Foto in evidenza: uno “scambio affettivo” fra una donna e i suoi animali da compagnia
Sommario
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Presentazione di questo lavoro: la coscienza-vita straordinaria
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Dogmania: “sottofumo”
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Il fenomeno degli animali da compagnia: a) Alcuni dati della ricerca in merito ai proprietari; b) Altri dati della ricerca relativi alla struttura urbana; c) La domesticazione del cane e del gatto; d) Un’analisi antropologica.
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Osservazioni della “quotidiana” vita straordinaria dalla finestra di casa e nella città di Bologna
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Ricerche sui benefici della relazione uomini-animali da affezione;
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Il costo degli animali da compagnia
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Una breve considerazione finale
1) Presentazione del lavoro: la coscienza-vita straordinaria
Questo piccolo saggio è il secondo capitolo dei risultati di una ricerca iniziata nella primavera del 2019 e volta a individuare nel quartiere San Vitale, a Bologna, i vari modi in cui gli abitanti del quartiere cercano di superare la piattezza della coscienza e della vita ordinaria con la ricerca e sperimentazione di forme straordinarie di coscienza e di vita. Ovviamente, come già avvenuto per il primo capitolo dei risultati della ricerca, le considerazioni che saranno fatte in questo piccolo saggio si estenderanno ben oltre il quartiere San Vitale di Bologna (il primo saggio a cui si è fatto riferimento, dal titolo “La bellezza distruggerà il mondo”, è stato pubblicato sul blog di Decrescita felice social network il 03/09/2019 [all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/la-bellezza-distruggera-il-mondo/?doing_wp_cron=1573666834.0113608837127685546875 ])
Si dedica questo saggio al fenomeno degli animali da compagnia (cani, gatti e altri) per due motivi concomitanti: perché si ritiene che con il loro rapporto le persone sperimentano forme straordinarie di coscienza-vita, condizioni psico-fisiche straordinarie, e, contemporaneamente, per il motivo della enorme diffusione del fenomeno del possesso di animali da compagnia (si stimano in circa 60 milioni gli animali da compagnia esistenti in Italia; fa questi spiccano per importanza più di 14 milioni fra cani e gatti; quasi il 40% delle famiglie italiane hanno un cane o un gatto al loro interno, ecc.).
In alcuni lavori pubblicati in precedenza su questo blog ho indicato il senso della vita umana come ricerca e sperimentazione dello straordinario, come ricerca del superamento della “ordinarietà” della coscienza-vita quotidiana. (si vedano i seguenti articoli: http://www.decrescita.com/news/il-futuro-straordinario/
http://www.decrescita.com/news/la-decrescita-nello-spaziotempo/
http://www.decrescita.com/news/la-ricerca-dello-straordinario-i-moai-dellisola-di-pasqua/ )
Ma cosa si intende per straordinario e cosa si intende per ordinario?
Per ordinario si intende, in prima battuta e per esemplificare, la coscienza-vita degli animali, cioè una coscienza-vita che può venire meno, sia come individui che come specie, per tante cause e in ogni momento e (strettamente connesso a quanto appena detto) in cui non sono soddisfatti adeguatamente e per tempi più lunghi possibile i propri bisogni ordinari e, soprattutto, quelli straordinari. (1)
Cosa si intende per coscienza-vita straordinaria, per condizioni psico-fisiche straordinarie? Cosa si intende, per generalizzare, con “straordinario”?
Per straordinario si intende un insieme di cose e di situazioni che l’uomo ha cercato contemporaneamente e in modo dialetticamente interconnesso: per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato con tutte quelle tecniche di sopravvivenza con cui le popolazioni umane si sono differenziate dagli animali (per ultimo con l’introduzione dell’economia produttiva [coltivazione delle piante e pastorizia] al posto dell’economia predatoria [caccia, pesca e raccolta]) cercando, in modo non lineare ma fortemente dialettico, di soddisfare al massimo grado e per il più lungo tempo possibile i bisogni cosiddetti primari (a iniziare dall’eliminazione del rischio di estinzione dei piccoli e radi gruppi umani mediante l’esplosione demografica iniziata con l’introduzione dell’economia produttiva, cioè con la coltivazione delle piante e con l’allevamento); per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato con la religione (con cui si cerca un rapporto col sacro, con qualcosa che va oltre l’ordinario, che va oltre il quotidiano, con qualcosa appunto di straordinario); per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato producendo e consumando arte (con la musica, con il canto, con le danze, con la pittura, con la scultura, con l’architettura, ecc.); per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato con le droghe (il cui uso è attestato da molti millenni e con cui si fa esperienza di condizioni psico-fisiche straordinarie); per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato con la meditazione, con le tecniche ascetiche, con le tecniche di deprivazione sensoriale e con tante altre modalità.
Attualmente, almeno nel mondo sviluppato, fra le metodologie che servono a superare la piattezza della coscienza-vita ordinaria e quindi a sperimentare situazioni straordinarie di coscienza-vita, oltre alle classiche modalità che conservano la loro enorme diffusione, hanno acquisito una notevole importanza il gioco d’azzardo, il consumo compulsivo, la pornografia on-line, il possesso di animali da compagnia, l’”abbellimento” dell’aspetto esteriore e le varie forme di “fiction”.
Sulla base della ricerca iniziata nella primavera del 2019 nel quartiere San vitale a Bologna si analizzeranno, oltre alle classiche modalità di ricerca dello straordinario, soprattutto quelle forme di ricerca di stati straordinari di coscienza-vita che solamente nei tempi moderni hanno assunto notevole importanza culturale oltre che socio-economica. La ricerca di forme straordinarie di coscienza-vita, di straordinarie condizioni psico-fisiche, accompagna l’uomo da sempre e, anzi, lo caratterizza in quanto uomo.
Scrive Giorgio Samorini, studioso di stati alterati di coscienza e delle piante utilizzate dall’uomo a tale scopo:
“Alcuni comportamenti accompagnano l’uomo da sempre, ovvero da quando egli è “diventato” uomo, e, in un certo qual senso, lo caratterizzano e lo definiscono. Ad esempio, l’uomo produce arte, è mosso da un impulso artistico che lo accompagna sin dalle sue origini. Ne abbiamo una dimostrazione considerando la datazione delle rappresentazioni artistiche, ritenute più antiche, che sono giunte fino a noi: pitture preistoriche rupestri localizzate in Tanzania e in Australia, datate attorno ai 45.000-40.000 anni (una data “vicina” a quella generalmente attribuita all’ultimo, in ordine cronologico, degli Ominidi, l’Homo sapiens).
Questi atavici comportamenti umani – tra cui l’impulso artistico - possono essere considerati come “costanti comportamentali”, che continuamente rinnovano il divenire dell’uomo. Si tratta di impulsi comportamentali irreprimibili, che si manifestano all’interno della società degli uomini, senza distinzione di razze o popoli: sono comportamenti trans-culturali.
Un’altra di queste “costanti” è la tendenza dell’uomo a cercare, attraverso i più disparati metodi, di modificare il suo stato di coscienza ordinario, allo scopo di vivere esperienze psico-fìsiche in altri stati mentali; stati mentali che, per loro natura, sono possibili e “naturali” nel medesimo modo in cui riteniamo “naturale” lo stato di coscienza in cui ordinariamente conduciamo la nostra esistenza. Tale considerazione risulta avvallata dall’atavicità insita nell’impulso a vivere questo tipo di esperienze, e dalla loro insopprimibilità, storicamente accertata. La storia del rapporto fra l’uomo e i suoi stati modificati di coscienza, dimostra come questi siano in stretta relazione con un’altra importante “costante” umana: l’impulso religioso. Non può essere casuale il fatto che, presso tutti i popoli, i rapimenti estatici e di transe – considerati fra gli stati più elevati della coscienza – vengano culturalmente interpretati come fenomeni di squisito carattere mistico, spirituale, religioso. Anzi, è da ritenere che l’origine del rapporto dell’uomo con gli stati modificati di coscienza sia direttamente connessa alla nascita del suo impulso religioso. V’è anche chi ritiene che, nella storia del genere umano, la coscienza sia apparsa originalmente come quello che viene ora chiamato lo “stato mistico di coscienza”. Ciò spiegherebbe il motivo per cui i mistici parlano di una “età dell’oro” in cui le visioni mistiche erano molto comuni.
La modificazione dello stato di coscienza, oltre a presentarsi in casi forse malamente definiti “spontanei”, viene indotto attraverso un ampio spettro di tecniche, che l’uomo ha via via scoperto e elaborato nel corso della sua storia. Dalle tecniche di deprivazione sensoriale e di mortificazione fisica, a quelle meditative e ascetiche, sino a quelle che utilizzano, come fattori scatenanti gli stati di trance e di possessione, la danza e il suono di determinati strumenti musicali; infine (non certo in ordine di importanza), le tecniche che prevedono l’uso di vegetali dotati di effetti psicoattivi, per lo più di tipo allucinogeno. Quest’ultima è una delle più antiche tecniche di modificazione della coscienza, e origina quasi certamente dalla lunga Età della Pietra.” (2)
Per approfondire su questi stati alterati di coscienza, su queste forme straordinarie di coscienza, vediamo cosa diceva un grande studioso della natura umana e, soprattutto, delle varie forme di esperienze religiose, che è stato William James.
Scriveva questo studioso:”… la nostra normale coscienza in stato di veglia, la coscienza razionale, come la chiamiamo, non è altro che un tipo speciale di coscienza, mentre tutto intorno ad essa, separate dal più trasparente degli schermi, vi sono forme potenziali di coscienza del tutto diverse. Possiamo attraversare tutta la vita senza sospettarne l’esistenza; ma, presentandosi lo stimolo adeguato, alla minima pressione appaiono in tutta la loro completezza vari tipi di strutture spirituali, che probabilmente hanno in qualche luogo il loro campo di applicazione e d’adattamento. Nessuna visione dell’universo nella sua totalità può essere definitiva, quando lascia fuori queste altre forme di coscienza. Il problema poi è come raccordarle col resto, tanto è la loro discontinuità con la coscienza ordinaria. Tuttavia, esse possono determinare atteggiamenti, sebbene non siano in grado di fornire formule; e schiudono l’accesso a una regione sebbene non sappiano darne una mappa. In ogni caso, esse vietano una prematura chiusura dei conti che dobbiamo rendere alla realtà. Ripensando alle mie vicende personali, vedo che tutte queste esperienze convergono verso un tipo di visione alla quale non posso evitare di ascrivere qualche significato metafisico. La nota dominante ne è invariabilmente la riconciliazione. E’ come se gli opposti del mondo, la cui contraddittorietà e conflittualità danno origine a tutte nostre difficoltà e preoccupazioni, fossero fusi in unità.” (3)
Prima di individuare i due concetti fondamentali che condurranno l’analisi relativa alla ricerca di esperienze straordinarie da parte delle persone nei rapporti con gli animali da compagnia, vediamo quanto diceva un antropologo francese, Philippe De Félice, in merito al carattere fondamentale dell’uomo:
“Il fatto è che l’istinto di conservazione non è il solo al quale l’uomo obbedisce. La tendenza dell’essere a perseverare nell’esistenza, l’istinto di sopravvivenza che governa il mondo animale, si scontra con un’altra tendenza, più imperiosa ancora: quella che lo spinge a liberare i limiti che sembrano essergli stati assegnati e a cercare esso stesso al di là di ciò che è.
Il proprium dell’uomo è di restare nel perpetuo travaglio del trascendimento di sé. Questo tratto che lo caratterizza spiega tutto quello che tende ad aumentare il suo potere, ad ampliare le sue conoscenze, a raggiungere la bellezza, a far penetrare in lui una vita più ricca e intensa dalla quale intuisce ciò che è la vita divina.
Ciò che gli prova che non si inganna nel cercare di elevarsi al di sopra di se stesso è la gioia che prova ogni volta che ha coscienza di esservi giunto.” (4)
Dopo quest’ultima citazione è possibile individuare i due concetti fondamentali che condurranno l’analisi: il primo è la ricerca dell’onnipotenza, superando le limitazioni tipiche della vita ordinaria, mentre il secondo è la ricerca della riconciliazione col mondo esterno umano e naturale, mediante la soppressione di contraddizioni e conflitti, tipiche anche queste della vita ordinaria.
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Il termine “dogmania” è formato da dog (cane in inglese) e da “mania” con cui si intenderà il comportamento, così come sarà esposto in questo saggio, che le persone hanno verso i cani e altri animali da compagnia.
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1) Per la verità le differenze fra l’uomo e gli animali non sono così nette come si riteneva una volta
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2) Giorgio Samorini, Gli allucinogeni nel mito; Nautilus C.P. 1311
10100 Torino – 1995, pagg. 7-8 (testo liberamente scaricabile dal sito http://samorini.it/site/ ) -
3) William James Le varie forme dell’esperienza religiosa – Uno studio sulla natura umana – 1998 Editrice Morcelliana – Brescia, pagg. 334-335
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4) Le droghe degli dei – veleni sacri, estasi divine” di Philippe De Félice © ECIG · EDIZIONI Culturali Internazionali Genova
S.A.S. Di G.L. Blengino & C.
Via Caffaro 19/10 . 16124 Genova
Edizione 1990, pagg. 310-311
(testo liberamente scaricabile dal sito http://samorini.it/site/ )
2) Dogmania: “sottofumo”!
Col primo saggio venuto fuori dal lavoro di ricerca di cui si è detto, è stata analizzata la sperimentazione di forme straordinarie di coscienza-vita, di condizioni psico-fisiche straordinarie, con la ricerca della bellezza dell’aspetto esteriore.
Con questo secondo saggio invece si analizzerà la ricerca dello straordinario da parte degli abitanti del quartiere mediante i rapporti con gli animali da compagnia (essenzialmente cani e gatti…ma anche con i piccioni): questo fenomeno, iniziato quasi in sordina negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, ormai è diventato sempre più imponente. Si può parlare di “Dogmania”, visto che il cane è l’animale verso cui è più evidente l’alterazione della coscienza da parte dei loro proprietari.
Foto 1 Una donna con la bocca aperta e sorridente a pochi cm dal muso del cane: immagini come questa sono sempre più diffuse negli spot televisivi che pubblicizzano prodotti per animali da compagnia
Quelle forme alterate, straordinarie di coscienza, di cui parlano Giorgio Samorini, William James e Philippe De Félice, sono attivate non solamente quando ci si rapporta col sacro, quando si crea o si “consuma” arte, quando si usano droghe, ecc. ecc., ma anche quando si gioca d’azzardo, quando si consuma pornografia, quando si acquista-consuma compulsivamente, quando si fa il tifo fanatico durante una partita di calcio, quando si va in palestra, quando si va in un salone di parrucchiere o di estetica, quando si cerca un capro espiatorio, quando si fa un digiuno oppure quando si segue una dieta “normale” oppure vegana o vegetariana, ecc., ecc. e, come si cercherà di dimostrare, anche quando ci si rapporta con un animale da compagnia.
Perché il termine “sottofumo” utilizzato in questo saggio e riferito alla “dogmania”?
L’espressione “sotto fumo” l’ho sentita pronunciare in relazione alla situazione in cui ci si trova quando si fuma marijuana, situazione in cui c’è un’alterazione della coscienza, ma in questo saggio si intenderà la coscienza alterata come conseguenza dei rapporti con gli animali da compagnia (essenzialmente cani e gatti) così come sarà esposto nel saggio stesso.
La realtà è fatta di tante parti in continue relazioni di feed back fra di esse e in questo saggio per “sotto fumo” si intenderà contemporaneamente anche la situazione “socio-economico-culturale” che si è creata in seguito ai “fumi” del petrolio a buon mercato e facilmente estraibile che, a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, ha portato a un’alterazione della nostra coscienza e delle nostre condizioni reali, facendoci vedere la vita in rosa, in grado di trasformarla a nostro piacimento, con una abbondanza materiale in grado di soddisfare ogni appetito e con una tecnologia in grado di sfornare soluzioni miracolose a ogni problema umano.
Diceva infatti Aurelio Peccei in merito alla situazione culturale che si era creata nel periodo indicato: ”L’uomo aveva la sensazione di avere finalmente messo le mani su una fonte di energia pressoché illimitata, che gli avrebbe permesso di trasformare a piacere la propria vita. Sapientemente alimentata da taluni interessi, l’ubriacatura del petrolio a volontà e a prezzi abbordabili faceva vedere la vita in rosa. La società dei consumi sembrava un obiettivo facile da raggiungere, rispondente alle aspirazioni di tutti. L’economia era in fase di espansione e la sua crescita sembrava assicurata per decenni, a tassi annui molto elevati. Ci si diceva che questo sviluppo, alla portata di un gran numero di paesi, avrebbe permesso ai più ricchi di soddisfare le proprie domande interne, pur contribuendo sostanzialmente al miglioramento della condizione dei paesi più poveri. L’appetito di una abbondanza materiale sempre maggiore poteva dunque essere soddisfatto senza pregiudicare il doveroso aiuto ai bisognosi. La cornucopia della tecnologia sembrava d’altra parte inesauribile, pronta a sfornare, una dopo l’altra, soluzioni miracolose a tutti i problemi umani.” (1)
In quel periodo si riteneva quindi che fosse spianata la via per un “…cammino verso un’esistenza sempre più felice della specie umana.” (2)
Si ritiene che i proprietari di cani e di altri animali da compagnia siano “sotto fumo”, che vivano in una sorta di sonnambulismo, che abbiano la coscienza alterata in conseguenza e tramite il rapporto che hanno creato con i loro animali da compagnia, sperimentando quindi uno stato straordinario di coscienza. Ma, come si diceva, ciò è stato possibile anche in conseguenza del petrolio facilmente estraibile e a buon mercato, che ha “drogato” l’economia e le persone, facendogli vedere la vita in rosa e in grado di trasformarla a loro piacimento.
Si ha l’impressione infatti che la coscienza di tutti i giorni dei proprietari di animali da compagnia sia alterata allo stesso modo in cui è alterata la coscienza di chi è affetto da consumismo compulsivo, di chi è “preso“ dal gioco d’azzardo, di chi fa consumo compulsivo di pornografia, oltre ovviamente di chi fa uso di droghe, di chi sperimenta il sacro nelle sue varie forme, di chi crea o consuma arte, ecc., ecc.).
Il rapporto con animali da compagnia è un modo molto diffuso in cui si cerca di superare la piattezza della coscienza-vita quotidiana per sperimentare forme straordinarie di coscienza-vita, diverse da quelle sperimentate durante la ordinaria vita quotidiana: serve a sperimentare l’onnipotenza, eliminando quindi le limitazioni tipiche della vita ordinaria e, contemporaneamente, a sperimentare la riconciliazione, cioè la mancanza di contraddizioni e conflitti, tipiche anche queste della vita ordinaria!
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1) Aurelio Peccei Cento pagine per l’avvenire” Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano 1981, pag. 58
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2) Energia e miti economici Conferenza alla Yale University del 1975 di Nicholas Georgescu-Roegen – documento reperito sul WEB
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3) Il fenomeno degli animali da compagnia
In questo capitolo saranno trattati vari aspetti del fenomeno del possesso degli animali da compagnia: saranno indicati le caratteristiche dei loro proprietari (come l’età, il genere e altri aspetti), saranno indicate le conseguenze di questo fenomeno sulla struttura urbana, si parlerà delle motivazioni che portarono alla domesticazione del cane e del gatto e, infine, si inizierà un’analisi antropologica del fenomeno del rapporto delle persone con gli animali da compagnia.
a) Alcuni dati della ricerca in merito ai proprietari
Nei paragrafi precedenti è stata iniziata un’analisi antropologica del rapporto fra persone e animali da compagnia.
Prima di continuare questa analisi è bene esporre i dati venuti fuori dalla ricerca fatta nel quartiere su questo tema. E’ bene, prima di fare considerazioni che possano riguardare realtà più ampie, conoscere concretamente ciò di cui si parla.
Passeggiando lungo le strade del quartiere è immediata la conoscenza della diffusione degli animali da compagnia (il riferimento è ai cani), sia perché si vedono molte persone che portano il cane al guinzaglio (ma sempre più aumenta il numero di cani per persona) che per le cacche e l’urina che sempre più riempiono e impregnano i marciapiedi e i vari giardinetti del quartiere, oltre che ai cartelli affissi ai muri con cui i cittadini invitano i proprietari di cani a raccogliere i loro escrementi o di non far fare la pipì vicino al loro negozio. Se si gira nel quartiere comunque ci si rende conto che quei cartelli non sono molto efficaci.
Girando per le strade ho fatto una analisi di circa 525 casi (350 nel quartiere S. Vitale e 175 nel centro di Bologna) relativi al possesso di cani: ogni volta che per strada vedevo un cane portato al guinzaglio ho rilevato le caratteristiche del/dei proprietario/i relativamente al genere (uomo/donna) all’appartenenza etnica-culturale (italiana oppure di altre etnie-culture) e all’età (ragazzi, giovani, giovani/maturi, maturi, anziani). Ho rilevato anche se fossero più di uno i cani tenuti al guinzaglio oppure se fossero più persone a portare al guinzaglio uno o più cani.
Una prima cosa che ho notato è che nel quartiere San Vitale non ho mai visto tenere cani al guinzaglio da parte di persone appartenenti ad altre etnie-culture (cinese, pakistana, medio-orientale, filippina, magrebina, nero-africana, centrosud-americana discendenti dalle popolazioni indie, ecc.) ma solamente da persone italiane, nonostante nel quartiere sia forte la presenza di altre etnie-culture (per la verità nel Quartiere ho notato solamente un caso di una famiglia Rom tenere un cane al guinzaglio). Le poche persone di nazionalità non italiana (in generale non “occidentale”) che saranno indicati nei risultati della ricerca sono state individuate solamente nel centro di Bologna e non nel Quartiere San Vitale.
Premettendo che sicuramente ci saranno state delle imprecisioni nella ricerca quelli che appresso saranno indicati sono i dati venuti fuori dalla ricerca stessa. Non ho chiesto l’età e la nazionalità-etnia ai possessori di cani per cui questi dati li ho stabiliti “a vista”. Per quanto riguarda la ripartizione dei possessori di cani in base alle fasce di età bisogna dire che è una ripartizione fatta da me, senza nessuna pretesa di scientificità o aderenza alle definizioni statistiche.
In riferimento all’indicazione dell’età delle persone che portavano un cane al guinzaglio ovviamente, come già detto, non ho chiesto l’età alle persone interessate e mi sono regolato in modo molto approssimativo secondo la seguente classifica:
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ragazzo: per l’età fino ai 20 anni;
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giovane: per l’età dai 20 ai 30 anni;
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giovane/maturo: per l’età dai 30 ai 40 anni;
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maturo: per l’età dai 40 ai 55 anni;
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anziano: per l’età dai 55 anni in su.
Per quanto riguarda il genere, l’età delle persone e altri dati delle persone che portavano il/i cane/i al guinzaglio su 525 casi analizzati (circa 350 casi nel quartiere S. Vitale e circa 175 nel centro della città) sono venuti fuori i dati che appresso saranno indicati (spero di non avere fatto errori nei conteggi!).
Ragazzi (fino a 20 anni)
Sono stati individuati 4 casi di ragazze singole (con un cane a testa) e 1 caso di due ragazzi cinesi (con un solo cane).
Giovani (20-30 anni)
Sono stati individuati 111 casi in cui i proprietari (uno o più d’uno) erano giovani (indicativamente nella fascia d’età 20-30 anni); per la precisione si sono notate le seguenti situazioni:
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56 casi di donne singole;
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20 casi di uomini singoli;
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8 casi di coppie di donne;
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1 caso di 3 donne;
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1 caso di coppia di uomini;
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23 casi di coppie uomo/donna;
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2 casi di tre uomini.
In 7 casi i cani tenuti al guinzaglio erano 2.
Giovani/maturi (30/40 anni)
Sono stati individuati 148 casi in cui i proprietari erano giovani/maturi (indicativamente nella fascia d’età 30/40 anni); per la precisione si sono notate le seguenti situazioni:
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58 casi di donne singole;
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35 casi di uomini singoli;
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47 casi di coppie uomo/donna;
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6 casi di coppie di donne;
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1 caso di due uomini e una donna;
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1 caso di uomo/donna/ragazzo (dall’aspetto sembravano dell’estremo oriente).
In 10 casi i cani tenuti al guinzaglio erano 2 e in un caso erano 3
Maturi (40-55 anni)
Sono stati individuati 162 casi in cui i proprietari erano maturi (indicativamente dai 40 ai 55 anni); per la precisione si sono notate le seguenti situazioni:
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47 casi di donne singole;
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56 casi di uomini singoli;
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54 casi di coppie uomo-donna;
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4 casi di coppie di donne;
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1 caso di tre uomini.
In 9 casi i cani tenuti al guinzaglio erano 2 e in due casi erano 3.
Foto 2 La fasce di età matura e anziana sono quelle in cui più è presente un animale da compagnia
Anziani (età superiore a 55 anni)
Sono stati individuati 99 casi in cui i proprietari erano anziani (indicativamente di età superiore a 55 anni); per la precisione si sono notate le seguenti situazioni:
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46 casi di donne singole;
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42 casi di uomini singoli;
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9 casi di coppie uomo/donna;
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1 caso di una coppia donna/donna;
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1 caso di tre uomini.
In 8 casi i cani portati al guinzaglio erano 2 e in due casi erano 4.
In tutti i casi di questa fascia di età le persone erano tutte di nazionalità italiana.
Fra i proprietari di cani non di nazionalità italiana (come detto mi sono basato solamente sull’aspetto) ho notato:
– un caso in cui il proprietario era dall’aspetto nord-europeo;
– un caso in cui la giovane proprietaria era dell’est Europa;
– due casi di coppie di donna sud-americana/uomo italiano;
– un caso di uomo dell’estremo oriente;
– un caso di una donna filippina (ma in questo caso poteva semplicemente portare a spasso il cane del suo datore di lavoro);
– un caso di uomo sud-americano;
– un caso di uomo orientale (forse cinese);
– un caso di due ragazzi cinesi;
– un caso di tre pakistani;
– un caso di 2 pakistani e 1 di colore;
– un caso di donna giapponese e uomo occidentale (di origine nord-europea);
– un caso di uomo di colore e donna sudamericana;
– un caso di una famiglia Rom (uomo, donna e ragazzino);
– un caso di un uomo Rom(?).
Fra le particolarità bisogna aggiungere il caso di un cane con il retro paralizzato e che si serve di una carrozzella come protesi per poter camminare; bisogna anche aggiungere il caso di una donna matura/anziana che porta quattro cagnolini su una carrozzella come quella per i bambini, ecc., ecc.
Riassumendo i dati della ricerca abbiamo (spero di non avere fatto errori di calcolo):
– 211 casi di donne singole;
– 153 casi di uomini singoli;
– 133 casi di coppie donna-uomo;
– 19 casi di coppie di donne;
– 2 casi di coppie di uomini;
– 1 caso di tre donne;
– 4 casi di tre uomini;
– 1 caso di donna-uomo-ragazzo;
– 1 caso di una donna e due uomini.
Le persone complessivamente interessate sono state 693 (387 di genere femminile [56%] e 306 di genere maschile [44%]).
In 486 casi era tenuto al guinzaglio un solo cane, in 34 casi i cani erano due, in 3 casi erano tre e in 2 casi infine erano quattro.
b) Altri dati della ricerca relativi alla struttura urbana
Ralph Waldo Emerson avrebbe detto che la gente si circonda di un apparato materiale che corrisponde al suo stato di pensiero: le case, gli esercizi commerciali, le varie strutture che variamente si possono denominare, le strade, le piazze, i parchi e altri spazi, ecc. (e le relazioni materiali e immateriali che in esse avvengono) che costituiscono un quartiere, corrispondono alle idee dominanti nelle menti della gente del quartiere stesso.
La ricerca ha cercato allora di vedere in che cosa si è concretizzato, in che cosa si è “strutturato” nel quartiere il possesso di animali da compagnia dagli abitanti del quartiere stesso.
Si è già parlato delle cacche e dell’urina lasciate dai cani sui marciapiedi e nei vari giardinetti esistenti nel quartiere; sulle pareti degli edifici che danno su certe strade (ci sono strade preferite dai cani!) ci sono dei cartelli che invitano i proprietari dei cani a raccoglierle; così come ci sono dei cartelli che invitano a non far fare la pipi vicino al proprio negozio; ci sono inoltre dei cartelli che comunicano al scomparsa di gatti e si invitano le persone a comunicare ai proprietari eventuali avvistamenti.
Foto 3 Il possesso di animali da compagnia ha controindicazioni liquide…
Foto 4…e sia liquide che solide!
E’ stato notato come d’estate alcuni esercizi commerciali mettono una bacinella piena d’acqua davanti al negozio per i cani che hanno sete.
Vicino al supermercato della Coop di Via Massarenti c’è una area di sgambettatura per cani.
Foto 5 Ovviamente la forte presenza di animali da compagnia ha portato il Comune a creare strutture adeguate al soddisfacimento di nuovi bisogni
Nel quartiere ci sono quattro negozi (di cui uno abbastanza grosso) dedicati alla vendita di alimenti e accessori per animali da compagnia.
Nei tre supermercati del quartiere e in altri grossi negozi ci sono piccoli reparti dedicati alla vendita di alimenti e accessori per animali domestici.
Nell’Ipermercato della Conad, presso il Centro commerciale Via Larga, a giugno del 2019 è stato creato un vasto reparto di articoli per animali da compagnia (dagli alimenti a un vasto assortimento di accessori), con due spazi speciali di cui uno destinato alla toelettatura (che a sua volta si divide in uno “self service” e un altro in cui la toelettatura viene fatta dal personale del reparto) e un altro per lavaggio (con lavatrice) di cucce, coperte e altro utilizzato dagli animali.
Foto 6 Per soddisfare la sete dei cani alcuni commercianti mettono davanti al negozio una bacinella con acqua
Nel quartiere, in Via Bentivogli, esiste un altro esercizio destinato alla toelettatura degli animali d compagnia.
Per quanto riguarda la cura della salute degli animali da compagnia nel quartiere sono stati contati quattro ambulatori veterinari con otto vetrinari-ie complessivamente.
Il riferimento iniziale a Ralph Waldo Emerson è servito per mettere in evidenze come ciò che esiste sul territorio rappresenta ciò che c’è nella testa delle persone che lo abitano.
Ralph Waldo Emerson era un uomo dell’ ‘800: a quei tempi non c’erano i mass media esistenti adesso come la televisione e la radio, il WEB e i cosiddetti “Social”. Ma il suo concetto era valido e si può applicare anche a questi mass media. Se si fa un’analisi dei programmi e degli spot pubblicitari che sono trasmessi da questi mass media si può notare come esistono alcuni programmi sia televisivi che radiofonici che trattano, sotto vari aspetti, degli animali da compagnia e come, inoltre, molti spot pubblicizzano alimenti e prodotti per animali da compagnia e come, in altri spot, gli animali da compagnia facciano parte della scena rappresentata.
Foto 7 A giugno del 2019 l’Ipermercato Conad, presso il Centro commerciale Via Larga, ha aperto un grosso reparto con vendita di prodotti alimentari e accessori vari nonché con servizi di toelettatura per gli animali da compagnia e lavaggio di coperte, cucce e quant’altro utilizzati dagli stessi animali
Foto 8 Il listino pressi dei servizi toelettatura e lavaggio di cui alla foto precedente
Ho visto che in molte home page dei computer, degli smart phone e di molti profili di facebook non è rappresentato il proprio volto o quello di un proprio caro ma quello del proprio cane o gatto. Anche negli uffici ho visto che sulla propria scrivania o affisso ai muri non c’è (o non c’è solamente) come si faceva una volta, l’immagine del proprio figlio ma l’immagine del proprio cane o gatto.
c) La domesticazione del cane e del gatto
Il fenomeno degli animali da compagnia è imponente, come sarà messo in evidenza più avanti, quando si parlerà dell’aspetto economico di tale fenomeno. Dato che gli animali più importanti di questo fenomeno sono i cani e i gatti è bene dire qualcosa sulla loro storia e di come essa si sia incrociata con quella dell’uomo.
Foto 9 I lupi grigi europei, domesticati dalle popolazioni europee di cacciatori-raccoglitori, da cui discenderanno i cani
Dice Wikipedia alla voce Canis lupus familiaris ( https://it.wikipedia.org/wiki/Canis_lupus_familiaris) :“I più recenti studi basati sulla genetica, supportati da ritrovamenti paleontologici, hanno portato a ritenere valido il riconoscimento del lupo grigio (Canis lupus) come progenitore del cane domestico, riconosciuto come sottospecie (Canis lupus familiaris). Ancora incerte sono le ipotesi sul processo di domesticazione. Una delle ipotesi più accreditate è quella dei coniugi Ray e Lorna Coppinger, biologi, che propongono la teoria di un “domesticamento naturale” del lupo, una selezione naturale di soggetti meno abili nella caccia, ma al contempo meno timorosi nei confronti dell’uomo, che avrebbero cominciato a seguire i primi gruppi di cacciatori nomadi, nutrendosi dei resti dei loro pasti, ma fornendo inconsapevolmente un prezioso servizio di “sentinelle”, stabilendosi in seguito nei pressi dei primi insediamenti, e dando il via ad una sorprendente coabitazione tra due specie di predatori, con reciproci vantaggi.”
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Dice ancora Wikipedia: ”Le analisi molecolari suggerirebbero come datazione che i primi casi di addomesticamento del cane dal lupo risalirebbero ad un periodo compreso tra il 18.800 e 32.100 anni fa, in popolazioni nomadi di cacciatori raccoglitori europee.”
Ma quale contesto rese possibile la domesticazione del cane e il suo utilizzo nella caccia?
Molto importante fu il nuovo contesto climatico-ambientale che si creò alla fine del pleistocene superiore (dai 20-30 mila ai 12 anni fa [e che corrisponde approssimativamente al paleolitico superiore]) e, soprattutto, l’influenza che ciò ebbe sulla fauna cacciata dalle popolazioni umane per la propria sussistenza.
“ I cambiamenti climatici, profondi e relativamente rapidi, della fine del Pleistocene e dell’inizio dell’Olocene(1), provocarono un po’ ovunque importanti modificazioni tanto nella geomorfologia quanto nella flora e nella fauna, ed ebbero enormi ripercussioni sul modo di vita degli umani.
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Anche la fauna aveva subito cambiamenti; alcune specie che nel corso delle epoche precedenti avevano avuto un ruolo preponderante nella sussistenza dell’uomo, come il mammut, il rinoceronte lanoso, l’orso delle caverne, in via di estinzione già verso la fine del pleistocene, scomparvero del tutto, mentre altre specie, adatte come le renne ad un ambiente periglaciale, migrarono più a nord, dove ritrovarono le tundre. L’estendersi delle foreste in vaste aree delle zone temperate, subtropicali, tropicali, ed equatoriali aveva provocato notevoli cambiamenti nella fauna di queste regioni. Soltanto nelle zone in cui diverse circostanzi naturali – natura del terreno, altezza, piogge meno abbondanti – avevano favorito la steppa, la prateria o la savana, la fauna non differiva affatto da quella del pleistocene finale. Si aggiunga che la desertificazione di immense regioni dell’Africa e dell’Asia sarebbe iniziata soltanto molti secoli più tardi.
Colpite da questi profondi cambiamenti verificatisi nel loro ambiente, la maggior parte delle comunità umane si trovarono a dover affrontare una situazione critica. Alcune di esse, restii nell’adattarsi alle nuove circostanze, avevano seguito la loro selvaggina abituale – i branchi di renne – nella migrazione verso nord, e si stabilirono nelle regioni dell’Europa del nord, dell’Asia e dell’America lasciate libere dalla calotta glaciale, dove proseguirono ancora per molto tempo nel loro tradizionale modo di vita di predatori, basato sulla pesca e sulla caccia di renne, agli alci e ad altre specie della fauna artica.
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Gli altri gruppi umani, in particolare quelle che abitavano le regioni ora ricoperte dalle foreste nelle zone temperate conobbero un periodo di crisi (che si riflette nelle culture del Paleolitico finale di cui abbiamo accennato) ma pervennero in seguito ad adattarsi piuttosto rapidamente al loro nuovo ambiente. Assistiamo innanzitutto ad un grande cambiamento nelle fonti di sussistenza di tali comunità: la caccia svolge ancora un ruolo importante nell’approvvigionamento, ma non ne costituisce più la parte essenziale. In seguito alla scomparsa o alla migrazione dei grandi branchi di selvaggina delle steppe e delle tundre, gli uomini avevano iniziato a cacciare nelle foreste dove le prede erano costituite da animali che vivevano in gruppi meno numerosi, o addirittura da esemplari isolati (cervi, caprioli, uri, cinghiali). Soltanto nelle regioni che abbiamo sopra ricordato, dove dominavano le savane e le praterie, essi potevano continuare la caccia alle specie che vivevano in grandi mandrie, come i bisonti e le gazzelle. Nelle foreste era anche più difficile bloccare le prede, fu quindi naturale che i cacciatori adottassero sempre più frequentemente, quando non esclusivamente, l’arco e la freccia, la cui invenzione risale al paleolitico superiore. Tale ipotesi è confermata dalla presenza, nelle industrie litiche di queste comunità, di una grande quantità di microliti usate come armature di frecce. Queste stesse condizioni di caccia spiegano perché, in diverse regioni, piuttosto distante le une dalle altre, l’uomo arrivò progressivamente ad addomesticare il lupo e l’antenato del cane divenne per il cacciatore un ausilio prezioso, in grado di stanare le prede nella foresta e nella boscaglia.” (2)
Questo fu il contesto climatico-ambientale che portò le zone temperate a essere coperte di foreste e a modificazioni nella fauna, formata da branchi poco numerosi o da animali singoli: la domesticazione del lupo e l’utilizzo del cane nella caccia nelle foreste e nella boscaglia serviva per stanare la selvaggina.
In seguito l’uomo iniziò a praticare l’agricoltura e la pastorizia e il cane fu utilizzato nella conduzione e protezione del gregge, come guardia negli accampamenti e poi in tanti altri modi.
Per il gatto le cose sono andate diversamente.
Dice Wikipedia: “Le prime scoperte paleontologiche situavano i primi siti della domesticazione del gatto in Egitto, verso il 2000 a.C., ma la scoperta nel 2004 di resti di gatto vicino a quelli di uomini in una sepoltura a Cipro porta l’inizio di questa relazione tra i 7500 e i 7000 anni prima di Cristo.[70] Il gatto scoperto presenta una morfologia molto simile a quella del gatto selvatico africano, senza le modifiche dello scheletro dovute alla domesticazione: si tratta di un gatto addomesticato piuttosto che domestico. La coabitazione dei gatti con gli uomini è probabilmente cominciata con l’inizio dell’agricoltura: l’immagazzinamento del grano ha attirato i topi e i ratti, che a loro volta hanno attirato i gatti, loro predatori naturali. Lo studio condotto da Carlos Driscoll su 979 gatti ha permesso di definire la probabile origine del gatto domestico nella regione della Mezzaluna Fertile in Mesopotamia.”
Quindi i gatti furono domesticati per acchiappare i topi che si cibavano del grano immagazzinato.
Nelle righe di sopra sono stati indicati i motivi che portarono alla domesticazione del cane e del gatto. Per quanto riguarda il cane bisogna dire che esso è ancora usato come ausilio per la caccia in quei territori dove è ancora praticata come attività economica, come ausilio per la caccia come pratica sportiva, come ausilio nella conduzione e protezione delle greggi dove è diffusa la pastorizia, come guardia delle “proprietà”, con usi molto particolari da parte delle forze dell’ordine, ecc.. Il gatto invece viene tenuto nelle fattorie per evitare i proliferare di topi e altri animaletti dannosi.
Nel presente saggio si tratterà del cane e del gatto come animali da compagnia, da affezione (come dicono alcuni), quindi del loro uso in modo completamente diverso dal loro iniziale utilizzo, così come è stato indicato nelle righe precedenti.
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1) L’olocene è l’epoca attuale iniziata circa 12 mila anni fa.
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2) AA.VV. La Storia, 1 Dalla preistoria all’antico Egitto, Mondatori 2006, pagg. 101-102
d) Un’analisi antropologica
Si diceva poco prima che con gli animali da compagnia i loro proprietari cercano di sperimentare una forma straordinaria di coscienza, cercano di sperimentare l’onnipotenza (superando le limitazioni della vita quotidiana) e, contemporaneamente, la riconciliazione (con l’eliminazione di contraddizioni e conflitti, che contraddistinguono la vita quotidiana)!
Ma in che modo i proprietari di cani e gatti raggiungono uno stato alterato di coscienza, uno stato di coscienza straordinario, nel rapporto con gli animali da compagnia?
Foto 10 Lo stato alterato di coscienza dei proprietari di animali da compagnia si inquadra in un più vasto repertorio di stati alterati che va dai più intensi (come le estasi religiose e l’assunzione di allucinogeni) alle più lievi (dall’assunzione di modeste quantità di alcolici all’acquisto compulsivo).
I proprietari di cani e gatti raggiungono questo stato straordinario di coscienza in tutti i momenti in cui si attua il loro rapporto con gli animali da compagnia:
– al momento della loro acquisizione (diventandone proprietari, padroni: l’esistenza degli animali dipende dal loro volere);
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determinando in tutto e per tutto la loro vita (li castrano o sterilizzano, gli danno un ricovero, li alimentano e li curano, li costringono a non abbaiare, decidono quando, tenendoli al guinzaglio, portarli in strada a fare i loro bisogni, decidono se curarli o meno, ecc.);
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sorridendogli, accarezzandoli o mostrandogli affetto solamente quando i proprietari ne hanno voglia, mostrandogli benevolenza e comprensione (considerandoli-elevandoli come facenti parte della famiglia anzi alle volte facendo credere che siano gli animali a “comandare” e a stabilire il comportamento dei proprietari), sgridandoli quando i proprietari ne hanno voglia, dicendogli tutte le cose che gli passano per la testa (senza che gli animali possano contraddirgli);
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praticando il “gioco” della sofferenza nel caso stiamo male o il “gioco” del lutto nel caso muoiano, accanendosi terapeuticamente verso di loro nel caso stiano male (se così gli aggrada), maltrattandoli e, infine, abbandonandoli (come fece il Signore Onnipotente quando abbandonò il Figlio sulla Croce), ecc. ecc.
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praticando il gioco dell’”ovvietà”, dicendogli appunto cose di estrema “ovvietà”, che quindi non contemplano l’esistenza di contraddizioni e conflitti.
Gran bel lavoro come al solito del Dott. Boccone anche se questo gli attirerà le critiche della.aggiir parte della popolazione.
A scopo propositivo vorrei suggerire che la seconda puntata approfondisca settori rimasti fuori da questa come: i numeri del le uccisioni, ferimenti e traumi che la TV non ci racconta. Le assicurazioni che non risarciscono e le polizze che non esistono.
La zoofilia e il boom tra i giovani cresciuti dormendo con gli animali.
Cani e gatti sono una droga sociale come il calcio il vino il tabacco o il caffè. Il volume d’affari che generano fa passare in secondo piano tutti guai che ne derivano
In riferimento all’aspetto economico del fenomeno del possesso di animali da compagnia ricordo che ultimamente è stato pubblicato il Rapporto Assalco Zoomark 2020 (all’indirizzo https://static.gedidigital.it/repubblica/pdf/2020/salute/rapporto-assalco.pdf ).
i dati si riferiscono all’anno 2019.
Dice il rapporto nell’introduzione :”Il Rapporto ASSALCO–ZOOMARK 2020 sull’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia è realizzato da ASSALCO, l’Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia.
Appuntamento annuale per chi si occupa di animali d’affezione, il Rapporto è un compendio che documenta
attraverso una fotografia dell’evoluzione del mercato e delle novità in ambito sociale – la crescente importanza del ruolo degli animali da compagnia in Italia. Hanno contribuito alla stesura del Rapporto: IRI Information Resources e l’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI).”
Viene detto nel rapporto (pag. 27):
“Prosegue il trend positivo del mercato a valore con un incremento del fatturato del +2,8%
rispetto allo scorso anno: il pet food si conferma un mercato in crescita a valore, con un tasso
di sviluppo superiore a quello del Largo Consumo Confezionato che è stato pari a +1,7% nel
2019.
A volume, il mercato del pet food è superiore al 2018 e anche al 2016, anche se non raggiunge il risultato del 2017.
La crescita del mercato a valore superiore a quella a volume è spiegata dall’orientamento da parte dell’acquirente alla composizione di un carrello di maggior valore attraverso la scelta di prodotti premium, di alta qualità, formati più piccoli con un €/kg più alto, alimenti dietetici a supporto di patologie specifiche nel canale specializzato e prodotti che cavalcano i trend emergenti (es. biologici, ancestrali, olistici, vegetariani/vegani, senza glutine, grain free, con un’unica fonte proteica, formulati con materie prime selezionate, ecc…).”
Quindi il settore del Petfood si conferma un settore in forte crescita: questo solamente per dire che il possesso di animali da compagnia, non so per quale strana logica, è sempre stato connesso alla cultura della decrescita mentre, come rivelano i dati del rapporto, è un settore che porta a una forte crescita dei consumi.
Ripreso da “il fatto quotidiano”:
“È peccato mortale volere l’estinzione dei cinesi?” Non usa mezzi termini Rita Dalla Chiesa per condannare lo Yulin, il controverso festival cinese della carne di cane, appuntamento fisso della tradizione locale in cui ogni anno vengono uccisi e macellati migliaia di cani. La ricorrenza, che quest’anno si è tenuta il 21 giugno, ha mandato su tutte le furie la conduttrice che su Twitter ha ricondiviso un articolo de Il Fatto Quotidiano a riguardo, commentando con disappunto:. “Cina, al via il festival della carne di cane di Yulin: migliaia di animali macellati. “Crudeltà incredibile” – È’ peccato mortale volere l’estinzione del popolo cinese??????”.”
Faccio il seguente commento dopo un bel po’ di tempo da quando è avvenuto il fatto a cui si fa riferimento (forse per esprimermi con più pacatezza e fare una analisi antropologica e non moralistica!).”
Il fatto a cui faccio riferimento è il twitter fatto da Rita Dalla Chiesa in cui diceva: “Cina, al via il festival della carne di cane di Yulin: migliaia di animali macellati. “Crudeltà incredibile” – È’ peccato mortale volere l’estinzione del popolo cinese??????”
Rita Dalla Chiesa si riferiva ad un evento che avviene in Cina e che comporta la macellazione, la cottura e il consumo di carne di cane.
Ma per quale motivo Rita Dalla Chiesa fa quelle affermazioni?
Questa signora, come molte altre persone (soprattutto della cultura occidentale) vedono e posseggono i cani solamente come animali da compagnia (anzi, da affezione, come tengono a sottolineare) per cui verso i cani si può solamente essere padroni, proprietari, si può castrarli o sterilizzarli, si possono tenere in condizioni innaturali, gli si possono dire tutte le scempiaggini che passano per la testa ai loro proprietari senza questi siano mai contraddetti, si possono abbandonare, si possono accarezzare, ecc. ): con i cani e gli altri animali da compagnia i loro proprietari si sentono onnipotenti e si sentono riconciliati (illusoriamente!) con la realtà e le altre persone.
Gli animali da compagnia svolgono la funzione di fare andare i loro proprietari in un’altra realtà, superiore alla realtà quotidiana: come avviene con il “sacro” fanno oltrepassare la realtà quotidiana!
Gli animali da compagnia hanno quindi solamente questa funzione sacra e non possono essere usati per fini profani, come, per esempio, carne per alimentazione.
Da qui l’esternazione della signora Rita Dalla Chiesa.
Come dicevo inizialmente ho aspettato un po’ di tempo per fare questo commento per evitare espressioni forti (per esempio, in teoria, avrei potuto esprimere il desiderio che tutti i proprietari di cani e gatti che hanno castrato o sterilizzato i loro animali da compagnia siano castrati o sterilizzati a loro volta! [ovviamente non avrei mai detto una cosa del genere …ma giusto per indicare dove si potrebbe andare a finire se ci si mette su certi livelli di discorso ).
Chiudo qua il commento!
Ogni tanto monitoro la situazione riguardo a quella modalità di superare la piattezza della vita ordinaria, di raggiungere condizioni di vita straordinarie, che è la relazione con gli animali da compagnia.
Mi capita alle volte di vedere un programma su un canale televisivo Mediaset. Il programma è condotto da Michela Brambilla.
Viene sempre affrontato il problema delle adozioni dei cani e dei gatti abbandonati.
Il problema dell’abbandono di cani e gatti (come già ben sapevo) è molto diffuso: però in questi e in altri programmi televisivi non si parla mai dell’abbandono degli animali dal punto di vista di chi li abbandona.
Mi piacerebbe sapere come avvenga il fenomeno: i cani dovrebbero avere un chip sotto pelle da cui è possibile risalire al proprietario ed inoltre esiste anche l’anagrafe canina. Come mai si sfugge a questi controlli? Forse i proprietari di animali tolgono il chip sotto pelle prima di abbandonarli?
Non ho mai sentito di condanne di persone che hanno abbandonato cani e gatti.
Nell’ultimo programma di Michela Brambilla (almeno l’ultimo che ho visto) c’è anche uno nota giocosa: è stata presentata una serie di interviste a proprietari di cani e gatti in cui si chiedeva se loro festeggiassero il compleanno dei loro amici a quattro zampe. La maggior parte delle persone intervistate hanno risposto affermativamente. Una signora ha detto che durante la festa del compleanno del suo cane ha preparato una torta su cui ha messo le candeline corrispondenti all’età del cane; la signora ha detto che ha cercato di fare spegnere le candeline al cane ma che questo non c’è riuscito per cui hanno provveduto i bambini a spegnerle.
Gradirei sapere da Danilo Tomasetta (o da altri frequentatori di questo blog) se ha mai festeggiato il compleanno dei suoi cani o gatti.
Un cordiale saluto
Il Principe aveva capito bene il rapporto che lega le persone ai cani
” TOTÒ: “Signorina mia, io non posso vivere senza far nulla: se vogliono farmi morire, mi tolgano quel divertimento che si chiama lavoro e son morto. Poi sa, la vita costa. Io mantengo 25 persone, 220 cani… I cani costano!”
• GIORNALISTA: “Duecentoventi cani? E perché? Che se ne fa di 220 cani?!”
• TOTÒ: “Me ne faccio, signorina mia!
Che un cane val più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato lo stesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene lo stesso, lo abbandona e lui le è fedele lo stesso.
Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo. Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo. Ad un uomo lo posso anche tradire…
A un cane mai, non ce la faccio!”
Oggi, di 123 anni fa, nasceva l’icona italiana Antonio de Curtis, ovvero #Totò
Su Ciakthemovie del 15 febbraio 2021 h 21.20