Ormai la guerra in Ucraina dura da più di due anni. Questa guerra ha fatto centinaia di migliaia di morti, centinaia di migliaia di mutilati e feriti più o meno gravi, ha quasi ridotto a un cumulo di macerie le infrastrutture, le strutture produttive e le case di un intero Paese, ha portato molti milioni di ucraini ad andare via dal loro Paese, ha reso inutilizzabili per chissà quanto tempo vaste estensioni di terreno e ha comportato un enorme consumo di risorse.
Una soluzione alla guerra: ritorno alle radici!
E’ da parecchio tempo che sono alla ricerca delle soluzioni che possano fare terminare la guerra in Ucraina fra Paesi occidentali e Russia.
Questa ricerca mi ha fatto venire in mente il primo convegno di ASPO-Italia tenutosi a Firenze nel marzo del 2007 e a cui partecipai.
L’ospite d’onore di questo convegno fu Alì Morteza Samsam Bakhtiari, esperto petrolifero iraniano e tra i fondatori di ASPO-Internazionale.
Ma vediamo cosa disse Alì Morteza Samsam Bakhtiari nel suo intervento così come lo ricorda Ugo Bardi in ricordo della sua scomparsa avvenuta alcuni mesi dopo quel convegno di ASPO-Italia:
“Con grande dispiacere, abbiamo appreso in questi giorni della morte del nostro amico e collega Ali Morteza Samsam Bakhtiari.
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Della carriera di Ali Samsam Bakhtiari, ci possiamo qui limitare a dire che è stato uno dei primi esperti di petrolio a capire l’imminenza del picco globale di produzione. E’ stato dirigente della National Iranian Oil Company (NIOC) e ha fatto parte di quel gruppo di pionieri che hanno partecipato alla prima conferenza di ASPO che si è tenuta a Uppsala nel 2002.
In Italia, ci ricordiamo di Ali Samsam Bakhtiari soprattutto per la sua partecipazione al convegno “ASPOItalia-1” che si è tenuto a Firenze nel Marzo del 2007. In quell’occasione, nella splendida cornice del salone dei 500 di Palazzo Vecchio, abbiamo potuto sentirlo parlare in italiano per una conferenza che tutti abbiamo trovato coinvolgente e affascinante.
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Bakhtiari ha esposto anche la sua visione per il 21° secolo: sarà il secolo delle “radici”. Del ritorno alle radici, per l’esattezza. Della riscoperta delle conoscenze umane che ci hanno guidato nei secoli precedenti all’era petrolifera. Ma dobbiamo cominciare a cambiare, a cambiare il nostro atteggiamento e i nostri consumi su base individuale, a partire da oggi, da subito. L’acqua sarà una risorsa critica, che farà sentire il suo peso nel già difficile momento di transizione che ci attende. Che possiamo fare? “Piantare alberi” ha suggerito Ali. Non so se scherzasse o se fosse una piccola esagerazione, ma non è un cattivo consiglio.
Nel suo discorso a ASPOItalia-1 Bakthiari non ha parlato solo di petrolio. Ha esordito citando Dante Alighieri, usando la metafora della “Selva Oscura” per descrivere l’attuale situazione del mondo intero. Ha detto che con il superamento del picco globale del petrolio e ci troviamo oggi in una situazione di oscurità nella quale abbiamo smarrito la “diritta via”. E’ un momento di grande difficoltà per la civiltà umana che si trova per la prima volta davanti al declino globale di una risorsa fondamentale come il petrolio. Abbiamo la scelta fra una via di guerre per accaparrarsi quello che rimane delle risorse, e una via di pace per gestire quel che resta con il minimo di sofferenze per tutti. Bakhtiari crede che la via di pace consista nel ritorno alle radici delle tradizioni culturali dei popoli e ha citato San Francesco di Assisi come esempio di come si possano gestire risorse limitate in pace e armonia. Bakthiari ha concluso dicendo che è nostra responsabilità agire secondo il volere dell’Onnipotente, che ci pone davanti una sfida immensa. Ma l’oscurità si può vincere, la luce è davanti a noi se solo riusciamo ad alzare gli occhi per vederla.”
In passato mi sono già ispirato ad Alì Bakhtiari per svolgere alcune ricerche e scrivere alcuni articoli.
Ma ci si può ispirare ad Alì Bakhtiari per fare delle proposte per fare terminare la guerra in Ucraina fra Paesi occidentali e Russia che ormai dura da più di due anni?
Le cause della guerra
Prima di cercare le strategia necessarie per fare terminare la guerra è bene indicare le cause della stessa guerra.
Dalle analisi che ho sentito fare da più parti mi sono fatto l’idea che tutto derivi dalla necessità per gli Stati Uniti di evitare una alleanza fra Russia ed Europa occidentale e che avrebbe portato alla costituzione di un polo economico, tecnologico e geo-politico di prima grandezza nel panorama internazionale che avrebbe ridimensionato quello esistente fra gli stessi Stati Uniti e i suoi stretti alleati (Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda). In quel nuovo polo che si sarebbe costituito la Russia avrebbe sicuramente avuto un peso preponderante vista l’importante funzione di fornitrice di risorse naturali e derrate alimentari: questa prospettiva non era ben vista dagli Stati Uniti che ha fatto di tutto per impedirla fornendo armi e supporto all’Ucraina (con un ruolo più operativo delegato al Regno Unito)!
La ricerca della strategia per fare terminare la guerra: un ritorno alle radici!
Ispirandomi ad Alì Morteza Samsam Bakhtiari e a quanto da lui detto al convegno di ASPO-Italia di cui sopra ho fatto riferimento, ho individuato due strategie per porre fine alle cause della guerra.
La prima strategia si potrebbe così denominare: “Si vis pacem, para bellum”
La prima strategia per arrivare alla pace consiste nel preparare la guerra.
Questa strategia è pur sempre un ritorno alle radici delle tradizioni culturali dei popoli visto che per indicarla viene spesso utilizzata l’espressione latina “Si vis pacem, para bellum” e visto che questa espressione è sorta nell’ambito della civiltà greco-romana.
Vediamo quanto dice Wikipedia in merito alla suddetta espressione (all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Si_vis_pacem,_para_bellum )
“Si vis pacem, para bellum (in latino: «se vuoi la pace, prepara la guerra») è una locuzione latina.
Usata soprattutto per affermare che uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace consiste nell’essere armati e in grado di difendersi, possiede anche un significato più profondo che è quello che vede proprio coloro che imparano a combattere come coloro che possono comprendere meglio e apprezzare maggiormente la pace.
Storia e significato
L’uso più antico è contenuto probabilmente in un passo delle Leggi di Platone. La formulazione in uso ancora oggi è invece ricavata dalla frase: Igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum, letteralmente “Dunque, chi aspira alla pace, prepari la guerra”. È una delle frasi memorabili contenute nel prologo del libro III dell’Epitoma rei militaris di Vegezio, opera composta alla fine del IV secolo.
Il concetto è stato espresso anche da Cornelio Nepote (Epaminonda, 5, 4) con la locuzione Paritur pax bello, vale a dire “la pace si ottiene con la guerra”, e soprattutto da Cicerone con la celebre frase Si pace frui volumus, bellum gerendum est (Philippicae, VII, 6,19) tratta dalla Settima filippica, che letteralmente significa “Se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra”, che fu una delle frasi che costarono la vita al grande Arpinate nel conflitto con Marco Antonio. “
Questa strategia è quella seguita dagli Stati Uniti e dall’Occidente europeo in appoggio all’Ucraina nella guerra con la Russia.
Questa strategia si aggiunge e si confonde e si intreccia con la guerra già in atto da più di due anni (ma secondo alcuni analisti lo scontro diretto è iniziato già nel 2014 e quello indiretto da prima ancora) e alle conseguenze negative che sono state già indicate (centinaia di migliaia di morti, centinaia di migliaia di mutilati e feriti più o meno gravi, distruzione di molte importanti infrastrutture ed edifici civili, inutilizzabilità per chissà quanto tempo di vaste estensioni di terreno, un enorme consumo di risorse, ecc.)
Ma queste non sono le sole conseguenze di questa strategia. Le conseguenze più importanti sono la possibile estensione del conflitto e il rischio che le cose possano sfuggire di mano e arrivare a un punto di non ritorno.
La seconda strategia: il magazzino
La strategia del magazzino è la seconda strategia che si può usare per fare terminare la guerra.
Qual’è la funzione del magazzino nell’ambito di una attività industriale/commerciale?
In passato fra i tanti lavori ho fatto anche quello di insegnante nelle scuole superiori di Bologna e provincia fra gli anni ottanta e novanta del secolo scorso. Ho insegnato materie tecniche commerciali e aziendali.
Il magazzino e la sua gestione era uno degli argomenti che insegnavo.
Qual è la funzione del magazzino?
Il magazzino “materie prime e componenti” serve a separare l’acquisto appunto di materie prime e componenti-semilavorati dalla produzione (in modo che una interruzione degli approvvigionamenti non comporti una interruzione della produzione) mentre il magazzino “prodotti finiti” serve a separare la produzione dalla vendita dei prodotti finiti (in modo che una interruzione della produzione non comporti una interruzione della vendita di prodotti finiti).
Il magazzino però comporta dei costi: comporta dei costi sia relativi alla struttura fisica del magazzino e alla sua gestione e sia costi per i “capitali immobilizzati” nelle scorte di magazzino.
Ricordo che quando spiegavo questo argomento trattavo anche della nuova strategia per ridurre o addirittura eliminare il magazzino e i costi che comportava: la strategia del “just in time”!
Ma vediamo quanto dice Wikipedia al riguardo (alla voce Just-in-time all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Just-in-time_(produzione) )
“Il just-in-time (spesso abbreviato in JIT), espressione inglese che significa “appena in tempo”, è una filosofia industriale che ha invertito il “vecchio metodo” di produrre prodotti finiti per il magazzino in attesa di essere venduti (detto logica push) passando alla logica pull secondo cui occorre produrre solo ciò che è stato già venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi.
In termini più pragmatici, ma anche riduttivi, è una politica di gestione delle scorte a ripristino che utilizza metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare non tanto la produzione quanto le fasi a monte, di alleggerire al massimo le scorte di materie prime e di lavorati necessari alla produzione. In pratica si tratta di coordinare i tempi di effettiva necessità dei materiali sulla linea produttiva con la loro acquisizione e disponibilità nel segmento del ciclo produttivo e nel momento in cui debbono essere utilizzati.
Il just-in-time abbina elementi quali affidabilità, riduzione delle scorte e del lead time, ad un aumento della qualità e del servizio al cliente. In tal modo si riducono enormemente i costi di immagazzinaggio, gestione, carico e scarico di magazzino.
Alla base della filosofia del JIT qualsiasi scorta di materiale, semilavorato o prodotto finito è uno spreco, uno spreco di risorse economiche, finanziarie e un vincolo all’innovazione continua. Più il processo è “corto” nella somma dei processi di progettazione e di produzione (sommando i tempi di produzione e transito) e più l’industria con i suoi prodotti e servizi (inclusi prevendita e postvendita) è vincente.
L’idea del just-in-time è molto antica e risale alla prima industrializzazione delle officine di costruzione, in particolare nel settore automobilistico.
Il primo utilizzo di tale tecnica si fa risalire alla Ford negli anni venti del secolo scorso ed era definita «dock to factory floor», ossia “dalla banchina (di ricezione) direttamente sul pavimento del reparto di produzione”, senza passare attraverso il magazzino. Questo tipo di rifornimento presuppone generalmente consegne più frequenti e di minore entità.
Tale metodologia fu adottata negli anni cinquanta in Giappone dalla Toyota Motor Corporation[1] che la inglobò nel proprio sistema di fabbricazione e la pubblicizzò con il nome di Toyota Production System. Il JIT divenne rapidamente uno dei “prodotti” più conosciuti ed esportati della filosofia produttiva giapponese, e consentì tutta una serie di miglioramenti e di razionalizzazioni che produssero effetti assolutamente inaspettati nella produzione meccanica in generale.
Ad esempio applicando il principio del just-in-time oltre che alle materie in entrata anche ai prodotti in uscita, si riuscirono a realizzare economie sostanziali, producendo autovetture praticamente su ordinazione, diminuendo i tempi di consegna, evitando il notevole rischio (e il costo) connesso con una produzione in linea con le stime di assorbimento del mercato. Il che comportava appunto un’alea oltre che i considerevoli costi di stoccaggio e custodia dei prodotti finiti.
Fu negli anni ottanta una delle principali cause del vantaggio competitivo giapponese, che le industrie europee e statunitensi non compresero in tempi brevi.”
Però la strategia del Just-in-time nella gestione del magazzino ha dei punti deboli di cui Wikipedia non parla!
I punti deboli sono tutto ciò che potrebbe interrompere da una parte l’approvvigionamento di materie prime e componenti-semilavorati (con interruzione della produzione) e dall’altra una interruzione della produzione con conseguente interruzione delle vendite.
A interrompere gli approvvigionamenti di materie e componenti-semilavorati potrebbero essere diverse cause come degli scioperi degli autrasportatori oppure l’interruzione delle vie di approvvigionamento: ricordo che nel periodo in cui in una classe spiegavo questo argomento uno sciopero degli autotrasportatori portò la FIAT a rischiare di interrompere la produzione in alcuni stabilimenti. Lo stesso discorso si può fare a proposito delle vendite nel caso ci sia una interruzione della produzione (per agitazioni sindacali, per problemi tecnici, ecc.)
Non bisogna sottovalutare l’interruzione degli approvvigionamenti in seguito a interruzioni delle vie di approvvigionamento (basti ricordare il crollo del ponte Morandi a Genova alcuni anni fa oppure le attuali difficolta di attraversamento del Canale di Suez che costringe molte compagnie di navigazione a circumnavigare l’Africa per portare merci in Europa e America del Nord con notevole aggravio dei costi di trasporto, assicurativi ed altro).
La strategia del magazzino e la guerra in Ucraina
Si potrebbe ricorrere alla strategia del magazzino per creare dei rapporti pacifici e ripristinare i precedenti rapporti commerciali fra Paesi dell’Europa occidentale e Russia.
In precedenza ho esposto l’idea che mi sono fatto sulle cause della guerra in Ucraina: la guerra in Ucraina è dipesa dalla volontà degli Stati Uniti e del Regno Unito di evitare che la Russia diventasse predominante, per via della sua importante funzione di fornitrice di materie prime e derrate alimentari, nella formazione di un nuovo polo economico, tecnologico e geo-politico mondiale con al centro la Russia e i principali Paesi europei con la Germania in testa.
Come evitare quindi che in questo nuovo polo geo-politico la Russia assuma un ruolo predominante (che alle volte si potrebbe trasformare in un ruolo ricattatorio)?
La risposta è nel magazzino, con la sua funzione di separare gli approvvigionamenti dalla produzione.
Le caratteristiche dell’approvvigionamento di gas
Quali sono le caratteristiche dell’approvvigionamento di gas via tubo? Gli approvvigionamenti di gas via tubo avvengono con continuità e regolarità. I consumi invece non sono continui ma diversi a seconda delle stagioni: sono maggiori in inverno e minori nelle altre stagioni.
Come si ovvia a questo problema?
Si ovvia nel senso che d’estate, e in parte in primavera e autunno, il gas che eccede i consumi che continuamente sono fatti viene immagazzinato nei vecchi pozzi esausti. In inverno, quando i consumi di gas sono maggiori, si fa fronte utilizzando sia il gas che costantemente e con continuità arriva col tubo che attingendo alle riserve immagazzinate nei pozzi sfruttati in passato e ora esausti, vuoti (depletati).
Lo stoccaggio di gas prevede anche una piccola riserva strategica, da non intaccare mai se non in casi eccezionali (da quello che ho capito attualmente questa riserva strategica in Italia corrisponde al consumo di qualche settimana).
Lo stoccaggio di gas, di cui sopra si è trattato, ha solamente la funzione di raccordare gli approvvigionamenti (che avvengono con regolarità e costanza) con i consumi (che invece non sono regolari e costanti ma alti nei mesi freddi e bassi negli altri mesi).
Il problema fondamentale da evitare è che una interruzione degli approvvigionamenti comporti una interruzione dell’attività produttiva nei Paesi utilizzatori.
La strategia del magazzino che si propone mira a creare dei rapporti corretti, non di dipendenza, fra Paesi produttori di risorse naturali e Paesi utilizzatori: comporta che, in merito al gas, la riserva strategica a cui si è accennato corrisponda al consumo di lunghi periodi, per esempio di 2-3 anni, e non di qualche settimana.
All’interno della strategia del magazzino si comprende anche la diversificazione dei Paesi da cui ci si approvvigiona per evitare di dipendere dalle forniture di un solo Paese.
Come detto inizialmente il magazzino comporta dei costi sia per la struttura fisica e la sua gestione che per i capitali immobilizzati nelle scorte. Penso però che tale strategia avrebbe evitato la contrapposizione fra “Occidente” e Russia e avrebbe evitato la guerra in Ucraina: avrebbe evitato gli immensi danni umani e materiali e, rimanendo all’aspetto strettamente economico, avrebbe evitato l’immenso consumo di risorse dovuti agli armamenti prodotti e alle munizioni utilizzate.
Approfondimenti
Per quanto riguarda il problema dello stoccaggio del gas per raccordare gli approvvigionamenti e il consumo si veda
Per farsi una idea dell’attuale situazione in Italia relativamente agli approvvigionamenti di gas dopo l’inizio della guerra in Ucraina si veda l’articolo del 7 marzo 2024 di Carlo Cottarelli e Leoluca Virgadamo (da Osservatorio CPI [Osservatorio conti pubblici italiani] dell’Università Cattolica del Sacro Cuore)
Per la situazione delle importazioni di gas da parte della Germania (si accede con dei link contenuti nell’articolo sopra indicato) si veda
Buongiorno,
grazie per l’analisi. Il problema è che non sono valide le premesse: la guerra è stata preparata e voluta dalla Federazione russa, anche se questa dallo status quo tra il 2014 e il 2022 traeva molti vantaggi, non da ultimo i proventi dell’export di combustibili fossili in Europa.
ALtro elemento da tenere in considerazione è che la decisione di difendersi è stata del governo e del popolo ucraino.
Detto questo, i punti relativi ai limiti di “si visa pacem para bellum” e i vantaggi della “strategia del magazzino” sono importanti.
Ciao Gianni, c’è un altro punto da considerare, per questo consiglio di consultare fonti documentate come Osservatorio Balcani e Caucaso (riporto qui un articol https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Il-Donbass-tolto-il-velo-dell-ipocrisia-216155), cioé la genuinità del del separatismo in Lungansk e Donetsk e la longa manus del Cremlino. In altre circostanze si è gridato alla ‘rivoluzione colorata’ per molto meno.
“Gli Usa, ricorda un alto funzionario dell’Amministrazione, “si sono sempre opposti al Nord Stream 2”, considerato “un progetto geopolitico” della Russia che “compromette la sicurezza energetica e la sicurezza nazionale di una parte significativa della comunità euro-atlantica”.
da https://www.rainews.it/articoli/2022/02/usa-nord-stream-2-va-bloccato-se-russia-invade-ucraina-43d8a19a-1abc-4278-b123-a54fcd77a1c8.html