Drammatizzazione e catastrofismo, ricetta che piace ai mass media

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PREMESSA (25/10/2020) – l’articolo che segue l’ho scritto una settimana fa. Nel frattempo la situazione generata dalla pandemia covid in Italia e in Europa si è molto aggravata. Innegabile il forte aumento dei contagi e conseguentemente (anche se in percentuale ancora molto piccola) l’aumento delle ospedalizzazioni e dei decessi. Qualcuno potrebbe pensare che visto l’andazzo non è il caso di parlare di drammatizzazione e catastrofismo. Non la penso così, vedo anzi diffondersi in modo esponenziale (qui il termine rende bene l’idea…) il virus della paura. Avere paura del coronavirus è legittimo e sacrosanto, ma adottare comportamenti determinati da un eccesso di paura è sbagliato e nocivo, per i singoli e per la comunità. Questo eccesso di paura è in larga parte generato dall’eccessiva drammatizzazione con cui la pandemia ci viene quotidianamente raccontata.

Mi ha colpito molto, a questo proposito, l’appello lanciato dai medici dei Pronto Soccorso a non intasare queste strutture senza un reale motivo per farlo. I Pronto Soccorso dei nostri ospedali sono invasi in questi giorni da persone con un semplice raffreddore o con qualche linea di febbre. Inoltre l’affollamento dei Pronto Soccorso è esso stesso occasione di contagio. La storia dell’umanità è contraddistinta da immani sciagure che si sono verificate nel corso dei secoli. Guerre, carestie, epidemie hanno da sempre accompagnato il cammino dell’uomo. Con tutto il rispetto del caso non credo che la pandemia da coronavirus sarà ricordata come il peggiore dei mali mai piovuto sulla terra.

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Ci sono vari modi di raccontare i fatti e la realtà che ci circonda. Nel racconto verbale ha la sua importanza anche il tono della voce, gli aggettivi che si usano, le pause, i sospiri, l’espressione facciale. Nel racconto scritto, ad esempio quello dei quotidiani, conta molto anche l’organizzazione della frase, le premesse, i riferimenti ad esempi passati, le previsioni più o meno azzardate a sviluppi futuri.

Se per caso non ve ne foste accorti (ma ne dubito) il sensazionalismo è diventato lo stile dominante del racconto sia scritto che verbale usato dagli addetti ai lavori della comunicazione, cioè giornalisti della carta stampata, delle televisioni e del web. Drammatizzazione e catastrofismo sono i due strumenti più usati dai sensazionalisti.

Esco dalla premessa di carattere generale e vi faccio un esempio pratico che è sotto gli occhi di tutti: il sito ilmeteo.it.

Diciamo subito che non si tratta di un sito che si limita a fornire le previsioni del tempo. Normalmente il Meteo.it implementa le sue pagine web con articoli che riguardano l’attualità, quindi, come è ovvio di questi tempi, con articoli che riguardano il covid. Il taglio che questo sito (N.B. uno dei più cliccati in assoluto, con milioni di visualizzazioni quotidiane) adopera per le previsioni del tempo e per il covid è lo stesso. Se prevede piogge, queste saranno certamente torrenziali e foriere di possibili alluvioni. Se prevede un’ondata di freddo, questo sarà una lama artica gelida, se prevede un’ondata di caldo, questo sarà africano e ci soffocherà con afa e temperature bollenti. Mi son preso più volte la briga di verificare le fosche previsioni di meteo.it e queste sono state puntualmente ridimensionate dalla realtà degli eventi.

Per il covid il metro è lo stesso: “E’ in arrivo una seconda ondata della pandemia che porterà decessi e collasso delle strutture sanitarie”… “ecco le nuove possibili misure restrittive del prossimo DCPM che incombono sugli italiani” (ovviamente le peggiori possibili, faccio notare inoltre l’uso del verbo “incombono”)… “CORONAVIRUS: con la TERZA ONDATA di covid-19 arriverà un’altra GRAVE MALATTIA. Ecco di cosa si tratta” poi se vai a leggere l’articolo scopri che si tratta di una possibile connessione, tutta da dimostrare, tra covid-19 e probabilità di contrarre il Parkinson per chi ha contratto il virus.

Una domanda sorge spontanea. Tutto questo catastrofismo nasce dal fatto che i gestori del sito sono persone apprensive? Ma figuriamoci! Il motivo è semplice, il catastrofismo paga! Più dipingi la realtà a tinte fosche più la gente clicca sul sito e quindi più si incassa sulla pubblicità che le pagine ospitano. Il catastrofismo fa presa sulle paure radicate nell’inconscio collettivo, funziona come il genere horror cinematografico. Dovremmo star lontani dai film che ci terrorizzano, invece ne siamo attirati. Uno dei videoclip musicali più di successo in assoluto è stato “Thriller” di Michael Jackson, ed è successo molto più per via delle forti immagini horror che non per la qualità (comunque innegabile) della musica.

Passando dal meteo al mondo dell’informazione non posso fare a meno di rilevare una certa similitudine nello stile. Il sensazionalismo è la ricetta prevalente dei titoli dei quotidiani e dei telegiornali, chi più chi meno, ma nessuno escluso. Se poi scendiamo nel dettaglio bisogna operare dei distinguo, legati per lo più alla vocazione personale dei vari conduttori. Tralascio i più beceri (vedi l’ineffabile Barbara D’Urso) e mi soffermo su una tendenza che ultimamente accomuna parecchi conduttori dei programmi di informazione delle varie reti. Parlo del richiamo alla necessità di mettere in campo contro la pandemia misure drastiche di prevenzione molto più rigide di quelle attuate dal governo, ovvero lockdown totali, chiusura delle scuole, coprifuoco, pene esemplari per i possibili “untori”.

Tutti coloro che hanno pensato che il Governo abbia agito con mano troppo pesante hanno di che preoccuparsi, si può andare ben oltre, specie quando il peggio viene invocato. L’opinione pubblica viene quotidianamente suggestionata da persone che dicono che si doveva fare di più e con maggiore tempestività. Giusto fare un esempio. La campionessa di questo richiamo al rigore è la giornalista Lilli Gruber, conduttrice della trasmissione “Otto e mezzo” in onda tutte le sere sulla 7 dopo il TG. Lei proprio non ce la fa a trattenersi e da un po’ di giorni apre il suo spazio adoperando quei toni drammatici e catastrofici di cui ho parlato in apertura.

Anche qui si rende opportuna una considerazione.

Perché si preferisce battere il chiodo del dilagare del contagio nel mondo, in Europa ed ora anche in Italia e non sottolineare piuttosto che contagiato non vuol dire ammalato?

Perché non pretendere, come dovrebbe fare ogni serio giornalista, che venga dichiarato anche il rapporto tra tamponi effettuati e contagiati?

Perché non pretendere che venga dichiarato il rapporto tra contagiati con sintomi e contagiati asintomatici?

Perché non pretendere che oltre al numero dei nuovi decessi ci venga comunicata anche l’età dei deceduti e le eventuali patologie pregresse?

Pretendere questa chiarezza e questa completezza di informazione è forse sbagliato? E’ sufficiente a far giudicare chi la pretende un complottista o un negazionista?

Indubbiamente insistere nella drammatizzazione e nel catastrofismo è utile a mettere in secondo piano tutti i ragionamenti su come affrontare con serietà e lucidità i tempi difficili che stiamo vivendo.

Dal mio punto di vista in nessun caso bisogna rinunciare a pensare con la nostra testa, a rivendicare il diritto ad un’informazione completa, a poter scegliere in autonomia quali siano i rischi migliori da correre, fatto salvo che non dobbiamo mettere a repentaglio la vita altrui.

Come ha ben detto Massimo Cacciari ospite di Bianca Berliguer su RAI 3, “non sono deficiente! Voglio essere trattato da persona in grado di comprendere, sono un animale razionale! ”

Mi auguro che a nessuno di noi piaccia essere considerato un deficiente…

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Avevo 60 anni quando ho cominciato a collaborare a questo blog, ora qualcuno in più. Mi occupo prevalentemente di musica, ma anche di informatica e di grafica web. La mia è una formazione umanistica (liceo classico, Scienze Politiche, Sociologia). Ho collaborato a lungo all'informazione e alla produzione di trasmissioni cultural-musicali di una nota emittente bolognese. Conosco il pensiero e le opere di Serge Latouche ed ho cominciato ad interessarmi con passione e continuità ai temi della decrescita dopo la lettura di "Entropia" di Jeremy Rifkin (10 anni fa). Vorrei contribuire, nel mio piccolo, ad arricchire queste tematiche e a dare una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

2 Commenti

  1. Danilo, su alcune cose la pensiamo diversamente ma su altre la pensiamo nello stesso modo.
    In questo articolo hai scritto tra l’altro: “Tutto questo catastrofismo nasce dal fatto che i gestori del sito sono persone apprensive? Ma figuriamoci! Il motivo è semplice, il catastrofismo paga! Più dipingi la realtà a tinte fosche più la gente clicca sul sito e quindi più si incassa sulla pubblicità che le pagine ospitano”.
    In passato mi sono interessato a questi argomenti (soprattutto al rapporto fra l’informazione e la pubblicità) e ho detto le stese cose che tu hai detto in questo tuo articolo.
    Per esempio nell’articolo “Il vento della pubblicità” (http://www.decrescita.com/news/il-vento-della-pubblicita/ ) inizio con la seguente espressione:
    “Da molto tempo ho pensato che le previsioni del tempo fatte da molti “operatori privati” siano ”molto caricate”. Intendo dire che penso siano molto sovrastimate, sia in senso negativo che positivo. Ho sempre pensato che ci fosse una motivazione molto specifica per questo fenomeno: ho pensato che servisse a tenere desta l’attenzione delle persone in modo che consultassero sempre più le previsioni …e che così vedessero sempre più i banner pubblicitari contenuti nelle pagine web consultate.”
    Nel mio articolo che ho citato e nel successivo dal titolo “Il vento della pubblicità 2: la bufala di “Burian 2: la vendetta” (http://www.decrescita.com/news/il-vento-della-pubblicita-2-la-bufala-di-burian-2/ ) approfondisco il tema del rapporto fra informazione e pubblicità con ulteriori considerazioni.
    Cordiali saluti
    Armando

    • Grazie del commento. Sì, in questo caso il nostro pensiero è assolutamente allineato. Tu però hai il merito di aver scritto del “pompaggio” sulle notizie metereologiche due anni prima di me !
      Andandomi a guardare il tuo articolo del 2018 ho notato che ha avuto 1858 visioni. Ora invece i nuovi articoli di questo blog fanno fatica ad arrivare a 300 visioni. Questo mi mette tristezza…

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