Il 2020 è universalmente ritenuto un annus horribilis per le note vicissitudini sanitarie che lo hanno caratterizzato a livello globale. L’arrivo dei vaccini anti-covid è stato osannato come prodigio della scienza e si parla di ‘alba dopo una lunga notte’, suscitando sentimenti di entusiasmo facilmente comprensibili: il distanziamento sociale non è sostenibile ancora per molto, quindi è ovvio gioire per quella che sembra essere l’inizio della fine. Tuttavia, non si può neppure mettere la testa sotto la sabbia gridando a squarciagola al ‘miracolo’.
Per cominciare, le modalità in cui sta venendo distribuito il vaccino dimostrano che il nuovo giorno è drammaticamente uguale al precedente: i paesi più ricchi che ne fanno incetta e i più poveri ad aspettare, al punto che Tlaleng Mofokeng, relatrice speciale all’Onu per il diritto alla salute, ha parlato di violazione dei diritti umani. Del resto, le Nazioni Unite avevano da tempo denunciato come la pandemia abbia aggravato le già enormi disuguaglianze. Eppure qualcuno è euforico per le presunte opportunità del mondo che ‘cambia’ (in cosa?), come chi auspica che i proprietari dei negozi di prossimità, distrutti dalla concorrenza del commercio on line, si riciclino nel settore della logistica dei trasporti (facendo i camionisti o i magazzinieri, insomma). Se il ‘miracolo’ dei vaccini anti-Covid deve essere all’insegna delle multinazionali che salvano il business as usual radicalizzandolo ulteriormente, allora ci aspettano sciagure tali da farci rimpiangere questa pandemia (tipo un’altra più grave o catastrofi ancora peggiori).
Consapevole dei leoni da tastiera con il prosciutto (scaduto) sugli occhi pronti a scatenare processi a qualsiasi intenzione, metto subito le mani avanti dichiarando che, quando arriverà il mio turno (ho 42 anni e non soffro di patologie che mi mettono particolarmente a rischio, quindi non sarà presto) mi vaccinerò contro il Covid. Premesso ciò, esigo però chiarezza: se la vaccinazione è facoltativa, allora lo sia per davvero e chi si astiene dal farla non venga penalizzato in alcuna maniera. Se si vuole adottare il paternalismo liberale della ‘spinta gentile’, allora si agisca coerentemente con tale proposito.
Quindi, per fare un esempio tanto chiacchierato, se Heather Parisi si ammala allora viene curata al pari di chiunque altro, con buona pace di Burioni e di chi vuole compilare liste di sommersi e salvati in base alla fede nella scienza. Altrimenti, si introduce l’obbligo e chi si rifiuta viene perseguito secondo precisi procedimenti penali che in nessun caso possono prevedere la compromissione della salute fisica. I comportamenti contro la comunità vanno sanzionati in tribunale e non in ospedale, per il bene della civiltà è importante tenere vivi i principi alla base del giuramento di Ippocrate. I medici devono curare al massimo delle loro possibilità chiunque, anche i criminali se necessario, di sicuro devono astenersi da qualunque giudizio morale nei riguardi del paziente. Diversamente, si apre la strada a ogni sorta di arbitrio.
L’arrivo a tempo di record dei vaccini anti-Covid ha fatto tornare in auge pensieri di stampo neopositivista di cui, obiettivamente, non si sentiva la mancanza. Non ho assolutamente nulla contro Gitanjali Rao, quindicenne statunitense di origini indiane vincitrice del premio ‘Kid of the year’ della prestigiosa rivista Time – distintasi per aver inventato un dispositivo portatile per verificare la contaminazione dell’acqua – che ha dichiarato:
Penso che i giovani dovrebbero sviluppare una passione per la tecnologia per risolvere i problemi del mondo. Perché la nostra generazione sta crescendo in un mondo dove abbiamo a che fare con problemi che non erano mai esistiti prima. E ora più che mai ci tocca usare l’innovazione come un superpotere per affrontare i problemi che vediamo nella società. Quindi: riuniamoci, creiamo un movimento di innovatori e cerchiamo di fare la differenza.
Attenta che molti di questi problemi li ha creati quell’innovazione che, proprio perché si arrogava dei superpoteri, non è stata vagliata criticamente come sarebbe stato doveroso fare. Se scienziati e tecnici del domani ripetono i medesimi errori dei loro predecessori, non si va molto lontano, la prima innovazione deve riguardare il cambio di paradigma.
Cercando di guardare agli aspetti positivi, i lockdown e i conseguenti effetti recessivi sull’economia hanno rallentato l’entità del degrado ecologico, inoltre Donald Trump e tutto il Vecchio Ordine Mondiale che lo sostiene (business delle fonti fossili in primis) si apprestano a sloggiare dalla Casa Bianca. Fatto sicuramente positivo, per quanto si addensino tante fosche nubi sul ‘Nuovo Ordine’, dominato dai colossi del Web e del commercio on line, insieme a una moltitudine di soggetti situati in una zona grigia poco chiara (ne riparleremo a inizio 2021).
In ogni caso, fatico a vedere il proverbiale bicchiere mezzo pieno, essendo stato un anno molto duro anche come blogger. Il tentativo di mantenersi in equilibrio tra senso di responsabilità e spirito critico è naufragato nel marasma socialmediatico dove ogni posizione si è estremizzata, tra negazionisti e feticisti del Covid, no vax e ultra vax, responsabilisti in elmetto e uniforme e cospirazionisti di ogni sorta. E’ diventato impossibile provare a sostenere una posizione senza ricevere accuse strampalate, mentre la dialettica generale spaziava miseramente da ‘schiavo della TV’ ad ‘analfabeta funzionale’.
Il movimento ecologista è stato investito in pieno da questa situazione, decrescita compresa. Personalmente, si sono rotti rapporti di stima con svariate persone e l’incomunicabilità ha regnato sovrana. E anche il blog di DFSN ne ha risentito pesantemente.
Non voglio cercare alibi, per cui ammetto subito che la riduzione di audience registrata quest’anno sia da attribuire all’incapacità di interessare il pubblico. Del resto, uno degli scopi di DFSN è sempre stato di offrire contenuti alternativi all’agenda setting dei grandi media, tuttavia ci siamo lasciati inevitabilmente fagocitare dalla pandemia. Il clima di isteria collettivo all’insegna del ‘vi levo il like!’ non ha ovviamente aiutato, per cui alcuni follower, specialmente super motivazioni concrete.
Nei tanti momenti di scoramento provati quest’anno, talvolta ho usato il blog più per cercare di riordinare le idee che per fare informazione e divulgazione, cosa che tenterò di evitare in futuro. Penso che DFSN abbia ancora qualcosa da dire e cercherò sicuramente di rilanciarla. Nella speranza di un 2021 migliore per il blog, per il sottoscritto e per tutti quanti.
Ho letto con piacere questo articolo di fine anno moderato, costruttivo e di buon senso. La vedo dura per il 2021 distinguersi per le stesse caratteristiche. Vedo all’orizzonte radicalizzazione, contrapposizione, incomprensione reciproca, caccia alle streghe. E non sto parlando solo della questione vaccini, lo dico in senso generale. Questo blog langue per varie ragioni. Una di queste è lo strapotere dei social che hanno imposto uno stile lapidario e massimalista nella comunicazione, cioè l’esatto contrario di quello che DFSN si è sempre sforzata di essere. Ciò non di meno evitiamo di dare solo ai social la colpa dell’impoverimento e imbarbarimento della comunicazione. La semplificazione del linguaggio sta purtroppo diventando un fattore antropologico, sicuramente connesso ad una ricerca esasperata della velocità. Velocità nei trasporti, nei rapporti, nel ritmo musicale, nelle abitudini alimentari e quindi, inevitabilmente, anche nel nostro modo di comunicare. Rispetto a questa tendenza che finisce per coinvolgere ogni aspetto della vita, la resistenza è quasi un obbligo morale. Un obbligo che deve far proprio anche DFSN.
Nei limiti del mio poco tempo (sono un agricoltore/allevatore e perciò spesso indaffarato. Oggi però piove.) cerco sempre di leggere i post di DFSN.
Ne condiviso solo una minima parte, ma ritengo importante leggere anche chi non la pensa come me. Uno dei motivi per cui il vostro movimento sta “perdendo colpi”, credo che sia da attribuire al fatto che molte delle vostre previsioni/obiettivi/ideali si sono rivelate fallaci. Tra tanti esempi possibili, mi limito ad uno di cui ho sentito parlare ieri: potenti associazioni come la Coldiretti e altre (che si auto definiscono ambientaliste) che fino ad ora sono state ferocemente antiogiemmine, hanno finalmente capito che le biotecnologie sono utili all’ambiente e ne ammettono la coltivazione. Non potendo mostrare un voltafaccia completo, per ora ammettono solo la cisgenesi. Del metodo Crisp-cas9 non ne parlano, anche perché non evidenziabile. Un grosso merito (o colpa?!) credo sia da attribuire ai nuovi vaccini che dimostrano come le biotecnologie possano risolvere problemi di salute umana. Se accetti delle biotecnologie “iniettabili”, come puoi essere contrario a biotecnologie “mangiabili”? Che tra l’altro mangiamo direttamente o indirettamente da una trentina di anni senza che sia mai stato dimostrato alcun effetto negativo!
Salve, nella serie ‘Critica della ragione agroindustriale’, ho cercato di capire dati alla mano se davvero gli ogm possono servire alla causa della sostenibilità agricola, e non è venuto fuori nulla che possa sostenere ciò. L’agricoltura OGM non solo è lontano da qualsiasi decente standard di stabilità, ma in fatto di riduzione di ridurre l’uso di fitofarmaci l’agroindustria non OGM più avanzata (come quella francese, ad esempio) è capace di prestazioni persino migliori. Sarebbe bello allora che Coldiretti tirasse fuori la documentazione che li ha convinto in modo da discuterne in maniera trasparente. Quante alle nostre previsioni, credo anzi si siane rivelate molto più rapide del previste: un tracollo economico come quello che stiamo vivendo causa Covid, ad esempio, me lo aspettavo tra una quindicina di anni.
Buongiorno,
non so dove lei cerchi e trovi le sue informazioni. Io leggendo solo riviste e siti scientifici ho sempre trovato che le coltivazioni GM permettono di ridurre di molto l’uso di terra, lavoro, fitofarmaci, di erbicidi ed altri input, con notevole beneficio ambientale ed energetico. Non è un caso che milioni di contadini dopo averli provati, continuino ad usarli e la superficie coltivata nel mondo sia oramai di circa 23 volte l’intera superficie agricola italiana. Da agricoltore (solo frutticoltore) tendo però a fidarmi più di dati ed esperienze reali. Nel Febbraio 2013, due fratelli mantovani, produttori di mais che poi usano per allevare scrofe da rimonta, stanchi di avvelenarsi con insetticidi ed avvelenare i loro animali con micotossine, mi chiesero di accompagnarli in Spagna (parlo bene cinque lingue, tra cui il castigliano) per constatare de visu la bontà del mais GM. Dopo aver parlato con vari agricoltori spagnoli, tutti entusiasti, siamo tornati con il nostro camper carico di sacchi di semente GM. Da allora i miei amici coltivano clandestinamente lo stesso mais che l’Italia importa: 2 milioni di tonnellate ogni anno. Per non parlare della soia e del cotone, oramai GM per più del 90%. L’anno scorso, uno dei due fratelli mi ha raccontato che il contoterzista che gli trebbia il mais, si è accorto dell’enorme differenza qualitativa e quantitativa del mais da loro prodotto, rispetto a quello dei campi vicini, e strizzando l’occhio gli ha rivelato che oramai sono in molti a coltivarlo clandestinamente in Pianura Padana. Anche io, per rispetto alle mie galline e alla salute della mia famiglia, preparo un mangime con mais e panello di soia importato e pertanto GM. A causa di questo atteggiamento ipocrita, l’Italia ci rimette ogni anno circa 1 miliardo di Euro, per la differenza di prezzo tra la porcheria nazionale (più di un terzo supera i livelli ammissibili di micotossine e si è costretti ad usarlo nei digestori) ed il più costoso, ma qualitativamente migliore prodotto di importazione. So benissimo quanto i cittadini siano ignari di questa situazione, ma noi agricoltori/allevatori, siamo indignati. Purtroppo siamo solo il 2% e contiamo sempre meno.
Le mie ricerche, anch’esse basate su dati FAO e letteratura scientifica accreditata, se le interessano sono qui:
http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-6-ogm-sementi-e-coscienze-manipolate-prima-parte/
http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-7-ogm-sementi-e-coscienze-manipolate-seconda-parte/
Ne è venuto fuori che il risparmio di erbicidi e pesticidi c’è soprattutto nel primo periodo, poi quando si cominciano a sviluppare le inevitabili resistenze comincia il casino. E ne viene fuori che, se si confrontano due agricolture di pari livello tecnologico, una ogm e non ogm (USA e Franci ho proposto come esempio), si vede che anche l’agroindustria senza OGM ha ridotto notevolmente l’uso di fitofarmaci e perfezionato l’impiego per ettaro dei fertilizzanti di sintesi.
Se invece riporto solo studi dove paragone l’agricoltura USA pre e post 1996 (anni introduzione OGM) o peggio ancora quella di paesi emergenti (Brasile, Argentina, ecc) dove lì non solo sono stati introdotti gli OGM ma c’è stata una modernizzazione complessiva del sistema agricolo… beh, in quel caso si fa più uno spot pubblicitario che una ricerca vera e proprio (e capita spesso).
Quindi gli agricoltori che ora hanno introdotto le coltivazione OGM clandestinamente in Italia sicuramente avranno benefici nel risparmio di fitofarmaci nel breve periodo, ma nel giro di qualche anno si ritroveranno le stesse problematiche che stanno affliggendo gli agricoltori USA (in particolare la diffusione di supererbacce)
A suo tempo ho letto tutte queste pubblicazioni. Non ho il tempo né la voglia di mettermi a smascherare punto per punto tutte le falsità e le “raccolte di ciliegie” fatte con cura per sostenere queste banali tesi antiogiemmine. In passato ho lavorato alla FAO per parecchi anni ed in vari PVS di 4 continenti (in 11 diversi paesi solo in Africa) per cui ho qualche esperienza dell’argomento. Mi soffermo solo sulle resistenze. Spero che lei sappia come un qualunque organismo sottoposto ad una pressione selettiva continuativa, inevitabilmente e darwinianamente svilupperà delle resistenze. Vedi malaria nei confronti della clorochina. Vedi i batteri nei confronti degli antibiotici. Seguendo il criterio di quegli articoli per gli stessi motivi dovremmo rinunciare ad antibiotici ed antimalarici? Le resistenze non dipendono dalla piantaGM o dall’antibiotico in sé, ma dal suo uso sbagliato. Da anni le ditte produttrici consigliano (e lo scrivono sulle confezioni delle sementi) di lasciare delle zone tampone con sementi normali per favorire lo sviluppo di parassiti non resistenti. Purtroppo chi ha constatato a lungo che la semente GM produce molto più dell’altra, è indotto a continuare a piantare solo quella e dimenticarsi di ogni precauzione. In Burkina Faso (da veterinario ero là per altri motivi) sono stato anche io testimone di contadini che dopo una decina di anni di raccolti eccezionali con cotoneBt, hanno avuto perdite del raccolto (anche con queste perdite comunque il raccolto era rimasto superiore al periodo preBt) per l’invasione di parassiti resistenti al Bt. Nessuno di loro però aveva seguito le raccomandazioni scritte sulla confezione a grandi lettere. In Cina, invece della fasce tampone, hanno ibridato le sementi Bt con quelle normali riducendo di molto il fenomeno delle resistenze. I miei amici mantovani queste cose le sanno ed oltre a lasciare delle fasce tampone e una rotazione dei suoli, fanno anche una rotazione delle sementiGM che non si fanno più arrivare dalla Spagna, ma da un altro paese che non posso rivelare. Trovo quindi demagogico demonizzare lo strumento se è l’utilizzatore che sbaglia ad usarlo. Così come il coltello non è colpevole di omicidio, altrettanto non colpevoli sono le pianteGM. Il discorso è ovviamente molto più complesso e per capire certe cose, bisognerebbe avere interlocutori ferrati sull’argomento. Più in generale credo che per migliorare la precaria situazione ambientale, non si possano escludere le biotecnologie e cioè uno dei migliori strumenti che abbiamo a disposizione. A guardare sempre indietro, si va a sbattere.
Nelle mie ‘ciliegie’ antiogioemmine dove mi accusa di fare il demonizzatore guardi però che cosa scrivo:
“Per quanto attiene al primo tipo di OGM, l’inserimento del Bacillus Thuringiensis (BT) nel DNA di mais e cotone viene presentato solitamente come uno dei maggiori successi dell’ingegneria genetica. Si sono sviluppate specie di insetti resistenti, tuttavia, grazie principalmente alla pratica sinergica di alternare colture BT e non BT – favorendo l’incrocio tra specie resistenti e non resistenti alla tossina, indebolendo conseguentemente le progenie di parassiti – si è riusciti per ora a mantenere il fenomeno relativamente sotto controllo”.
Evidentemente l’ha letto tanto tempo fa e non si ricordava bene.
Potrei ribatterle inoltre che anche lei ha scelto una gran bella ciliegiona soffermandosi sull’argomento resistenze agli antiparassitari animali ignorando quella agli erbicidi, dove il bubbone è esploso in paesi come gli USA dove difficilmente ritengo che gli agricoltori siano ingenui in materia agronomica come quelli del Burkina Faso. Comunque non demonizzo nulla e non ritengo neppure che il problema siano gli OGM in sé: il problema è la pratica monoculturale che, andando contro la tendenza naturale alla biodiversità, inevitabilmente finisce per creare effetti collaterali gravi.
La invito anche a informarsi su che cosa sia la sostenibilità, che non consiste semplicemente nel ridurre un po’ la dipendenza da fitofarmaci o risorse non rinnovabili, è un concetto più complesso.
Ho qualche anno più di lei e mi interesso di sostenibilità dai tempi dell’università e del “Sole che Ride” di cui facevo parte da prima che lei nascesse. Nel 1974, su mio suggerimento mio padre ha concesso un pezzo di frutteto per sperimentare “in campo” per la prima volta la Lotta Biologica nel Veneto. Tra il 1978 ed il 1981 /anno in cui sono partito peril ServizioCivile in Africa), assieme ad una morosa agronoma, mi sono attivamente interessato al Metodo Biologico. Una ventina di anni fa (appena tornato in Italia, ero ancora ingenuo) sono anche diventato Certificatore Biologico e vedendo questo mondo dall’interno ho avuto conferma di quanto fosse una buffonata sesquipedale. Per cui, per favore, non mi tenga lezioncine sulla sostenibilità. Mi spieghi invece che differenza ci sarebbe tra un campo coltivato a soia, vite, papaia, pioppo, colza o a mais ibrido normale, ed i corrispondenti coltivati con varietàGM? La monocoltura o la policoltura restano tali indipendentemente dalla qualità del seme, e dipendono solo da come e dove lo pianto. Non ho comunque voglia di parlare di metodi agronomici, anche perché non credo che lei sia in grado di capirne, o meglio “pesarne” la vera differenza in termini di sostenibilità. Dalla mia lunga esperienza nei PVS invece ho imparato che per migliorare (o anche solo mantenere, con popolazione crescente) la sostenibilità, sono da risolvere due problemi di cui nessuno parla mai: la Riforma del Diritto Fondiario e la Massimizzazione Vs Ottimizzazione. Per ora spiegherò solo il primo.
Da noi in Europa è “normale” che la stragrande maggioranza di chi coltiva la terra ne sia anche proprietario: in francese Titre Foncier. Sia in Africa che in America Latina, il colonialismo ha invece lasciato in eredità un il cosiddetto Titre au bail enphytéotique (non mi viene in mente il corrispondente termine italiano) che in pratica era una concessione precaria e revocabile che durava dai 18 ai 99 anni che lo Stato (coloniale) concedeva ai coloni bianchi. Anche dopo la fine delle colonie tale metodo è rimasto. In pratica è chi ha il potere che concede le terre in gestione agli amici e agli amici degli amici. E da questo ne derivano sia le dittature che il Land Grabbing. Questo ha pensanti conseguenze anche sull’ambiente. In Africa, la maggior parte delle concessioni sono di piccoli appezzamenti, che spesso sono stati ulteriormente suddivisi e su cui si fa dell’agricoltura di sussistenza che nel migliore dei casi mantiene poveri. In Sudamerica sono invece grandi estensioni dove la stragrande maggioranza di chi lavora la terra è un salariato che non ha interesse a lavorarla bene e mantenerla fertile e chi l’ha presa in concessione (in genere abita in città) la fa sfruttare al massimo, per poi, quando il suolo è degradato e non più fertile, farsene dare in concessione dell’altro. E’ soprattutto per questo che vengono ampliate sempre di più le zone arabili a discapito di mata e cerrado e non certo a causa delle sementiGM o meno. L’agricoltura di sussistenza, avendo invece bisogno di molta manodopera è la maggiore causa dell’elevata natalità. La prossima volta parlerò delle ancora più importanti conseguenze ambientali della Massimizzazione Vs Ottimizzazione. Ora ho sonno.
Allora, lei è venuto qui dandomi del ‘demonizzatore’, dicendo che faccio cherry picking, ecc… Ho cercato di ribattere nel merito alle sue accuse in modo pacato, cosa non proprio scontata quando uno si presenta con “Non ho il tempo né la voglia di mettermi a smascherare punto per punto tutte le falsità e le “raccolte di ciliegie” fatte con cura per sostenere queste banali tesi antiogiemmine” (forse, quando si commenta sul blog di qualcuno lanciando accuse tanto gravi, voglia e tempo bisognerebbe trovarli). Non mi sono neppure stracciato le vesti quando mi ha detto che ‘agricoltori suoi amici’ (non so se sia una perifrasi per indicare anche lei stesso ma non mi interessa) piantano sementi OGM nel nostro paese, commettendo un vero e proprio reato. Le faccio notare che scrivere sulla piattaforma commenti di un blog altrui è un po’ come essere ospitati a casa di qualcuno,nel caso specifico di uno sconosciuto con cui ha zero confidenza. Pur senza conoscerla, non penso che in una situazione simile si comporterebbe in modo così zotico da andare a dire al padrone di casa quello di cui deve o non deve parlare o mantenendo atteggiamenti alla marchese del Grillo ‘io sono io e lei non è un cazzo’. Rispetto la sua esperienza e va bene la differenza di opinioni, però la piattaforma commenti di DFSN non è un luogo dove lei impartisce il Verbo, in quel caso si può procurare uno spazio Web tutto suo da gestire a piacimento. Anche perché si trova di fronte una persona con i suoi limiti in agronomia ma che va per i 43 anni, non un ragazzino.
Premesso che l’agroecologia non è rimasta ferma agli anni Settanta, la ‘lezioncina’ gliela faccio anche perché per esperienza ho constatato che aver militato tra i Verdi, almeno in Italia, non equivale sempre a grandi conoscenze in ecologia.
Finché ci si limita alla constatazione banale che un campo agroiudustriale ha maggiore resa per ettaro ed è quindi più piccolo a parità di produzione, è tutto molto bello, peccato che ciò non avvenga per magia. Lo zaino ecologico di un campo agrodindustriale si porta dietro un giacimento di gas, una miniera di potassio e una di fosforo, risorse finite di cui in certi casi si paventa già il picco di produzione (vedi fosforo). Negli USA (quindi in un contesto agronomico avanzato), pesticidi e fertilizzanti di sintesi rappresentano il 35% dei consumi diretti e indiretti in campo agricolo, non propriamente una bazzecola in un mondo che tra l’altro deve avviarsi verso la decarbonizzazione e con ogni probabilità dovrà contare su di un apporto ridotto di energia. E si potrebbe andare avanti… Generalmente le questioni si fermano a ‘campo grande vs campo piccolo’.
SUl perché l’ibridazione tramite transgenesi non si possa equiparare ai metodi convenzionali rimando ai pezzi che ho scritto.
Però l’agricoltura a maggior produttività del lavoro richiede più energia e più risorse, quindi bisogna verificare tutti gli indicatori di impatto ambientale coinvolti. (il bias e il cherry picking è sempre degli altri).
Sono curioso. Le faccio notare però che è lei che sta usando la nostra piattaforma per farci lezioncine. Non ho alcun problema al riguardo, a patto però che la cosa si mantenga su di un livello di rispetto reciproco. Perché io avrò i miei limiti in fatto di agronomia ma anche la sua sostenibilità mi pare ferma a 45 anni fa.
Un’ultima cosa. Ho posizioni critiche contro gli OGM, ma ho letto La sicurezza degli OGM di Pusztai e Bardocz – per molti una vera e propria Bibbia anti-OGM – e l’ho trovato complessivamente debole, ragion per cui l’ho sempre citato pochissimo e solo laddove mi pareva più attendibile. Non troverà mai mie prese di posizione sui pericoli per la salute umana perché (almeno finora) non esistono evidenze al riguardo. Ho anche contribuito nei gruppi ecologisti a smontare quell’articolo ‘Celiachia? Chiamatela Roundup’ di moda alcuni anni fa, perché basato chiaramente su correlazioni ad minkiam. Tutte cose per cui non mi sono attirato simpatie nell’ambiente. Questo per dire che, malgrado le mie mancanze, non sono né una persona intellettualmente disonesta né un fanatico che prende posizioni per partito preso.
Se sono stato scortese (o almeno ho dato questa impressione non voluta) me ne scuso, ma trattando di aspetti “tecnici” bisognerebbe almeno conoscere a fondo l’argomento. Io sono un ignorante totale di musica (anche se la musica mi piace), e non mi avventuro a commentare/giudicare il modo di suonare dei musicisti. Sull’agricoltura e zootecnia, però in molti, pur non sapendo niente, si permettono di giudicare, con la scusa che sono consumatori. E’ per questo che spesso mi arrabbio. Detto questo, nel giudicare un metodo agricolo piuttosto che un altro, secondo me non si può “usare il microscopio”, ma bisogna avere una visione d’insieme del contesto. Innanzitutto, non bisogna dimenticarsi che solo due generazioni fa la popolazione mondiale era meno di un terzo rispetto all’attuale e gran parte di questa era denutrita o malnutrita. Dare così in fretta da mangiare di più e meglio al triplo di persone, ha anche comportato degli sbagli, ma per me resta un risultato eccezionale. Potevamo mantenere il vecchio tipo di agricoltura, a livelli di quasi sussistenza e cioè con metà della popolazione che lavorava per dare da mangiare (poco e male) all’altra metà? Mi dispiace che lei veda solo gli sbagli. Poi sono abbastanza vecchio da avere visto dei cambiamenti epocali nei modi di produzione. Ricordo che da bambino mio padre (frutticoltore) tornava a casa affranto perché vedeva che le rondini che attraversavano la nuvola di insetticida creata dall’atomizzatore, cadevano a terra poco dopo moribonde. All’epoca però non c’erano alternative ai tremendi esteri fosforici di prima classe per proteggere la frutta. Ora tutti questo genere di insetticidi sono stati tolti e gli uccelli sono ricomparsi nei frutteti. Ho passato estati sul trattore a estirpare le erbacce dei vigneti con un apposito attrezzo perché mio padre si rifiutava di usare gli erbicidi dell’epoca Diquat e Paraquat, (e anni più tardi l’Atrazina) che facevano morire anche ogni genere di vertebrato. Poi è venuto il Glyphosate che tutti osteggiano (senza saperne niente), ma che non lascia residui e ha una tossicità bassissima. Decine di volte inferiore al solfato di rame raccomandato dai bio-illogici. Avrei molto da raccontare sui veri motivi dell’assurda opposizione al Glyphosate, che mi sono stati raccontati l’estate scorsa da un chimico tedesco della Bayer; ma sarebbe troppo lungo farlo ora. Lei poi fa un’affermazione sbagliata e cioè che una maggiore produttività richiede maggiori risorse. A parte l’errore semantico, è vero il contrario. Le faccio un esempio terra-terra. Ho a disposizione due ettari di terreno, su uno pianto del riso, del mais, del sorgo, soia o altro, usando una semente che sia Bt e anche resistente ad un erbicida (Glyphosate o altri a sua scelta). Oramai esistono sementi con introdotte due, tre, anche sei variabili geniche. Sono queste che stanno clandestinamente usando i miei amici. Nell’altro ettaro uso sementi normali. Nel primo caso la semente GM insensibile all’erbicida mi permette di seminare direttamente su sodo (no-till): in pratica non ho bisogno di arare e semino direttamente anche in mezzo alle erbacce. Nel secondo ettaro, invece, devo arare il terreno, poi triturare le zolle e solo successivamente posso seminare. Quando nel primo ettaro, i semi di mais sono germinati e la piantina ha raggiunto le quattro o cinque foglie faccio una sola passata di erbicida che secca tutto eccetto la pianta resistente. Nell’altro ettaro farò invece due trattamenti erbicidi, ovviamente specifici a seconda se pianto una monocotiledone o una dicotiledone. Ne posso fare anche uno solo, ma mi cresceranno molte erbacce che mi ridurranno la resa. Durante lo sviluppo nel secondo ettaro dovrò trattare con insetticidi (che ammazzano ogni genere di insetti) mentre nel primo ettaro, le piante saranno protette dal gene Bt e moriranno solo gli insetti che si azzardano a mangiarle. Se ci fosse un terzo ettaro coltivato con metodo Bio, sarebbe ancora peggio, perché senza erbicidi dovrei passare altre due o tre volte per togliere le erbacce. E’ per questo che le aziende Bio consumano molto più gasolio di quelle tradizionali e su 37 milioni di ettari Bio, solo 2,5 sono coltivati a sementi di vario tipo. Dov’è che si usano più risorse ed energia? Ha fatto i conti? Nel primo ettaro, oltre a produzioni più alte (i conti bisogna farli per unità di prodotto e non per ettaro coltivato come sono soliti fare), si lavora il terreno solo tre volte (semina, diserbo, raccolto), nel secondo ettaro il terreno viene lavorato almeno 5, 6 o anche 7 volte. Ma il gasolio necessario a tutte queste lavorazioni, non era compreso tra gli input energetici? Sapendo questo non dovrebbe meravigliarsi se i miei amici preferiscono rischiare la galera pur di usufruire dei vantaggi di questa soluzione. Ora si ponga tre domande: chi difende/rispetta più l’ambiente: l’agricoltore del primo o del secondo ettaro? Quale é la logica per cui quegli stessi prodotti che vengono impediti di usare sul sacro suolo italiano, possono invece venire tranquillamente importati? Non considerando i vantaggi ambientali ed energetici degli OGM ed altre soluzioni, in che modo possono sopperire gli agricoltori alla radicale riduzione del loro numero (il 2% da da mangiare ai restanti 98%) se non aumentando gli input energetici e di risorse. Non gliene faccio una colpa se non è conoscenza di molti aspetti. Accetti però di rivedere certe posizioni ora che li conosce. Della massimizzazione e ottimizzazione parlerò la prossima volta.
Sono consapevole dei miei limiti, però fare cose come leggere i dati lo so fare. Mi si dice: gli OGM servono per la sostenibilità ambientale. Allora separo il dato USA da quello delle altre agricolture dove sono stati introdotti, perché non sarebbe corretto mischiare i dati. E scopro cose come che negli USA, dal 96 a oggi, l’uso di neonicotinoidi è aumentato di 7-8 volte e l’uso di glifosato su mais e soia di 70-80 volte, che il problema delle specie resistenti agli erbicidi è diventato pià grave che in Europa. A meno che i suoi amici siano le uniche persone al mondo a far funzionare bene gli OGM, c’è qualcosa che non va.
Non è questione di vedere gli ‘sbagli’, ma di capire se i progressi tecnici sono all’altezza dei problemi che si propongono di risolvere. Posso rimanere molto affascinato, che ne so, dal fatto che la Mercedes ibrida con cui Lewis Hamilton ha eguagliato i record di Schumacher inquini probabilmente meno di una vecchia FIAT 600 anche se questa è una F1 e quella un’utilitaria, ma se la prospettiva è la decarbonizzazione totale entro il 2050, non è poi questo grande risultato.
Non nego neanche i progressi dell’agroindustria, dal punto di vista tecnico è un grande risultato che oggi gli USA consumino la stessa quantità di fertilizzanti dei primi anni Ottanta ma con una produzione nettamente maggiorata. Però ciò fa poco o nulla per risanare le dead zone marine create dal riversamento dei nutrienti usati in agricoltura. quindi non basta dire ‘abbiamo contenuto il danno’, bisogna sottopporre tale contenimento alla verifica della realtà. Uguale quando mi dicono che senza glifosato bisognerebbe usare maggiori quantità di erbicidi più impattanti: non questione di negare un progresso, ma di capire se è sufficiente.
Che mi sembra una fonte un tantinello di parte, credo che una IARC ad esempio sia più imparziale nel decidere al proposito.
A proposito di quello che scrive dopo sul diserbo nel biologico, guardi cosa scrivevo in un mio vecchio pezzo: “Con tutta l’enfasi concentrata sulle rese produttive, si è persa di vista la vera criticità ambientale dell’agricoltura biologica (almeno di quella statunitense), ossia il maggior impiego di carburante, poiché il mancato ricorso alla chimica richiede più operazioni da svolgere nei campi. Per approfondire l’argomento rimando alla lettura di un interessante articolo pubblicato sul sito dell’USDA.”
C’è però un piccolo problema, quello della disparità di risorse in gioco. Giusto per darne un’idea, il solo processo Haber-Bosch per produrre fertilizzanti azotati si pappa una quota compresa tra l’1-2% dei consumi enertici mondiali. E mentre per quanto riguarda i trattori si stanno progettando soluzioni come motorizzazioni elettriche, il processo Haber-Bosch senza metano (fonte non rinnovabile) non si innesca. Quindi, a parità di produzione il risparmio energetico del biologico sul convenzionale è un po’ più basso, non del 30-35% ma intorno al 20-25% (questo però se non contiamo l’energia per contenere le esternalità dell’agroindustria, cosa che forse andrebbe conteggiata).
Qualche anno fa l’università di Pisa fece uno studio comparato sui consumi energetici tra convenzionale e biologico (riporto il link a un sito web perché non lo trovo più http://www.terranauta.it/a1811/cultura_ecologica/il_biologico_risparmia_energia.html ) e stimarono un’indice di produttività rispetto all’energia circa quattro volte superiore per il biologico. L’agricoltura OGM usata al massimo dell’efficienza può sicuramente migliorarlo ma non eguagliarlo.
A questo punto sono io a rivolgerle l’ammonimento che ha fatto a me: “Non gliene faccio una colpa se non è conoscenza di molti aspetti. Accetti però di rivedere certe posizioni ora che li conosce”
Se ci si limita al suo ragionamento ristretto a quello che succede in azienda agricola quello che usa OGM, se si fa un ragionamento sulla filiera complessiva alla base delle due tecniche sicuramente quello che usa il biologico.
Forse sarebbe più coerente vietare anche l’importazione, tuttavia espandere o meno il business degli OGM permettendone la coltivazione fa una differenza enorme.
Allora è questo il vero cuore del problema, visto che ci stiamo approssimando a un mondo dove di energia e risorse ce ne saranno sempre di meno. Forse prima di parlare di tecniche agricole sarebbe il caso di chiedersi il senso di un paradigma alimentare che produce cibo per 13 miliardi di persone, ne butta via la quasi un terzo e sfama con cereali e soia un numero spropositato di animali che potrebbero campare di erba e vegetali non utili all’uomo. Con tutti i miei limiti, con la seria Critica della ragione agroindustriale ho cercato di analizzare il problema complessivo invece di limitarmi ai campanilismi si-no sugli OGM e simili.
Stamattina devo restare a casa ad aspettare una persona, per cui ho il tempo di rispondere. Mi limito a due sole cose. Ha citato che il Glyphosate negli USA ha avuto un incremento di 70-80 volte: per forza, è il migliore erbicida mai prodotto fino ad ora. Cosa dovrebbero fare i contadini, usarne un altro più tossico come il Dicamba della Bayer poi ritirato dal mercato? Se poi sono aumentate di altrettanto le coltivazioni di piante GM resistenti al Glyphosate, è logico che uso solo questo e non altri. A proposito di Bayer, un chimico tedesco, ospite del mio agricampeggio mi ha raccontato che è stata la Bayer a sponsorizzare le campagne anti Glyphosate allo scopo di sputtanare la Monsanto e pagarla di meno. La tecnica non ha funzionato (i cittadini possono essere creduloni, ma i contadini sanno cosa vale e cosa no) e quando la Bayer ha comprato la Monsanto per 63 miliardi, gli USA si sono vendicati, intentando una serie di Class action contro danni fasulli da Glyphosate. Tanto ora a pagare (11 miliardi fino ad ora) sono i tedeschi. Questo la dice lunga quanto a disinformazione. Visto che vuole cambiare argomento, affrontiamo quello della sostenibilità del Biologico. Come ho scritto, anche io ci credevo, ed è stata una delusione, quando facendo bene i calcoli, ho visto che è tutto, meno che eco-compatibile. Affrontiamolo dal punto di vista energetico. Innanzitutto, se fosse veramente più vantaggioso da questo punto di vista, perché su 37-38 milioni di ettari, solo 2,5 sono coltivati a staple food? Inoltre, perché il 91% dei fertilizzanti organici usati dai Bio italiani (negli altri paesi, le percentuali sono analoghe) in deroga, provengono dalla zootecnia tradizionale. dimostrando che il Bio non riesce a soddisfare nemmeno il primo punto degli obiettivi IFOAM: mantenere la fertilità dei suoli. Sempre restando in tema energia/fertilizzanti, uno degli escamotage più frequenti dei sostenitori del Bio è calcolare per ettaro coltivato e non per unità di prodotto. Se il Bio mediamente mi produce il 47% in meno, rispetto al tradizionale, devo arare, sarchiare, irrigare, ecc, quasi il doppio (a parte richiedere molta più terra arabile a discapito delle foreste, ma tant’è. Altro escamotage è non sommare nella giusta posizione gli input. I fertilizzanti organici, dal punto di vista energetico (tralasciando la fondamentale azione ammendante) sono il principale output dell’allevamento, che ritorna al comparto agricolo. Se aggiungo da una parte, devo però detrarre dall’altra. se si facesse, si vedrebbe che la maggior parte delle produzioni animali, hanno un’impronta ambientale minore rispetto a molte produzioni vegetali. Nel calcolo, andrebbero aggiunte anche i costi energetici di trasformazione, che mediamente sono molto più elevati per le produzioni vegetali. Mi hanno telefonato e arriveranno fra 15-20 minuti, per cui ho solo il tempo di fare un solo esempio di cattivo uso dell’energia e che potrebbe essere evitato, ma di cui nessuno parla mai. Il Brasile ed altri paesi simili esportano centinaia di milioni di tonnellate di cereali e soia in Europa e Asia anche (circa un terzo) per nutrire polli e suini. In questo modo “esportano” enormi quantità di macro e micronutrienti e a noi danno il problemi di smaltirli.
Per compensare le perdite sono costretti o ad usare molti concimi chimici, che giustamente lei accusa di essere energivori, oppure allargare le coltivazioni a nuovi terreni arabili a scapito delle foreste. La soluzione sarebbe esportare solo carne, ed in tal modo oltre ai fertilizzanti prodotti dagli allevamenti in loco, resterebbero anche i preziosi sottoprodotti della macellazione. Chi si oppone a questo, oltre alle solite Sette Sorelle che controllano il lucroso mercato delle materie prime agricole, sono quegli sciocchi nostrani che credono nella demagogica soluzione a tutti i costi (anche energetici) del km0. Sono arrivati, dvo andare.
Si sta verificando la situazione che il mio amico Jacopo Simonetta chiama ‘guerra dei mondi’, cioé uno scontro tra visioni contrastanti perché usano come metro di riferimento principale criteri diversi tra loro, nel mio caso la sostenibilità generale nel suo la resa produttiva. Per esperienza queste cose alla lunga finiscono male (insulti e dileggi) perché a ognuno il suo punto di riferimento sembra quello prioritario per cui l’altro finisce per sembrargli uno stupido o un fanatico.
Detto questo, da qualche anno a questa parte però la necessità di una rapida decarbonizzazione e di costruire un’economia di tipo circolare sono diventati un imperativo anche nell’establishment. Quando la FAO dice che bisogna superare il paradigma della Rivoluzione Verde, non intende dire che bisogna passare da oggi al domani 100% al biologico, bensì superare gradualmente un sistema basato su risorse non rinnovabili e che crea gravi esternalità. Se gli OGM mi dimostrassero concretamente di poter inagurare questo percorso (quindi non una semplice riduzione del danno), non troverei da oppormi: non sono agricoltore, non ho interessi nelle aziende del biologico, non sono neppure iscritto ad associazioni ambientaliste, ho cambiato varie volte idea nella mia vita (da giovane ero sicuramente molto più tecnosviluppista di oggi). Ritengo inoltre ancora più importante rivedere completamente il sistema alimentare, perché limitarsi all’aspetto produttivo sarebbe come aggiungere continuamente acqua a un secchio rotto, un inutile spreco di risorse (o un gigantesco paradosso di Jevons, un concetto dell’energia che in agricoltura si ripropone pari pari). Ma di questo ne ho parlato nella mia serie di articoli a cui rimando non potendo condensare tutto in un commento di WordPress.
Torniamo al solito discorso: sul piano sanitario sostituire un antiparassitario dannoso con uno sulla carta più salutare è sicuramente un progresso, ma nel campo della sostenibilità cambia poco se la massa complessiva utilizzata di erbici non cambia.
Ovviamente no, sono aumentate molto meno.
Enti come lo IARC compiono le loro valutazioni basandosi su ricerche condotte in regime di peer review, escludendo quelle a rischio di conflitti di interessi (a differenza dell’EFSA), per cui, senza per questo negare la veridicità di quanto mi riporta, trovo difficile che Bayer possa aver prezzolato interi settori del mondo accademico (in quel caso sarebbero veri certi discorsi complottisti che vengono accusati di antiscienza ecc). Devo dire che, tra confessarmi i reati dei suoi amici e raccontarmi intrighi industriali internazionali, mi sta creando un certo senso di disagio.
Quando ho cambiato argomento?
Cosa che invece ho fatto, proprio perché effettivamente è una questione reale. Detto questo, così come lei voleva il fair play per gli OGM senza che venissero presi in considerazione gli usi palesementi sbagliati come quelli africani, allora bisogna concedere lo stesso al biologico e all’agricoltura organica in genere (ne ho trattato qui http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-9-una-transizione-oltre-la-tecnica-seconda-parte/ )
Fa anche un po’ strano che adesso in questo scambio debba fare la parte del paladino del biologico, dal momento che ho espresso molti dubbi per questioni burocratiche e di altro genere. E’ oramai più di un decennio che la mia attenzione si concentra sull’agroecologia, che ritengo anche scientificamente più fondata.
Ha mai visto quella vignetta del possessore di auto elettrica che si vanta di essere ecologico e sullo sfondo si vede la centrale a carbone con cui si ricarica la Tesla? Ecco, non si dimentichi che dietro al suo campo più piccolo ci sono un giacimento di metano, una miniera di potassio e una di fosforo.
Se facciamo le pulci allora conteggiamo anche l’energia per l’estrazione di gas, potassio e fosforo, il loro trasporto fino alle industrie chimiche ecc e non solo quella dei processi di produzione. Comunque, che nella filiera biologica ci siano tante storture non lo metto in dubbio. Però, così come vogliamo fare paragoni con un’agricoltura OGM usata al massimo delle potenzialità, allora occorre fare lo stesso l’agricoltura organica.
Il problema che solleva è di quelli strutturali che secondo me sarebbero prioritari su qualsiasi considerazione produttiva.
Anche su concezioni distorte del kmO ho preso posizioni anche se per ragioni immagino diverse dalle sue (ad esempio ho scoperto che le modalità di trasporto sono tendenzialmente meno impattanti di quelle di coltivazione…)
A quanto vedo continua a travisare quanto scrivo e confondere pere con mele. Cercherò quindi di semplificare i miei concetti e di mettere dei punti fermi, altrimenti non ci capiamo. Da convinto ambientalista a me interessa produrre il giusto, con il minor impatto ambientale possibile. Avendo lavorato a lungo nei PVS purtroppo so cosa vuol dire denutrizione e malnutrizione. Nel 1983, in Mozambico mi è morta una bambina in braccio ed il fratellino è morto in braccio alla madre mentre tentavo di portarli al più vicino Posto de Saude e questo mi ha segnato a vita. Pertanto non mi limito a vedere le cose dal nostro piccolo mondo di persone pasciute e sicure di avere la pancia piena anche domani, ma cerco soluzioni che diano da mangiare a tutti e di continuare a farlo. Com’è che possiamo farlo senza continuare ad allargarci troppo, distruggendo quel poco di natura che rimane? Usando vecchi metodi o nuovi? Aumentando la produttività per ettaro o producendo di meno con meno? Secondo lei il punto critico/fattore limitante è la finitezza di risorse energetiche e fisiche. Al primo limite rispondo che l’idea si basa su un grave errore e cioè considerare la Terra come un sistema chiuso, quando invece è un sistema aperto, dato che riceve continuamente energia (a gratis!) dal sole ed anche un pò di materia: pulviscolo atmosferico. Per le risorse fisiche le rispondo con tre esempi. Centocinquanta anni fa Napoleone III sbalordiva gli invitati, facendoli mangiare con posate fatte con il metallo all’epoca più prezioso: l’alluminio. Ora anche un barbone, si rifiuterebbe di usare posate così cheap. E dire che è il secondo metallo più comune. Non a caso la crosta terrestre è indicata anche come SIAL: SIlicio + ALluminio. Alla stessa epoca, il sindaco di New York (all’epoca una metropoli con già mezzo milione di abitanti), chiese ad una commissione di esperti di prevedere e programmare il futuro sviluppo della città. Gli esperti giunsero alla conclusione che la cerchia urbana non avrebbe potuto superare un certo limite e gli abitanti non avrebbero mai potuto superare il milione e mezzo perché i cavalli necessari al trasporto di merci e persone avrebbero sommerso le strade di letame. Più di tre millenni prima i popoli del bacino del Mediterraneo si preoccuparono perché non riuscivano più a trovare nuovi giacimenti di stagno. Per produrre il prezioso bronzo, non era sufficiente nemmeno quello trovato nelle lontane isole del nord Atlantico. Si diedero da fare e trovarono un nuovo metallo, nettamente migliore e più abbondante del precedente: il ferro. E il bronzo servì solo per le campane.
I miei amici geologi mi hanno detto che fino agli anni ’70, a parte un pò di oro ed opali, l’Australia importava tutti i metalli. Il governo decise di finanziare delle ricerche geologiche e nei successivi 20 anni l’Australia è diventato il maggiore esportatore di metalli del mondo. Bastava cercare. Senza dimenticare la risorsa del riciclo. Ho sentito e letto più volte che il fattore limitante lo sviluppo dell’agricoltura sarà il fosforo. Ho lavorato a lungo nel sud del Marocco dove ci sono enormi miniere di fosfati ed ho chiesto lumi ad un geologo. Mi ha rassicurato che per i prossimi 200 anni ce ne sarà a sufficienza. E poi? “Lì sotto”, – mi disse, indicando il mare sottostante, “ce n’è almeno dieci volte tanto”.
Sempre risguardo ai macroelementi necessari a garantire una buona fertilità dei terreni agrari, l’arma vincente è garantire una buona integrazione tra zootecnia ed agricoltura, e non come vogliono fare certi sciocchi, ridurre l’allevamento.
A questo punto prevedo già la solita litania sui paradossi di Jevons, l’illusione del decoupling, l’ERoEI & Co, che sento dai tempi di quando ai tempi del liceo lessi per la prima volta il Rapporto Meadows nella biblioteca del mio paese. All’epoca mi fece impressione, poi ho capito, come nella famosa sfida di Simon a Ehrlich, che non era vero. Mi preoccupa invece l’inquinamento e il Global Warming, ma anche qui vedo che si continua a puntare il dito contro colpevoli sbagliati. per esempio si continuano ad accusare i ruminanti di essere responsabili dell’AGW o cavolate simili. Come l’età della pietra non è finita perché erano finite le pietre, altrettanto non credo che sia necessario fasciarsi la testa ora.
Non è che non ci capiamo perché uno dei due fa apposta a fraintendere, è che la guerra dei mondi ha raggiunto livelli per cui siamo alieni che si trovano su galassie lontane miliardi di anni luce. Anche io sento le solite litanie: il ‘banale procedere del progresso’ dove tutto sempre progredire per magia dell’inventiva umana, topos della Cassandre che si sono sbagliate, la Terra come sistema aperto…
Ci sono poi le ricostruzioni storiche volte a far intendere che i trend del passato debbano ripetersi pari pari senza colpo ferire. Il suo discorso suona come una cosa del genere: “Ecco, dicevano che Cristiano Ronaldo lasciato il Real Madrid era finito perché aveva già 33 anni, e oggi che ne ha 35 segna ancora trenta gol all’anno. Siccome ha già smentito le Cassandre, perché non dovrebbe continuare a segnare così tanto fino per altri due anni o più?”. La mia anima juventina ci spera, quella razionale è invece un tantino più dubbiosa perché sa che il fisico di Ronaldo è destinato a un inevitabile logorio e decadimento nonostante tutto l’impegno del portoghese per tenersi in forma. E se anche Ronaldo a 37 anni sarà ancora un cannoniere invidiabile, questo non smentisce che l’essere umano nel tempo sia sottoposto a un inevitabile decadimento fisico. I suoi esempi non confutano la finitezza delle risorse, il degrado antropico, la carryng capacity e gli altri punti di riferimento della sostenibilità.
Per levare il letame basta una scopa e un contenitore, cosa che non si può fare con le particelle di CO2, metalli pesanti e polveri sottili. Che creano più danni del letame. Quanto ai discorsi sulle materie prime, lei paragona epoche storiche in cui si perforava la Terra al massimo per qualche decina-centinaio di metri e c’erano tante terre vergini da scoprire con l’era attuale dove ci sono state perforazioni che hanno superato anche i 10.000 metri e ogni angolo del pianeta è stato praticamente scoperto. Tutti gli elementi presenti in grande concentrazione nella crosta terrestre sono stati sicuramente scoperti. E’ una narrazione fuorviante rispetto ai problemi che ci troviamo a vivere oggi.
Magari fosse solo per me, vorrebbe dire che sono altamente opinabili tre quarti dei problemi dell’umanità… Quando persino i sepolcri imbiancati del vecchio capitalismo come il Fondo Monetario parlano della necessità di una economia circolare, mi sa che certi problemi hanno raggiunto oramai livelli parossistici.
Le novità non sono quelle che escono solamente dai laboratori delle multinazionali. Anche l’agroecologia è una ‘novità’, perché integra concezioni del passato con scoperte recenti, non è la riproposizione dell’agricoltura pre-rivoluzione verde.
Mega-ciliegia (visto che lo diceva a me…). L’Australia è un continente particolare in gran parte costituito da deserti, quindi il danno ecologico creato (che c’è stato) è stato relativamente contenuto. Oggi i maggiori filoni di risorse si trovano nell’Africa subsahariana, in un contesto natuale completamente diverso (immagino che se non voleva la deforestazione per ragioni agricole a maggior ragione non la vorrà per l’estrazione mineraria). Il riciclo è un’ottima pratica, che funziona molta bene per determinate cose e molto meno bene su altre, che ha i suoi limiti e non è una cornucopia della materia infinita.
Non ha capito niente, perché altrimenti saprebbe che il mondo ha seguito sostanzialmente la parabola descritta da I limiti dello sviluppo nello scenario-base, quello business as usual ( https://www.researchgate.net/publication/267751719_Is_Global_Collapse_Imminent_An_Updated_Comparison_of_The_Limits_to_Growth_with_Historical_Data ). I limiti dello sviluppo è il libro più criticato da gente che l’ha letto (quando e se l’ha letto) malissimo. Se avesse capito il senso dell’opera, avrebbe compreso la terrificante ingenuità dell’affermazione del geologo marocchino che si limita a constatare la disponibilità di una risorsa decontestualizzandola dalle richieste energetiche per estrarle e dalla relativa convenienza economica (senza contare l’impatto ambientale di miniera sottomarine). Se estrarre il fosforo sotto il mare fosse così facile l’avrebbero già fatto da un pezzo, dal momento che le rocce con minerali a maggiore concentrazione probabilmente sono esaurite da tempo. E c’è mezza industria petrolifera mondiale che rischia il crack finanziario non per mancanza di petrolio (con le crisi dal 2008 a oggi che si sono susseguite la domanda è stata relativamente bassa) ma perché il prezzo al barile è troppo basso rispetto al breakhaven price. Il rapporto Meadows è molto chiaro sul fatto che il collasso sopraggiunge per ragioni economiche in seguito al progressivo esaurimento delle risorse, ma quando avviene tali risorse sono ancora abbondanti.
Quanto alle previsioni sbagliate, ce n’è una un po’ più importante di quella di Ehrlich (sulla quale ci sarebbe molto da dire: i suoi ragionamenti erano sostanzialmente corretti ma ha sbagliato nell’ipotizzare come si sarebbero manifestati i problemi di insostenibilità: ha sottovalutato le capacità dell’agroindustria e quindi ha ipotizzato carestie di massa, invece l’insostenibilità ha preso la forma di overshoot e degrado complessivo della biosfera, come il global warming; questo per quanto riguarda The Population Bomb. Sulla scommessa con Simon la questione è più complessa, un giorno ci scrive sicuramente un pezzo. Qui mi limito a far notare che la scienza della sostenibilità era agli albori, ma non si è fermata lì, ha riflettuto sui suoi errori ed è evoluto. Immagino che se prendessi la biotecnologia di 40 anni troverei facilmente concezioni rivelatesi errate e potrei mettermi a fare ‘gne gne gne’). Lei dice di essere preoccupato per il global warming, ma se si fosse verificato il ‘banale procedere del progresso’ non sarebbe dovuto verificarsi perché da 30 anni a questa parte le fonti fossili sarebbero dovute diventare un ricordo grazie all’energia nucleare. Nel 2020 avremmo dovuto avere macchine in grado di neutralizzare le scorie atomiche, reattori autofertilizzanti a pieno regime al posto di quelli tradizionali a fissione e fusione nucleare oramai a un passo. Beh, le cose sono andate un tantino diversamente e abbiamo l’85% del fabbisogno energetico dalle fossili. E ci ritroviamo il global warming tra i piedi. Stesso discorso si potrebbe fare con il settore spaziale: dopo i viaggi sulla luna si parlava di colonie sul nostro satellite e viaggi su Marte già a inizio XX secolo. Non è successo nulla del genere, abbiamo invece assistito al sostanziale fallimento di programmi come quello dello shuttle.
Negare il paradosso di Jevons significa invece negare l’evidenza: in campo energetico e in campo agricolo ci sono esempi lampanti. Quanto al decoupling, è uscito un libro https://luce-edizioni.it/prodotto/il-mito-della-crescita-verde/ che consiglio a tutti perché decostruisce gran parte della mitologia intorno al decoupling, esaminando la ricerca accademica sulla materia. Anche qui ci troviamo di fronte a dati di fatto.
Io sarò sicuramente scarso in agronomia, ma lei di ‘lezioncine’ sulla sostenibilità ne ha bisogno più di una.
E’ veramente curioso perché in tutto questo scambio lei mi ha consigliato di starmene lontano dall’agricoltura non avendo i titoli per parlarne, però ora si permette di dire che la climatologia dice ‘cavolate’ senza che, mi corregga se sbaglio, lei possieda uno straccio di titolo in materia di clima. Ovviamente, io posso parlare di agricoltura e lei di clima, se fatto nel modo corretto e prendendo atto dei propri limiti. Nel mio caso, verificare i dati della FAO e altre fonti su trend produttivi e uso di fertilizzanti e pesticidi negli USA o in altri paesi dove si usano OGM mi è sembrato qualcosa che non invadesse le competenze di uno specialista. Per minimizzare invece l’influenza dell’allevamento sul global warming, direi che invece le conoscenze specialistiche occorrano eccome, perché si stanno mettendo in discussione alcuni fondamenti della biologia animale e dell’azione del metano nell’atmosfera.
Questa stranezza l’ho già notata però in tanti sostenitori di OGM e cose simili: da una parte esaltazione della scienza accademica, una quasi santificazione della peer review, ‘la scienza non è democratica!’, ‘la velocità della luce non si misura per alzata di mano!’… poi però su certi altri argomenti si comportano pari pari a quelli che amano chiamare a ogni pié sospinto ‘analfabeti funzionali’.
Questo abusatissimo slogan direi che è la ciliegina sulla torta di certi ragionamenti. Se interpretato corettamente però è vero, nel senso che adesso ci vediamo costretti ad abbandonare le fossili anche se petrolio, gas e carbone sono relativamente abbondanti. Solo che, mentre abbiamo assistito al progressismo energetico con la sostituzione del carbone con il petrolio, con il passaggio alle rinnovabili sul piano tecnico sarà una ‘regressione’, essendo molto meno potenti e versatili delle fossili.
Ho cercato inutilmente di farle capire che chi usa dei semiGM, lo fa per non avvelenarsi e per usare meno risorse (gasolio, insetticidi, fungicidi, concimi, lavoro, ecc. e chissenefrega delle Kattive multinazionali. Non sta forse usando un cellulare o computer prodotto da una di queste? perché due pesi e due misure?) e lei continua a non crederci, anche se lo confermano molte ricerche in campo e metaanalisi serie. Mi dispiace non farle conoscere i miei due amici mantovani (fratellastri molto più giovani di un mio ex-compagno di studi, purtroppo morto giovanissimo) perché dopo aver sbattuto il naso sulla realtà, mi chiederebbe scusa fin che campo. Mi rassegno e parliamo d’altro. Per ragioni di tempo mi limito all’ultima, riguardante il clima ed il metano. Argomenti su cui lei vuole zittirmi perché sostiene di saperne più di me.
Mi sono laureato nel 1981 con una tesi di laurea sul biogas: la prima in Italia. Purtroppo all’epoca non c’era Internet e per avere qualche informazione ho dovuto chiederle inviando lettere ad università di mezzo mondo, oppure andando a rompere le balle a studiosi come Giorgio Nebbia ed altri. All’epoca non si parlava molto di Effetto Serra, ma già qualcuno sosteneva che il metano ruttato dai ruminanti fosse dannoso. L’ho citato anche io per sostenere l’importanza di una digestione anaerobica e controllata delle deiezioni animali a scopo energetico. la cosa però mi puzzava e ho continuato a ragionarci sopra. Ora ci sono un mare di pubblicazioni scientifiche (non ho voglia ed il tempo per cercarle e postarle. Se le cerchi da solo, ma solo su siti scientifici seri!) che dimostrano come il metano dei ruminanti, facendo parte di un ciclo biologico non è responsabile dell’attuale AUMENTO dei gas serra e pertanto non c’azzecca niente (o poco) con l’AGW. Io comunque ci sono arrivato per semplice ragionamento e usando le informazioni che può avere un bravo studente delle medie che abbia studiato e CAPITO il Ciclo del Carbonio. Proverò quindi a ripercorre questi passaggi terra-terra. Il metano viene prodotto dalle normali fermentazioni dei foraggi nei prestomaci: il mezzo che usano gli erbivori poligastrici per sfruttare alimenti per noi indigeribili. Una parte viene ruttato e va nell’atmosfera e troposfera dove rimane per 8-10-12 anni a seconda della latitudine ed altre variabili. E’ vero che la forzante radiativa del metano è 23-28-31 volte (anche qui altre variabili) rispetto a quella della molecola di CO2, ma questa rimane nell’atmosfera per 100 e più anni. Comunque con il tempo l’atomo di carbonio del CH4 si degrada trasformandosi in CO2 ed acqua e ritorna giù, viene nuovamente assorbito dalle piante e ridiventa foraggio per la vacca che l’ha emesso 8-10 anni prima. Fa parte insomma di un ciclo, come quello dell’acqua, ma a differenza di quest’ultimo che è rapidissimo ed evidente (anche il più stupido sa che l’acqua della pozzanghera evaporerà in poche ore, diventando vapore che formerà una grande nuvola e che ripioverà sotto forma di acqua poco ore o giorni dopo e poco o molto distante) il Ciclo del Carbonio essendo molto più lungo è invece controintuitivo. La dimostrazione che il Carbonio antropogenico zootecnico non c’azzecchi con l’AGW, ci viene dalle analisi dei rapporti degli isotopi C14 e C12 che dimostrano come il recente aumento della CO2 sia imputabile SOLO a combustibili fossili e cioè Carbonio vecchio di centinaia di milioni di anni. Spero sia stato facile capire. Il difficile è invece capire perché in tanti continuano a ripetere questa menzogna. All’inizio pensavo che fosse come per il sistema tolemaico: tutti vedono che il “sole gira intorno alla Terra”, per cui la stragrande maggioranza ci crede. Tanto più che lo confermano anche i sacri testi. Gli unici che dicono il contrario all’inizio sono tacciati di eresia. Poi, qualcun altro si mette a ragionarci sopra e la cosa diventa evidente per tutti o quasi: il 43% degli americani crede ancora al sistema tolemaico. Lavorando a lungo per la FAO, ho però capito l’inghippo. Pierre Gerber, funzionario FAO che ha “calcolato” come i ruminanti contribuissero per il 18% all’AGW, ha sommato il metano emesso da bovini di peso medio 500 kg (quando il peso medio è invece inferiore ai 180 kg) e l’ha moltiplicato per 1,4 miliardi di bovini. Per altri emissori, come le auto o camion ha invece preso in considerazione solo i dati inferiori e datati. Perché l’ha fatto? Da semplice funzionario sepolto nei meandri della FAO (mi ci sono perso anche io) è improvvisamente diventato famoso perché queste cose si vendono benissimo sul mercato della Grande Balla. Appena pubblicato il dato è infatti stato subito rimbalzato da tutti i media, sia quelli ansiosi di confermare il Pensiero Unico, sia quelli della parte opposta ansiosi di dimostrare che una vacca inquina più del SUV da tre tonnellate. Per fortuna c’è stata gente come il prof F. Mitlohener della UCD che ha denunciato la metodologia scorretta ed ha fatto ritirare e rivedere il documento. Il danno però è stato fatto e tutti continuano a citare solo il primo. Ora anche la FAO, sostiene che i ruminanti contribuiscono per il 2-3% ed i trasporti per il 26-27%. Perché il 2-3%? Il numero dei ruminanti sta diminuendo drasticamente nei paesi ad agricoltura e zootecnia sviluppata (con diminuzione delle emissioni), mentre sta aumentando nei PVS. Anche questo sarebbe un motivo per intensificare gli allevamenti ed anche utilizzare meglio le deiezioni.
Nel mare delle menzogne, questa è tutto sommato piccola, ma significativa di come le cose a conoscerle bene siano diverse da quello che dice il pervasivo Pensiero Unico. Qualche domanda sui motivi ed interessi per cui vengono abilmente propagandate queste menzogne, però me la farei.
A parte il fatto che non ho detto proprio nulla contro gli agricoltori (non ho neppure stigmatizzato quelli che violano la legge usando ogm), ho cercato vanamente di farle capire che, dati alla mano, l’agricoltura con gli OGM può essere forse meno impattante delle precedenti forme di agricoltura industriale, ma non è attualmente compatibile con un percoso in direzione della sostenibilità (ma su questo non possiamo capirci: viviamo in pianeti diversi). Veramente ho fatto un po’ più di questo: ho cercato di controbattere a tutte le sue osservazioni contro la scienza della sostenibilità ambientale. Non ho mai parlato di multinazionali kattive, anzi per la precisione l’ha fatto lei con la Bayer e le sue congiure contro il glifosato. Sull’ultima illazione sorvolo altrimenti dovrei replicare con una cavolata dal tenore simile, del tipo che se non mangia solo OGM è incoerente con le sue idee e sciocchezze del genere che vorrei risparmiarmi…
Le auguro di campare parecchio anche perché riguardo agli OGM, vedendo quello che è successo in USA, le magagne come quelle delle supererbacce iniziano a farsi sentire dopo 10-12 anni. All’inizio è tutto rose e fiori.
Quanto alla questione dell’influenza dell’allevamento nell’AGW, se ne discusse parecchio sul blog quando uscì Cowspiracy e ci scrissi un pezzo qui:
http://www.decrescita.com/news/cowspiracy-veganesimo-scienza-ideologia/
Stando al documento attualmente ritenuto il più completo sul funzionamento del clima ‘Climate change: “The Physical Science Basis”, 2013 – ar5wg1 ( https://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/ Gerber non è mai citato, per la cronaca) l’allevamento è attività marginale sul lungo termine ma impattante nel breve. Rispetto agli anni 80, il problema del clima è talmente peggiorato che anche le minacce a breve termine sono da tenere in maggiore considerazione. Noto che questo Mitlohener non è un climatologo e le sue osservazioni sono state contestate da un gruppo di ricercatori della John Hopkins ( https://clf.jhsph.edu/sites/default/files/2019-04/frank-mitloehner-white-paper-letter.pdf )
Qui alzo le mani perché davvero si entra in questioni tecniche decisamente sopra le mie possibilità.
L’allevamento intensivo può essere una buona idea se si ignora il concetto di impronta ecologica, altrimenti è un disastro.
Ha ragione, non ci capiamo, perché ad ogni mia affermazione svicola di lato, uscendo dal contesto o considerando solo un aspetto marginale. E mai una volta che risponda alle mie domande. Per esempio, cos’è per lei la sostenibilità? A mio avviso, un metodo/tecnologia che mi permette di consumare meno materie prime, meno lavoro, meno energia e che inquini di meno per produrre un prodotto di qualità migliore e più sostenibile rispetto ad altri. Lei ha accettato come veri ciascuno di questi parametri (non può fare altrimenti perché incontestabili per chiunque sia minimamente informato), ma per seguire una certa ideologia, non vuole (o non può) ammettere che sia più sostenibile. E il principio di non contraddizione aristotelico?!
Per noi agricoltori è poi incomprensibile che voi cittadini accettiate tranquillamente le biotecnologie bianche, gialle, grigie o rosse, ma non quelle verdi. Per esempio un amico che lavora nel settore conciario mi dice meraviglie delle nuove proteasi e lipasi che hanno permesso di ridurre costi e consumi di acqua, lavoro, inquinamento (secondo lui azzerato) e migliore qualità. Lo stesso per le biotecnologie rosse. Perché non contestate gli attuali vaccini bioingegnerizzati o l’insulina (anch’essa prodotta da batteri transgenici) che centinaia di milioni di persone si iniettano ogni giorno? Sospetto che il motivo sia che le biotecnologie bianche, rosse, blu e grigie servono a voi cittadini e quelle verdi invece solo noi contadini ne vediamo, pesiamo e apprezziamo i vantaggi. Anche se anche stavolta non sarà d’accordo, ripeto: perché due pesi e due misure?
Concludo facendo alcune osservazioni sul fatto che per contestare la mia dimostrazione che il metano dei ruminanti c’entri poco con l’AGW, mi citi delle critiche a Mitlohener. Ancora una volta prende mele per pere. Innanzitutto io mi limitavo al metano dei bovini. Poi mi limitavo al rapporto del funzionario Gerber della FAO sulle emissioni mondiali e non solo quelle degli USA. E non a caso la FAO ha ritirato e rivisto i dati a livello mondiale. Inoltre anche i critici di Mit. sbagliano non tenendo conto che la produzione agricola USA è improntata all’esportazione e con questa condiziona la politica di decine di paesi. Non si sforzi troppo: li ho già letti e valutati tutti questi articoli. Per scrivere il mio ultimo libro “Eresie Ambientaliste” ci ho messo un inverno per scrivere il 90-95% della bozza e 6 anni per controllare tutti i dati, leggendo centinaia di libri e migliaia di articoli. Nonostante questo, a posteriori mi sono accorto di 5 errori. Non molto gravi. Ma me ne sono accorto solo io. Durante la cinquantina di presentazioni, mai nessuno che mi abbia messo in difficoltà. E questo mi dispiace molto.
Ma se nella mia ultima replica ho quasi risposto a ogni sua riga di commento!!!!!!!!!!! Mi scriva espressamente le domande alle quali vuole risposta, in stile interrogatorio, e lo farò.
La sostenibilità non è un’opinione, è un concetto scientifico che si deve principalmente a Hermann Daly basato su tre fondamenti:
• il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione;
• l’immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell’ambiente non deve superare la capacità di carico dell’ambiente stesso;
• lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
No, detta così è meno insostenibile, che è diverso. Altrimenti dovrei dire che è ‘sostenibile’ anche la Mercedes di Hamilton perché inquina complessivamente meno (forse) di una vecchia FIAT 600. Nalle serie di articoli ‘critica della ragione agroindustriale’ ho cercato di capire numeri alla mano se le agricolture OGM, in particolare quella USA, stessero avviandosi verso la sostenibilità ottemperando ai tre criteri di sostenibilità, ma non è così. Il numero 3 in particolare è trasgredito alla grande.
Veramente io ho esposto dati e fonti (nei miei articoli sul sito e qua nei commenti) e lei più che dirmi che faccio cherry picking ma che non ha voglia di smontarmelo o raccontarmi quanto sono felici i suoi amici che violano la legge non ha fatto. Tutto lo scambio tra di noi si è gradualmente spostato da una discussione su fatti a una contestazione della mia persona, come ora.
Adesso è lei che mischia mele e pere paragonando usi diversissimi delle biotecnologie. Se ci sono cose si possono fare solo con le biotecnologie sia (non sono contro per principio), se si possono utilizzare altri metodi è meglio, non foss’altro perché meno costosi e rischiosi, visto che ci sono ancora molto punti oscuri sul comportamento cellulare. In questo momento in agricoltura mi pare evidente che l’agroecologia sia una via per la sostenibilità preferibile alle biotecnologie.
Anche qui mi sta imputando un comportamento che non ho tenuto… ho detto che alzo le mani perché la materia si sta facendo troppo tecnica (contrariamente a quello che ha sostenuto lei, riconosco i miei limiti), ho solo fatto osservare che alcuni studiosi hanno contestato la metodologia di Mitlohener. E ho riportato le conclusioni di quello che a oggi nella climatologia è considerato lo studio più completo sul funzionamento del clima. Che tra l’altro risale al 2013, quindi quando è uscito il suo libro (2015) tutta questa polemica era già superata.
Ho una certa predilezione per i libri contro l’ambientalismo, se segue un po’ il sito recentemente ho recensito ‘Elogio della crescita felice’ di Chicco Testa e in libreria devo aver dato uno sguardo anche al suo, il titolo mi è familiare.
Sono il primo ad ammettere che gli ecologisti sono molto spesso persone ben intenzionate, molto attive sul ‘pratico’ ma con conoscenze teoriche spesso traballanti. Se lei nella sue presentazioni avesse trovato persone anche solo vagamente preparate, ne sarebbe uscito massacrato se avesse esposto certe cose emerse nel nostro scambio del tipo:
– il rapporto Meadows è sbagliato, il paradosso di Jevons non esiste;
– definizioni personali di sostenibilità;
– calcoli dei consumi di suolo e risorse basati solo sull’osservazioni del campo e non sui processi di filiera;
– dati sui trend reali dell’agricoltura OGM al di là degli slogan.
La reazione che avrebbero molte persone che conosco è inondarla di link che confermano quanto loro sostengono. Io invece preferisco usare il metodo della SCIENZA (soprattutto informazioni sulla scienza di base. Avendo fatto per qualche anno il ricercatore all’IZSV, oltre ad aver capito che non sono tagliato per il laboratorio, ho anche capito che con la ricerca troppo spesso si può dimostrare tutto ed il suo contrario); COSCIENZA ed ESPERIENZA. Dato che lei (come la maggioranza delle persone) non ha esperienza pratica di agricoltura e zootecnia, leggendo certi articoli, non riesce a “pesarli” e capire quanto valgono nella pratica, come ho fatto nel mio libro, (non ho usato paroloni scientifici; ho usato tutte informazioni e dati facilmente verificabili nella prima videata di Internet; non ho usato dati estrapolati solo da teorie e previsioni, ecc.), cerco sempre di usare soprattutto la semplice logica e ragionamenti terra terra. Sono proprio questi che spesso mancano e colpiscono. Faccio un esempio significativo. A Bolzano, qualche anno fa fui invitato dalla responsabile di una associazione culturale incuriosita da alcuni miei articoli e mi invitò a parlare di vegetarianesimo & Co. Le chiesi due favori: di cercare la controparte più conosciuta in città sull’argomento e di farmi parlare per primo. Nei venti minuti di tempo a mia disposizione cominciai con il botto sfidando i presenti (quasi tutti convinti vegetariani) a dimostrare una mia provocazione retorica: se il vegetarianesimo diventasse obbligatorio per legge, l’Italia verrebbe “distrutta” in 4 anni, l’Europa in 5 ed il resto del mondo in 6-7. Lascio immaginare le sghignazzate e i “booo” e la faccia divertita del controrelatore. Venti minuti dopo rimasero tutti silenziosi e con la bocca aperta per la sorpresa ed il controrelatore letteralmente scappò dalla sala. L’organizzatrice lo inseguì e chiese il mio aiuto per convincerlo a rispondere e non farle fare una figuraccia. Piangendo disse che non aveva mai sentito questa argomentazione e non sapeva cosa dire. E se ne andò sconsolato. Ripeto: non usai nessun dato scientifico, ma solo buonsenso ed informazioni che tutti sapevano, ma su cui non avevano mai ragionato con la loro testa. Mi hanno poi riferito che la stessa mia provocazione è stata pubblicata su un blog di vegetariani nella speranza che qualcuno trovasse una risposta. Dopo qualche mese l’hanno tolta per la vergogna. Ho cercato di usare lo stesso metodo con lei senza successo. Ritorno al punto per me e per lei critico: indipendentemente dalla cultura e dal luogo in cui è fatta (qui discutiamo solo dei vantaggi “ecologici” dati da sementi di un certo tipo), perché non considera più sostenibile (e pertanto auspicabile per un decrescista!!!!) un metodo che mi permette di risparmiare acqua, ENERGIA (per il solo vantaggio di ottenere molto più raccolto sullo stesso terreno, consumerò meno gasolio per le varie operazioni colturali, o no?), terreno, concimi, lavoro, insetticidi ed erbicidi? Non venga ora a dirmi (come hanno fatto altri prima di lei, dimostrando di non sapere niente di agricoltura) che non sono le PGM il problema, ma la monocoltura, perché questa fatta con sementi ibride come il mais o sementi modificate geneticamente per mutagenesi come il frumento o il riso, si praticava e si pratica tuttora in tutto il mondo del tutto indipendentemente dagli OGM. Ha mai visto le distese di centinaia di km di campi seminati a frumento in Canada o Argentina? E questo non è certoGM! E poi perché giudicare solo le monoculture degli altri: dalle mie parti si sono paesi coperti per il 76% del territorio comunale da vigneti. Tolga spazio per case, strade, giardini, capannoni industriali ed avicoli a centinaia e tutto il resto è coperto di viti. Mai visto niente di simile in America. Lo stesso in Puglia con i vigneti che hanno sostituito integralmente la macchia mediterranea per decine di km. Riconosco che almeno questi sono belli. Risponda a questa semplice domanda e mi ritengo soddisfatto.
Guardi, nei miei quasi dieci anni di attività di blogger me ne sono capitate di situazioni pirandelliano-kafkiane, ma questa le batte tutte probabilmente. Quindi, senza voler sviare da nulla (la invito nuovamente a farmi un interrogatorio su tutti gli aspetti che avrei a suo giudizio evaso), mi consenta una premessa doverosa. Lei si è presentato obiettandomi bias e cherry picking (non ha mai usato questi termini ma faceva evidente riferimento), per cui mi sembrava di avere di fronte la classifica persona con atteggiamento da debunker alla BUTAC, seguace di Burioni e Bressanini e simili, quelli del ‘è scienza solo che ciò che è pubblicato su riviste accreditate in doppia blind peer review, il resto non conta!’. Adesso invece scopro che i suoi punti di riferimento sono “COSCIENZA ed ESPERIENZA” e “buon senso”. A lei sembrano fondamenti della scienza, se però vado a leggere la voce ‘analfabetismo funzionale’ di Wikipedia, tra le caratteristiche si legge:
– conoscenza dei fenomeni scientifici, politici, storici, sociali ed economici molto superficiale e legata prevalentemente alle esperienze personali o a quelle delle persone vicine;
Sicuramente, se io andassi su di un forum pro OGM portando come argomentazioni quello che fanno i miei amici agricoltori biologici, le confidenze di un ricercatore di una multinazionale e la mia esperienza personale, non farebbero altro che ripetermi ‘analfabeta funzionale’ deridendomi fino alla sfinimento. Ma non si preoccupi: siccome lei è favorevole agli OGM (e magari anche al nucleare e robe simili, non lo so) non rischia nulla, lei sarà sempre e comunque un paladino della scienza e io un demonizzatore retrogrado. Per ‘credere nella scienza’ basta essere favorevoli sempre e comunque alle innovazioni tecnologiche.
Guardi, vorrei vedere come reagirebbero i vari fan di Bressanini o della Cattaneo (che parlano di agricoltura senza mai essere stati probabilmente in un terreno agricolo, penso soprattutto alla senatrice) se un contadino dicesse loro in faccia cose del genere. Comunque non posso fare a meno di apprezzare la maniera in cui si costruisce le sue personali regole del gioco dialettico, dove gli altri sono talmente dei minus habens incapaci persino di leggere le conclusioni di uno studio (che c’azzeccano le conoscenze agricole e zootecniche con studi illustranti il consumo complessivo di energia per tipologia di pratica coltivativa o sull’impiego di input?). Tra l’altro, siccome ha deciso che l’esperienza diretta è l’unico criterio valido, sta anche implicitamente dicendo che lei avrà sempre ragione a prescindere e io torto.
Premessa: non sono né vegetariano né vegano (cerco di consumare la carne in modo ridotto e mirato), siccome sostengo pratiche agroecologiche che prevedono l’integrazione agricoltura+allevamento è molto probabile che se TUTTI gli abitanti (o TUTTI gli italiani) del mondo diventassero vegeteriani e vegani allora sarebbe un casino. Se simpatizzo per questi movimenti (se attuati nel modo corretto) è perché so che saranno sempre una minoranza che comunque può aiutare a ridurre l’impatto (SE praticano correttamente sul piano della sostenibilità la loro scelta.
Detto questo, non conosco esattamente i contenuti del suo libro, ma nuovamente devo riconoscere la sua abilità a trasformare la questione in onnivori vs veg-vegetariani, perché li può contare su argomentazioni solide e valide, anche di carattere ‘terra-terra’ come piacciono a lei. Se si fosse trovato come controrelatore un esperto di sostenibilità o un serio conoscitore di agroecologia e si fosse messo a trattare alcuni degli argomenti che sono stati discussi con me, l’avrebbero spazzata via.
Eh grazie al cavolo, mi scusi. Qui abbiamo affrontato fenomeni complessi che non si possono ridurre a ‘a pane e salame’ come ipotesi estremizzate ‘tutta l’Italia vegana’, ‘tutto il mondo vegano’.
Ecco, siccome sono costretto alle sue regole del gioco, dove conta solo ciò che ha toccato con mano e non conta tutto il resto, devo ammettere che sono abbastanza inguaiato. Lei, che si è interessato solo ai consumi diretti, ha constatato che, a parità di produzione, gli OGM rendono di più per ettaro e fanno ricorso a meno input. L’unico modo per confutarla sarebbe, non so, sottoporla alla macchina della verità o qualcosa del genere. Con le mie regole (ma siamo sicuri che siano solo ‘mie’?), potrei portarle i dati FAOSTAT che ho qua davanti aol monitor, che mi dicono che l’agricoltura USA pre-OGM impiegava mediamente nel 1990-96 2,31 kg/ha complessivi di pesticidi, valore diventato nel 2012-18 2,56 kg/ha, mentre in Francia, senza OGM, confrontando i due periodi, c’è stato un abbattimento. Se potessi usare le mie regole, evidenzierei che l’efficienza nell’uso dei fertilizzanti azotati negli USA nonostante gli OGM è a livello degli anni 80, in Francia senza OGM è migliorata. Se potessi usare le mie regole, mostrerei che il fenomeno delle supererbacce resistenti agli erbicidi è diventato più grave negli USA che in Europa. Se potessi usare le mie regole, tirerei in ballo i consumi indiretti (da lei del tutto ignorati, dove si concentrano i maggiori consumi, tali per cui alla fine le pratiche agroecologiche permettono di risparmiare energia per unità di prodotto di più malgrado l’eventuale maggior ricorso ai trattori. Tutti questi aspetti ovviamente richiedono la consultazione della letteratura scientifica perché non si possono conoscere alla San Tommaso come vorrebbe lei. Non potendo fare tutto questo, allora devo alzare bandiera bianca, ma del resto con le sue regole vince in partenza (per fare il verso a una famosa pubblicità, le piace vincere facile).
Invece lo dico e lo ripeto proprio perché non demonizzo gli OGM né sono un difensore dell’agroindustria tradizionale. Può avere ragione lei nel dire che l’agricoltura OGM usata al meglio delle sue possibilità può essere meno insostenibile di quella industriale nonOGM (anche se i paragoni USA-Francia sembrano dire il contrario), ma sono entrambe anni luce lontano dai principi della sostenibilità.
Adesso si usano anche lì gli OGM, ma è vero la monocultura c’era ben prima.
Concordo pienamente.
Ho paura che non lo sarà, ma tant’é…
Devo ammettere che lei è molto bravo a sfuggire come un’anguilla alle domande e contraddizioni. Se io mi fido più delle cose che vedo, peso e conosco direttamente (avendo anche sufficiente scienza ed esperienza per valutarle) è perché, come ho già scritto un paio di volte, ho visto come prendendo alcuni dati piuttosto che altri, puoi “costruire” come con i mattoncini del Lego, quello che vuoi. Guardi che non le faccio una colap se lei, mancando di queste conoscenze in questo specifico campo, deve necessariamente fidarsi di questo genere di dati costruiti ad arte. Faccio un esempio tratto da numeri che lei stesso ha citato. Lo studio che per lei è Bibbia, dice che tra il 90-96 il consumo medio di pesticidi negli USA è stato di 2,31 Kg/Ha, aumentato tra il 2012- 2018 a 2,56. Vede, se mostro questo dato ad un agricoltore mediamente acculturato (come i miei due amici mantovani: uno ha preso il diploma di geometra, il più giovane, nemmeno quello, ma sono informatissimi su tutto quello che riguarda l’agricoltura) come minimo si mette a ridere. Qualcun altro invece si incazzerebbe come una biscia: da quando in qua i fitofarmaci si valutano a peso? Ha mai visto considerare la maggiore o minore efficienza di un ospedale o di un medico, dal peso dei farmaci che usa o prescrive? Cosa penserebbe delle facoltà mentali di qualcuno che giudica la musica dalla lunghezza o dall’intensità in decibel dell’esecuzione? Conteranno semmai parametri quali la tipologia (esteri fosforici, carbammati, neonicotenoidi, ecc) la tossicità, la degradabilità, la DL50, ecc. Nei quasi trenta anni trascorsi tra il 1990 ed il 2018 le aziende produttrici di fitofarmaci hanno avuto un’evoluzione enorme. Per esempio, nel 1990 in Italia (e credo anche negli USA) stavano ancora usando l’Atrazina, vietata dal 1992. Da una decina d’anni in tutta l’UE praticamente non si usano più quei fitofarmaci di Prima Classe ad elevatissima tossicità e persistenza. Negli ultimi decenni poi sono cambiati i prezzi (se qualcosa costa molto più di prima, lo userò con più parsimonia); le leggi (in tutta l’UE, a seconda della tipologia dei terreni ci sono regole stringenti sulla quantità massimale di azoto per ettaro); i macchinari: in Francia ed altri paesi con superfici medie delle aziende agricole di 5-6-10 volte superiori a quelle italiane, sono più diffusi macchine che distribuiscono il concime sul terreno in maniera disomogenea basandosi sui dati raccolti mesi prima dalla mietitrebbia. Entrambe le attrezzature sono dotate di GPS precisi al metro. I paragoni ed i dati di questi articoli fanno quindi “ridaa i polin” (traduzione dal bergamasco: ridere i tacchini. Detto che è stato erroneamente tradotto in italiano: far ridere i polli.) E’ da esempi come questi che poi sorgono pregiudizi e incomprensioni. Si fidi: per capire certe cose bisogna conoscerle veramente.
Concludo: ho citato la vicenda dei vegetariani di Bolzano solo come un esempio. I vegetariani sono convinti che la loro scelta alimentare sia di beneficio all’ambiente. Tollero benissimo questa loro fisima (anche io mangio poca carne e tutta autoprodotta), ma mi da fastidio quando si pongono su un piano di superiorità etica. Gli ho mostrato che la loro scelta può esistere solo perché resa possibile da noi onnivori e pertanto non ha niente di superiore.
Non so perché ho l’impressione di trovarmi di fronte al bue che dà del cornuto all’asino. Non so da quali questioni avrei sviato, se ne è davvero convinto la invito per l’ennesima a volta a propormi una sorta di interrogatorio dove risponderò a ogni singola domanda. Altrimenti devo pensare che il suo è solo un espediente retorico.
E’ la FAO, che per la cronaca non è wwww.terrorismoverde.org. Se i dati sono a suo giudizio sbagliati argomenti nel merito.
Chissà come si saranno inkazzati allora quando, nel periodo 2000-05, i giornali parlavano appassionatamente di ‘riduzione dei pestici’ in riferimento alle sementi OGM in termini generici e usando il peso come grandezza!
Guardi, credo che rispondendo punto su punto mi metto un po’ a fare il suo gioco dialettico quindi, anche per portare a un punto fermo questa discussione, cerco di chiarire per l’ultima volta le mie ragioni. Allora, sono oramai 35 anni che gli OGM sono stati introdotti negli USA e per certe colture da svariati anni rappresentano il 90% e passa delle sementi adottate, quindi mi sembra passato sufficiente tempo per vedere in azione quella sostenibilità che tanto viene decantata. Senza aspettarmi miracoli, alcune cose si dovrebbero vedere, in particolare un vero decoupling nel consumo di risorse e l’abbandono dei pesticidi più pericolosi.
Che cosa vedo esaminando il database FAOSTAT? Che c’è stata una crescita lineare del consumo per ettaro di fertilizzanti azotati dal 96 a oggi, che spiega l’altrettanto lienare aumento della resa per ettaro delle coltivazioni OGM. Scoperta dell’acqua calda, dal momento che già nel 2014 l’National Academies of Science (non http://www.fuckmonsanto.com) in un un suo studio aveva negato l’evidenza di tossicità dei cibi ogm ma pure presunti aumenti produttivi. Le emissioni di protossido di azoto non sono diminuite dagli anni 90 ma sono sensibilmente aumentate. Infine, visto che ci tiene tanto al consumo di gasolio, nel 1996 l’agricoltura statunitense consuma 111.503,1 di Terajoule di gasolio, nel 2018 184.731.
Se, come avevo ammesso nei miei scritti, le colture BT tutto sommato tengono botta rispetto alla resistenza, quelle tolleranti agli erbicidi sono totalmente nel pallone: si irrora glifosato su mais e soia per valori 5-6 volte superiori a quelli del 96, ma le rese per ettaro sono aumentate molto meno (55% e 26% rispettivamente circa). Se nei casi precedenti eravamo di fronte a probabili decoupling relativi naufragati nel paradosso di Jevons (‘litania’ che purtroppo esiste eccome, se ne faccia una ragione) qui non c’è la minima traccia di decoupling.
Dulcis in fundo, negli USA si utilizzano ancora neonicotinoidi, atrazina ( https://water.usgs.gov/nawqa/pnsp/usage/maps/show_map.php?year=2017&map=ATRAZINE&hilo=L&disp=Atrazine ), vari fitofarmaci già aboliti in Europa. A partire dal 2010 su cereali e soia sta cominciando a riprendere l’uso del da lei tanto aborrito Dicamba ( https://water.usgs.gov/nawqa/pnsp/usage/maps/show_map.php?year=2017&map=DICAMBA&hilo=L&disp=Dicamba ).
Con questo non sto dicendo che l’agroindustria europea sia sostenibile, bensì che, nel contenimento del danno, agricolture paragonabili per sostificazione tecnologica agli USA, come quella francese, hanno ottenuto risultati paragonabili o addirittura migliori: consumo fertilizzanti per ettaro stabili da fine anni Ottanta (emissioni di protossido di azoto sensibilmente calate), soppressione di molti fitofarmaci ancora impiegati negli USA e, visto che le interessa smolto, nel 1996 l’agricoltura francese consumava 1329 TJ, nel 2018 797.
Certo, se uno guarda solo gli indici produttivi vede un’agricoltura USA in crescita lineare dagli anni Novanta e una francese stabile, ma guarda caso ciò riflette il consumo di fertilizzanti, quindi è una crescita ‘drogata’, per così dire. Quindi gli OGM non hanno fatto alcuna differenza in favore della sostenibilità.
‘Un par di ball’, sono molto eloquenti invece. Adesso sono io a chiedere a lei di girare intorno alle considerazioni di questo commento.
lei mi ha postato un unico dato e io le ho dimostrato che non è dalle quantità, ma dalle qualità dei prodotti usati che si giudica un metodo piuttosto che un altro. Se non accetta la spiegazione, me ne faccio una ragione. Se si mette a cercare sicuramente troverà tutti i dati che vuole a sostegno della sua tesi. Come le ho detto più volte, bisogna però avere un minimo di conoscenze e soprattutto buon senso per interpretarli nel modo corretto. Stasera, non ho molto tempo e mi limito a due considerazioni. Aumento del consumo di Glyphosate negli USA: se un prodotto è meglio di altri, io trovo logico che se ne usi di più a scapito degli altri. Soprattutto se abbinato a questo prodotto vi sono milioni di ettari di colture ad esso resistenti. Consumo di Neonicotenoidi negli USA: anche in Italia e nel resto dell’UE si continuano ad usare neonicotenoidi. Sono stati proibiti una decina di anni fa per gli agricoltori, ma non per i cittadini che continuano ad usarli nei prodotti antipulci dei cani; negli antitarme, antitarli, nonché venduti in piccole dosi da usare negli orti e giardini. Tutte piccole quantità, ma moltiplicate per i milioni di cani, gatti, case, orti e giardini, vedrà che la somma totale è molto superiore a quella che usavano prima gli agricoltori. E’ in casi come questi , in cui si considera lo stesso principio attivo e non prodotti completamente diversi per tossicità e degradabilità, che si devono fare le somme. Stranamente in questi casi che non coinvolgono gli agricoltori, di articoli in tal senso non se ne trovano. Gli unici a rilevare certe “stranezze” sono gli istituti di controllo delle acque o altro, che si stupiscono nel rilevare la permanenza di residui di neonicotenoidi nell’ambiente.
Nel mio ultimo commento avrei postato un unico dato??????
I dati che ho postato erano del database FAOSTAT e di una unità dello United States Geological Survey, un ente governativo USA. Ora, va bene parlarmi sempre a rovescio, ma si assuma un attimo anche le sue responsabilità: sta lasciando intendere che queste istituzioni divulgano dati falsi?
Ho trovato questa sua intervista del 2015, appena uscita il suo libro, dove dice ( https://www.larena.it/territori/villafranchese/eresie-ambientaliste-burlini-smonta-le-teorie-della-galassia-verde-1.3220447 ): “Un caso particolare? L’Ogm. «Si dice sia pericoloso, ma non è vero. Si tratta di strategie per produrre di più ma senza chimica, ovvero senza utilizzare fitofarmaci. “. Adesso invece mi sta dicendo che è normalissimo che le sementi resistenti al glifosato nel tempo richiedano sempre più erbicida fino ad arrivare alla situazione attuale dove gli aumenti di input sono talvolta di 5-6 volte superiori a quelli produttivi delle coltivazioni? Siamo pssati da dichiarare che gli OGM servono per un’agricoltura ‘senza utilizzare fitofarmaci’ a sostenere che è normale che dipendano sempre di più dagli erbicidi?
Le giuro che fin qui mi aveva creato una grande suspense (pensando anche ad altre rivelazioni che mi aveva fatto) e poi dopo sono un po’ rimasto deluso.
Ancora una volta dimostra di non capirci niente di agricoltura e di confondere mele con pere. Nell’intervista da lei citata, io mi riferivo all’unica tipologia di PGM autorizzata all’epoca dall’UE e cioè una varietà di mais ibrido resistente alla piralide (MaisBt) e non al Glyphosate. Visto che sull’argomento ne sa meno di zero, la informo che i maidicoltori italiani per proteggere il loro mais dalla piralide (quasi metà ha però rinunciato per non avvelenarsi) sono costretti a spargere dei potenti e tossicissimi insetticidi con quei grossi attrezzi su ruote altissime che qualche volta girano anche per le strade, nonostante sia proibito. I bio (il) logici invece che insetticidi di sintesi usano un prodotto “naturale” e cioè grandi quantità di Bacillus thuringensis, lo stesso da cui è stata estratta la sequenza genomica da inserire nel mais per proteggerlo dalla piralide. Le larve di questo insetto scavando delle gallerie nella pannocchia e nella pianta la espongono alla crescita di miceti con conseguenti micidiali micotossine, che causano migliaia di morti. Ma di questo evidentemente a lei non interessa niente. Entrambe gli insetticidi invece di ammazzare solo le larve di questo insetto però ammazzano tutto. Anche questo evidentemente a voi cittadini non interessa. A noi contadini però sì. Visto che non sono riuscito a farla ragionare usando il metodo induttivo, proverò con il buon senso e con un ultimo esempio. Poi mi arrendo! I primi e più ferventi sostenitori delle PGM negli USA sono gli Amish. Sicuramente la comunità di contadini più ecocompatibile e sobria che conosca: hanno rinunciato ad ogni modernità eccetto l’elettricità unicamente per i frigo per conservare fresco il latte. Per tutto il resto usano la trazione animale. Ho citato Amish ed usa, perché è evidente come questo paese sia per voi una fissazione e l’unico termine di paragone. D’altra parte lo stesso Rapporto Meadows soffriva dello stesso peccato originale, prendendo dati e facendo previsioni, solo sulla base del modello agro-industriale USA. E per di più, prima della prima grande crisi energetica del ’73. Dati e previsioni sono stati poi rivisti, ma il peccato originale è rimasto.
Ad arrendermi avrei dovuto essere io e da tempo. Sono giorni che mi confronto con qualcuno che, nell’ordine:
– dice che i miei scritti sono intrisi di bias e cherry picking, ma non ha voglia di confutarli;
– dice di non aver bisogno di ‘lezioncine di sostenibilità’ ma dimostra di saperne poco o nulla;
– svaluta la ricerca scientifica e i dati di FAO ed enti governativi perché non affidabili mentre lo devono essere i suoi racconti ‘i miei amici che coltivano OGM hanno questo risultato…’, ‘un chimico della Bayer una volta mi ha detto’ ecc.
Nell’intervista citata era assolutamente impossibile comprenderlo (la riporto per intero: “«Faccio una critica generale sulle neoreligioni eco, bio e naturalistiche, dove il biologico è stato soppiantato dal biodinamico. La disinformazione di massa serve per addormentare le persone e lasciarle fuori dalla critica».
Un caso particolare? L’Ogm. «Si dice sia pericoloso, ma non è vero. Si tratta di strategie per produrre di più ma senza chimica, ovvero senza utilizzare fitofarmaci. Dietro, in realtà, c’è uno scontro tra case farmaceutiche e chi fa biotecnologie. E così si induce a pensare che l’Ogm sia dannoso».”). In ogni caso, restiamo sempre al medesimo problema di prima: come fa a dirsi sostenibile un ritrovato che ti costringe nel tempo a consumare più prodotto chimico, per un quantitativo decisamente superiore agli incrementi produttivi? (ovviamente mi riferisco alla tollerenza agli erbicidi)
QUi dovrei essere io a usare il suo sistema del ‘un amico mi ha detto’ perché effettivamente conosco un coltivatore biologico che tempo fa mi ha spiegato di essere riuscito a ottenere buoni risultati nel controllo delle pestilenze animali attraverso una procedura che mi indicò e di cui dovrei forse ancora avere un file nell’hard disk del vecchio pc. Ma certo non perdo tempo per poi sentirmi dire ‘ognuno dice quello vuole’.
Mi può escludere con certezza che sulle colture BT non vengano spruzzati neonicotinoidi e altri pesticidi proibiti nella UE?
Guardi, se non avessi imparato un po’ a conoscerla penserei che mi sta prendendo in giro alla grande: la FAO non conta, le ricerche in peer review non contano, ma adesso gli hamish diventano un’auorità in materia di agricoltura e sostenibilità!!!! Gli hamish non sono ecologisti, rifiutano la modernità pensando che sia il demonio. La sostenibilità e l’agroecologia non è rimanere al tempo dei padri pellegrini. Con questo la discussione è caduta veramente in basso.
‘voi’ chi? E poi ho fatto il confronto con gli USA perché sono il paese dove gli OGM sono più largamente impiegati e con maggior sofisticazione tecnologica. Se lo facessi con paesi in via di sviluppo dove sono stati introdotti gli OGM e vengono usati in maniera inefficace potrei far apparire un quadro ancora più critico ma non sarebbe onesto.
“Adesso è il mio turno di dire ‘confonde mele con pere, non capisce nulla di sostenibilità”. Lei si confonde con The Population Bomb di Ehrlich, che pensava che la crisi ecologica avrebbe preso forma agricola e invece ha preso quella del global warming e dell’overshoot. Già nella prime edizione del 72 del Rapporto Meadows (I limiti dello sviluppo) si immaginano scenari con sviluppi agricoli decisamente superiori a quelli reali.
Comunque devo dire che mi ha fatto tornare voglia di scrivere sull’argomento, realizzerò un articolo prima o poi. Ciò che è scritto qui nei commenti è di dominio pubblico, decida lei se tenerlo o meno visto alcune cose ‘particolari’ che raccontato. Nel caso non fosse chi dice di essere (ma non credo), le ricordo invece che spacciarsi per un’altra persona è reato.
Le ho scritto più volte che io alla FAO ci ho lavorato per anni, (la mia prima moglie ci lavora tuttora come dirigente e mi tiene informato), per cui credo di saperne molto più di lei su come vengono fatte certe ricerche/relazioni. Non tutte (quelle tecniche sono ottime), ma solo quelle che trattano di statistiche “addomesticate”. Nella FAO infatti ci lavorano tre gruppi di persone: gli operativi che lavorano sul campo e di cui anche io facevo parte; i ricercatori e gli amministrativi , che erano e credo siano tuttora più o meno il doppio di noi, che lavorano in gran parte a Roma. La FAO, come altre agenzie delle Nazioni Unite deve infatti tenere conto del pensiero mainstream per poter continuare ad accedere ai finanziamenti, per cui soprattutto i ricercatori devono assecondare l’andazzo fornendo dati e conclusioni “allineate”. Ne ho avuto esperienza anche io quando, terminato l’ultimo libro sono andato a proporlo ai miei precedenti due editori, che mi hanno ringraziato della fiducia, ma non potevano pubblicare qualche cosa contrario alla “linea editoriale”. Ho poi mandato le bozze a tutte le 25 case editrici che pubblicano non a pagamento. Mi hanno risposto solo otto. Quattro mi hanno detto semplicemente di non essere interessate. Altre quattro mi hanno detto di aver trovato il libro interessante, ma non corrispondente alla “filosofia aziendale”. Mia moglie, mio figlio, mia madre, vari amici e i tre editori, vista la mia conoscenza di quello che la gente vuole sentirsi dire, mi hanno più volte invitato a scrivere un libro, contrario a quello che penso, ma che vada incontro a questa esigenza. Per ora mi sono rifiutato.
Non capisco poi la sua domanda sull’uso dei neonicotenoidi nelle colture Bt. Perché dovrebbero usarli se le piante sono già protette dai parassiti? Simili domande dimostrano che considera noi contadini dei fessi che sprecano soldi e lavoro per divertimento o per cattiveria. Le ricordo che i neonicotenoidi sono più costosi di altri insetticidi/aracnicidi (provi a vedere quanto costa una confezione di Advantix per cani) e sono vietati (per uso agricolo) ovunque nell’UE da una decina di anni. Non sono mai stato negli USA, per cui nemmeno in Pennsylvania ed Ohio dove si trovano le più grandi comunità Amish. Mio figlio però ci ha studiato e mi ha raccontato entusiasta di un giorno trascorso in una comunità Amish. E’ stato lui a raccontarmi di molti particolari come l’uso di mais, soia e colzaGM, elettricità (da fonti rinnovabili) per cisterne frigo, ed altro. Secondo lui sarebbero un perfetto esempio di Decrescita, una filosofia che invece detesta da quando, per curiosità, anni fa è andato ad una conferenza di Latouche, non ricordo se a Troyes o Parigi, e si è trovato in mezzo a sostenitori di Alain de Benoist.
So leggere e non mi confondo affatto tra Ehrlich, poi sputtanato pubblicamente da Simon e il Rapporto Meadows, a cui riconosco essere di ben altra levatura.
I dati FAOSTAT sono quelli forniti dai ministeri dell’agricoltura o dagli enti governativi del settore. L’idea che si mettano a pubblicare dati falsati su cose come l’impiego di fertilizzanti, il consumo di energia, ecc. e che un ente potente come USDA si lasci manipolare impunemente dalla FAO non sta né in cielo né in terra. E in ogni caso andrebbero portati argomenti un po’ convincenti di sospetti aleatori: la scienza è tale se ha un carattere intersoggettivo, non può essere una serie di resoconti individuali.
E si lamenta pure? Il prof Ugo Bardi, il massimo esponente della scienza della sostenibilità in Italia, pubblica per editori prestigiosi a livello internazionali come Springer ma nel suo paese fa una fatica boia. In compenso, autori pro ogm come Bressanini, Chicco Testa o la senatrice Cattaneo trovano accesso senza problemi all’editoria e alla stampa generalista.
In realtà sono stato un po’ subdolo, perché conoscevo già la risposta che è sì. Su circa il 90% degli acri coltivati a mais negli USA vengono somministrati neonicotinoidi, quindi sicuramente anche sul mais BT che da alcuni anni è più dell’80% sul totale (posso citare come fonte questa pubblicazione dell’università dell’Iowa https://lib.dr.iastate.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1597&context=card_workingpapers , ma se fa una semplice ricerca sul Web ne escono fuori moltissime altre fonti affidabili). Questo collima con il database dei pesticidi della USGS che segnala l’uso sempre più frequenti di neonicotinoidi sulle coltivazioni di mais e soia (ad esempio https://water.usgs.gov/nawqa/pnsp/usage/maps/show_map.php?year=2017&map=THIAMETHOXAM&hilo=L&disp=Thiamethoxam , https://water.usgs.gov/nawqa/pnsp/usage/maps/show_map.php?year=2017&map=CLOTHIANIDIN&hilo=L&disp=Clothianidin )
A giudicare dalle date in cui cominciano a essere usati in gran quantità, mi verrebbe da dire che ciò avviene per compensare a eventuali problemi di resistenza delle sementi BT. Perché all’inizio con gli OGM è tutto molto bello (come sta sperimentando chi in Italia viola la legge) i problemi sono sulla (neanche troppo) lunga distanza.
La mia scarsa simpatia per i fondamentalisti religiosi potrebbe rappresentare un mio bias, lo ammetto.
Massima solidarietà da parte mia verso suo figlio. Così come chi sostiene la crescita economica spazia da posizioni che vanno dall’estrema destra al liberalismo fino al socialismo, ci sono posizioni diverse anche nella decrescita. Latouche e De Benoist sono un po’ la sinitra e la destra della decrescita e anche io ho avuto problemi con i fan di De Benoist talvolta.
Ehrlich perse quella scommessa sulle materie prime perché ci capiva poco di alcuni meccanismi economici. Ma se adesso mi prendo degli scritti di Simon su energia e nucleare degli anni Novanta altro che sputtanamento che ne viene fuori…
Ma lei li legge gli articoli che posta? Se avesse letto quello sull’uso dei neonicotenoidi negli USA avrebbe appreso che riporta più domande e dubbi che certezze. Darò una spiegazione terra terra. E’ assodato che i neon. sono dannosi per gli insetti, comprese ovviamente le api. Sono stati adottati con entusiasmo per sostituire i ben più dannosi esteri fosforici e piretroidi che invece sono tossici per tutti: vertebrati ed invertebrati. Per tanti motivi è stato dunque un vantaggio. Si è poi scoperto che appunto sono dannosi per le api. Nell’UE, su proposta dell’EFSA (avrei molte perplessità su due componenti dei quattro componenti del team di esperti: Gerald Arnold e Fabio Scolastra, ma tant’è) si è dunque deciso di proibirli solo per uso agricolo, ma non per altri usi. La moria delle api però continua a rimanere simile a quella negli USA. Nel mais (sia quello Bt che non), i neon. vengono usati solo per confettare il seme (circondarlo cioè di sostanze che lo rendano indenne dall’attacco di parassiti terricoli), che alla semina viene appunto interrato sotto 4-5 cm di suolo. Anche al lordo di dispersioni nel’ambiente rilevabili solo con gli strumenti più sofisticati, non mi risulta che le api frequentino campi di mais, soprattutto quelle enormi distese ininterrotte che ci sono negli USA. E nessun maidicoltore usa i neonicotenoidi per aspersione sul mais come invece si fa con ben più tossici insetticidi in Italia e come fanno gli agricoltori USA su altre colture. Visto che parlavamo SOLO di mais io mi riferivo SOLO a quello. A questo punto bisogna chiedersi: cosa è preferibile. Abolire ogni mezzo di difesa da parassiti (compresi quelli domestici) e tornare ad un’agricoltura di 100 anni fa, con una popolazione di 4 volte più numerosa? Abolire completamente i neon. per tutti gli usi e continuare ad usare i soliti insetticidi? Permetterli per usi solo domestici o amatoriali, come in Europa, senza di fatto risolvere niente sul fronte api? Fare come negli USA, dove continuano ad essere permessi perché l’EPA (almeno fino ad ora) considera maggiori i vantaggi degli svantaggi. Tenga presente però che le frequenti morie di api denunciate negli USA sono dovute ad un uso improprio delle impollinatrici: vengono portate su monocolture di drupacee (che hanno fiori notoriamente scarsissimi in nettare) estese per decine di km ed è evidente che alla fine se non vengono spostate in fretta muoiono tutte per fame. Lo stesso avviene nelle serre. Negli USA il numero di alveari è aumentato di molto; non certo per la produzione di miele, ma per altri usi. Amici apicoltori ed ex colleghi ricercatori in questo campo riferiscono che sono questi usi impropri (abbinati ad un sempre maggiore danno da acari e virosi) ad essere molto più impattanti sulle api rispetto ai neonicotenoidi. E per finire ricordo che questi continuano ad essere usati anche in Europa. Dunque un consiglio: ne sutor supra crepidam.
Nella concitazione di rispondere ho effettivamente usato il termine ‘spruzzati’, mentre in questo caso vengono i trattati i semi. In ogni caso, quando nell’intervista al quotidiano locale definiva il mais BT in questi termini “Si tratta di strategie per produrre di più ma senza chimica, ovvero senza utilizzare fitofarmaci” era il 2015 e, come si apprende dallo studio dell’univerità dell’Iowa che ho linkato, i neonicotinoidi erano già applicati sul 90% del mais (figura 1 pag. 8) e quindi sicuramente anche sui BT. Quindi la sua dichiarazione non corrispondeva al vero. Quanto al problema delle api, come può vefificare cercando letteratura al riguado in Rete, sotto accusa è proprio la pratica di trattare i semi, a causa della persistenza dei residui nei suoli.
Nel 2021 un esperto di agricoltura non può fare finta che non esista l’agroecologia, che non solo è una disciplina insegnata nelle facoltà di agraria, ma è anche diventato un punto fermo della FAO. Le faccia le pulci, evidenzi tutti i limiti, ma non si metta a dire che l’alternativa è tornare a 100 anni fa o un’agricoltura biologica spesso mossa da buone intenzioni ma velleitaria.
Lasciando stare gli amici, l’Europa ha come spiegato lei messo al bando i neonicotinoidi in campo aperto. Comunque, se non lo si fosso capito, io non difendo l’agroindustria europea, speravo che fosse chiaro dopo 30 commenti. Siccome tanta gente, lei compreso, strombazza che gli OGM sono la via per la sostenibilità, cerco di verificare se è così.
Tra l’altro, io fino a prima di interloquire con lei ero convinto che le sementi BT tutto sommato non fossero poi malaccio (a differenza delle HR), perché convinto che la lotta alla resistenza avvenisse principalmente creando i ‘refuge’ non-Bt. Vedendo cose come la figura 2 a pag. 10 dello studio dell’Iowa, comincio seriamente a ricredermi.
Io ho quattro cattive abitudini: usare la mia testa e non solo quella di altri; diffidare del Pensiero Unico (e cioè di quando in troppi, sia di Destra che di Sinistra, pensano la stessa cosa); essere curioso e chiedere informazioni a chi ne sa più di me in certi campi. Per esempio, all’epoca delle prime polemiche sulla TAV, non mi sono limitato a leggere articoli, ma sono andato a chiedere informazioni direttamente al capostazione di Verona e al caposcalo merci del Quadrante Europa, per caso rispettivamente mio compagno di liceo e compagno delle elementari. Ed entrambi mi hanno assicurato che la TAV non solo è utile, ma serve urgentemente per smaltire traffico merci e passeggeri e quindi è utilissima all’ambiente. Per la moria delle api ho chiesto al massimo esperto italiano, mio ex collega all’IZSV e a quattro apicoltori: tre professionisti e uno dilettante: mio cognato, che però ha pubblicato varie foto e articoli su APIS, la più importante rivista italiana. Nonché inventore: tra le altre cose ha inventato e realizzato un conta api che ogni giorno tiene conto del numero esatto di api che entrano ed escono da ciascuna alveare ed in tal modo ne monitora la salute. I dati vengono inviati automaticamente ad uno schermo che mostra le curve di calo o crescita di ogni singolo alveare. Ebbene tutti questi esperti, mi hanno detto che il problema dei neonicotenoidi é esagerato. Qui allego un link interessante sull’argomento
https://agrariansciences.blogspot.com/2018/01/la-parola-ad-un-esperto-in-apicoltura.html#more.
Questo per concludere l’argomento neonicotenoidi, di cui si parla troppo e a vanvera.
Credo che sia importante spiegare perché sia così tranchant e caustico con chi professa e sostiene movimenti e ideologie reazionarie e contrarie a quei ritrovati scientifici che riducono consumi energetici ed inquinamento e migliorano vari aspetti della nostra vita quotidiana.
Mio padre è morto a 69 anni di una rara forma leucemica. Parlando con il medico curante ho corretto l’informazione scritta sulla cartella clinica che indicava mio padre come allevatore. Quando gli ho detto che era sempre stato un frutticoltore, ha esclamato “allora molte cose trovano una spiegazione!” Molto probabilmente a provocare il tumore sono stati tutti quei fitofarmaci (soprattutto organoclorati, come il DDT ) che aveva maneggiato e respirato negli anni ’50 e ’60. Quando è morto ed ho preso in mano l’azienda di famiglia, ha estirpato tutte quelle piantagioni (pesche, mele, pere, viti) che richiedevano continui trattamenti con fitofarmaci e ho salvato solo i kiwi e ne ho piantati molti altri perché all’epoca era una coltura che non richiedeva trattamenti con fitofarmaci. Una quindicina di anni fa le piantagioni di kiwi sono state colpite dalla cosiddetta Batteriosi e per prevenirla/curarla si deve trattare con dosi massicce di prodotti rameici, altamente tossici (almeno una decina di volte più del Glyphosate) e molto più persistenti. Varie Università, come quella di Ancona, hanno trovato una soluzione: un piede franco GM resistente alla Batteriosi, su cui innestare la pianta fruttifera. In pratica come la vite dopo la filossera. A causa della cappa di ignoranza ed oscurantismo che grava nelle menti di molti, questo metodo pratico ed ecocompatibile è stato vietato. Così come sono stati distrutti all’Università della Tuscia decenni di ricerche di miglioramento genetico su varie altre piante. In questo campo la ricerca pubblica italiana, all’avanguardia nel mondo, è stata distrutta e ci siamo consegnati mani e piedi alle multinazionali. L’aspetto più doloroso ed assurdo è che queste ideologie reazionarie, oltre a farci avvelenare, dicono di farlo per il bene nostro e dell’ambiente. Un classico esempio di cornuti e mazziati. Ci sarebbe poi da parlare dell’etica che sta dietro a questa demagogia.
Ha espresso molto bene la sua idea di scienza e rigore scientifico, mi auguro solo che certi soggetti (penso a Bressanini e simili) non usino con lei un metro di giudizio differente dal loro solito solo perché favorevole agli OGM.
Questa mattina fa troppo freddo e quindi ho il tempo per scrivere di etica. Io distinguo sei tipi di etica: quella del più forte (sono più grosso di te: o fai quello che dico io oppure ti arriva una clavata o un missile, sulla testa); quella del taglione sancita per la prima volta da Hammurabi e conservata da Bibbia e Corano; quella del diritto romano dell’intenzionalità: se faccio qualcosa di male senza volerlo, niente conseguenze. Il contrario se provo che invece volevi fare quello; quella cristiana trascendente; quella Kantiana dell’imperativo morale e per ultima quella Weberiana. Limitiamoci a queste ultime due. Molte persone bene intenzionate, per vati motivi si convincono di una certa idea e certi principi, ritenuti giusti in sé, e li seguono costi quel che costi. Sentono dentro di se la stessa sicurezza del sommo Immanuel sulla cui tomba stanno scritte le immortali parole: “la legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me.” Spesso, coscientemente o meno, però costoro non considerano in che misura uno scopo eticamente buono “giustifichi” i mezzi eticamente pericolosi o dannosi per raggiungerlo. Tutto ciò poteva essere tollerato fintanto che le conseguenze (giuste o sbagliate) restavano in un ambito limitato. Più recentemente ed esattamente un secolo fa, Weber ha però superato questa etica, distinguendo tra Etica delle intenzioni (kantiana) ed Etica della Responsabilità o delle Conseguenze. Quello che ritengo giusto e che intendo perseguire personalmente e divulgare, costi quel che costi, può rivelarsi controproducente negli effetti pratici e quindi non lo posso più considerare giusto. Intendo controproducente non per chi professa tale certezza, ma anche e soprattutto altrove o più in là nel tempo. Soprattutto di questi tempi in cui il mondo è interconnesso e globalizzato all’estremo. In pratica per ogni “credo”, è necessario chiedersi sempre quali siano le conseguenze ed assumersene la responsabilità. Ci sono casi in cui, come ad esempio i malthusiani del passato, colui che crede in una superiorità etica, conosce bene le conseguenze della propria fede, ed invece di ritenerle negative, le considera positive. Un male necessario ora, per un bene futuro. Liberissimo di pensarlo, ma altrettanto liberissimi altri di contestare e contrastare tale credo. Non si capisce poi perché a fare i sacrifici per il bene comune debbano essere (quasi) sempre gli altri. Mi posso permettere di scrivere questo, da persona morigerata ed esempio inattaccabile di frugalità: auto a metano (Rover 75) con più di 350.000 km e perfettamente funzionante; riscaldamento a legna autoprodotto; e lo stesso per l’alimentazione: autoprodotta al 60-70%. Mio figlio ( e la morosa) ancora più coerentemente, pur guadagnando una barca di soldi, non ha nemmeno la patente e ogni giorno, tempo permettendo si fa poco meno di 10 km (in andata ed altrettanti al ritorno) attraverso Parigi in bici per andare al lavoro. Quando può, preferisce sempre il treno all’aereo (anche se dei deficienti fanno di tutto per impedirglielo) ed ha un’alimentazione frugalissima, basata su materie prime (ovviamente non Bio) che sa cucinare molto bene.
E’ ovviamente libero di avere tutte le concezioni etico-morali che preferisce, meno che mai mi permetto di giudicare la vita sua, di suoi figlio o di chicchessia. Intervengo solo quando, come in questo caso, si è tirato in ballo la sostenibilità, per il resto me ne guarda bene dal giudicare la gente.
Si era partiti dalla sua constatazione che l’idea decrescitaria non “prende” più come un tempo. A mio giudizio le cause sono due. La prima è deducibile da tutto quello che abbiamo scritto e cioè che voi decrescitari per miopia e demagogia non accettate quei ritrovati scientifici che possono aiutare a migliorare la condizione umana migliorando al contempo la sostenibilità. Quando la gente se ne accorge ( e non ci vuole molto), è ovvio che resta delusa. La seconda è comprensibile dalla tempistica. E’ risaputo che le idee di maggiore successo siano quelle che meglio riescono ad intercettare lo spirito del tempo e meglio incarnano ciò che la gente vuole sentirsi dire. Non è certo un caso che l’idea decrescitaria abbia avuto il suo periodo di maggiore successo una decina di anni fa, in pieno periodo di crisi e recessione economica, per cui la proposta di soluzioni autarchiche e deglobalizzanti, era in qualche modo consolatoria e rassicurante. La crisi attuale, però è imputabile a ben altre cause e pertanto richiede anche una diversa risposta. In pratica la “ggente”, dopo un lungo periodo di privazioni imposte, sogna, sognerà e richiederà di tornare al consolatorio mondo di prima, con tutti i difetti (tanti) e pregi (pochi). Ovviamente è una pia illusione e sicuramente molte cose cambieranno. Non saprei se in meglio o in peggio. Ma altrettanto sicuramente, proporre ora una sobrietà ed autarchia imposta dall’alto, è quantomeno fuori luogo, fuori tempo e controproducente.
“Si possono ingannare poche persone per molto tempo o molte persone per poco tempo. Ma non si possono ingannare molte persone per molto tempo”.
Abramo Lincoln
Io nel mio articolo mi sono semplicemente limitato a constatare il calo di views del blog, non sono così narcisista da pensare che a esso debba corrispondere un calo della ‘idea decrescitaria’, coma la chiama lei. Calo avvenuto anche per certe prese di posizione che mi hanno messo in rotta di collisione con altre anime del movimento, molto variegato al suo intorno come giusto che sia. Sono abbastanza contento del suo intervento anche perché torna finalmente un ‘nemico’, non ne potevo più del ‘fuoco (presunto) amico’. (noti che ho messo tutte le virgolette del caso, sono ovviamente in modalità umoristica)
Ovviamente lungi da me un altro scambio di 30 commenti per spiegare la differenza tra sostenibilità e contenimento del danno… dico solo che ci siamo presi gli insulti (e a volte anche le minacce) dei no vax per le nostre prese di posizione, per dirne una, ma talvolta anche degli anti-OGM perché non facevamo passare il concetto che sono pericolosi per la salute umana mancando evidenze, ecc. L’unico gruppo FB da cui sono stato cacciato in vita mia era di 5g, perché debunkavo troppo bufale che circolavano. Ho anche preso le distanze dal modo di fare giornalismo di Messora e Byoblu, che è considerato da tanti paladino dell’informazione alternativa. E ci siamo differenziati dalle frange veramente reazionarie, cosa per cui i fan di De Benoist e simili storcono abbastanza il naso di fronte a noi. La nostra attività sul blog è lì a dimostrarlo. Se poi fare una critica argomentata all’agricoltura OGM significa essere retrogradi per partiti preso, amen.
Le faccio inoltre notare che, siccome la sostenibilità è anch’essa una scienza, parlarne a caso o grossolanamente è anch’esso atteggiamento antiscientifico.
“Non sono pirla” (José Mourinho) (neanche interista per la verità, onestà intellettuale mi impone però di tributare i giusti meriti)
Prendo atto. Se non la ritenessi molto più intelligente e corretto della media, non starei certo qui a rispondere. Mi permetto di aggiungere una considerazione su un vecchio post. La prima volta che sono imbattuto casualmente in questo Blog è stato quando ho letto l’Ottobre scorso l’articolo ” Il triste paradosso del “non necessario”. All’epoca avevo però molto da fare in campagna e non avevo voglia e tempo per intervenire. Per cui lo faccio ora. L’errore di fondo consiste nella definizione e considerazione del “non necessario”. Da quando esiste l’Homo sapiens sapiens ha sempre ritenuto il “non necessario” essenziale. E’ anzi la manifestazione più importante che lo differenza dagli altri animali. Basti pensare alle straordinarie pitture rupestri, risalenti già all’Aurignaziano (ne hanno scoperte recentemente in Indonesia risalenti a più di 40.000 anni fa) ed ancor di più al Gravettiano. A cosa servivano esattamente non si sa, ma mi sembra sbagliato definirle “necessarie”. per non parlare poi del Neolitico. Durante i miei due anni trascorsi nel vicino Oriente (soprattutto Giordania) ho potuto dare in parte sfogo alla mia più grande passione: l’archeologia. Tutti i fine settimana andavo a scavare (semplice manovalanza) nei numerosi siti natufiani e kebariani della zona. Qui sono state trovate evidenze di preparazione di cottura di cereali (selvatici e più tardi semi-domestici: orzo e farro piccolo) per fare della birra. In altri siti, secoli dopo, assieme a resti ossei dei primi animali domestici (pecore e capre) troviamo per la prima volta delle costruzioni rettangolari con le prime tracce di culto. A cosa serviva la birra e offerte di animali “prodotti dall’uomo” se non per scopi diversi dalla stretta necessità materiale? Nel sud-est della Turchia, nel sito di Gobekli Tepe gli archeologi hanno trovato decine di incredibili “templi” costituiti da enormi pietre scolpite con figure di animali e fatte da comunità di cacciatori-raccoglitori. Anche queste manifestazioni non di necessità, ma di “desiderio” nel pieno senso etimologico e cioè de-sidero: distolgo lo sguardo dalle stelle. Nella storia dell’umanità è dunque sempre stato “essenziale” e “necessario” il superfluo. L’aveva capito benissimo O. Wilde quando affermava:
“Toglietemi tutto eccetto il superfluo”. E poi chi decide cosa è necessario e cosa superfluo? Per l’ateo, le grandi cattedrali, costate enormi sforzi collettivi, sono superflue. Per i no-vax sono superflui i vaccini, anche se sono vivi grazie a quelli. A queste domande non ho una risposta. Ma diffido di chi crede/vuole averla al mio posto.
In risposta all’ultimo commento di Francesco
Ho letto tutti i suoi commenti e quelli di Igor Giussani relativi a questo articolo.
Non sono mai intervenuto su questi argomenti, né adesso né quando Igor ha scritto gli articoli a cui avete fatto riferimento, perché non ho la preparazione necessaria per fare commenti apprezzabili in merito.
Intervengo invece sull’ultimo suo intervento perché affronta un “tema antropologico”.
Su questo blog di Decrescita felice social network ho scritto parecchi articoli (che sono dei veri e propri piccoli saggi) sul tema del “senso della vita umana”.
Il primo articolo su cui ho trattato questo tema si intitola “Il futuro straordinario” (all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/il-futuro-straordinario/ )
L’articolo, nella parte iniziale, dice: “Il titolo “Il futuro straordinario”,… , fa riferimento alla considerazione che il senso della vita umana è la ricerca e sperimentazione dello straordinario e fa anche riferimento allo straordinario che tenteremo di creare in futuro (e, come si vedrà nel lavoro esposto, la decrescita sarà parte importante di questo tentativo).”
In seguito l’articolo definisce lo “straordinario” dicendo:” Lo straordinario è ciò che l’uomo ha cercato, contemporaneamente e dialetticamente, con l’attività economica (con cui si ottengono beni e servizi con cui soddisfare il più adeguatamente possibile e per tempi più lunghi possibile alcuni bisogni umani), con la religione (con cui si cerca un rapporto col sacro, con qualcosa che va oltre l’ordinario, con qualcosa appunto di straordinario), con le arti (con cui si cerca la bellezza; si cerca la bellezza nella natura, tramite la natura e andando oltre la natura: si pensi alle pitture rupestri, risalenti a decine di migliaia di anni fa, delle grotte paleolitiche spagnole, francesi, del nord Africa e dell’Australia), con le droghe (soprattutto con gli allucinogeni, il cui uso è attestato da molti millenni e con cui si fa esperienza di condizioni psico-fisiche straordinarie, che vanno dall’annullamento all’esaltazione), e con varie altre modalità. Questi modi sono stati utilizzati quasi sempre contemporaneamente (si pensi alla religiosità che impregna l’attività economica), si pensi all’arte che impregna le chiese (dipinti, sculture, architettura della stessa chiesa, canti e musica durante le funzioni religiose) o all’uso di droghe durante le cerimonie religione oppure all’uso di bevande alcoliche e marijuana durante i concerti rock o di altre droghe nelle discoteche). Sembra però che adesso, almeno in riferimento alla maggioranza della popolazione, sia il consumo per il consumo, il gioco d’azzardo e il possesso di animali da compagnia a svolgere un ruolo importante nel tentativo di superare la piattezza della vita quotidiana e raggiungere lo straordinario (ovviamente parlo soprattutto del mondo sviluppato, perché in molte parti del mondo ci si approvvigiona con difficoltà di acqua e di cibo).”
Francesco, la invito alla lettura di questo articolo e di altri articoli nel blog che trattano di questo tema (come per esempio “La decrescita nello spaziotempo” [all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/la-decrescita-nello-spaziotempo/ ] e “La ricerca dello straordinario: I Moai dell’isola di Pasqua” [all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/la-ricerca-dello-straordinario-i-moai-dellisola-di-pasqua/ ]
La saluto cordialmente e spero di sentirla di nuovo su questo blog
Armando
Mia moglie e molti amici mi rimproverano spesso di essere prolisso, ma al suo confronto scrivo degli haiku!
Sarebbe troppo lungo rispondere a tutte le questioni poste (posso scrivere solo nei ritagli di tempo o quando le condizioni climatiche esterne non mi permettono di lavorare in campagna) e a dire il vero non ne ho nemmeno molta voglia. Mi sono avvicinato a questo blog, non tanto per contestarne la Weltanschauung che vi sta dietro, ma solo un errore madornale riguardante le PGM. Più una contraddizione che un errore, visto che le PGM sono di fatto funzionali alla decrescita.
Torniamo al punto: il concetto di “necessario”. Ne ho accennato a riguardo della Rivoluzione Neolitica solo perché qui si è evidenziato come il “primum movens” del più grande salto qualitativo e quantitativo che ha fatto fino ad ora l’umanità, fu indotto non a soddisfare esigenze materiali, bensì “spirituali”. Molto probabilmente la domesticazione delle piante è infatti cominciata non per mangiare di più e/o meglio (è ampiamente provato che per comunità erranti fosse più “economico” raccogliere di volta in volta dei cereali selvatici, che fermarsi e coltivarli), ma per farsi una sonora “ciucca” collettiva in particolari occasioni rituali. Lo stesso, qualche secolo dopo con la domesticazione degli animali. All’epoca, la selvaggina era abbondantissima e non occorreva certo “sbattersi” per tenere in vita degli animali selvatici che nella versione odierna (domestica) sono piccoli e docilissimi, ma all’epoca erano più grossi e intrattabili. All’interno delle nuove e più popolate comunità stanziali, serviva un “capro espiatorio” (ne parla bene il filosofo René Girard) su cui “deviare” le crescenti tensioni sociali di comunità sempre più grandi. La stessa Bibbia descrive bene questo passaggio epocale, con l’episodio del mancato sacrificio di Isacco (o Ismaele) ed il succedaneo sacrificio dell’ariete impigliato nei rovi. Non a caso il momento fondante di tutte e tre le religioni rivelate. Quelle prime comunità avevano insomma bisogno di sacrificare alle loro divinità un “figlio” prodotto dall’uomo e non un “semplice” animale selvatico. Ne troviamo un esempio contemporaneo tra gli Ainu del nord del Giappone, che allevano un orsacchiotto (allattandolo al seno) per poi sacrificarlo. Poi, queste due “invenzioni”, furono (malauguratamente) adottate anche per scopi più prosaici e cominciarono i problemi per l’umanità; aumentò la popolazione, diminuì la statura media, si svilupparono nuove e micidiali zoonosi, ecc. Nonostante questi effetti negativi, questa rivoluzione continuò perché portò l’uomo fuori dalla natura. E nonostante siano passati i millenni, anche questa pulsione verso la soddisfazione più di desideri che di necessità, è rimasta. Cercare di sottometterla/fermarla ed addirittura invertirla, con una serie di regole programmate/imposte dall’alto è però illusorio. Nel caso dell’Italia, sarebbe poi un disastro completo. La maggior parte della nostra economia è infatti improntata a soddisfare questi “desideri” che soddisfano da vicino la persona (cibo, vestiti, accessori, i gioielli, gli occhiali, la pelletteria di lusso) o l’ambiente in cui vive: mobili, auto e barche di lusso, ecc. Togliamo tutto questo e non solo crolla tutta la nostra economia, ma credo che crollerebbe anche la nostra essenza ed identità. Girando per il mondo mi sono reso conto di avere “innato” un sesto senso per la bellezza, sotto qualsiasi forma. E gli altri lo sanno ed apprezzano. Nei suq di Aleppo, Damasco, Isphahan, o nei mercati di Dakar o Cali, mi riconoscevano subito come italiano ed apprezzavano trattare con me perché sapevo riconoscere ad occhio sicuro i loro pezzi migliori. Conoscendo molti geologi, non credo poi alla finitezza (se non fra parecchi secoli) delle materie prime. Voi Decrescitari poi non tenete conto che per secoli abbiamo estratto ed accumulato materie prime, che a parte i combustibili fossili, si possono riciclare. Credo invece ai danni che sta facendo l’aver immesso in pochi decenni nell’atmosfera una grande quantità di carbonio rimasto immagazzinato per milioni di anni nel sottosuolo sotto forma di combustibili fossili. Purtroppo ci sono troppi ignoranti che invece danno la colpa anche ad altre cause antropiche come l’agricoltura che invece si limita a riciclare sempre lo stesso carbonio. Anche questa una contraddizione dell’idea decrescitaria.
Inoltre, avendo lavorato in varie parti del mondo, credo nella validità del delinking e della Curva di Kuznetz.
Trovo anche sbagliato paragonare il desiderio di “droghe” che alterano/aumentano la percezione del passato, con il consumo di droghe attuale. Quelle erano droghe per riti sacrali collettivi. Queste sono droghe individuali.
Non voglio comunque entrare nei dettagli perché i discorsi si farebbero troppo lunghi e complicati. Concludo con un semplice consiglio. Perché invece di discorsi teorici, non cominciate a proporre qualche cosa di concreto per cambiare/smuovere l’attuale situazione che anche io, come molti altri ambientalisti, ritengo insostenibile? Una proposta semplice, pratica e condivisibile ce l’avrei: chiedere che in tutta l’UE (gli altri paesi seguiranno), la garanzia di ogni bene venduto, venga portata non più solo a due, ma ad almeno cinque anni. Per portarla in futuro anche a 10 anni. La maggior parte, o meglio tutti, i beni di consumo (auto, elettrodomestici, attrezzature, ecc) dovrebbero necessariamente essere riprogettate per essere più facilmente smontabili e riparabili. I vantaggi sarebbero enormi: netta riduzione del consumo di energia e materie prime; riduzione di scarti; creazione di un numero enorme di posti di lavoro locale per le riparazioni; ritorno in Europa di tante fabbriche ora delocalizzate in Asia (conseguenza importante a proposito della Curva di Kuznets, ecc. Io e tanti miei amici, approveremmo subito una simile iniziativa.
La ringrazio per i suggerimenti che però noi abbiamo già diffuso da 13 anni, cioé da quando è nato questo blog. La primissimai iniziativa quando fu creato è stata una proposta di legge contro l’obsolescenza programmata.
“legge contro l’obsolescenza programmata”
Gia’, mentre in contemporanea su spinta degli stessi ambientalisti veniva legiferato per costringere al periodico rinnovo forzoso e anticipato dell’intero parco automobilistico (decine di milioni di veicoli) con il pretesto dei vari euro-X, infine con l’elettrico, anche dimenticando che per almeno un decennio venne sparso a piene mani nell’ambiente concerogeno benzene “verde” che i primi catalizzatori non riuscivano ad eliminare dove serviva di piu’, nelle citta’ (chissa’ che un po’ dei cancri di oggi non dipendano proprio da quello, ma non si dice).
E adesso sta succedendo lo stesso con gli edifici, che le normative sempre piu’ restrittive rendono impossibile ristrutturare o ancora piu’ semplicemente tenersi come sono calando un po’ il termostato: bisogna demolirli e rifarli da zero, con gran dispendio e soddisfazione delle innumerevoli lobby professionali che ci mangiano sopra. Ci manca solo la tassazione punitiva per le case e le automobili vecchie e povere, che poi l’incentivazione di quelle nuove e’ la stessa cosa.
Francesco, rispondo in merito al punto in cui dici:
“Torniamo al punto: il concetto di “necessario”. Ne ho accennato a riguardo della Rivoluzione Neolitica solo perché qui si è evidenziato come il “primum movens” del più grande salto qualitativo e quantitativo che ha fatto fino ad ora l’umanità, fu indotto non a soddisfare esigenze materiali, bensì “spirituali”. Molto probabilmente la domesticazione delle piante è infatti cominciata non per mangiare di più e/o meglio (è ampiamente provato che per comunità erranti fosse più “economico” raccogliere di volta in volta dei cereali selvatici, che fermarsi e coltivarli), ma per farsi una sonora “ciucca” collettiva in particolari occasioni rituali. Lo stesso, qualche secolo dopo con la domesticazione degli animali.”
Riguardo alle motivazioni del passaggio dal paleolitico al neolitico (e quindi dalla caccia-pesca-raccolta di vegetali spontanei alla coltivazione delle piante e all’allevamento del bestiame) ho affrontato il tema nell’articolo “Il tempo della crescita – L’esplosione demografica nel neolitico” pubblicato alcuni anni fa su questo blog e che si trova all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/crescita-lesplosione-demografica-nel-neolitico/ .
Ovviamente se non hai tempo e voglia di continuare questo scambio di idee potrebbe finire qua!
Ti saluto cordialmente
Armando
Sono rimasto sorpreso di trovare qualcuno che ancora crede nell’obsolescenza programmata. Pensavo fosse una delle tante bufale d’antan, al pari delle scie chimiche & Co. Ricordo che se ne parlava molto fino a sette-otto anni fa. All’epoca chiesi spiegazioni sia a due ingegneri (mio figlio e mio cognato), sia a tutti i professionisti che conoscevo del settore riparazioni: meccanici, riparatori di elettrodomestici, ecc. Tutti furono concordi nel sostenere che su un briciolo di verità fosse stato costruito un castello di pregiudizi. C’erano, e sicuramente ci sono tuttora, degli oggetti che si usurano dopo un certo numero di operazioni. Per esempio certe lampadine “saltano” dopo un certo numero di spegnimenti ed accensioni. Lo stesso mi hanno riferito di alcuni modelli di stampanti (poco costose), programmate per un certo numero di pagine e che poi dovrebbero essere riportate da un tecnico specializzato (i.e. legati al produttore), per essere pulite e riprogrammate a caro prezzo. Alcuni tecnici generici, entrati in possesso degli strumenti e programmi, fanno la stessa operazione per un terzo del prezzo. Poi c’è la questione materiali: usando un materiale poco costoso, l’attrezzo dura poco; usandone un altro molto più costoso, dura di più. Al consumatore la scelta. Per tutto il resto sono fantasie. Anche perché, come mi hanno spiegato, la cosa è illegale e le ditte concorrenti non vedono l’ora di denunciare la frode. Non bisogna poi confondere tutto questo con la vera obsolescenza e cioè quella tecnologica. Vedi i telefoni cellulari che hanno sempre più funzioni e rendono i modelli di pochi anni, o anche pochi mesi prima, obsoleti. per farmi capire meglio faccio due esempi pratici. Due anni fa ho acquistato una piccola motosega sramatrice. Ne ho altre tre di dimensioni, potenze e pesi decrescenti, ma per certi lavori anche quella più leggera risulta troppo pesante e l’età aumenta. Tra i vari modelli sul mercato stupidamente ho scelto quello che costava di meno: un terzo rispetto al modello più costoso, anche se di uguale potenza e peso. Il venditore mi ha detto di usarla solo per pochi minuti e per tagliare rami piccoli. Visto che era pratica e leggera, ho però fatto l’errore di usarla troppo a lungo e l’ho “bruciata”. Ho un’officina attrezzatissima e di solito sono capace ed in grado di ripararmi quasi tutto. Il costruttore di questa motosega (fatta in Cina su progetto tedesco) per ridurne il prezzo ha usato acciaio scadente ed ha inserito il motore in un involucro non smontabile. Per cui mi tocca buttarla via. Obsolescenza programmata o stupidaggine mia, che non ho seguito le istruzioni? Se acquistavo il modello da 500 euro (quello che acquistano i professionisti), avrei potuto usarla tutto il giorno senza problemi e se si rompeva potevo ripararla. Altro esempio: ho tre trattori, di cui uno, il più vecchio (quasi 40 anni) è il mitico Fiat 640. Non ha il servosterzo, ha poche marce e solo una presa di forza, ma è sempre stato perfettamente funzionante. Il mio vicino ha acquistato da poco un nuovo trattore (costo 91.000 Euro) più piccolo, ma più potente del mio ed ha sicuramente ha più elettronica e più funzioni del modulo lunare (si guida e si controlla con un joystick come un aereo) , oltre ad una cabina condizionata, supersilenziata e pressurizzata per non fare entrare polvere. Ebbene, per un motivo o per l’altro è sempre dal meccanico. Della serie: tutto quello che non c’è, non si rompe! Mio cognato ha una fabbrica di macchine per lavorazione marmo. Sono macchine, che a seconda dei modelli hanno dai 10 ai 20 motori elettrici. Anni fa per risparmiare hanno acquistato motori elettrici prodotti in Cina, che funzionavano bene per qualche mese, e poi sotto sforzo si bruciavano. Motivo? I fili di rame degli avvolgimenti erano di cattiva qualità. Ora adopera solo motori fatti in Italia con rame di prima scelta, indistruttibili, ma che costano il doppio. Obsolescenza o concorrenza programmata? Un altro discorso riguarda i prezzi ed il rapporto costo del nuovo/costo riparazione. 30-40-50 anni fa televisori ed elettrodomestici come frigo o lavatrici costavano 2-3-5 stipendi. Ora 2-3-5 giorni di lavoro. Il costo del lavoro per la riparazione è invece aumentato e spesso non la rende conveniente. Soprattutto quando per abbattere i costi di produzione, in fase di progettazione/costruzione non si tiene conto del problema smontaggio dei componenti a scopo riparazione/sostituzione. Il cambiamento quindi deve essere fatto non solo da chi produce, ma anche da chi acquista. Come per il cibo, non si può volere allo stesso tempo un’ottima qualità e prezzi ridicoli.
Ricapitolando: l’obsolescenza programmata non c’azzecca con la garanzia più lunga. Quest’ultima richiede un netto ripensamento da parte delle aziende costruttrici di beni che devono progettare in funzione del riciclaggio dei vari materiali, del facile smontaggio, sostituzione e reperibilità dei pezzi di ricambio. E questo può essere ottenuto solo se questi costi sono a carico del produttore. L’acquirente, deve essere consapevole che tutto ciò richiede prezzi molto più alti. Questo per il nuovo. Una garanzia più lunga, facendo durare di più certi beni, allarga però il mercato dell’usato.