La dissonanza cognitiva è definita come la tensione o il disagio che proviamo quando abbiamo due idee opposte e incompatibili o quando le nostre credenze non corrispondono a quello che facciamo.
Per capire cosa sia la DISSONANZA COGNITIVA, concetto che viene dalla psicologia sociale ed elaborato verso la metà degli anni ’50, conviene rifarsi al suo contrario, la CONSONANZA COGNITIVA. Un individuo è emotivamente soddisfatto se attiva idee e comportamenti tra loro coerenti, al contrario si troverà in disagio se contemporaneamente vive situazioni contrastanti o anche soltanto se la rappresentazione della realtà che gli deriva dalla visione di qualcosa cozza con una visione differente o con un comportamento incoerente.
Più che la definizione lessicale l’immagine soprastante spiega meglio di qualsiasi parola cosa sia la dissonanza cognitiva: paperino e nipoti (ovvero animali umanizzati) siedono felici a tavola e si apprestano a mangiare il tacchino (ovvero un altro animale). E’ come se un umano coi suoi figli si apprestasse a mangiare a tavola un altro uomo cucinato al forno o sulla brace !
Questo tipo di dissonanza noi la induciamo sovente nei nostri figli, ai quali regaliamo animaletti di peluche da coccolare e portare a letto (orsetti, conigli, pulcini, ecc) e poi con disarmante disinvoltura presentiamo loro nel piatto gli stessi animali (purtroppo non di peluche) per farglieli mangiare.
Non lo facciamo per sadismo, ma perché la dissonanza cognitiva ci ha completamente sopraffatto e in una fetta di vitello o in una salsiccia non vediamo più l’animale da cui proviene quel pezzo di carne, ma solo una merce comprata al supermarket, al pari dei detersivi, dei legumi in scatola e dei biscotti per la colazione.
REIFICAZIONE DELL’ANIMALE MORTO
La completa reificazione dei tagli commestibili di carne è stata compiuta dall’industria alimentare e la grancassa dei media attraverso i messaggi pubblicitari allontana qualunque senso di colpa legato a possibili immagini cruente. Per un consumo ampio e a cuor leggero è necessario che il piatto di carne che mettiamo in tavola sia del tutto dissociato da eventi come l’uccisione di un vitello, lo scuoiamento, lo smembramento, il sangue che scorre.
Da questo punto di vista erano cento volte meglio le macellerie di una volta (nelle grandi città ne sono rimaste poche), dove era facile vedere quarti di bue appesi ai ganci, polli interi con l’occhio vitreo stesi su un banco e talvolta persino agnelli o capretti scuoiati. Almeno c’era meno mistificazione e in qualche modo dovevamo assumerci le nostre responsabilità…sto comprando pezzi di un animale ucciso per essere mangiato da me, questo il messaggio abbastanza esplicito che ci trasmetteva la vecchia macelleria.
Oggi moltissime famiglie mangiano carne e affettati tutti i giorni, e l’industria della macellazione, che va a braccetto con quella degli allevamenti intensivi, fa in modo che tutte le carni siano sempre presenti in abbondanza negli scaffali dei supermarket, confezionate nei loro vassoi di polistirolo e completamente dissociate dall’immagine dell’animale da cui provengono. Consideriamo però che non è stato sempre così.
DALLA FATTORIA AI LAGER DEL TERZO MILLENNIO
Agli albori della sua storia l’uomo consumava molto raramente carne, perché la cattura degli animali selvatici era difficile e rischiosa. Senza armi adeguate da usare a distanza, circondare e sopraffare la preda era impresa ardua. L’uomo era fondamentalmente un essere onnivoro, più raccoglitore che cacciatore. Frutta, bacche, semi e funghi facevano parte della sua alimentazione e avevano il vantaggio di poter essere consumati senza la necessità di accendere e mantenere acceso un fuoco, mentre nel caso di una preda animale consumarla cruda senza cottura era davvero poco soddisfacente. *
Con la nascita dell’agricoltura e dell’allevamento (circa 10.000 anni A.C.) il consumo di carne non è molto aumentato. I così detti animali domestici erano molto più utili da vivi che da morti. Buoi per tirare l’aratro, mucche e capre per il latte, pecore per la lana, galline per le uova. Quindi l’uccisione di un animale domestico a scopi nutritivi avveniva con scarsa frequenza. Era un mondo caratterizzato dalla scarsità e dalla lotta per la sopravvivenza, per cui non ci si poteva permettere di sprecare.
Nel mondo ellenico e romano assistiamo ad un aumento del consumo di carne, ma riservato ai benestanti delle classi dominanti. Per ogni patrizio romano che poteva banchettare con dovizia di carni e pesci c’erano migliaia di servi e di plebei che la carne la vedevano raramente !Le cose sono andate più o meno così fino a tempi molto recenti.
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E L’INDUSTRIA ALIMENTARE
Un moderato aumento del consumo della carne si è avuto con la rivoluzione borghese (il quarto stato continuava a vederla di rado) ma la rivoluzione industriale ha cambiato velocemente e radicalmente la faccenda. Così come c’è stato il passaggio dalle manifatture alle grandi fabbriche, sul fronte alimentare c’è stato il passaggio dalle fattorie agli allevamenti su scala industriale.
Allevare, macellare, confezionare e vendere ad un’utenza allargata è diventato un affare di colossali dimensioni e ad alto rendimento. Il prezzo della carne macellata si è progressivamente abbassato (insieme alla qualità…) e il meccanismo della domanda e dell’offerta ha fatto sì che le tecniche di allevamento potessero modernizzarsi e fornire al mercato quantità enormi di carni da consumare.
Il must dell’imprenditore di carni è diventato: intensificare la produzione > accelerare i tempi di crescita dei destinati alla macellazione > automatizzare nei limiti del possibile uccisione e smembramento > confezionare in modo pratico e consono all’esposizione della merce e al consumo
Per gli animali da allevamento sono cominciati gli anni del lager. Il modo con cui nella maggior parte dei casi gli animali vengono allevati e macellati è paragonabile allo sterminio di massa messo in atto da nazismo e stalinismo tra il 1940 e il 1953. L’unica differenza è che mentre il mondo è inorridito di fronte alle atrocità naziste e staliniste le odierne atrocità regolarmente praticate nei confronti di esseri viventi, esseri sensibili che soffrono, piangono e si disperano al pari degli umani, avvengono nell’indifferenza della stragrande maggioranza degli uomini, che in parte non sanno o fingono di non sapere, in parte giustificano questo attraverso il paravento ideologico dello specismo, o, nella migliore delle ipotesi, confinano l’evidenza di queste atrocità in un angolo remoto della coscienza, talmente remoto da non provocare sensi di colpa. Tuttalpiù può affiorare qualche episodio di dissonanza cognitiva, come appunto dicevamo all’inizio, quando insegniamo ai nostri bambini ad amare gli animali e a rispettarli, ma poi glieli serviamo in tavola !
IL “CONFORTO” DELLA RELIGIONE
Non voglio aprire qui una lunga digressione se l’uccisione di animali sia consona all’indole umana. Credo che già prefigurare un’indole umana come entità assoluta sia una sciocchezza. Certamente all’alba della sua storia l’uomo è stato cacciatore per necessità e altrettanto certamente si è macchiato di delitti ingiustificati e non derivanti da uno stato di necessità, sia nei confronti delle specie animali, sia nei confronti della sua stessa specie. Pensiamo per esempio alla strage dei bisonti nell’America del Nord all’epoca della colonizzazione. Il bel film “Balla coi lupi” mette bene in evidenza la stupidità e la crudeltà di questo sterminio di massa.
Certo è che fin dagli albori della civiltà l’uomo ha sentito il bisogno di giustificare ideologicamente l’uccisione degli animali e a questo ha provveduto la religione. In tutte le religioni politeiste il sacrificium animale è presente come atto che si compiva per ingraziarsi gli dei, per ottenere la loro benevolenza. Sacrificium viene da sacrum facere, ovvero fare qualcosa di sacro, qualcosa legato alla liturgia.
Si sacrificava ad esempio un agnello donandone il sangue a Zeus o ad Ares, ma poi le carni dell’animale sacrificato venivano tranquillamente cotte e mangiate. Gli dei greci e romani (ma anche quelli sunniti, persiani, egizi, ecc.) erano dei capricciosi e vendicativi, infatti non a caso erano dei antropomorfi, pensati ad immagine e somiglianza degli uomini, che li veneravano anche per giustificare gli aspetti meno nobili di se stessi. L’ipocrisia nell’antichità era già di casa…
Ma sacrificare e sacrificarsi vuol dire anche rinunciare, perché a volte a Dio si donava la vita di un animale che ci era caro o che ci era più utile da vivo. Per avere un fulgido esempio di questo si pensi all’episodio biblico (antico testamento) di Abramo e Isacco. Dio per mettere alla prova l’ubbidienza di Abramo (si noti la sadica crudeltà del dio ebraico…) gli chiede di sacrificargli l’amato figlio Isacco ed Abramo è pronto a farlo e sta per compiere il sacrificio sgozzando il figlio, ma viene fermato all’ultimo istante dall’intervento dell’angelo che gli concede di sostituire Isacco con un agnello.
Quest’ultimo passaggio ci porta direttamente all’”agnus dei” l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (agnus dei qui tollis peccata mundi misrerere pro nobis – agnello di dio che cancelli i peccati del mondo abbi pietà di noi). Siamo alla messa cristiana, siamo al Vangelo e l’agnello sacrificale si è umanizzato nel Cristo che si sacrifica sulla croce per salvare l’umanità. In realtà andrebbe raccontata diversamente, ovvero che gli uomini del suo stesso popolo decretano con grande disinvoltura la morte e la crocifissione di Gesù, alla stregua di come farebbero con un agnello.
Non è cinismo, è solo la dimostrazione che la crudeltà umana può esercitarsi alla stessa stregua contro gli animali e contro altri uomini. L’unica differenza è che mentre i delitti contro l’umanità sono per lo più perseguiti dalla legge e stigmatizzati dalla religione, i delitti contro gli animali vengono socialmente accettati e colpevolmente giustificati dalla religione.
La chiesa cattolica è sicuramente in prima fila nel giustificazionismo delle crudeltà e dei delitti verso gli animali. Infatti il “Catechismo della chiesa cattolica “ recita testualmente al punto 2417 “ Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. [294] È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l’uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane.”
Sono parole molto chiare che testimoniano senza possibilità di errore che la dottrina cristiano-cattolica è alla base dello Specismo. Per la chiesa gli uomini in quanto dotati dell’anima e fatti a immagine e somiglianza di Dio possono decidere le sorti delle altre specie viventi !
L’unico elemento in contrasto con questa dottrina dominante è la figura di San Francesco, la cui iconografia ce lo presenta sovente circondato da animali in atteggiamenti affettuosi. Ma da qui a concedere agli animali lo stesso diritto alla vita il passo è lungo… Insomma, a meno di difficili cambiamenti nella dottrina da parte del Papa che a Francesco si richiama (“è contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita”, sono parole di Papa Francesco), , per tutti gli animali di questa terra… il paradiso può attendere !
P.S.1 L’idea di scrivere questo articolo mi è venuta dalla lettura di “Il genocidio animale colluso con la cristianità” di Roberto Contestabile, che potete leggere sempre su questo blog http://www.decrescita.com/news/genocidio-animale-colluso-la-cristianita/
P.S.2 Ho postato questo mio contributo qui perché ho la presunzione di credere che i fautori della Decrescita siano sensibili a questi temi più di altri.
* Per un un’infarinatura sull’alimentazione nella preistoria può essere utile la lettura di un articolo divulgativo a cura del Ministero per i Beni e le Attività culturali rintracciabile a questo link http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/sezioni/origini/articoli/preistoria.html
Ciao Danilo e grazie per la citazione.
Che dire? Concordo in parte su tutto ciò che hai detto e ho apprezzato il titolo, questo perchè attualmente tutto lo sfruttamento si basa principalmente su una totale dissonanza cognitiva: “in psicologia la dissonanza cognitiva è definita come la tensione o il disagio che proviamo quando abbiamo due idee opposte e incompatibili o quando le nostre credenze non corrispondono a quello che facciamo.”
In sostanza: vi è mai capitato di pensare una cosa e poi farne un’altra? Senza rendervi conto di avere due idee incompatibili? Situazioni che dovrebbero causare tensione o malessere, in soggetti sensibili o quanto meno responsabili. Altri è probabile che invece vivino la propria esistenza in completa desensibilizzazione, per cui compiere azioni in contrasto tra loro non provoca nessun disagio (ma questo è un altro capitolo dell’attuale psicosi consumista).
Chi si occupa di ideologie, ma anche pratiche, di decrescita economica non può escludere dalla propria consapevolezza l’aspetto psicologico della nostra esistenza moderna, piena di contrasti e contraddizioni assolutamente vicini a patologie psicotiche o addirittura psicopatiche.
Tu hai menzionato il cartoon di “Paperino e i suoi nipoti” ed è un perfetto esempio di come oggi la pubblicità e i media in generale ci inculchino abitudini o peggio attitudini poco sincere e sicuramente incoerenti. Potrei fare innumerevoli paragoni, come per esempio intimorirsi davanti al film celebre “Il maialino Babe”…e poi addentare un hot dog o un hamburger di carne che deriva da sofferenza e morte Animale. O ancora portare i propri figli al circo davanti ad Animali imprigionati e costretti a fare le comparse ridicole…e poi passeggiare liberamente con il Cane al guinzaglio e museruola. Potrei anche citare i cacciatori, ovvero abili ed astuti mistificatori di un concetto naturalista ed ambientalista con cui pubblicizzano le loro uccisioni “responsabili”. Insomma ci sarebbe da scrivere un enciclopedia di gesti e storie paradossali.