La desolazione di Smaug

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La caduta del comunismo/La fine delle ideologie

L’educazione senza valori, utile com’è, sembra servire piuttosto a rendere l’uomo un diavolo più intelligente. (CS Lewis)

Forse l’etica è una scienza scomparsa dal mondo intero. Non fa niente, dovremo inventarla un’altra volta.(Jorge Louis Borges)

Il mondo contemporaneo, dal punto di vista morale, è praticamente morto. Tra le forze che spingono gli uomini ad agire, i valori morali, sono completamente assenti. Guardatevi intorno, ascoltate le persone parlare, guardate la tv, navigate in internet, sentirete parlare solo e solamente di profitto, denaro, economia.

La descrizione di un fenomeno come l’abuso di alcol sarà incentrata su quanto costa alla comunità, in termini di milioni di euro, la cura delle persone colpite da questo disturbo; quando avviene un disastro ambientale l’attenzione si focalizza sulla conta dei danni valutati in migliaia o milioni di euro; se si pensa alla legallizzazione della prostituzione si guarda al gettito fiscale.

Ciò che atterrisce quando volgiamo lo sguardo al mondo e all’umanità è la totale assenza di consapevolezza morale. Le ideologie, prime fra tutti il comunismo, sono state bandite perchè si voleva costruire un mondo liberale e razionale.

Ma oggi, a circa trent’anni dalla “caduta del muro” prendiamo atto che il progetto comunista, forse non era la via giusta, ma era l’unica disponibile.

A partire dalla rivoluzione industriale (che ha distrutto la società contadina e feudale con i relativi rapporti sociali che costituivano, pur nella loro fallacia un sistema etico in cui l’individuo era socialmente inserito – pensiamo alle corporazioni di mestiere o agli stessi servi della gleba che per quanto asserviti sentivano di fare parte di una “grande famiglia” e comunque avevano delle terre da coltivare autonomamente) si era via via formata una consapevolezza di classe nei lavoratori sfruttati delle fabbriche che aveva dato vita a lotte collettive per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Questa energia rivoluzionaria era stata poi raccolta dalla nascente ideologia comunista che a partire dalla metà del l’ ‘800 si era proposta come punto di riferimento delle lotte umane volte al miglioramento della società o comunque alla costruzione di una società più giusta.

Da una parte il sistema borghese, che pone al centro la ricerca del profitto individuale dando vita a una società individualista alle estreme conseguenze, in cui vige la lotta del tutti contro tutti; una società quindi a-morale in cui l’unico argine è costituito dal cristianesimo che sopperisce con atteggiamento paternalistico alle devastazioni sociali causate dalle società industriali. D’altra parte l’ideologia comunista che cerca di trovare il sistema, le regole per creare una società giusta ma che si fa ipnotizzare dal potere e quando governa rimane incagliata in dittature che spesso si rivelano peggiori delle società che vorrebbero salvare.

Ma tant’è, l’ottocento e il novecento sono stati contraddistinti tra l’eterna lotta tra la classe borghese che ha cercato di imporre il capitalismo e di estenderlo a tutto il pianeta e la classe lavoratrice che lotta per sottrarsi al giogo di condizioni di lavoro e di vita inumane a cui la classe padronale tenta di sottometterla.

Ma questa lotta non è solo una lotta fra due classi sociali che si contendono delle risorse ma è l’emblema della questione umana cioè lo scontro tra due modi di organizzare le comunità umane.

Perchè si può pensare che la società debba essere il frutto della lotta del tutti contro tutti in cui il più forte e bravo emerge – ma soprattutto emerge il privilegiato che parte con ovvie condizioni di vantaggio; oppure si vuole costruire una società in cui vige la meritocrazia ma a tutti si deve dare la possibilità di partecipare e chi vince e chi perde avranno si posizioni diverse nel sistema ma tutte umanamente accettabili.

Il punto è che questa lotta ha contraddistinto la storia dell’umanità perchè in ogni luogo e in ogni tempo i gruppi umani sono formati da un elite che detiene i privilegi e che lotta per conservarli e difenderli da una maggioranza che ambisce a quei stessi privilegi.

Che fossero gli schiavi delle antiche civiltà, o i servi della gleba medievali o i contadini europei affamati dalle corvée impostegli dai padroni o come abbiamo visto gli operai delle prime industrie di fine ‘700 in tutti c’era la consapevolezza che la situazione così com’era non andava, che c’era un ingiustizia che qualcosa andava fatto per cambiare lo stato di cose.

Per ultimo veniva il comunismo che intendeva trasformare definitivamente i gruppi umani eliminando le ingiustizie alla radice eliminando la proprietà privata. Il comunismo e i suoi disastri direbbe qualcuno!

Ma con la fine del comunismo la “non etica” del profitto ha dilagato nei cuori delle persone. E così ognuno persegue il proprio interesse individuale scendendo nell’“arena sociale” convinto di potersi ritagliare una propria posizione.

Ma le cose non stanno così: una piccola elite, sempre più piccola, di persone si accaparra tutte le risorse non degnandosi nemmeno di scendere nell’arena sociale. Gravitano lassù in alto nelle sfere irragiungibili dell’alta finanza mentre una gran massa di persone, circa 7 miliardi, vive una vita miserabile convinta di essere padrone del proprio destino.

Qui sta il nodo della società contemporanea: manca la distinzione tra bene e male tra giusto e ingiusto. E’ rimasta solo la distinzione tra lucroso e non lucroso.

Non c’è più lotta, non c’è più la sensazione di ingiustizia la voglia di cambiare la società ma solo il bisogno di fare soldi per migliorare la propria condizione individuale. Questo è l’inganno dell’individualismo capitalistico: illudere le persone che questo sia possibile.

Ci ricordiamo le lotte sociali del anni sessanta settanta: studenti che appoggiavano le rivendicazioni operaie e viceversa voglia di libertà, di cambiare il mondo per costruire qualcosa di bello per tutti.

La società contemporanea non ha eroi, non ha principi, non ha grandi personalità ma solo meschini procacciatori di profitto che approfittano dello stato di bisogno degli altri individui per lucrare e riempire il proprio portafoglio.

Questa desolazione atterrisce. Ti guardi intorno e vedi persone che ti osservano e ti studiano cercando di capire come poter trarre profitto da te, dal tuo corpo, dalla tua forza lavoro; hai la sensazione di essere un animale all’interno di un allevamento intensivo.

Questo “cattivo spirito” arriva ad intaccare la sfera più personale colpendo i rapporti di amicizia e i rapporti di parentela più stretta. Mogli e mariti fanno la divisione dei beni, i genitori si tutelano contro i figli.

Un brutto mondo dove vivere, senza una visione del futuro, un progetto, un idea dove non si sentono più i valori morali dove non c’è più bene e male, giusto e ingiusto. Un mondo che se non inverte la tendenza può solo peggiorare e creare sempre più infelicità e sofferenza.

Parafrasando Kant: Due cose riempono l’animo di tristezza: lo scempio ambientale prodotto dall’uomo intorno a me e il vuoto morale dentro di me.

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