Camminavo lungo il Brenta.
Quale luogo a me più vicino e noto di questo!
Eppure era meraviglioso. L’acqua, il verde, il silenzio, il caldo, gli alberi, la storia che aleggiava intorno, i pesci, i gorghi, le onde, la cascata, gli alberi a galleria, l’odore di freschin, i sassi, i monti, il cielo tra il verde, i grossi tronchi, i massi…
Ho allargato le braccia attorno a un pioppo dal tronco enorme che non potevo nemmeno cingere, ho poggiato il viso, a occhi chiusi.
Cercavo la sua voce, ma non si fa trovare con facilità.
Chiede abbandono, annullamento del tempo, vuoto di coscienza e di cuore. Solo allora entri in contatto con l’ anima verde della pianta.
Più avanti ho abbracciato un salice il cui tronco, quasi orizzontale, testimoniava come le correnti si fossero accanite su di lui. Le brentane.
Senza tuttavia estirparlo al punto che è cresciuto in altezza e volume, espandendo la frondosa chioma a pelo d’acqua. Un velo verde, un luogo racchiuso, quasi una capanna di fiaba.
Anche qui ho tentato di percepirne la voce, ma non c’era silenzio.
Necessario perchè le nostre due anime entrino in risonanza.
La voce del vento…un tempo ero abituata ad ascoltarla.
Ora la sento soltanto.
Troppi rumori la coprono, esterni e interni.
Sì, anche i pensieri che frullano in testa rumoreggiano, come i clacson che arrivano da ogni direzione.
La voce del creato si fa viva solo quando nell’ anima si fa il vuoto.