IEA WEO 2017, ovvero le previsioni del tacchino

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Già lo scorso anno, commentando alcuni stralci del World Energy Outlook 2016, sottolineai gli sforzi della IEA nel vano tentativo di conciliare botte piena e moglie ubriaca, ossia crescita economica e impatto ambientale. Quest’anno non sono ancora riuscito a leggere l’edizione completa del rapporto 2017 (cara IEA, con tutto il dovuto rispetto €120 per un ebook mi sembrano un po’ tanti – non lamentarti se poi viene diffuso liberamente tramite le piattaforme peer to peer!) ma ho potuto consultare solo la sezione relativa al ‘Reference case’ (disponibile gratuitamente sul sito dell’agenzia), cioé quello che si propone più realistico relativamente alle strategie politiche-economiche intraprese dalle varie nazioni.

Rispetto ai precedenti WEO, devo dire che questa volta la IEA ha introdotto alcune novità, mi ha incuriosito ad esempio la scelta di inserire ipotesi a bassa e alta crescita economica e con bassi e alti prezzi del petrolio. Per ‘alta crescita economica’ si intende un incremento annuo del PIL globale del 3,3%, concentrato però in gran parte nei paesi non-OCSE, per cui nelle nazioni a industrializzazione matura si attesterebbe intorno al 2%: non proprio una situazione idilliaca, manuali di economia (ed esperienza recente) alla mano, per cui vi lascio immaginare da soli le conseguenze nell’ipotesi ‘a bassa crescita’ (2,7% annua a livello mondiale).

Forse è bene precisare quali sono i criteri di riferimento adottati per delineare il Reference case; scrive la IEA:

The Reference case assumes continual improvement in known technologies based on current trends and relies on the views of leading economic forecasters and demographers related to economic and demographic trends for 16 world regions based on OECD membership status.

In breve, si guardano i trend demografici e di sviluppo economico del passato dando per scontato che si ripeteranno pari pari in futuro, una visione decisamente ‘progressista’ (nel senso più deteriore del termine). La triste storia del tacchino induttivista di Russell dovrebbe farci riflettere sull’opportunità di adottare tale forma mentis; scherzi a parte, le evidenze dimostrano ad esempio che il ‘disaccoppiamento PIL-energia’ è stato significativo nel periodo 1965-2000, senza però mostrare successivamente particolari miglioramenti.

Comunque sia, la IEA confida nei miglioramenti di efficienza a tal punto da ritenere che gli scenari a diversa crescita economica non divergeranno considerevolmente nei consumi energetici.

Sarebbe abbastanza ingeneroso (e noioso) andare alla ricerca di tutte le affermazioni discutibili della IEA; ogni tanto, però, è troppo forte la sensazione di essere presi in giro, ad esempio quando si ipotizza un aumento lineare ‘realistico’ del prezzo del petrolio da $75 a più di $100 nel periodo 2020-2040, il tutto conciliato con un’altrettanto lineare crescita dell’economia, quando notoriamente i due fattori (incremento del prezzo del petrolio e crescita del PIL) fanno decisamente a cazzotti tra loro.

Ma come, si è proiettati verso il futuro e si tira ancora in ballo il petrolio quale fattore decisivo per lo sviluppo economico? Ma di quale progresso stiamo parlando allora?

In effetti, secondo il WEO 2017, il mondo del 2040 non sarà troppo diverso dall’attuale per quanto attiene all’impiego di fonti energetiche. Petrolio sempre leader del settore, balzo di gas naturale e rinnovabili, carbone e nucleare sostanzialmente stabili… un quadro che ricorda da vicino certe dichiarazioni di manager di grandi corporation degli idrocarburi, del tipo “sì le rinnovabili sono una bella cosa ma richiedono tempo, le risorse petrolifere sono ancora abbondanti e il metano è decisivo come ‘ponte’ per la transizione, carbone e nucleare non vanno demonizzati ecc.” (quante volte abbiamo letto interviste di questo tenore da parte dei vari amministratori delegati di ENI e simili).

Ovviamente, un lettore anche solo vagamente informato di come va il mondo sarà rimasto abbastanza allibito da quanto descritto. Dove mettiamo infatti  i cambiamenti climatici? Dove sono finiti i solenni impegni della COP21 per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra?

La situazione assume tinte tragicomiche perché la IEA è un’agenzia dell’OCSE, ossia un’istituzione non certo ideologicamente orientata verso il negazionismo climatico; anzi, almeno a parole, è molto preoccupata e interessata al riguardo. Eppure il Reference case non sa fare di meglio che ‘limitare’ le emissioni a un aumento dello 0,1% annuo (quando ho letto questa cifra, non ho potuto trattenermi dallo scoppiare a ridere come un idiota: mi venivano infatti in mente i bambini che mangiano troppi dolci e implorano i genitori “per favore, ancora un pochino!”).

La tragicomedia si tinge di schizofrenia perché da una parte l’OCSE avverte sulle terribili conseguenze dei cambiamenti climatici, dall’altra però dipinge un pianeta dove, malgrado il mancato abbattimento delle emissioni, l’economia cresce, la speranza di vita aumenta e la qualità della vita migliora… insomma, una credibilità scientifica degna di un tweet di Trump.

Ovviamente, ogni contraddizione si chiarirebbe all’istante se, invece di chiamare questo scenario ‘Reference case’, lo si ribattezzasse ‘Prospettiva del tacchino induttivista’, perché di questo si tratta e come tale va considerato. Forse sono troppo cattivo con la IEA, in quanto so perfettamente che nel rapporto completo esiste uno scenario (‘Sustainable development’) dove la crescita economica è conciliata con le esigenze climatiche, corredato da grafici dove le curve di petrolio, gas e carbone presentano un andamento discendente mentre quelle di rinnovabili e nucleare svettano trionfanti, senza contare ovviamente i mirabolanti perfezionamenti dell’efficienza. Chiedo venia per non aver voluto spendere $120 per mostrarvi tale Eden energetico, ma cercate di capirmi: se il tacchino induttivista, nonostante tutto, può  ispirarmi simpatia (se non altro altro per il suo tragico destino), non riesco invece a provare alcuna umana comprensione per venditori di fumo e pifferai.

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

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