi stessi”, poiché in realtà noi siamo qualcosa di più dei nostri singoli io, non siamo frammenti. Identificandoci con unità più vaste prendiamo parte alla loro preservazione e ne condividiamo la grandezza: è in questo senso che la realizzazione del sé va intesa come progressivo incremento di perfezione per colui/colei che è membro di una comunità non solo umana ma biotica.

In pratica, se la la realizzazione del sé individuale coincide con un sé ecologico consapevole e rispettoso degli equilibri naturali, l’assunzione di responsabilità da parte dell’individuo che sceglie di limitare o di non commettere violenza sul sistema vivente, appare come una conseguenza logica. Lo stato esistenziale che emerge dalla visione organica amplifica la capacità di auto realizzazione personale, perché comprendere l’armonia ci fa vivere meglio, se è vero che concepire il mondo naturale come esterno, estraneo o addirittura come un nemico da dominare, genera alienazione e sofferenza.

La categoria del dominio non afferisce al pensiero organico per il semplice fatto che è radicata nella visione dualistica del mondo e il dualismo, separando soggetto e oggetto, costringe quanto non è umano in un serbatoio di materia inerte priva di valore.

Ponendoci al “centro” della realtà, benché si tratti solo di realtà apparente, noi trasformiamo questa centralità in una subordinazione totale degli oggetti di natura facendo prevalere gli interessi egoistici della nostra specie, o della nostra nazione, della nostra classe sociale, della nostra famiglia, di noi stessi in quanto individui.E’ in questa azione dominante che l’essenziale diventa superfluo e il superfluo diventa essenziale.

Come ha scritto John Muir, è in questa circostanza che avviene il distacco totale dalla natura, la sopraffazione verso gli esseri senzienti e l’annientamento del mondo esterno da sé. Al contrario, il processo di identificazione con gli oggetti di natura, nutre una sensazione di appartenenza e in questo senso disarma la tentazione distruttiva del dominio.

Se c’è una immagine umana che corrisponde all’ideale organico è quella dell’Homo convivialis o quella dell’Homo umilis, che diversamente dall’Homo oeconomicus, agisce in modo intelligente e integrato con il territorio in cui vive, che celebra la semplicità, la condivisione e la collaborazione, che comprende a fondo le dinamiche dei sistemi viventi e che vive bene localmente, che conosce il valore dello scambio e del dono e che difende nell’interesse generale i beni comuni.

La teoria organica non ha una visione ingenua del mondo ma piuttosto lo penetra per andare oltre le apparenze e cogliere la possibilità di conciliazione che sempre esiste tra la nostra specie e la natura di cui facciamo parte.

La teoria organica ha ovviamente una sua dimensione sociale e politica e propone una “sconnessione” rispetto ai modelli economici prevalenti. In estrema sintesi assume i modelli transizionisti della decrescita e quelli comunitari locali come punti di riferimento e ispira azioni che sostengono e diffondono le pratiche della sussidiarietà, della cooperazione, del mutualismo, dell’equità sociale, dell’autosufficienza, come orizzonte a cui tendere.

Una concezione in cui non c’è spazio per il disvalore dell’economia finanziaria del capitalismo neoliberista, né per totalitarismi di qualsiasi matrice ideologica, e in cui la proprietà privata è comunque subordinata alla destinazione universale dei beni naturali e del loro uso secondo i limiti consentiti dalla capacità di carico di ogni singolo territorio.

Riprendendo quanto evidenziato da Ernst Friedrich Scumacher, il concetto base è che se le persone vivono in una comunità locale largamente auto sufficiente ed equamente gestita, queste sono ben contente di non essere coinvolte nell’alto grado di violenza che caratterizza il sistema mondiale del commercio e la dipendenza dalle fonti fossili di energia. Produrre da risorse locali rinnovabili per le necessità locali è infatti il modo più razionale di condurre la vita economica mentre dipendere dalle importazioni e lavorare per esportare è altamente antieconomico sia sotto il profilo energetico, ambientale ed umano, e per questi motivi risulta giustificabile solo in casi particolari e su piccola scala. Questo non significa ridurre il commercio ad una pratica insignificante ma re-impostarlo secondo una logica diversa che prevede l’integrazione dei sistemi naturali con i sistemi sociali.

Nella logica organica, la mancanza di autonomia esistenziale e la mancanza di autodeterminazione politica determinano la mancanza di felicità.

L’ecocentrismo e un nuovo umanesimo socializzante in cui la figura dell’essere umano si ridimensiona per tornare ad essere parte del tutto abbattendo i muri della dell’aggressione ai beni naturali, delle disuguaglianze, della povertà, della discriminazione razziale e di genere, sono capisaldi concettuali del pensiero organico.

Interazione, interdipendenza, diversità e complessità, sono i punti cardinali della dimensione organica.

In conclusione, la teoria non rispecchia una semplice convergenza dei vari elementi che la compongono perché costituendo un’insieme, sprigiona la “magia” di un piatto cucinato che è molto di più della semplice somma dei suoi ingredienti.

2 Commenti

  1. Max, la storia futura si baserà sulla storia passata. Vedo invece che in certi modi di pensare la storia passata non viene considerata per niente,oppure viene considerata come una serie di errori commessi dall’uomo. Max, c’è una profonda logica nella storia passata: bisogna saperla individuare e da lì partire per elaborare nuove prospettive.
    Max, questo tuo articolo per essere pubblicato ha avuto bisogno che ci fosse l’energia elettrica, tanti altri ritrovati tecnologici e, infine, il WEB: ma l’energia elettrica e le altre “conquiste” dell’umanità sono avvenute perché sono state fatte certe scelte.
    Ti saluto cordialmente

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