Elezioni presidenziali in Draghistan

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Sono iniziate ufficialmente ieri le più sordide elezioni presidenziali della storia repubblicana. Non che le precedenti siano state esenti da squallidi giochi di palazzo (anzi), tuttavia molto raramente si era caduti in basso come ora, dove l’assuefazione al “puzzo del compromesso morale” (Borsellino, per quale paese sei morto?) è tale che oramai viene percepito quale normale e gradevole olezzo.

Sembrava ovvio da mesi un trasferimento di Mario Draghi al Quirinale, instaurando un presidenzialismo di fatto grazie alla nomina di un suo alter ego a Palazzo Chigi. Magari una donna, cosa che avrebbe fatto molto politicamente corretto: certo sarebbe stata un mero burattino agli ordini del suo predecessore, ossia la cosa più patriarcale e maschilista immaginabile. A quel punto à però intervenuta allarmata Goldman Sachs: meglio evitare, uno scenario così eversivo potrebbe infatti indignare persino in Italia. Che Draghi resti quindi dov’è.

Evidentemente, abbiamo lottato per tanti anni contro il conflitto di interessi di Berlusconi per trovare del tutto normale che il presidente del consiglio si faccia comandare a bacchetta dal suo ex (?) datore di lavoro. Un Berlusconi che è riuscito a far parlare ugualmente di sé con la prima auto candidatura pubblica alla presidenza della repubblica della storia, con le ambizioni di un pregiudicato alla massimo carica dello stato che sono state accolte nella massima serietà generale.

Piuttosto che il Caimano, meglio un Mattarella bis, ottimo garante per Draghi (formalmente non lo ha messo al potere lui?). La situazione si fa decisamente comica, con il presidente uscente che prende nettamente le distanze enfatizzando in ogni evento e dichiarazione pubblica la fine ineluttabile del suo mandato. Siccome qualcuno se ne esce con la brillante idea di rieleggerlo anche contro la sua volontà, meglio postare sui social media le immagini dei pacchi del trasloco onde evitare equivoci.

“Gli alleati europei e atlantici hanno bisogno di un’Italia stabile e credibile”, sentenzia Maurizio Molinari dalle colonne di Repubblica. I bisogni degli italiani, ovviamente, sono l’ultimo dei problemi. Eppure, questi giornalisti che fanno a gara nel rimarcare la naturale legittimità dei desiderata di Wall Street Journal, Economist e Financial Times (e quindi delle loro élite di riferimento) dovrebbero sapere che cosa ha tristemente comportato il tentativo di “rendere stabile” il nostro paese nel secondo dopoguerra.

I nostalgici della prima repubblica rimpiangeranno probabilmente quell’epoca “spazzata via dal golpe giudiziario di Mani Pulite”, l’Italia di Sigonella che non aveva paura di dire no agli USA ecc. Quale rappresentante migliore di quei bei tempi andati del democristiano Paolo Cirino Pomicino? Può una persona simile elargirci qualche pillola di saggezza capace di sbloccare gli eventi?

Draghi sussurri il nome giusto e poi entri in Parlamento“. Cirino Pomicino, da bravo camaleonte della politica, si è convertito al nuovo vangelo, ma lo stile para-mafioso è sempre il medesimo dei bei tempi andati. Draghi si faccia dire dai suoi capi (per nulla) occulti chi vogliono al Quirinale e poi i politici fingano di aver trovato improvvisamente la “grande intesa” in nome della unità/concordia/sicurezza nazionale” e di tutte quelle belle espressioni utili per disattendere la volontà popolare e trasformare i politici in meri esecutori di ordini provenienti da fuori.

Benvenuti in Draghistan, terra delle riforme e del pensiero unico, colonia dei principali poteri forti globali, beata del suo totale asservimento.

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

3 Commenti

  1. Mi hai quasi colpito per il tono “eversivo” di questo tuo articolo… Hai perfettamente ragione, ma a volte il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Mentre scrivo non so ancora come andrà a finire la partita. Una cosa è certa, Draghi vorrebbe salire al colle, sia perché glielo avevano promesso, sia perché vuole cavarsi dagli impicci.
    L’uomo Dal Monte avrebbe dovuto risolvere i due guai principali dell’Italia, l’emergenza pandemica e risollevare l’economia. Invece si prospetta un fallimento su entrambi i fronti. Sul versante covid siamo ancora nel pieno del ciclone. Più di 400 morti al giorno e trivaccinati che si contagiano e si ammalano fanno scalpore. Su quello economico hanno provato a taroccare la scena (prevista crescita del 6% per il 2022…) ma la realtà sta venendo a galla: alberghi e ristoranti che chiudono, piccole imprese sull’orlo del collasso, prospettiva disastrose per il turismo in Italia, altro che 6%, andando avanti così si comincerà a parlare di recessione ! Con questo bel quadro Draghi si vorrebbe defilare prima che il dito venga puntato su di lui, ma i partiti che lo sostengono non ci stanno e spingono perché rimanga dov’è. L’immagine di Schettino che abbandona la nave che affonda è già stata evocata. Inoltre la maggior parte di deputati e senatori temono che col passaggio di Draghi al colle la maggioranza non tenga e si vada ad elezioni anticipate e allora addio mutui da pagare ! A questo punto difficile dire come andrà a finire. I nomi che si fanno li conosciamo tutti. Sono per lo più poco presentabili ma di questo si preoccupa poco la nostra classe politica. Anche l’ipotesi Draghi PdR è ancora in campo, a dispetto dei partiti contrari e a differenza di te io credo che l’alta finanza internazionale preferirebbe questa soluzione. Vuoi mettere un loro uomo stabilmente a guida dell’Italia per 7 anni… La mia speranza è che qualche volta anche i poteri forti possano rimanere delusi.

    • Guarda, non so cosa voglia l’alta finanza (non penso neanche che sia un monolite che pensi con un’unica testa), di sicuro questo non è quello vorrei io! Vedremo nelle prossime ore, per ora leggo di una discreta rosa di candidati assurdi.

  2. Alla luce di come è andata a finire la prima cosa che balza agli occhi è che la fine del mandato di Mattarella non era poi tanto ineluttabile…. con la rielezione del buon Sergio ho perso una scommessa, roba da ridere, c’è qualcuno che ha perso la faccia. Poi c’è il centro-destra che ha perso la coalizione, Salvini che ha perso la leadership e i 5S che hanno perso l’unità, anzi no, quella non l’avevano mai avuta. In compenso deputati e senatori hanno riguadagnato la certezza della pensione. Verrebbe quasi da dire una cosa blasfema, ovvero che Renzi ha fatto ancora una volta il manovratore…Anche Draghi ha perso qualcosa, perché lui ci teneva sia a fare il presidente che a levarsi da una poltrona che comincia a scottare. La morale è che anche nel Draghistan non tutto può essere rigidamente predeterminato.

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