Diritto di replica #2

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(Luca Simonetti)

Vengo adesso ai primi 4 capitoli delle critiche di DFSN al mio capitolo sui Limits to Growth (LTG).

Dico subito che queste critiche si riducono ai due seguenti procedimenti, di cui ammiro la straordinaria forza dialettica: (i) contestare non quello che scrivo io, ma quello che dicono (alcuni de)gli autori che cito, e non già, si badi, nei passi che cito, ma in quelli che non cito, e che generalmente è del tutto tangenziale al mio argomento, e sovente anzi non ci ha nulla a che vedere; (ii) richiamare la necessità di citare altri autori, che invece non ho citato. Ritorna inoltre la singolare pretesa (su cui già mi sono soffermato) di avere il diritto esclusivo di scegliere quali siano non solo gli autori del “canone” decrescente, ma persino chi sarebbe lecito menzionare quale precursore della decrescita.

Vi è poi una miriade di errori non già di interpretazione, ma proprio di lettura, alcuni dei quali – che segnalerò di volta in volta – veramente inspiegabili, tanto più in quanto a partorire la “critica” è stato un vero e proprio collettivo. L’unica spiegazione che riesca a darmi è una distrazione collettiva, un sonnellino diciamo. Cose che capitano, via.

1) Cominciamo col primo capitolo. http://www.decrescita.com/news/decostruendo-contro-la-decrescita-1/

– DFSN mi rimprovera di parlare (a p. 60) solo di esaurimento delle risorse laddove il problema sarebbe dato anche dai limiti di assorbimento della Terra, dalla crescita della popolazione e dalla fine degli input energetici. Ma a parte il fatto che l’energia è anch’essa una risorsa, e quindi DFSN commette un errore speculare a quello che mi rimprovera, quel che intendo è precisamente quel che vuol dire DFSN: cioè che per LTG, data la limitatezza delle risorse, la crescita della popolazione e la incapacità della Terra di assorbire l’inquinamento, “la crescita esponenziale è destinata a incontrare limiti insuperabili (i ‘limiti della crescita’ del titolo), comunque entro e non oltre il 2100, a meno che non si faccia qualcosa, e presto, per ridurre il tasso di crescita”.

– Proseguiamo. DFSN si indigna del fatto che io attribuisca a LTG alcune predizioni. Strano però che DFSN scriva, poco oltre, che “nell’intero Rapporto l’unica ‘predizione’, se si vuole chiamarla così, riguardante lo scenario base (il solo che ci interessi), stabilisce che la grande crisi economica inizierà nella prima metà del XXI secolo”. Ma se quella è una predizione, anziché semplicemente uno degli scenari prodotti dal modello, allora perché non potrei anch’io trovare delle predizioni in LTG? Come spiego peraltro nel libro, le predizioni in LTG sono pochissime, proprio perché LTG si basa su un modello (World3) il cui scopo non è predire eventi, ma mostrare come si evolvono nel tempo e si influenzano reciprocamente le famose cinque variabili.

– A questo punto, DFSN commette uno degli inspiegabili svarioni cui accennavo sopra. Dopo aver riportato queste mie parole: “alcune autentiche predizioni, nel Rapporto, benché poche, c’erano; alcune si sono rivelate corrette (come quella sul livello della popolazione mondiale, nel 2000), altre no (come quella per cui, “ancora prima dell’anno 2000, l’umanità si troverà di fronte a una drammatica carenza di terra”)”, DFSN afferma: Simonetti confonde la ‘carenza di terra’ con la ‘riduzione della produzione agricola’”, e prosegue impartendomi una interessante lezione sulla differenza che esiste fra i due concetti. La realtà è molto più banale: non ho mai fatto la confusione che DFSN mi addebita. Infatti, è proprio LTG a parlare di carenza di terra, mica io. Precisamente, a p. 48 della prima edizione italiana, si legge quanto segue: “Dal diagramma si vede allora che anche nella ipotesi, estremamente ottimistica, di coltivare tutte le terre disponibili, ancora prima dell’anno 2000 l’umanità si troverà di fronte a una drammatica carenza di terra”, e dal contesto è chiaro che LTG sta parlando della pressione che l’urbanizzazione esercita sulla terra coltivabile, riducendone l’estensione. La critica di DFSN è dunque del tutto campata in aria. Lasciando perdere i successivi richiami ai “rendimenti decrescenti” e al “land grabbing”, che non c’entrano nulla, noto invece che, a riprova della effettiva “drammatica carenza di terra” che si sarebbe verificata, giusta la previsione di LTG, “ancora prima del 2000”, DFSN cita un fantomatico rapporto della FAO che mostrerebbe “una diminuzione della superficie agricola dell’1% dal 2002 al 2009”. Meglio non commentare…

– DFSN allude poi all’aumento dei tumori come possibile prova “degli agenti inquinanti sulla popolazione umana”. Duole dissentire: il cancro è una malattia la cui incidenza aumenta perché è una malattia senile e dunque è destinata a crescere quando, come nel mondo contemporaneo, cresce l’età media e vengono via via debellate le altre malattie (come quelle cardiovascolari) che una volta falcidiavano gli anziani.
Al riguardo, potete leggere questo articolo: http://www.nytimes.com/2014/01/05/sunday-review/why-everyone-seems-to-have-cancer.html?_r=0.

– Segue: altro inspiegabile errore di lettura. Scrive DFSN: “Ma veniamo all’errore più grave. Dopo la corretta prolusione iniziale, Simonetti incomprensibilmente commette uno svarione madornale: trasforma lo scopo reale del Rapporto – definire l’inizio del collasso economico, ossia la fine della crescita – nella determinazione dell’esaurimento delle risorse.” Qui devo proprio chiedere a DFSN dove avrebbero letto che per me lo scopo di LTG sarebbe non “definire l’inizio del collasso economico” bensì la “determinazione dell’esaurimento delle risorse”. E dire che avevo pure scritto chiaramente (a p. 60, riportato sopra) che i “limiti” del titolo sono limiti della crescita, non delle risorse. Poi non ho neanche più avuto occasione di parlarne, dunque, veramente: boh? Se poi DFSN si riferisce al passo di p. 61-62, cioè quello dove scrivo: “Coloro che si sono messi su questa strada hanno finito, prima per prendere per oro colato affermazioni che invece nella versione ufficiale del Rapporto erano solo ipotesi (poi risultate scorrette, e successivamente modificate dagli stessi autori), e poi per prendere nuovamente per Vangelo le ipotesi incluse nell’ultima versione (…) finché non siamo in grado di stabilire se il petrolio (o il gas, il carbone e via dicendo) finirà in 20, in 200 o 500 anni, è difficile dire in che cosa il discorso si differenzi da un memento mori…”, allora la risposta – che a dei lettori non completamente addormentati non servirebbe neanche – è che in quel passo NON parlo affatto di LTG, ma di quei lettori “catastrofisti” di LTG (“coloro che si sono messi su questa strada…”) che citano LTG a vanvera – tra l’altro, scambiando delle ipotesi per delle previsioni!

– Non basta, perché DFSN prosegue allo stesso livello come segue: “le riflessioni di Simonetti si basano quindi su presupposti errati – sufficienti però per fargli dire che il Rapporto ha ‘scientificità (e utilità)’ addirittura ‘prossima a zero’ (pag. 62)”. Peccato però che, anche in questo caso, il passo citato si riferisca non a LTG, bensì all’impiego “che i decrescenti tendono a fare del modello World3”.

– Poi, DFSN si chiede: “ci troviamo già coinvolti in una crisi economica, la cui fine non sembra prossima? Gran parte dei cittadini del globo, soprattutto quelli dei paesi a industrializzazione matura, dal 2008 a oggi urlerebbe a gran voce di sì, ma forse sono troppo influenzati da decrescenti e ‘catastrofisti’. Diamo uno sguardo allora a numeri freddi e obiettivi; essi indicano chiaramente un principio di stagnazione a livello mondiale a partire dalla fine del 2009.” La risposta è molto semplice: no. Parole come “crisi economica”, “stagnazione”, “deflazione” e simili – che descrivono abbastanza correttamente quanto è avvenuto in Occidente negli ultimi sei/sette anni – non sono però sinonimi del collasso economico di cui parla LTG. Non è infatti sostenibile che il problema che ha originato la crisi (che certo è grave, ma non è globale, e comunque non è eterna, e da cui infatti alcuni paesi già stanno uscendo, mentre altri non ci sono mai entrati) sia la scarsità di risorse/crescita dell’inquinamento/penuria energetica/aumento della popolazione et similia. Sembra invece che la presente crisi sia, quasi ovunque (in certi casi, come in Italia, le ragioni sono probabilmente altre ancora, ma non hanno comunque a che fare con LTG), una crisi da sottoproduzione, insomma una crisi da insufficienza della domanda. Gli impianti sono fermi non perché manchi (o costi troppo) il combustibile per farli andare, ma perché non c’è nessuno che compra. Si vive in penuria nonostante i mezzi per ottenere l’abbondanza. Per spiegare la crisi attuale, in altre parole, non bisogna cercare su LTG: basta rileggere Keynes.

– Successivamente DFSN si concentra sui mutamenti climatici e mi chiama cortesemente in causa così: “Per la cronaca, Simonetti in Contro la decrescita ha deciso di ignorare completamente il problema dell’effetto serra (in relazione alle tematiche della decrescita), ritenendo più opportuno dedicare due capitoli alla confutazione del primitivismo e uno alla ricerca di connessioni tra il pensiero dei decrescenti e quello di intellettuali di nicchia anti-modernisti di inizio Novecento”. So di ripetermi, però il fatto è che il mio libro non è un’enciclopedia e non è che potessi occuparmi di tutto. Dell’effetto serra, del resto, non parla neppure LTG, quindi non mi è chiarissimo perché avrei dovuto parlarne io. In ogni caso, visto che non si sa mai, mi affretto a chiarire almeno un punto: mi guardo bene dall’unirmi al coro dei negatori del riscaldamento globale e della sua origine antropica. Sono certo che sia un fenomeno reale. Noto però che non esiste alcun consenso sulle conseguenze economiche che potrà avere. Se è verosimile che alcune zone oggi già calde divengano inabitabili e/o incoltivabili in futuro, è altrettanto verosimile però che altre zone, oggi troppo fredde, divengano abitabili e/o coltivabili. Quale sarà l’effetto netto globale? Ad oggi, è impossibile dirlo. Ma c’è un’altra osservazione che vorrei fare, ancora più importante ai nostri fini. Oggi come oggi, quello del riscaldamento globale è un rischio solo futuro. La crisi economica attuale non è stata determinata, neppure in minima parte, dal riscaldamento globale.

– Altro improvviso sonnellino dei miei interlocutori. Scrivono che a mio avviso “il modello World3 ‘esclude ogni possibile confronto con la realtà’, è fondamentalmente ‘una predica’ o ‘un culto apocalittico catastrofista’(pag. 62)”. Niente affatto: queste parole non sono mie, ma di Vaclav Smil (infatti le faccio precedere da questo periodo: “Così Vaclav Smil ha rilevato che…”), e per quanto mi riguarda io le ritengo applicabili solo ai catastrofisti, cioè i già citati seguaci un po’ svanverati di LTG, non ai Meadows.

2) Veniamo al secondo capitolo. http://www.decrescita.com/news/decostruendo-contro-la-decrescita-2/?doing_wp_cron=1420324122.4081048965454101562500

– Secondo DFSN, la mia critica “proviene” da tre articoli (di Smil, Cole e Rodger). Ebbene, no: i) cito vari altri autori, e ii), e soprattutto, la mia critica non “proviene” da questi o altri testi, ma è tutta farina del mio sacco. Né il fatto di non essere uno scienziato mi vieta di metter bocca al riguardo, altrimenti mi pare che il dibattito su LTG (che è stato in gran parte fatto da economisti, non da scienziati) non avrebbe avuto luogo, per non parlare del fatto che il non essere scienziati non impedisce nemmeno a quelli di DFSN di parlarne. Giusto? O le qualifiche accademiche servono solo a me?

– In questa parte delle obiezioni, la tendenza di DFSN di rispondere non a me e a quel che scrivo io, ma agli autori che cito e a quel che scrivono loro (e che io nemmeno riporto) raggiunge il culmine. Potrei limitarmi a far notare questo e fermarmi qua (infatti, non c’è in pratica neanche una critica di DFSN che si applichi a quel che ho scritto nel capitolo su LTG), ma vale comunque la pena esaminare cosa DFSN scrive.

– a) Cominciamo con Smil. Qui DFSN mostra un atteggiamento un tantino condiscendente: ecco da dove vengono tutte le teorie di Simonetti, compresi i suoi errori e i suoi “toni sarcastici”! Tranquilli ragazzi: gli errori che pensate io abbia tratto da Smil non sono affatto errori (l’abbiamo in parte già visto, lo vedremo di nuovo) e quanto ai toni sarcastici vi garantisco che non ho bisogno di prenderli a prestito da nessuno.

– Secondo DFSN, “è stato Smil a indurre in errore Simonetti sulla relazione tra diminuzione della terra arabile e aumento della resa del terreno”. Ma come ho mostrato sopra, non c’è stato nessun “errore” (è LTG che parla della diminuzione della terra arabile, non io); e tra l’altro il passo che citate successivamente di Smil è correttissimo, nonché identico a quel che sopra mi “obiettavate” per sostenere la differenza fra carenza di terra e andamento delle rese agricole.

– DFSN ci informa che le critiche di Smil sarebbero “non particolarmente incisive” e si sbrigano rapidamente di quella relativa alla genericità delle macrovariabili (cioè quella che io riporto estesamente a p. 62-63), dicendo che essa “non inficia minimamente il ragionamento di fondo”. Mi spiace ma non sono affatto d’accordo: questa, e l’altra critica (anch’essa formulata da Smil e da me condivisa) circa la rigidità dei feedback, sono cruciali e – se sono giuste, come credo – rendono il modello completamente irrealistico. In ogni caso, DFSN non spreca neanche mezza parola sul fatto che in una variabile come “inquinamento” entra di tutto e di più, che non c’è la minima ragione (oltre che la minima prova) che l’ “inquinamento” così definito abbia un influsso qualunque sulla mortalità o sulla produttività agricola (anche perché l’esperienza storica dimostra l’esatto contrario), o che esso sia prodotto dalla crescita della variabile “capitale”; eccetera eccetera.

– Secondo DFSN, “nel 2005, anno di pubblicazione dell’articolo, non sembravano esserci avvisaglie di una crisi globale, mentre Simonetti, che ha scritto il libro dopo il 2010, avrebbe avuto tutti gli strumenti per riflettere adeguatamente, se solo avesse compreso che le previsioni del Rapporto vertono sulla fine della crescita e non delle risorse”. Ma è un discorso infondato, come già abbiamo visto: la “crisi globale” in corso oggi non ha niente a che fare col tracollo economico preconizzato da LTG (e io non ho nemmeno detto che le “previsioni” di LTG – che non sono previsioni, tra l’altro – “vertono sulla fine delle risorse” anziché della crescita; ma anche questo l’abbiamo già visto).

– A dire di DFSN, “la critica di Smil in realtà non entra nella sostanza del Rapporto, ma diffida del metodo – l’uso del computer nell’analisi previsionale – a suo dire totalmente inadeguato allo scopo della ricerca; dopodiché nutre dei preconcetti, per così dire ‘filosofici’, sugli scopi stessi che si prefissa lo studio.” Difficile dire quale di queste tre affermazioni sia la più infondata; probabilmente la prima (cioè che la critica di Smil “non entra nella sostanza” di LTG). Ma insomma, non è mio compito difendere Smil, e quindi lascio perdere.

– Mi infastidisce invece un tantino (lo confesso) il fatto che DFSN voglia insegnarmi a tradurre “ahistorical” e “sermon” a partire dal senso che, a suo dire, dette parole avrebbero in Smil. Ma al di là di questo, mi colpisce l’inanità dell’intera faccenda: mezza pagina impiegata non a criticare i miei argomenti, ma l’uso che di “astorico” e “predica” fa Smil, il tutto poi in relazione a cose che, per l’intera questione, hanno un’importanza men che minima. Quindi lasciamo perdere. Come pure è il caso di lasciar perdere la tranquilla sicumera con cui DFSN “divina”, ovviamente ex post, il futuro (cioè attuale) sviluppo industriale della Cina e l’evoluzione geopolitica mondiale dal 1950 ad oggi: se pensiamo che all’epoca non solo nessuno prevedeva la futura caduta del blocco sovietico, ma esisteva un generale consenso (inclusi parecchi premi Nobel) circa il fatto che l’URSS nei successivi trent’anni avrebbe superato il PIL degli USA, ce n’è abbastanza per farcisi una bella risata.

– Secondo DFSN, sia io sia Smil avremmo “dimenticato” che in LTG gli scenari sono tanti, non uno solo. Non so davvero da dove DFSN abbia tratto questa singolare idea. Io ho chiarito esplicitamente che gli scenari sono più d’uno, a p. 60; Smil, dal suo canto, lo scrive a p. 162 (“I cannot take any of these numerous long-range scenarios seriously”). Un’altra dormita collettiva?

– Sempre secondo DFSN, Smil non avrebbe negato che si vada verso l’overshooting. A dire il vero, la mia impressione è tutt’altra: non solo Smil deride l’abuso del termine overshooting in LTG (p. 162) ma aggiunge che il mondo reale non è così semplice (magari lo fosse!, aggiunge) e che “world history does not move up or down” (p. 163). Ad ogni modo, ancora una volta: le opinioni di Smil sono solo sue, e anche se le osservazioni di DFSN al riguardo fossero giuste, non vedo che relazione tutto questo avrebbe con quel che ho scritto io.

– DFSN sostiene che io sarei molto più rigido di LTG, perché, se è vero che, come scrivo, “un elevato tasso di sostituzione tra fonti energetiche fossili e rinnovabili muterebbe completamente gli scenari contemplati nel modello”, sarebbe però vero anche checoprire vaste porzioni di territorio con pannelli fotovoltaici, ad esempio, potrebbe significare la perdita di terreno agricolo, con il rischio che per recuperarlo vengano abbattuti boschi e foreste; problemi analoghi sorgono dalle coltivazioni dedicate alla produzione di biocarburanti. In entrambi i casi le emissioni inquinanti sono destinate ad aumentare malgrado l’uso delle rinnovabili. Senza contare che, per costruire pale eoliche e pannelli fotovoltaici, occorrono magneti e minerali rari la cui abbondanza non è affatto sicura.” Qui mi limiterei a far notare l’ammirevole nonchalance (frequente nella letteratura catastrofista) con cui si passa dall’esistenza di un rischio (“potrebbe significare”, “con il rischio”, “non è affatto sicura”) alla necessità del suo verificarsi (“in entrambi i casi le emissioni inquinanti sono destinate ad aumentare”), in realtà del tutto immotivata.

– Il capitolo su Smil si conclude così: “Bisogna dare atto a Simonetti di aver cercato, in ossequio alla ‘dialettica storico-tecnologica’ di Smil, esempi concreti nella storia (un po’ più recenti del neolitico) che potessero servici da faro per il futuro; tuttavia, come vedremo nelle prossime puntate, si riveleranno dei boomerang contro il loro stesso autore.”. In verità, non ho fatto assolutamente nulla “in ossequio” alla dialettica di Smil o di chiunque altro, né qui né altrove; ho scritto quel che pensavo e che penso tuttora. Comunque, rimango in trepidante attesa dei promessi “boomerang”.

– b) Su Cole.

– Scrive DFSN che “non è da escludere che la confusione di Simonetti tra limiti della crescita e limiti delle risorse si debba alla lettura di questo contributo”. Una vera ossessione questa, non c’è che dire… Ho già dimostrato sopra di non aver fatto alcuna “confusione” sul punto, e quindi passiamo oltre.

– Una caratteristica risorsa retorica di DFSN, molto divertente, è ben esemplificata qui: “l’articolo mostra decisamente i segni del tempo (non a caso risale al 1999)”. Perbacco: un articolo del 1999 (15 anni fa) subisce l’ingiuria degli anni, mentre chissà perché, invece, un libro del 1972 (42 anni fa) come LTG sarebbe tuttora giovanilissimo e non mostrerebbe una sola ruga… Sarebbe più pratico, direi, espungere del tutto l’argomento della “vecchiaia” nel contesto di una difesa a spada tratta di un testo di quasi mezzo secolo fa, perché in caso contrario ci si espone a repliche fin troppo facili: no?

– In sostanza, DFSN pensa che sarei andato “troppo in là” nel seguire Cole. La posizione di quest’ultimo, ricordiamolo, era che tra crescita economica e inquinamento non c’è una relazione univoca: alcuni agenti inquinanti crescono con la crescita economica, mentre altri ad un certo punto tendono a decrescere; la questione è insomma più complessa di quanto non sembrasse negli anni 60, 70 e 80, e comunque all’inquinamento non esistono risposte “facili”, occorrono politiche e investimenti appropriati. Io d’altro canto scrivo nel libro che “non si può dare per scontato neppure un rapporto diretto tra crescita dei consumi e industrializzazione, da un lato, e crescita dell’inquinamento dall’altro. Le ricerche più recenti hanno infatti rivelato che non esiste una relazione univoca tra le prime e l’inquinamento, e ancora una volta è l’eterogeneità delle macrovariabili a causare gli errori. Esistono tipi di inquinamento che si riducono al crescere dei consumi e dell’industrializzazione (facendo così parlare di “curve di Kuznets” per l’inquinamento’).” Si tratta, quindi, di una sintesi più che corretta dell’articolo di Cole; a quanto pare, il mio errore per DFSN consiste nell’aver definito l’articolo come “recente”. OK, pigliamo atto di questa cruciale puntualizzazione e proseguiamo. Anche se non fosse “recente”, potrebbe in effetti esser giusto. No? Vediamo quindi quali sono le critiche.

  • E qui DFSN invoca contro Cole un testo (di Sachs e Morosini) che così recita: “In effetti, per alcune sostanze inquinanti, dopo un primo aumento, si è osservata una diminuzione grazie a un’ulteriore crescita economica; in genere si è trattato di alcune delle sostanze che inquinano aria e acqua. Così le emissioni di anidride solforosa dalle ciminiere sono dapprima cresciute con l’industrializzazione, ma sono state ridotte quando un’economia è entrata nella sua fase post-industriale. Tuttavia, a un esame complessivo, non si può sostenere la tesi della Ekc (curva ambientale di Kuznets, ndr). Infatti, anche se l’inquinamento da singole sostanze tossiche diminuisce nel tempo, aumenta in genere il dispendio complessivo di energia e di risorse. Di conseguenza proprio nelle economie post-industriali ci sono emissioni di CO2 e volumi di rifiuti imponenti, e si preleva infinitamente di più dalla natura. Le emissioni di alcune sostanze nocive diminuiscono poi anche perché i processi di produzione più inquinanti sono trasferiti in altre regioni, per esempio dall’Europa alla Cina. Infine la tesi della Ekc è contraddetta generalmente in tutto il mondo dal fatto che il vertice della curva di carico ambientale può raggiungere un livello già troppo alto prima di scendere, forse con danni irreversibili per la natura e gli esseri umani in paesi a rapida crescita (per esempio India e Cina)”. Qui notate il caratteristico twist del ragionamento, che è poi un banalissimo sofisma. Cole dice: alcuni tipi di inquinamento seguono una curva a campana (mentre, si badi, altri tipi di inquinamento non presentano quell’andamento, ma continuano a crescere). Risposta di Sachs e Morosini: non è vero, infatti altri tipi di inquinamento non presentano quell’andamento ma continuano a crescere, e comunque ci sono altri fenomeni preoccupanti. Dicevo “sofisma” a ragion veduta: si tratta infatti di un esempio quasi di scuola di straw man argument, cioè di risposta a un’affermazione che nessuno ha fatto. Cole non sostiene mica che tutti i tipi di inquinamento seguano la famosa curva di Kuznets, ma solo che lo fanno alcuni tipi di inquinamento; e il testo citato da DFSN lo ammette… per concludere però, assurdamente, che, siccome altre forme di inquinamento non seguono la curva di Kuznets, e siccome altri fenomeni sgradevoli compaiono, allora l’intera teoria di Cole è errata! E qui mi fermo: potrei infatti proseguire sostenendo che la teoria del trasferimento delle produzioni più inquinanti in Cina e India è una scemenza sesquipedale, ma non ce n’è bisogno: infatti quanto scritto a proposito di Cole è più che sufficiente a provare che su uno degli elementi cruciali del modello World3 di LTG, vale a dire la relazione rigida di feedback tra industrializzazione e inquinamento, è errato.

– c) Su Rodger.

– Qui invece che ha ragione DFSN, che ringrazio: la citazione di Rodger è finita nel testo per un errore (in realtà volevo citare Smil e due articoli di Solow (ahimé, anch’essi non “recenti”), che poi sono saltati). Rimedierò nella prossima edizione, non senza un apposito ringraziamento.

(continua)

3 Commenti

  1. Una replica lunga a Simonetti, ma dove cerco di contenere i ‘muro contro muro’ e di soffermarmi il più possibile sugli elementi di critica specifici della decostruzione:

    “AVETE CRITICATO LE MIE FONTI INVECE DI ME – NON VOLETE CHE PARLI DEGLI ARGOMENTI SU CUI NON HO TITOLI ACCADEMICI” – “NON SI PUO’ PREVEDERE IL FUTURO”
    I non specialisti hanno diritto di parlare di tutto, siccome non conducono ricerche scientifiche personali fanno affidamento su delle fonti competenti e le analizzano criticamente. Nulla di sbagliato. La critica a World3 di Simonetti (la ‘farina del suo sacco’) è rielaborazione e interpretazione di Smil e Cole come la nostra di Bardi, della IEA, ecc.
    Quando però adottiamo delle fonti spesso si assume la forma mentis e lo stile di osservazione di quegli scienziati. Nel caso di Smil, significa due cose:

    – ragionare sulle risorse solo in termini di quantitativi. Smil trascura il concetto di EROEI e quindi vede più risorse di quelle che sarebbero economicamente disponibili. La grande scoperta di LTG è che i limiti dello sviluppo si approssimano, come spiega Bardi, ben prima di quelli delle risorse. Nella puntata 1 abbiamo riportato il diagramma più ottimistico in assoluto del Rapporto, dove si prevedono risorse nettamente superiori alle previsioni (e infatti non raggiungono la soglia di scarsità) e uno sviluppo tecnologico elevatissimo, ma il tracollo economico insorge ugualmente a causa dell’inquinamento. Smil non distingue tra petrolio convenzionale e non convenzionale, da giacimento ‘classico’ o da offshore… tutti questi hanno EROEI differenti e quindi gradi diversi sfruttabilità. Simonetti adotta la stessa visione di Smil;
    – Avere una visione del futuro, per così dire, ultra-scettica, per cui è praticamente impossibile fare previsioni. In realtà, esistono fior di analisti che in base alle strategie politiche e agli andamenti economici delle varie nazioni fanno previsioni in materia anche energetica, parliamo di istituzioni quali IEA in primis ma anche FMI, Banca Mondiale o colossi privati come BP e HSBC (nessuno di questi accusabile di simpatie decrescenti). Smil ha deciso – e Simonetti, legittimamente, lo ha seguito – di ignorare queste previsioni, ma non si può deridere chi decide di considerarle.

    Per il resto, siamo partiti da essere ‘quelli che criticano senza leggere niente’ a ‘quelli che criticano leggendo troppo’… bel progresso!

    “IO HO CAPITO BENISSIMO WORLD3, SIETE VOI CHE DORMITE!”
    Invito il lettore a questa semplice riflessione. Simonetti bacchetta gli ‘ingenui catastrofisti’ scrivendo: “finché non siamo in grado di stabilire se il petrolio (o il gas, il carbone e via dicendo) finirà in 20, in 200 o 500 anni, è difficile dire in che cosa il discorso si differenzi da un memento mori ”. Mi chiedo:
    – perché dovrebbe essere ‘catastrofista’ chi ragiona pensando che si possano sfruttare le risorse fino all’ultimo grammo, quando LTG dimostra che puoi avere anche risorse praticamente infinite ma il tracollo economico arriva lo stesso? Semmai andrebbe bollato come ‘ottimista’;
    – perché Simonetti, invece di muovere questa semplice constatazione, richiede ai ‘catastrofisti’ di stabilire con precisione l’anno di esaurimento delle risorse, se sa già che non ci sarà mai alcun esaurimento fisico perché diventeranno non sfruttabili molto tempo prima?

    Vediamo poi cosa succede se si diventa ‘un lettore ingenuo di LTG’.
    – ‘ingenui’ nel senso simonettiano, cioé leggiamo LTG disinteressandoci delle considerazioni sul tracollo economico ma esaminando solo i dati delle variabili;
    – ragionando in questo modo, facciamo quello che ha fatto Turner nel suo studio del 2008 comparando le ipotesi di World3-scenario base con i rilevamenti effettivi: le corrispondenze sono quasi identiche riguardo a numero abitanti pianeta (non tassi di nascita e morte), output industriale pro capite, consumo risorse non rinnovabili, inquinamento e sono molto simili per quanto riguarda la produzione agricola;
    – a quel punto salta fuori qualche altro ‘ingenuo’ come Rodger [dobbiamo fare un’integrazione alla decostruzione: avendo letto Rodger, Simonetti sapeva non solo dello studio di Hall, ma anche di quello di Turner, e lo ha ignorato] che dall’analisi di Turner comprende che le corrispondenze sono troppe per essere casuali e conclude che le critiche al modello (non aver incluso prezzi, retroazione, ecc) non sono fondate. E qui inizia un’altra questione.

    QUESTIONE RODGER
    Invitiamo il lettore anche a ragionare in autonomia sulla fonte scelta da Simonetti per la critica a World3. Aveva due opzioni:
    – articolo Smil: pubblicato nel 2005, 6 pagine di critica del modello senza analisi comparativa dati World3-realtà, non può avvalersi dello studio di Turner (è stato scritto tre anni dopo)
    -articolo Rodger: pubblicato nel 2011, 18 pagine di critica del modello con analisi comparativa dati World3-realtà, sì è avvalso dello studio di Turner.
    Che cosa fa Simonetti? Sceglie la prima fonte, espungendo qualsiasi riferimento alla seconda che – ci dice – appare per sbaglio in una nota, e nella prossima edizione del libro sarà sostituita da studi precedenti il 2000, e continua a ripetere ‘il modello è sbagliato’ a ogni piè sospinto (adesso si aggiungerà la versione ‘il modello è sbagliato perché anche tu hai ammesso che che un modello sbagliato può dare risultati giusti’). Premesso che ognuno può scegliere le fonti e le posizioni che preferisce, invitiamo il lettore a riflettere autonomamente sulla scientificità di un simile approccio.

    QUESTIONE CANCRO
    http://www.lastampa.it/2014/03/04/scienza/ambiente/green-news/inquinamento-e-tumori-i-dati-drammatici-dei-medici-ambientali-iyX5pQOMmFdXSd15sPuXFL/pagina.html. Condividendo l’importanza del fattore senile, speriamo che Simonetti non voglia negare quella dei fattori ambientali.

    GLOBAL WARMING
    Invitiamo il lettore a documentarsi tramite i rapporti dell’IPCC, le ultime conferenze internazionali sul clima e la letteratura scientifica più accreditata in materia per giudicare autonomamente se tesi di Simonetti come quella della ‘compensazione climatica’ si possano ancora sostenere nel 2015.

    “PERBACCO: UN ARTICOLO DEL 1999 (15 ANNI FA) SUBISCE L’INGIURIA DEGLI ANNI, MENTRE CHISSÀ PERCHÉ, INVECE, UN LIBRO DEL 1972 (42 ANNI FA) COME LTG SAREBBE TUTTORA GIOVANILISSIMO E NON MOSTREREBBE UNA SOLA RUGA… SAREBBE PIÙ PRATICO, DIREI, ESPUNGERE DEL TUTTO L’ARGOMENTO DELLA “VECCHIAIA” NEL CONTESTO DI UNA DIFESA A SPADA TRATTA DI UN TESTO DI QUASI MEZZO SECOLO FA, PERCHÉ IN CASO CONTRARIO CI SI ESPONE A REPLICHE FIN TROPPO FACILI: NO?”
    Ovviamente ci riferivamo alla vecchiaia degli articoli di critica a LTG (forse ogni tanto cala la palpebra anche al nostro interlocutore). Hall (2009), Turner (2008), Bardi (2011) sono tutti più recenti degli studi presentati in Contro la decrescita. Per il resto, rimando tutto alla replica#3 e successive per riparlare su chi di noi sia ancora impantanato agli studi sui problemi ambientali degli anni Settanta e chi invece sia rimasto al passo con i tempi.

    CURVE DI KUZNETS
    Trasferire le attività inquinanti all’estero non è affatto ‘sesquipedale’. Se si ragiona globalmente, pochissime forme di inquinamento seguono una curva di Kuznets, ed è un concetto fuorviante perché se si supera la capacità di carico degli ecosistemi non te ne fai nulla della successiva curva discendente.

    “NONCHALANCHE CATASTROFISTA”
    Dizionario di Simonetti, voce ‘catastrofismo’: atteggiamento di chi pensa che un comportamento negativo, specialmente se reiterato, avrà conseguenze negative. Ma qui forse dobbiamo ringraziarlo perché ci si siamo spiegati male: distruggere aree verdi in massa per lasciar posto alle fonti rinnovabili e considerare abbondanti dei minerali rari porta SICURAMENTE alla catastrofe.

    TERRA AGRICOLA/RESA PER ETTARO
    Qui non si capisce bene chi dorme e chi piglia pesci. Ho spedito a Simonetti il file excel della FAO (il ‘fantomatico rapporto’ di cui parla) da cui Manuel Castelletti ha dedotto la relazione tra deforestazione e terreno agricolo.
    Per il resto il lettore può autonomamente ragionare su questo assunto: nel 1975 c’era all’incirca la stessa quantità di terreni agricoli di oggi con 4 miliardi di persone, attualmente siamo 7 miliardi – decida il lettore se questo fatto è ‘drammatico’ e se è ‘drammatico’ che, con una popolazione ancora in aumento, il terreno agricolo stia diminuendo malgrado la deforestazione (dovuta in primis a necessità agricole: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/03/agricoltura-prima-causa-della-deforestazione-globale-e-dellemissione-di-gas-serra/371131/); decida autonomamente sui dati ISTAT riguardanti l’Italia riportati da Uboldi http://www.decrescita.com/news/modelli-teorici-dimostrazione-empirica-e-vaclav-smil-prima-parte/; si informi sul Land Grabbing (consigliamo il libro Il nuovo colonialismo di Franca Roiatti) per decidere autonomamente se sono nostre fantasie che Cina e alcuni paesi del Golfo Persico dall’inizio del nuovo millennio si stanno accaparrando terre in Africa per sopperire alla mancanza in patria.

    • Un’ultima precisazione per evitare ambiguità: quando parlo di ‘corrispondenza dei dati al 2008’, non mi riferisco solo a quell’anno bensì a tutta la curva della rappresentazione grafica 1972-2008. Aggiungo anche che la curva dei livelli di inquinamento è quasi coincidente. Si legga lo studio di Turner il lettore (link alla decostruzione puntata 3) per decidere autonomamente se possono essere tutte coincidenze di un modello sbagliato, su di un arco di tempo così lungo.

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