Educazione oggi significa anzitutto preparare le persone fin da piccole a seguire una determinata visione delle cose, significa insegnare loro un modello di pensiero e di vita che li vada a incasellare in una posizione specifica nella società, significa quindi creare degli individui normalizzati rispetto a uno specifico standard imposto dalla cultura del tempo. Educare deriva dal latino “condurre fuori”, ma oggi ha una connotazione opposta in quanto sarebbe più appropriato tradurre con “condurre dentro”, ovvero condurre l’individuo dentro un sistema culturale ben definito e precostituito. L’educazione riguarda sia le scuole che le famiglie così come la società nel suo insieme in cui il ruolo chiave, come sappiamo, è detenuto principalmente dai mezzi di comunicazione diffusa, in particolare dalla televisione che ha imposto per decenni, e continua a farlo oggi, dei modelli culturali preconfezionati senza che lo spettatore abbia mai avuto modo di interagire, di farsi parte attiva. Nelle scuole, analogamente, si insegna a recepire informazioni: il sapere è considerato come quantità di nozioni apprese, come se gli studenti fossero recipienti da riempire, come se fossero entità passive e vuote da sintonizzare su determinate frequenze ritenute corrette e migliori di qualsiasi altra. Educare significa conformare al senso comune e se qualche soggetto non riesce a conformarsi bene, allora sono stati escogitati diversi livelli di interventi correttivi: tra i quali ci sono sicuramente pressioni psicologiche di vario genere e cure con psicofarmaci, e la cui ultima spiaggia è rappresentata dall’emarginazione culturale, ovvero ciò che non si adatta diventa rifiuto, affinché non diventi minaccia si esclude, si denigra. Succede, però, e recentemente i casi sono in aumento, che qualche soggetto, se pur ben normalizzato alla cultura dominante, cominci un suo libero percorso di decontaminazione culturale. Questo processo può essere denominato anche diseducazione, in quanto si va a distruggere le basi culturali su cui poggia un’intera infrastruttura di pensieri e credenze. Intraprendendo questo percorso, che ho anche chiamato in passato “sconnettersi”, l’individuo sceglie deliberatamente di staccare il proprio cordone ombelicale che lo nutre di preconcetti e visioni preconfezionate; un po’ come in Matrix quando Neo sceglie la pillola rossa per vedere “quanto è profonda la tana del Bianconiglio”. La diseducazione è uno degli atti più rivoluzionari, forse il più rivoluzionario, che oggi un individuo possa fare. A differenza del film Matrix però, dove Neo si risveglia nel mondo reale lasciando quello virtuale, nella società di oggi chi “si disconnette”, chi riesce a diseducarsi, pur vedendo la realtà con occhi diversi e perciò pur vedendo in effetti una realtà diversa, è comunque costretto a vivere nel mondo reale nel quale domina ancora la monocultura imperante. Per questo la difficoltà maggiore non è nel diseducarsi, basterebbe probabilmente qualche mese di riflessione e di meditazione che comunque facile non è, piuttosto nel continuare a vivere nella società nonostante non siamo più in sintonia con i principi culturali che la regolano. Questa è la vera sfida di oggi, in un’era di pionieri questo è l’impresa più coraggiosa e rilevante da compiere. Purtroppo c’è anche chi non c’è la fa a percorrere fino in fondo “la tana del Bianconoglio”, e un po’ per paura, un po’ per solitudine, è costretto a rieducarsi per poter continuare una vita, forse non normale, ma almeno “normalizzata”.
Interessante anche l’articolo sulla competitività nello sport tra giovani, http://decrescitafelice.it/2013/05/lo-sport-il-virus-della-crescita/, un riflesso della cultura dominante che impone stili comportamentali che legittimano l’esclusione del più debole.
[…] http://www.decrescita.com/news/educazione-diseducazione-e-rieducazione/ […]