Ironia della sorte!Volevo riascoltare dei file su delle interviste fatte da “radio tre scienza” riguardo le immissioni di c02 nell’atmosfera e il consumo eccessivo di energia prodotta con combustibile fossile,quando mi appare una notizia ANSA riguardo l’annuncio di Google che ha deciso di “abbandonare un progetto di energia rinnovabile piu’ economico del carbone e quindi piu’ sfruttabile a tutti i livelli”.Un sorriso amaro accompagnava il pensiero di essermi trovato davanti alla classica sfortuna del bimbo scoperto con le mani nella marmellata,dove,come sempre, il vasetto è di tutti e si chiama Terra.Ammetto anche di non aver avuto nessun sentimento di stupore,che sarebbe potuto accadere se la notizia avesse detto il contrario,ma avvalora invece la tesi che le aziende di tutti i generi non hanno la ben che minima lungimiranza, abbagliate dal profitto immediato e disinteressate sui reali costi che ha la produzione di beni o servizi e quando ci provano hanno dietro un fine di mera pubblicità.Le contraddizioni del mercato e l’assoluta mancanza di lucidità nelle scelte che potrebbero dare benefici all’umanità le evidenzia anche Nicola Armaroli che,con Vincenzo Baleani,ha scritto un libro edito da Zanichelli che si intitola “Energia per l’astronave Terra” dove,oltre a ribadire per l’ennesima volta che la Terra è un pianeta con dei limiti di risorse,ragionava sulle scadenze che ha l’Italia in sede UE,dove per il 2020 ha l’obbligo di produrre il 20% di energia da fonti rinnovabili,abbattere del 20% le immissioni di CO2 e,udite udite,diminuire del 20% i consumi.Qui,se non fosse perché la situazione è tutt’altro che allegra,dovrebbe esplodere un boato con fragorosa risata.Ma come? non dovevamo crescere,crescere e ancora crescere?e qui si parla di ridurre?Avvertite Monti.Come sempre si fanno degli accordi senza sapere di cosa si sta parlando,continuando a dare la prova che l’ebetismo economico o distoglie volutamente le persone dal nocciolo del problema con false rassicurazioni o la distanza dal mondo reale è così siderale che si sbaglia in buona fede.Dato che pensar male si fa peccato ma si sbaglia raramente,eliminerei la seconda opzione.Comunque delle soluzioni a breve e medio termine e con costi pari a zero potrebbero esserci,bisogna vedere se il mercato acconsente.Inanzitutto una politica educativa vera ,e non solo sulla carta,nelle scuole,dove io azzarderei 2/3 ore settimanali di educazione civica e sociale,un po’ come l’educazione fisica o la bistrattata educazione artistica,dove si insegna il valore del bene comune a 360°;e poi una riduzione drastica dell’elettricita per riscaldare l’acqua per uso domestico(lavatrice,lavastoviglie,doccia,riscaldamento)che incide del 50% nella sfera dei consumi energetici casalinghi.L’energia solare potrebbe ovviare a questi problemi e non dobbiamo nasconderci dietro un problema di costi,dato che spendiamo 150 miliardi di euro per auto e carburante.Forse sarebbe ora di cambiare la scala di valori,anche perché ,volere o volare,saremo costretti a farlo,meglio da organizzati.Ci sono anche dei dati incoraggianti che dovrebbero far pensare che c’è un’altra via oltre questa del “si,però è così!”,se si pensa che il foto voltaico e termico ha creato 100 mila posti di lavoro tra diretti e indotto.
Rimanendo sul discorso di costi e benefici bisogna fermarsi a parlare del protocollo di Kyoto del ’97 e che scade nel 2012,visto che siamo alle porte del 17° conferenza delle Nazioni Unite sul clima(inizierà lunedì prossimo a Durban,Sud Africa).Dopo il trattato del ’97 osteggiato dalla grande industria perché sosteneva che venivano alzati i costi di produzione e quindi in buona parte non applicato dagli stati,il signor Giulio De Leo,ordinario di Ecologia dell’Università di Parma,fece con altri ricercatori uno studio che apparì nel 2001 sulla rivista”Nature”,dove venivano trattati i”benefici economici del protocollo di Kyoto”partendo dai costi che ci sono in un’economia “Business as usual”,produrre senza tanti problemi(aggiungo morali) e senza principi di quella che possiamo definire etica bioeconomica.
Questi costi si dividono tra quelli diretti e normali per l’industria e quelli esterni,catalogabili come sociali e ambientali.Questi non vengono mai,o quasi mai,presi in considerazione,come se i manager vivessero su un altro pianeta ,e possono essere divisi in “locali”(classico inquinamento cittadino con tanto di cappa grigio-piombo sulle città ) e “globali”,ovvero fenomeni metereologici estremi, creati con l’immissione di gas climalteranti,che creano tragiche devastazioni come quelle alle quali abbiamo purtroppo assistito in questo mese con il loro carico di morte e annientamento economico locale,riallacciandoci così ai primi costi.Da questo è facile supporre che il bilancio di una produzione Etica ed Ecologica è positivo a fronte di un modesto aumento del costo di produzione perché ha una forte compensazione su costi Umani,Ambientali ed Economici locali.
A questo punto non si può non chiedersi perché dobbiamo sempre pagare noi,soprattutto in termini sociali e di territorio i danni della grande industria e del totem della crescita ad ogni costo(nostro).
E anche se nel vecchio continente non è tutto scuro,come puo’ apparire,perché dei passi avanti sono stati fatti e l’inquinamento è ancora stato controllato anche per situazioni contingenti,bisogna dirlo,come la crisi che ha rallentato la produzione,bisogna trovare il modo di arginare l’ossessione della crescita industriale delle economie neanche tanto piu’ emergenti e molto egemonizzanti come la Cina ,l’India e non solo ,che imparando da noi come si possono fare male le cose sono riuscite ad amplificarle diventando responsabili del 51% dell’immissione di inquinanti.
E Noi?Come sempre dobbiamo lottare con quello che abbiamo,ovvero il potere di “poter scegliere”,come ad esempio colpire simbolicamente Google non utilizzandolo come motore di ricerca,perché un certo tipo di presa di posizione da parte di una società che deve la sua vita al consumo di elettricità è molto piu’ grave che fatta da altre aziende.
Contributi di Radio Tre Scienza,puntate del 22/11 e 23/11