La causa dell’epidemia di tumori? La scellerata condotta delle multinazionali della chimica

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640px-Warning2PesticidesI dati parlano chiaro, il tumore, una malattia che secondo lo scienziato René Dubos è pressoché sconosciuta nei popoli non ancora industrializzati, è la nuova epidemia del secolo, una sorta di “peste della modernità”. Nel 2006 nell’UE sono stati diagnosticati 3.191.000 nuovi tumori, registrando quindi 300.000 nuovi casi in più rispetto al 2004. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) ci svela che nel corso degli ultimi tre decenni il tasso di incidenza (ovvero il numero di nuovi casi in un dato periodo di tempo) dei tumori è aumentato dell’1% all’anno tra i bambini dagli 0 ai 14 anni e dell’1,5% all’anno tra gli adolescenti tra i 15 e 19 anni, con le leucemie e i tumori al cervello ad aver maggiormente contribuito a questo triste dato. E ancora, secondo la prestigiosa rivista di medicina The Lancet, dal 1960 al 1980, il tasso di incidenza dei mielomi multipli e dei tumori cerebrali in Europa è aumentato del 30%. Ma per chi avesse ancora qualche dubbio sul fatto che i tumori sono sempre più frequenti, ci pensa l’Istituto Nazionale per la Sanità e la Ricerca Medica francese, con un voluminoso rapporto di 889 pagine che nel 2008 dimostra come, tenuto conto dei mutamenti demografici (aumento e invecchiamento della popolazione francese), l’aumento del tasso di incidenza dei tumori in Francia è stimato a +35% negli uomini e +43% nelle donne, con nove tipologie di cancro la cui incidenza non ha purtroppo cessato di crescere: cancro al polmone, mesoteliomi, emopatie maligne, tumori cerebrali, cancri al seno, alle ovaie, ai testicoli, alla prostata e infine cancro alla tiroide.

Stiamo parlando di una malattia pressoché sconosciuta nell’antichità (anche se qualche caso è pur sempre esistito) che però ora è diventata, insieme alle malattie cardiocircolatorie, la prima più frequente causa di morte, responsabile nel 2008 di ben 7 decessi su 10 secondo il Ministero della Salute italiano. E questo nonostante i notevoli miglioramenti delle terapie di cura e diagnosi – motivo per cui gli autori del President’s Cancer Panel, il report che rendiconta al Presidente degli USA la situazione del programma nazionale sul cancro, hanno dimostrato una considerevole diminuzione del tasso di mortalità legata ai cancri infantili dal 1975 al 2006, anche se nello stesso periodo, il report registra un aumento dei casi di cancro al di sotto dei vent’anni. Per cui, anche se è più facile guarire ora che nel passato, ci si ammala sempre di più.

Se ci stiamo ammalando sempre di più di cancro significa che c’è qualcosa che non va nella nostra società e che quindi i vari enti o istituzioni adibiti alla prevenzione e il controllo della salute – dai Ministeri della Salute ai Centri di Ricerca passando per le autorità di regolamentazione – non stanno facendo bene il loro lavoro. Certo, il cancro è una malattia molto complessa per cui incidono più fattori – inizia in genere a causa di agenti patogeni o antigeni, come raggi, virus, batteri, tossine o inquinanti chimici ed è forse favorito da predisposizioni genetiche, stile di vita e regime alimentare – ma è comunque certo che si poteva fare molto di più sul piano della prevenzione.

Il problema è che, come dimostrato da uno studio del 1996 di Robert Repetto e Sanjay S. Baliga, quando siamo esposti ai pesticidi si altera la struttura normale del sistema immunitario, sconvolgendone le risposte e quindi la resistenza agli antigeni e agli agenti infettivi (questo spiega in parte l’epidemia di tumori e malattie autoimmuni degli ultimi anni). La giornalista francese Marie-Monique cita nel suo libro “Il veleno nel piatto” uno studio di ricercatori olandesi, da cui emerge che le foche alimentate per due anni ad aringhe del Mar Baltico (un mare particolarmente inquinato) presentano una concentrazione di pesticidi organoclorati dieci volte maggiore rispetto al gruppo di controllo (le foche alimentate con aringhe dell’Islanda) e soprattutto che quelle foche hanno le difese immunitarie tre volte più basse rispetto al gruppo di controllo. La stessa giornalista, riprendendo le dichiarazioni del tossicologo americano James Huff, scrive nel suo libro che “Tutti i prodotti che si sospettava fossero cancerogeni per gli umani hanno mostrato di essere altrettanto cancerogeni per gli animali (e viceversa)”, motivo per non vanno certo presi alla leggere i risultati dello studio sulle foche. A chiarire ogni dubbio sulla faccenda ci pensa però Michael Alavanja, dell’Istituto Nazionale di ricerca sul cancro di Bethesda, negli USA: “Gli effetti sulla salute di un’esposizione cronica ai pesticidi? Cancro e neurotossicità”.

E’ quindi lecito domandarsi quanto la marea di inquinanti chimici che sono presenti nell’aria, nell’acqua e nel cibo che mangiamo tutti i giorni sia responsabile della patologia del secolo, ovvero il cancro. A questo proposito è interessante riportare le dichiarazioni di Christophe P. Wild, attuale direttore dell’IARC, che dopo un’intervista con Marie-Monique Robin afferma: “Secondo i nostri calcoli, tra l’80% e il 90% dei tumori sono legati all’ambiente e allo stile di vita”, con buona pace di coloro che credono di spiegare i tumori con la semplice predisposizione genetica. Tesi screditata da uno studio del 2000 sulla cartella clinica di 44.788 coppie di gemelli monozigoti registrati in Svezia, Danimarca e Finlandia, che dimostra come i fattori genetici ereditari contribuiscano in misura minoritaria alla predisposizione alla maggior parte delle neoplasie, mentre è l’ambiente a svolgere una funzione primaria nelle cause del cancro. Ma a questa conclusione – ovvero che gran parte dei tumori sono provocati da cause ambientali – è giunto anche il Parlamento Europeo, che con la risoluzione del 6 maggio 2010 sottolinea che “all’origine del cancro non si tratta solamente del fumo di sigaretta o dell’eccessiva esposizione alle radiazioni o ai raggi UV, ma anche degli inquinanti chimici che si trovano negli alimenti, nell’aria, nel suolo e nell’acqua e che provengono da processi industriali o da pratiche agricole”. Pericolo a cui siamo purtroppo esposti tutti (o quasi), perché allargando a tutti i paesi sviluppati i risultati del programma di biomonitoraggio lanciato qualche anno fa dall’autorevolissimo Center for Disease Control and Prevention di Atlanta, negli USA, troviamo che nel sangue e nell’urina del campione rappresentativo della popolazione americana ci sono circa 212 molecole chimiche potenzialmente cancerogene. Il bisfenolo A è il più presente, seguito da Pbde, Pfoa e molti pesticidi, come l’alacloro (il famoso erbicida della Monsanto meglio conosciuto come Lasso), l’atrazina, il clorpirifos, ma anche insetticidi organocloruti già messi al bando come il famosissimo DDT.

Ricapitolando, ci si ammala sempre di più di cancro perché politici e autorità di regolamentazione hanno permesso per ignoranza, ottusa fiducia nel “progresso” a tutti i costi o più semplicemente perché comprati dalle multinazionali della chimica, di immettere nell’ambiente delle sostanze che sono cancerogene per noi e per le altre forme di vita (esistono numerosi studi che provano i danni di queste ai delicati equilibri ecologici). E non si tratta solamente dei pesticidi, ma di tutta una lunga lista di sostanze dannose per l’uomo e per l’ambiente e che fino a poco tempo fa l’industria e le varie EFSA (autorità europea), FDA (autorità americana) o JECFA (autorità delle Nazioni Uniti) giuravano (e per alcune di esse continuano a giurare) essere innocue per l’uomo: dalla cosiddetta “sporca dozzina” (PCB, diossina, DDT, eccetera) al benzene, ma anche l’atrazina, la formaldeide, l’aspartame, il distilbene, il cloruro di vinile (PVC) o il bisfenolo A (considerato duemila volte più potente dell’estrogeno naturale e in grado di alterare l’equilibrio ormonale dei mammiferi, è ampiamente utilizzato come antiossidante in alcuni tipi di plastica).

Oltre a mettere subito al bando tutti i prodotti chimici per cui esiste anche solo il minimo sospetto che siano cancerogeni – delle 100.000 sostanze chimiche che hanno invaso il nostro ambiente a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, solo 2 o 3.000 sono state testate dal punto di vista del potenziale cancerogeno –, dovremmo processare per crimini contro l’umanità chi ha permesso tutto questo in nome del profitto.

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