La decrescita nello spaziotempo*

La nascita dello spaziotempo nel processo storico-culturale

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Les demoiselles d’Avignon, realizzato da Picasso tra il 1906 e il 1907

Un ricordo che è stato una delle fonti di ispirazione per questo lavoro:
“…nella natura sono operanti, nell’intrico degli innumerevoli cambiamenti, quelle stesse leggi dialettiche del movimento che anche nella storia dominano l’apparente accidentalità degli avvenimenti…” (Friedrich Engels Anti-Dühring – Prefazione alla seconda edizione – 1885) (1)

Presentazione del lavoro
Questo lavoro intende inquadrare, dare consistenza scientifica e giustificare la nascita e l’inevitabilità (a qualunque prezzo), nel divenire storico-culturale, di quel processo o progetto socio-economico-politico-culturale (o comunque si voglia definire!) che va sotto il nome di “decrescita”.
Si intende raggiungere questo obiettivo stabilendo una equivalenza fra quanto avvenuto nel campo della fisica (e anche nell’arte) fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento con quanto avvenuto nel processo storico-culturale in quella nuova età assiale rappresentata dalla seconda metà e soprattutto dagli anni settanta del XX secolo.
Dipenderà da noi se la decrescita sarà un processo (nel senso che lo subiremo, pagando un prezzo enorme, andando incontro a periodi come quelli più bui dell’alto medioevo) oppure se sarà un progetto e che quindi lo gestiremo e lo volgeremo a nostro favore (creando una decrescita “felice”): questo però è un altro problema e richiederà un altro lavoro per affrontarlo!

*Una doverosa premessa prima di andare avanti nella lettura di questo lavoro: non ho una preparazione scientifica e artistica e quanto sarà scritto in merito allo spazio, al tempo, alla velocità e alle loro relazioni l’ho appreso (spero correttamente!!) consultando materiale sul WEB. Dato questa premessa invito chiunque a intervenire per mettere in evidenza cose sbagliate eventualmente dette.

Prima parte

Lo spazio e il tempo: separati e assoluti
Nella fisica di Isac Newton, basate sulle trasformate di Galileo, lo spazio e il tempo erano considerati assoluti e separati: non interagivano fra di essi. I tempi e le lunghezze relative a identici fenomeni venivano misurate da diversi osservatori nello stesso modo. Un oggetto lungo un metro era lungo un metro per tutti gli osservatori così un fenomeno della durata di un’ora durava un’ora (e aveva un identico inizio e una identica fine: era simultaneo) per tutti gli osservatori.

Lo spazio, il tempo e la velocità
Nel diciannovesimo secolo, con Michael Faraday e poi con James Clerk Maxwell si studiarono nuovi fenomeni: i fenomeni elettromagnetici.
I fenomeni elettromagnetici sono interessati da velocità elevatissime: le onde elettromagnetiche hanno velocità uguali a quelle della luce.
Con velocità elevatissime, diverse da quelle che si sperimentano nella vita quotidiana si creano dei problemi che portarono Albert Einstein a dire: “E’ noto che l’elettrodinamica di Maxwell – come la si interpreta attualmente – nella sua applicazione ai corpi in movimento porta a delle asimmetrie, che non paiono essere inerenti ai fenomeni.” Inizia in questo modo l’articolo “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” (2) [Zur Elektrodynamik bewegter Körper] scritto nel 1905 da Albert Einstein e in cui lo scienziato espone per la prima volta la Teoria della relatività speciale.
Lo spazio e il tempo non possono considerarsi più separati e assoluti quando si introduce la velocità. Ma come varia quindi la relazione fra il tempo, lo spazio e la velocità?

La relazione fra il tempo, lo spazio e la velocità.
Nella nostra esperienza quotidiana le vediamo come tre cose separate. Misuriamo lo spazio col metro, il tempo col cronometro e la velocità con tachimetro dell’autovettura e non ci viene in mente che queste tre cose sono intimamente collegate tra loro e si influenzino a vicenda.
Albert Einstein nella sua teoria della relatività mostrò invece che il tempo e lo spazio appartengono allo stesso sistema e che un oggetto man mano che si avvicina alla velocità della luce subisce delle distorsioni spaziotemporali rispetto a un osservatore che invece rimane fermo.” Da https://www.youtube.com/watch?v=K6uAwvvbWy8


« Le concezioni di spazio e di tempo che desidero esporvi sono sorte dal terreno della fisica sperimentale, e in ciò sta la loro forza. Esse sono fondamentali. D’ora in poi lo spazio di per sé stesso o il tempo di per sé stesso sono condannati a svanire in pure ombre, e solo una specie di unione tra i due concetti conserverà una realtà indipendente. »
(Hermann Minkowski, 1908) da https://it.wikipedia.org/wiki/Spaziotempo_di_Minkowski

Succede che a velocità elevate il tempo e lo spazio subiscono delle perturbazioni. Lo spazio e il tempo non sono uguali per tutti gli osservatori. Osservatori diversi, in moto relativo l’uno rispetto all’altro, misurano tempi diversi e spazi diversi.
Un osservatore in moto relativo rispetto a un altro osservatore misura uno stesso fenomeno dandogli un tempo di durata superiore rispetto al tempo misurato dall’altro osservatore (dilatazione dei tempi).
Così pure un osservatore in moto relativo rispetto a un altro osservatore misura un oggetto dandogli una lunghezza inferiore a quella data dall’altro osservatore (contrazione delle lunghezze).
A velocità ordinarie non si osservano contrazioni degli oggetti e dilatazione del tempo di durata dei fenomeni anche se in effetti queste perturbazioni avvengono. Non si osserverebbero perturbazioni apprezzabili nelle determinazioni spaziotemporali anche se prendessimo in considerazioni le velocità raggiunte degli aerei militari da caccia (circa 2-3 mila km all’ora) oppure quelle raggiunte dalle sonde spaziali interplanetarie (con cui sono state raggiunte velocità di punta fino a 72.000 km all’ora): si pensi che la velocità della luce è 15.000 volte maggiore della velocità di punta raggiunta dalla sonda spaziale interplanetaria di cui si è fatto l’esempio.
Per i temi della dilatazione dei tempi e della contrazione delle lunghezze si possono visionare:
https://www.youtube.com/watch?v=QSL3YoToiQg
https://www.youtube.com/watch?v=7bmzBfR8QOg
In generale per quanto riguarda il rapporto fra spazio e tempo e temi collegati si rinvia ai seguenti documenti
https://www.youtube.com/watch?v=aaZx1JY1pHI
https://www.youtube.com/watch?v=t8qoJ1Q0QGs
https://www.youtube.com/watch?v=OMKOc4Q1V10
e alle voci “Spaziotempo” e “Relatività speciale” (ristretta) in Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Spaziotempo
https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta

In seguito all’introduzione della velocità, lo spazio e il tempo, che la fisica di Isaac Newton, basate sulle trasformate di Galileo, consideravano separati e assoluti, non poterono più esserlo perché, come dimostrò la Teoria della relatività speciale, essi sono legati indissolubilmente, quindi si determinano a vicenda, per cui “dove lo spazio si contrae, il tempo si dilata; e, viceversa, dove il tempo si contrae, lo spazio si dilata”, come affermava Einstein (alla voce “Relatività ristretta” di Wikipedia).
Venne creato quindi creato un nuovo “costrutto” detto “spaziotempo”
“Con l’accettazione da parte della comunità scientifica della teoria della relatività è stato demolito il concetto di spazio e di tempo assoluti e separati l’uno dall’altro, mentre ha preso il suo posto il concetto di spaziotempo, nel quale non c’è un sistema di riferimento privilegiato e per ogni evento le coordinate spaziali e temporali sono legate tra di loro in funzione dello spostamento relativo dell’osservatore. Con l’assenza di un tempo assoluto, anche il concetto di contemporaneità è stato modificato dall’avvento della relatività:…”
Alla voce “Spaziotempo” in Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Spaziotempo

Fu necessario un notevole sviluppo scientifico per arrivare alla Teoria della relatività speciale di Albert Einstein: dai fondamentali lavori di Michael Faraday e James Clerck Maxwell alla geometria di Bernhard Riemann, dalle trasformate di Anton H. Lorentz alle elaborazioni teoriche di Henri Poincarè, ecc., (ma non approfondisco il tema, non avendone nemmeno le capacità).

Prove sperimentali e osservazioni in natura
Ma esistono delle prove di quanto finora detto?
Esistono sia delle prove sperimentali che osservazioni in natura che dimostrano che a velocità elevatissime (prossime a quelle della luce) avviene concretamente la dilatazione dei tempi e la contrazione dello spazio.
“Conferme sperimentali
Gli effetti sulle lunghezze e sugli intervalli di tempo sono normalmente osservati sia in natura sia nei laboratori, dove particelle sono spinte negli acceleratori a velocità vicine a quelle della luce.
Una prima conferma provenne dalla maggiore vita media dei pioni o dei muoni generati dai raggi cosmici nell’alta atmosfera terrestre: questi pioni e muoni esistono mediamente solo per circa 2 milionesimi di secondo, poi si trasformano in altre particelle. Muovendosi al 99% della velocità della luce, la distanza che dovrebbero percorrere si può calcolare in 300.000×0,99×2 milionesimi = 0,6 km. Quindi, percorrendo solo 600 metri, ed essendo prodotti nell’alta atmosfera, essi dovrebbero decadere prima di arrivare sulla superficie della terra. Nella realtà essi arrivano fino al livello del mare, cosa che viene interpretata come un aumento della loro vita media a causa dell’alta velocità: rispetto a un osservatore sulla superficie terrestre, la durata del loro stato stabile si allunga (perché il loro tempo scorre più lentamente), e sono quindi in grado di percorrere distanze più grandi di quelle attese.
L’equivalenza tra massa ed energia è confermata dal difetto di massa: due particelle legate tra loro hanno una massa totale minore della somma delle stesse particelle libere; la differenza di massa è dovuta al fatto che le particelle appartengono allo stesso sistema cinetico: nel caso opposto entrambe sommano alla loro massa inerziale quella cinetica.”
Alla voce Relatività ristretta in Wikipedia al link
https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta

Lo spaziotempo nell’arte
Ma anche nell’arte si è osservato un processo simile a quello avvenuto nel campo della fisica fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento.
Quindi…” anche l’arte attraversa un momento cruciale che segna l’abbandono dei canoni fondamentali della pittura tradizionale, portando a una ridefinizione dei concetti di spazio e di tempo.”
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“All’inizio del Novecento, sale alla ribalta il genio artistico di un solo uomo: Pablo Picasso, che rivoluziona decisamente lo stile pittorico del suo tempo. Nei suoi quadri, le immagini si compongono di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse e miscelati in una sintesi del tutto originale. Ciò demolisce di fatto il principio fondamentale della prospettiva: l’unicità del punto di vista, che imponeva al pittore di guardare solo ad alcune facce della realtà. Nelle opere di Picasso, infatti, l’oggetto viene rappresentato da una molteplicità di punti di vista, così da ottenere una rappresentazione “totale” dell’oggetto che ingloba tutte le possibili sfaccettature. Si ottiene quindi un’immagine completamente diversa dall’esperienza visiva corrente, ma in fondo più “realistica” perché contiene più volti della realtà, più punti di vista da cui si possono vedere le cose. Questa sua particolare tecnica lo porta ad ottenere immagini dalla apparente incomprensibilità, in quanto risultano del tutto diverse da come la nostra esperienza è abituata a percepire le cose. Da ciò nasce anche il termine Cubismo, dato a questo movimento, con intento denigratorio, in quanto i quadri di Picasso sembravano comporsi solo di sfaccettature di cubi. Il Cubismo, a differenza degli altri movimenti avanguardistici, non nasce in un momento preciso né con un intento preventivamente dichiarato. Non fu cercato, ma fu semplicemente trovato da Picasso, grazie al suo particolare atteggiamento di non darsi alcun limite, ma di sperimentare tutto ciò che era nelle sue possibilità.”


Il quadro che, convenzionalmente, è indicato come l’inizio del Cubismo, è Les demoiselles d’Avignon, realizzato da Picasso tra il 1906 e il 1907, e oggi custodito al Museum of Modern Art (MoMA) di New York. Con quest’opera, il pittore distrugge definitivamente le leggi compositive tradizionali: non c’è più la prospettiva usata sin dal Rinascimento

Vediamo cinque donne completamente schematizzate e deformate da uno stile pittorico tagliente e spigoloso. Cinque nudi femminili che di riferimenti all’eleganza, all’armonia e alla bellezza femminile ne hanno ben pochi, piuttosto sembrano figure quasi “tagliate con l’accetta”. I canoni proporzionali sono stati quindi completamente sconvolti. Le figure sono frammentate e scomposte, così come lo spazio in cui sono disposte. Ma la figura inginocchiata a sinistra ha qualcosa di più sconvolgente: il suo volto è frontale, mentre il corpo è visto di schiena. Da questa figura, da questa scelta di mostrare contemporaneamente due parti del corpo che nessuno potrebbe mai vedere nello stesso istante, parte la poetica del Cubismo.
Cerchiamo di capire meglio in cosa consiste questa rivoluzione cubista. Se siamo di fronte ad una persona, ne vediamo il viso, il petto, il busto, la pancia, le ginocchia, ecc., tutto in versione frontale. Se invece questa persona resta immobile e noi ci spostiamo nello spazio attorno a lei, cambiando punto di vista, ovvero, ponendoci alle sue spalle, avremo un’altra visione. Vedremo la nuca, i capelli, le spalle, la schiena e così via. Non è permesso però, ai nostri occhi, vedere allo stesso tempo un viso e una schiena. Per farlo dobbiamo spostarci, e per spostarci necessitiamo di tempo, anche solo pochi istanti. Ma quei pochi istanti creano un prima (in cui la figura era frontale) e un dopo (in cui la figura è di spalle). Ora, se il pittore avesse voluto rappresentare la realtà per come la vediamo e come tutti gli artisti avevano fatto prima di lui, avrebbe dipinto una donna vista completamente di fronte o completamente di spalle. Ed è proprio qui che sta la rivoluzione cubista, nel principio di relatività: ciò che vediamo di un oggetto è sempre relativo al punto di vista da cui lo osserviamo. Lo stesso oggetto, fermo nello spazio di una stanza, possiamo vederlo infatti in tanti modi diversi a seconda di dove ci troviamo. I punti di vista cambiano non appena cambia la nostra posizione nello spazio. Quello che Picasso cerca è una visione simultanea della realtà in tutti i suoi possibili punti di vista. Come? Scomponendo l’oggetto in tutte le sue possibilità visive, e ricomponendolo poi sulla tela sfaccettato, come se lo vedessimo da tutte le angolazioni. Ecco la realtà non più assoluta, ma relativa al punto di vista da cui la si osserva. E non è solo l’oggetto ad essere frantumato. Viene scomposto anche lo spazio in cui questo si trova, e quindi lo sfondo. Perché quando osserviamo qualcosa, accogliamo nel nostro campo visivo anche lo sfondo, che può essere una parete, un armadio, una finestra, un viale, un prato, qualunque cosa.
Quando il Cubismo rompe la convenzione sull’unicità del punto di vista, di fatto introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo, una variabile che prima era assente.”
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Questi ampi frammenti sono presi dall’articolo “La nuova concezione dello spazio-tempo tra Relatività, Cubismo e Surrealismo” e si invita vivamente alla sua integrale lettura al link
https://isoladellagnosi.wordpress.com/2012/04/04/la-nuova-concezione-dello-spazio-tempo-tra-relativita-cubismo-e-surrealismo/

Seconda parte

Introduzione alla seconda parte del lavoro
Dopo questa trattazione un po’ raffazzonata che solo persona senza una preparazione scientifica e artistica di base poteva fare (ovviamente sto parlando di me!) passo alla seconda parte del lavoro.
Nella seconda parte del lavoro si intende dimostrare che ciò che è avvenuto nel campo della fisica fra il diciannovesimo e gli inizi del ventesimo secolo (e, come si è visto, anche nell’arte) è avvenuto anche nel processo storico-culturale nella seconda metà e, soprattutto, negli anni settanta del ventesimo secolo. Questo periodo può considerarsi una nuova età assiale nella storia moderna: una età che fa da spartiacque, fa da cesura con quanto avvenuto fino ad allora nella storia.
(a proposito di questa nuova età assiale a cui farò riferimento più volte rimando al mio lavoro al link http://www.decrescita.com/news/gli-anni-settanta-xx-secolo/ e pubblicato sul blog di Decrescita felice social network )

Lo spaziotempo nel processo storico-culturale
E’ stato detto che nella fisica di Isaac Newton, basata sulle trasformate di Galileo, il tempo e lo spazio sono considerati separati e assoluti. Questo perché le velocità ordinarie con cui si ha a che fare non portano ad apprezzabili perturbazioni nelle determinazioni spaziotemporali.
Quando invece sono interessate velocità prossime a quelle dalle luce allora le cose cambiano e Albert Einstein con la Teoria della relatività speciale ha dimostrato che il tempo e lo spazio sono legati indissolubilmente, quindi si determinano a vicenda, per cui “dove lo spazio si contrae, il tempo si dilata; e, viceversa, dove il tempo si contrae, lo spazio si dilata”.

Con questa seconda parte del lavoro si intende indagare sul rapporto fra spazio e tempo nelle varie fasi in cui può suddividersi il processo storico-culturale. In questo contesto per spazio si intenderà la popolazione, la produzione, il consumo di risorse sia rinnovabili che non rinnovabili, l’immissione nell’ambiente di diverse sostanze frutto della produzione, ecc.; per tempo invece si intenderà la durata di vita di determinati gruppi umani o dell’umanità intera tenendo conto del determinato “stile di vita” seguito.

Nella trattazione che seguirà si cercherà, pur con notevoli approssimazioni, di delineare i diversi rapporti che si sono creati fra spazio e tempo partendo dal paleolitico e arrivando alla seconda metà del XX secolo, a quella che si potrebbe definire una nuova età assiale nella storia moderna, età in cui il rapporto fra spazio e tempo sarà molto particolare: sarà una rotta di collisione!!

Una breve premessa: nella trattazione che sarà fatta bisogna considerare che ci sarà sempre una certa approssimazione: non è possibile definire chiaramente i periodi storici né nella durata né nel loro significato!

Lo spazio e il tempo nel paleolitico
Per tutto il paleolitico, cioè fra 2,5 milioni di anni fa e diecimila anni fa, quando si inizia a praticare la coltivazione delle piante e la pastorizia al posto della caccia e raccolta di vegetali spontanei, nella storia umana lo spazio (inteso come popolazione, produzione, consumo di risorse, ecc.) non entra in contrasto col tempo: è possibile continuare a vivere in quel modo per un tempo praticamente infinito. I piccoli e sparuti gruppi in cui consisteva la popolazione umana conducevano una vita nomade o semi-nomade e vivevano di caccia e raccolta di vegetali spontanei: l’incidenza della “vita paleolitica” sulla natura era praticamente nulla.

Lo spazio e il tempo con l’introduzione dell’agricoltura e della pastorizia
Uno spaziotempo limitato

Solamente in seguito all’adozione della pratica della coltivazione delle piante e della pastorizia lo spazio e tempo iniziano a determinarsi a vicenda. Il contatto in questo caso deve intendersi sia in senso negativo che positivo. Quando il contatto ha conseguenze negative le ha solo localmente e temporaneamente.
Nelle grandi civiltà, da quelle mesopotamiche del VI-V millennio before present e fino alla metà del secolo scorso dell’attuale civiltà, lo spazio e il tempo iniziarono a entrare in contatto, anche se con effetti solamente locali e temporanei: nella Bassa Mesopotamia per esempio, la continua coltivazione irrigua dei terreni portò alla loro salinizzazione. A questo problema particolare in parte si fece fronte sostituendo la coltivazione del grano con quella dell’orzo (più resistente ai terreni con un grado maggiore di salinità).
All’interno di un mondo che, in linea di massima e in riferimento alle grandi civiltà del passato, si poteva considerare scarsamente abitato, si utilizzarono diverse modalità per risolvere quei problemi (che potevano considerarsi problemi locali e temporanei): dal dissodamento di nuovi terreni, alla conquista di nuovi territori, all’adozione di nuove tecnologie, ecc. ecc.
Anche in seguito a crisi molto forti la natura consentiva, dopo un certo periodo, la ripresa della popolazione, della produzione e la ripresa dello sviluppo tecnologico-scientifico, politico-organizzativo, socio-economico, artistico, filosofico, ecc., ecc. Per una conoscenza più approfondita su come si è svolta la storia negli ultimi diecimila anni e del particolare costrutto di “spaziotempo” che si è avuto, rimando a un mio lavoro che tratta della nascita della prima “civiltà” che si ebbe nella Bassa Mesopotamia nel sesto millennio before present, della crisi a cui andò incontro e di come la “realtà” conservò il potenziale naturale e demografico per riprendersi abbastanza celermente e dare origini a nuove “civiltà” (al link http://www.decrescita.com/news/la-prima-volta/ ) .

I rapporti erano tali che a una dilatazione dello spazio (più popolazione e più produzione essenzialmente) corrispondevano “migliori condizioni di vita” e una dilatazione del tempo: si avevano migliori condizioni e più lunghe prospettive di vita per l’umanità. Il rapporto per la verità è molto più complesso e dialettico soprattutto in relazione al “miglioramento delle condizioni di vita” e per chi volesse approfondirlo rimando a un mio lavoro pubblicato su decrescita felice social network al link http://www.decrescita.com/news/crescita-lesplosione-demografica-nel-neolitico/
La popolazione doveva essere sempre più numerosa perché solamente in questo modo era possibile la specializzazione del lavoro, la creazione di grandi infrastrutture (canali di irrigazione, magazzini, templi, mura di fortificazione delle città, ecc.), il dissodamento e la messa a coltura sempre più terreni, la conquista di sempre più territori con eserciti più numerosi di quelli delle popolazioni nemiche, con sempre più artigiani addetti nella forgiatura dei metalli, nella produzione di vasellame, tessuti, utensili, armi, ecc. (con conseguente sviluppo tecnologico) e con sempre più mercanti addetti a fare affluire materie prime e altro verso il proprio territorio, che per ogni popolazione era il centro del mondo.

Solamente in casi particolari si arrivava alla catastrofe, cioè a condizioni da cui non si ripartiva più. Un esempio tipico fu quello che riguardò l’isola di Pasqua, con un territorio piccolo e fortemente isolato. Le condizioni ambientali furono talmente compromesse che, unite alle altre condizioni a cui si è accennato, non resero possibile una ripartenza.

La seconda metà del XX secolo
Si può dire che negli anni sessanta del XX secolo l’umanità, seppure con molte differenze al suo interno, riesce a soddisfare in modo più o meno adeguato i suoi principali bisogni di cibo, di acqua e a raggiungere discrete condizioni igienico-sanitarie.
Erano condizioni che, si ripete, non riguardavano tutta l’umanità e il processo storico da cui sono venute fuori non è avvenuto in modo lineare e uniforme ma con molte contraddizioni e battute d’arresto: in ogni caso la situazione a cui siamo arrivati è il risultato di millenni di storia fatta di sviluppo delle forze produttive ma insieme e “tramite” incremento demografico, sviluppo tecnologico-scientifico, sviluppo politico-amministrativo-organizzativo, ecc., ma anche insieme e “tramite” guerre, epidemie, carestie, deportazioni, genocidi, condizioni di vita e di lavoro al limite della sopportazione, sfruttamento di popolazioni su altre popolazioni e di classi su altre classi, sviluppo per alcune parti del mondo e “logico” sottosviluppo per altre parti del mondo, profonde ferite inferte alla natura, ecc.
Nonostante questo nei primi decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale il sentimento che pervadeva il mondo era l’ottimismo.
Negli anni sessanta del XX secolo: ”L’uomo aveva la sensazione di avere finalmente messo le mani su una fonte di energia pressoché illimitata, che gli avrebbe permesso di trasformare a piacere la propria vita. Sapientemente alimentata da taluni interessi, l’ubriacatura del petrolio a volontà e a prezzi abbordabili faceva vedere la vita in rosa. La società dei consumi sembrava un obiettivo facile da raggiungere, rispondente alle aspirazioni di tutti. L’economia era in fase di espansione e la sua crescita sembrava assicurata per decenni, a tassi annui molto elevati. Ci si diceva che questo sviluppo, alla portata di un gran numero di paesi, avrebbe permesso ai più ricchi di soddisfare le proprie domande interne, pur contribuendo sostanzialmente al miglioramento della condizione dei paesi più poveri. L’appetito di una abbondanza materiale sempre maggiore poteva dunque essere soddisfatto senza pregiudicare il doveroso aiuto ai bisognosi. La cornucopia della tecnologia sembrava d’altra parte inesauribile, pronta a sfornare, una dopo l’altra, soluzioni miracolose a tutti i problemi umani.”
……
Tali opinioni si fondavano sulla considerazione quasi esclusiva dei fattori positivi. Le nostre generazioni possiedono in effetti una ricchezza e una varietà di risorse intellettuali e pratiche che, in teoria, possono assicurare l’espansione e lo sviluppo materiale dell’umanità ancora per lunghi anni. Si tratta di un patrimonio immenso e sempre crescente di informazioni, di conoscenze scientifiche, di competenze tecnologiche, di talenti manageriali, di esperienze di gestione, di attrezzature produttive e di mezzi finanziari, quale i nostri padri non potevano neppure sognare.

D’altra parte di era convinti che le risorse naturali che la buona e vecchia Terra è in condizioni di dispensare alle iniziative umane erano ben lungi dall’essere esaurite, in quanto potevano essere moltiplicate o sostituite grazie a soluzioni o espedienti tecnologici.
…..
Ci si rifiutava di credere che nei nostri tempi la conclusione potesse essere diversa, e non ci si poneva neppure la questione se l’intero sistema umano potesse un giorno precipitare nel disastro. Una simile ipotesi pareva assurda. Il destino dell’uomo non poteva essere che quello di progredire.” (3)

E ancora :” La tesi degli economisti tradizionali e di quelli di orientamento marxista, comunque, è che il potere della tecnologia è illimitato. Saremo sempre in grado non solo di trovare un sostitutivo di una risorsa che sia diventata scarsa, ma anche di accrescere la produttività di qualunque tipo di energia o materiale. Qualora dovessimo esaurire una certa risorsa, escogiteremo sempre qualcosa, proprio come abbiamo sempre fatto sin dai tempi di Pericle. Perciò nulla potrebbe impedirci il cammino verso un’esistenza sempre più felice della specie umana.” (4)
L’incanto che appena sopra è stato tratteggiato si rompe negli anni settanta del XX secolo, con quella che può considerarsi una nuova età assiale nella storia moderna, un periodo dopo il quale (con tutte le necessarie approssimazioni) niente sarà più come prima!

Tempi moderni
Il particolare e nuovo rapporto fra spazio e tempo (che ha portato a un nuovo costrutto: lo spaziotempo), che nel campo della fisica è avvenuta fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento e nell’arte nei primi decenni del novecento, nel processo storico-culturale avviene invece nella seconda metà e, soprattutto, negli anni settanta del XX secolo.
Per spazio, in riferimento al processo storico culturale, dovrà intendersi, in prima approssimazione, la grandezza della popolazione e della produzione ma, calibrando bene l’analisi, dovrà intendersi precisamente il consumo di risorse non rinnovabili e l’immissione in atmosfera e nell’ambiente di biossido di carbonio e di altre sostanze (che porteranno a cambiamenti climatico–ambientali e a futuri effetti disastrosi per l’umanità se non si invertirà la rotta). Più che di unione di spazio e tempo è il caso di parlare di rotta di collisione fra spazio e tempo, per mettere in evidenza l’effetto catastrofico che questa collisione avrà sulle condizioni di vita dell’umanità se non si pone rimedio.
Le distorsioni fra spazio e tempo non sono più locali e temporanei come è avvenuto in passato ma sono globali e strutturali!

Lo spaziotempo dopo l’età assiale
“Durante gli anni ’70, l’umanità ha oltrepassato la soglia in cui l’Impronta ecologica annuale era pari alla biocapacità annuale della Terra, ossia, l’umanità ha iniziato a consumare le risorse rinnovabili a una velocità maggiore di quella impiegata dagli ecosistemi per rigenerarle e a rilasciare un quantitativo di biossido di carbonio maggiore di quello che gli ecosistemi riescono ad assorbire. Questa situazione è chiamata “superamento dei limiti ecologici” (overshoot) e, da allora, è progredita ininterrottamente.” (5)
Queste poche righe del Living Planet Report 2010 mettono inevidenza il nuovo fattore che è entrato in scena e che abbiamo già incontrato a proposito della nascita dello spaziotempo nel campo della fisica: la velocità!!
La velocità con cui si consumano le risorse rinnovabili è maggiore di quella impiegata dalla natura per rigenerarle e la velocità con cui si immettono in natura biossido di carbonio, metano e altro è superiore alla capacità della natura stessa di assorbirli.
A ciò si aggiunge la velocità con cui si consumano le risorse naturali non rinnovabili (combustibili fossili e minerali) facilmente estraibili che porterà al loro progressivo esaurimento in tempi più o meno brevi o più o meno lunghi, a seconda dei casi: ciò porterà a sconvolgimenti inimmaginabili nei modi di vita di tutta l’umanità!!
“Fino al 1950 o giù di lì, l’economia globale viveva nei limiti delle proprie possibilità, intaccando solo ciò che era sostenibile ovvero la rendita fornita dai sistemi naturali che la sorreggevano.
Ma nel momento in cui l’economia ha preso a crescere, moltiplicandosi con una progressione geometrica e ingigantendosi fino a superare il campo della sostenibilità, ha cominciato a erodere le sue stesse fondamenta.
In uno studio pubblicato nel 2002 dalla U.S. National Academy of Sciences, un gruppo di scienziati capitanato da Mathis Wackernagel (scienziato che, insieme a William Rees, ha elaborato il concetto di “impronta ecologica” n.d.r.) ha concluso che i consumi globali della popolazione umana hanno oltrepassato le capacità rigenerative del pianeta intorno all’anno 1980. Nel 2009, le pressioni globali sui sistemi naturali eccedevano di circa il 30% il tasso di consumo sostenibile. Questo significa che per rispondere agli attuali bisogni stiamo consumando il capitale naturale del pianeta…” (6)
Bisogna solamente aggiungere che il modo in cui è calcolata l’impronta ecologica non tiene conto della complessità della situazione (per es. tiene conto solamente dell’immissione in atmosfera di biossido di carbonio e non di altri inquinanti) per cui la situazione in effetti è ancora più grave rispetto a quanto si desume dalla stessa impronta ecologica.

Di questa rotta di collisione fra spazio e tempo si prende coscienza soprattutto negli anni settanta del XX secolo (periodo che potrebbe considerarsi una nuova età assiale nella storia umana, una cesura con quanto avvenuto fino ad allora) con lavori come, per esempio, “The Entropy Law and the Economic Process”, la principale opera di Nicholas Georgescu-Roegen e “I limiti dello sviluppo”, lavoro commissionato dal Club di Roma a un gruppo di scienziati del MIT di Boston.
Il Rapporto sui limiti dello sviluppo (dal libro The limits to growth, I limiti dello sviluppo, di Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e Williams Behrens III) predisse, nel caso le tendenze allora esistenti fossero rimaste inalterate, le conseguenze della continua crescita della popolazione, della produzione agricola e industriale e del connesso inquinamento, sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana: entro i successivi cento anni si sarebbe avuto un crollo improvviso della popolazione umana, della produzione industriale e agricola e un degrado delle condizioni di vita dell’umanità (studi successivi hanno confermato le previsioni del Rapporto anche se hanno spostato l’importanza dall’esaurimento delle risorse naturali alla degradazione dell’ambiente, soprattutto in merito ai cambiamenti climatici).


Foto 1 Ormai i rifiuti ci stanno sommergendo. Si pensi che negli oceani si sono formate delle immense “isole” fatte di resti di oggetti di plastica.

Quindi nel processo storico-culturale, negli anni settanta del XX secolo (e negli anni immediatamente precedenti e poi in quelli successivi), si prende coscienza che lo spazio entra in contatto col tempo (in realtà lo spazio entra in rotta di collisione col tempo): da ciò si prende coscienza che se ne può uscire solamente con la decrescita (contrazione) dello spazio (meno popolazione e meno produzione, quindi meno consumo di risorse non rinnovabili, consumo delle risorse rinnovabili entro i limiti delle capacità della natura di rigenerarle e salvaguardia dei delicati equilibri climatico-ambientali); e solamente con la decrescita dello spazio è possibile la crescita (dilatazione) del tempo (più lunghe prospettive di vita per l’umanità); ma la decrescita dello spazio e la crescita del tempo necessitano di una nuova qualità sia dello spazio che del tempo.

Come si vede da quanto finora è stato detto il termine “decrescita” è molto impreciso: si dovrebbe parlare di decrescita dello spazio (della popolazione, della produzione e in definitiva minore consumo di tutto) ma di crescita del tempo (cioè di maggiori prospettive di vita per l’umanità). E’ necessario che lo spazio si contragga affinché il tempo si possa dilatare avrebbe detto Albert Einstein.
Ma non è tutto, perché lo spazio, cioè la vita concreta delle persone, dovrebbe essere di una qualità diversa, così come pure il tempo dovrebbe essere di una qualità diversa: questo, si sottolinea, non è un altro problema, perché viaggia insieme a tutto il resto e se non si dà un senso diverso alla propria vita, se non si riempie la vita di nuovi valori, di nuove ragioni di essere, allora non se ne esce e si andrà incontro alla catastrofe!!

Diversamente che nel campo scientifico, dove i nuovi concetti introdotti dalla Teoria della relatività speciale sono universalmente accettati, nel processo storico-culturale i giochi non sono ancora fatti e il futuro è tutto davanti a noi ed è tutto da vedere se lo subiremo oppure lo costruiremo, è tutto da vedere se sarà felice oppure infelice, se sarà solamente un “processo” oppure anche un “progetto”, è tutto da decidere il prezzo che si dovrà pagare: la contrazione dello spazio e la dilatazione del tempo però avverranno in ogni caso!!!


Jim Morrison “… cercò di mettere in atto ciò che Aldous Huxley aveva suggerito col suo saggio del 1954 “Le porte della percezione” e cioè dilatare il pensiero oltre i limiti imposti dalla mente umana. Come fare? Il modo più semplice era proprio quello di affidarsi, oltre che all’alcol, alla chimica: bastava sostituire la mescalina di Huxley con l’Lsd (legale negli USA fino al 1967) e farsi guidare in una sorta d viaggio esperienziale attraverso suoni e immagini nuove, impossibili da captare altrimenti.” (da Jim Morrison, a cura di Roberto Caselli, Hoepli – citazione presa da un estratto presente sul WEB )
…ma la dilatazione dello spazio (del pensiero in questo caso) comporta la contrazione del tempo e Jim Morrison è morto a 27 anni probabilmente per una overdose di alcol e droghe!!

Un invito alla saggezza
Diceva un grande antropologo: “…ci renderemo conto che fra vita e pensiero non c’è quel radicale divario che il dualismo filosofico del XVII secolo accettava come un dato di fatto. E se ci convinceremo che quanto avviene nella nostra mente non è sostanzialmente né fondamentalmente diverso dai fenomeni basilari della vita stessa, se comprenderemo che non c’è alcuna insuperabile distanza fra l’uomo e tutti gli altri esseri viventi – non solo gli animali, ma anche le piante – diventeremo forse saggi come non credevamo di poter essere.” (7) (Claude Levi-Strauss, Mito e significato)
Mi permetto di aggiungere qualcosa a quanto dice questo grande antropologo: sulla scorta della citazione di Friedrich Engels, con cui è stato introdotto questo lavoro, bisogna convincerci che non solamente non c’è nessuna insuperabile distanza fra l’uomo e gli altri animali e le piante ma non c’è nessuna insuperabile distanza anche fra l’uomo e la natura fisica inanimata, vista l’uguaglianza che ho cercato di fare fra quanto avvenuto nel campo della scienza della fisica fra l’ottocento e gli inizi del novecento (e nell’arte nei primi decenni del XX secolo) e quanto è avvenuto nel processo storico-culturale nella seconda metà e soprattutto negli anni settanta del XX secolo. Spero che questo ci porti a essere ancora più saggi!!

1) Documento facilmente rintracciabile sul WEB come per esempio al seguente link http://www.resistenze.org/sito/ma/di/ce/mdce9g28a2.htm
2) Documento facilmente rintracciabile sul WEB come per esempio al seguente link http://www.roma1.infn.it/exp/webmqc/A.%20Einstein%20-Sull%27elettrodinamica%20dei%20corpi%20in%20movimento%20-%201995.PDF
3) Aurelio Peccei Cento pagine per l’avvenire” pagg. 58-59 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981
4) Energia e miti economici Conferenza alla Yale University del 1975 di Nicholas Georgescu-Roegen – documento reperito sul WEB
5) Living Planet Report 2010, pag. 34 Documento facilmente reperibile sul WEB come per esempio al seguente link
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0ahUKEwjB07u2yZLTAhVFXBQKHeu0CdEQFggcMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.isprambiente.gov.it%2Ffiles%2Fbiodiversita%2FWWF_2010.pdf&usg=AFQjCNGZDYqpctLMr60EG7oHSpVuv2HpHw
6) Lester R. Brown PIANO B 4.0 Mobilitarsi per salvare la civiltà| 1.3 Lo schema di Ponzi dell’economia globale; Edizioni Ambiente, 2010
7) Claude Levi-Strauss, Mito e significato, il Saggiatore, Prima edizione Net, marzo 2002, pagg. 37-38

L’immagine dello spaziotempo di Minkowski è ripresa da https://it.wikipedia.org/wiki/Spaziotempo_di_Minkowski
La foto 1 è ripresa da https://www.greenme.it/informarsi/rifiuti-e-riciclaggio/6154-isola-plastica-oceano-pacifico
L’immagine di Jim Morrison è ripresa da http://it.freepik.com/foto-vettori-gratuito/jim-morrison
La foto in evidenza (e riportata anche all’interno del testo) (P.Picasso Les demoiselles d’Avignon) è ripresa da http://cultura.biografieonline.it/picasso-demoiselles-d-avignon/

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

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