E’ ancora vivo l’eco delle polemiche relative alla dura presa di posizione di Roberto Burioni, il medico epidemiologo che, a causa di commenti insensati sulla sua pagina Facebook volti a insinuare una non dimostrata correlazione immigrazione-meningite, ha deciso di cancellare tutte le repliche sulla base del principio che “la scienza non è democratica… significa infatti che i dati scientifici non sono sottoposti a validazione elettorale: se anche il 99% del mondo votasse dicendo che due più due fa cinque, ancora continuerebbe a fare quattro”. Per quanto nel merito Burioni avesse sicuramente ragione, in molti hanno preso le distanze dal riferimento alla democrazia, ritenendolo del tutto fuori luogo in quel contesto.
Qualche settimana fa, un utente su Facebook ha condiviso un articolo intitolato La natura non è democratica!, che pensavo ispirato alle affermazioni di Burioni e che ho invece scoperto risalire a ben sei anni prima. L’autore è Guerrino Crielesi – persona a me onestamente sconosciuta – ed è apparso sul forum di Zeitgeist Italia, ottenendo una certa visibilità dopo essere stato diffuso dal ben più noto Federico Pistono. Ho deciso di proporlo e decostruirlo perché mi sembra purtroppo rispecchiare sentimenti condivisi da troppi militanti ecologisti. La mia critica non intende essere un atto d’accusa verso chi scrive bensì un invito pressante a tornare con i piedi per terra, evitando pericolose derive; i toni sarcastici vogliono solo replicare per le rime ad affermazioni altrettanto pungenti.
Tra parentesi in corsivo i miei commenti al testo.
La natura non è democratica! – Guerrino Crielesi, 2011
L’essere umano oramai è talmente abituato ad aprire la bocca senza avere la minima idea di cosa si stia parlando, da credere che tutto sia opinabile.
(Un classico di certi polemisti è criticare ‘l’umanità’ o ‘l’essere umano’ parlandone in terza persona, facendo evidentemente intendere di non appartenere a tale feccia bensì ai rettiliani o altre specie aliene. Il testo poi solitamente si sviluppa in questo modo: c’è l’autore, portatore di idee ragionevoli, e la ‘massa umana ignorante’, il presunto avversario dialettico, a cui si attribuiscono pensieri rozzi e irrazionali. E’ difficile non ravvedere un certo grado di narcisimo nonché una buona dose di arroganza)
Quante, troppe volte, discutendo di un argomento scientifico, mi sono sentito rispondere la classica frase: “Non sono d’accordo, per me non è così…”! Questo tipo di interazione sociale è ormai obsoleto. Le opinioni infondate non contano più nulla.
(Ho bene in mente il tipo di situazione descritta, perché capita spesso anche al sottoscritto di trovarsi in situazioni dove l’esposizione di palesi ovvietà scientifiche – penso al global warming o alle tematiche legate ai limiti dello sviluppo – non intacca minimamente le credenze altrui. Attenzione però: chi scrive lascia intendere che nella scienza sia già stato tutto chiarito e regni un consenso universale su qualsiasi argomento. In realtà, sono veramente pochi gli argomenti scientifici socialmente rilevanti per i quali è possibile attribuire un valore di verità ‘vero’ e ‘falso’ come si può fare per 2+2=4. Su questioni come il dosaggio massimo di radiazioni a cui può essere esposta una persona, ad esempio, non ci si limita all’aspetto puramente sanitario ma si ragiona in termine di rapporto rischi/benefici – conviene bloccare o limitare le attività che diffondono radiazioni o è preferibile mantenerle nonostante probabili effetti sulla salute umana? – un fatto che travalica la mera oggettività. Spesso e volentieri la scienza, anziché esporre certezze, può solo ammettere che “al momento non si può né affermare né smentire che il tal pericolo sussista” e decidere se astenersi o insistere con un comportamento di cui sono ignoti i risvolti è questione puramente politica, quindi soggettiva)
È ora di cominciare ad innalzare il livello di comunicazione, e per farlo dobbiamo arricchire la nostra “conoscenza”. Ed è proprio grazie a questo arricchimento che sta avvenendo il cambiamento. L’uomo comincia a guardarsi intorno con occhi diversi, ora comincia ad essere consapevole di cosa sta realmente guardando. Purtroppo la rivelazione è stata spaventosa: un sistema sociale in decadenza, corrotto, malato, sfruttatore di risorse umane e non, incurante della meravigliosa vastità dell’ecosistema Terra; un mondo sull’orlo della catastrofe, di cui noi esseri umani – la specie più evoluta sul pianeta (che noi conosciamo…) – saremo gli unici responsabili.
(Nel testo c’è una strana contraddizione tra questa parte – dove sembra si stia parlando di una quota crescente di popolazione che prende consapevolezza della vera natura del sistema – e il pezzo successivo dove si invoca la fine della democrazia per fronteggiare la maggioranza barbara e distruttrice. Ad ogni modo, uno dei presupposti impliciti e non dimostrati è che l’attuale ‘sistema sociale in decadenza, corrotto, ecc’ sia il risultato di scelte democratiche. Se il ‘sistema’ è figlio della rivoluzione industriale, è bene ricordare che esso si è ampiamente sviluppato quando il suffragio universale era ancora una pia illusione, e che tutti i movimenti di contestazione alla logica industrialista furono per lo più derisi dalla scienza otto-novecentesca)
Direi proprio che non ci siamo. Non possiamo permettere alla nostra ignoranza di condurci, infischiandosene meschinamente delle nostre incredibili potenzialità, verso la rovina non solo nostra – il che sarebbe il male minore – ma dell’intero pianeta! Grazie alla conoscenza abbiamo compreso che possiamo convivere con la Natura, rispettando le sue inamovibili leggi, in pace e prosperità noi tutti!
(Meno male: allora sforziamoci di diffonderla, semplice no? Non dimentichiamoci che ‘l’ignoranza’ oggi tanto biasimata fino a ieri era elevata a ‘conoscenza’ dispensatrice di libertà e progresso, e non da parte degli ‘ignoranti’)
La democrazia è un sistema ormai obsoleto.
(Improvvisamente l’articolo prende una piega completamente diversa dalle premesse. Innanzitutto sorge l’interrogativo: ma la mirabolante conoscenza che ci permetterebbe di vivere in prosperità e armoniosamente con la Natura è stata concepita in democrazia o in qualche ignota dittatura ecologica? L’ecologia come disciplina scientifica e movimento di opinione nasce in piena guerra fredda all’interno dell’Occidente liberaldemocratico, mentre nel blocco comunista qualsiasi preoccupazione per l’ambiente era considerata una bestemmia ostacolatrice del progresso.
Comunque sia, per l’autore ‘democrazia’ è semplicemente la libertà di esprimere sciocchezze a vanvera spacciandole per vere tramite un voto a maggioranza, alla maniera dei reality show, la stessa concezione distorta di Burioni. Sussistono infinite disquisizioni sulle caratteristiche fondamentali della democrazia, l’Enciclopedia Treccani è secondo me giunta a una buona definizione di massima elencando le precondizioni necessarie per un regime democratico, ossia:
a) l’esistenza di regole consensualmente accettate e valide per tutti;
b) l’esistenza di elezioni libere, periodiche e corrette, attraverso le quali sia data a tutti i cittadini la possibilità di concorrere alla formazione della volontà collettiva;
c) l’esistenza di una pluralità di gruppi politici organizzati;
d) l’esistenza di adeguati mezzi di tutela delle minoranze;
e) l’esistenza di meccanismi di controllo e di informazione.
I punti d) ed e) negano risolutamente qualsiasi tentativo di sminuire la democrazia a dittatura dell’opinione prevalente)
Esso non tiene conto di ciò che è oggettivamente la soluzione migliore per il bene di tutti.
(Cosa che invece gli autoritarismi notoriamente fanno! In effetti tutti i dittatori hanno giustificato la loro pretesa dispotica rivendicando il carattere oggettivo delle loro decisioni per il bene comune. Ad esempio, il nazismo e il comunismo si vantavano di aver superato il semplice grado dell’opinione in quanto, a loro dire, i rispettivi regimi erano costruiti su dottrine scientificamente dimostrate e pertanto inconfutabili)
Esso tiene conto esclusivamente dei “pareri” delle persone, la cui maggioranza non ha le conoscenze necessarie per esprimere un giudizio oggettivo e scientifico su un dato problema.
(Evidentemente l’autore vive in una moderna polis dove, alla maniera dell’antica Atene, i cittadini si riuniscono periodicamente nell’ecclesia e praticano la democrazia diretta su qualsiasi argomento anche non sociale, ad esempio la fondatezza del principio di indeterminazione di Heisenberg o della meccanica quantistica. Nel mio mondo non funziona così: si vota ogni tot di anni per il parlamento allo scopo di creare un governo, mentre sulle questioni scientifiche dibattono istituti competenti che esprimoni pareri in autonomia e della cui esistenza la maggioranza della popolazione non sa quasi nulla. Esiste ad esempio una consistente fetta di opinione pubblica contro il glifosato – il famoso erbicida ex brevetto Monsanto – ma non si sono tenuti referendum per bandirlo, si sono espressi organismi di esperti quali EFSA e IARC)
E se anche fosse, la scelta democratica non avrebbe senso, in quanto sarebbero tutti d’accordo su un’unica soluzione: quella scientificamente necessaria.
(In scienza esiste quindi una sola opinione valida? Guarda caso sulla salubrità del glifosato – ma si potrebbero contare tanti altri casi – EFSA e IARC, applicando entrambi criteri di valutazioni scientifica, sono giunti a conclusioni diverse)
Facciamo un esempio per chiarire ulteriormente il concetto. Il fatidico “giorno del giudizio” viene indetto un referendum popolare, dove tutti sono chiamati a votare per il futuro dell’umanità.
(Ovviamente nel mondo reale non succede mai nulla di vagamente simile: anche nelle democrazie liberali più avanzate, votando si spera al massimo di contenere l’azione di lobby potentissime eleggendo rappresentanti che però non hanno vincolo di mandato e possono quindi sostenere, una volta al potere, strategie diverse dalle promesse elettorali)
Le scelte sono due:
- Sfruttare ogni risorsa sul pianeta preoccupandosi solo della sopravvivenza umana fino all’esaurimento, continuando con il nostro attuale sistema sociale stratificato e successivamente abbandonare il pianeta morente cercando altri mondi in cui vivere come specie dominante allo stesso modo;
- Innalzare il proprio livello di conoscenza per poter prendere decisioni scientificamente valide che possano essere utili a tutto l’ecosistema Terra, trattando come specie dominante tutte le specie viventi al nostro stesso livello.
La seconda scelta è senz’altro la più impegnativa e faticosa considerato lo stato attuale della società, tuttavia se le persone avessero una conoscenza sufficientemente sviluppata, non ci sarebbe alcun dubbio su quale strada prendere.
(Posta in questi termini la questione anche l’essere più idiota sulla Terra voterebbe l’opzione 2. Chi avesse dei dubbi può uscire per strada e fare un sondaggio tra la gente. Piuttosto starei attento a Elon Musk e altre presunte grandi menti del nostro tempo che blaterano di colonizzare Marte e cose simili)
Ahimè al giorno d’oggi le cose non stanno così. Oggi le persone guardano, indotte dal sistema, al proprio tornaconto personale e si sceglie sempre la strada meno faticosa!
(Notare come all’inizio si alluda al ‘sistema che induce all’errore’ per poi cambiare repentinamente direzione accusatoria verso chi il sistema lo subisce)
Allora che facciamo? Permettiamo che gli esseri umani rovinino l’intero pianeta, perché la loro maggioranza ha preso una decisione folle dettata dalla propria “scarsità mentale”?! Non scherziamo per cortesia…
(Noi siamo serissimi, forse tu ti stai un tantino prendendo gioco di noi. Invece di ipotizzare una situazione realistica, ne inventi una assolutamente bizzarra e creata ad arte deducendone l’inefficienza della democrazia, per di più atteggiandoti a paladino dell’oggettività e del rigore. Non scherziamo per cortesia…
Quanto alla frase ‘Permettiamo che gli esseri umani rovinino l’intero pianeta’, sembra davvero tratta da un meeting segreto dei rettiliani)
Inoltre quando viene presa una decisione utilizzando il metodo scientifico, non si tratta della decisione di pochi. Non si tratta di un ordine derivante da un numero ristretto di persone (scienziati/tecnici) al quale la maggioranza (il popolo) si deve adattare. Si tratta di una costatazione dei fatti, oggettiva e scientifica. Si agisce in un certo modo perché le condizioni venutesi a creare in un determinato momento lo richiedono. Non ci sono pareri, ma costatazioni dei fatti.
(A quanto pare il testo risale al 2011, quindi mi stupisco non poco leggendo concetti trasudanti di un positivismo che sarebbe sembrato obsoleto già a fine Ottocento; da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Werner Heisenberg ad esempio ha sentenziato che “quello che noi osserviamo non è la natura in se stessa, ma la natura esposta al nostro modo di interrogarla”, mentre Thomas Kuhn ha svelato molte crepe nelle pretese di oggettività della scienza. Scrivono Capra e Luisi in ‘Vita e natura. Una visione sistemica’: “Quando parliamo di una descrizione scientifica ‘oggettiva’, intendiamo prima di tutto un corpo di conoscenze che sia formato, contenuto e regolato dall’iniziativa scientifica collettiva, e che non sia semplicemente un insieme di resoconti individuali. Questo processo di convalida intersoggettiva è criterio comune alla scienza e non deve essere abbandonato”. Un processo basato sulla condivisione di regole e sul dibattito… qualcosa che assomiglia decisamente di più a una prassi democratica che all’atteggiamento inquisitorio che secondo l’autore sarebbe la norma nel mondo scientifico)
In parole semplici, non si costruisce una città radendo al suolo una foresta perché la maggior parte delle persone lo richiede.
(Posso sbagliarmi, ma non mi risulta che si sia mai verificata una simile consultazione popolare. Si possono citare invece innumerevoli esempi di gruppi di cittadini organizzati che hanno difeso aree verdi dalla distruzione, talvolta sfidando apertamente la repressione violenta)
Si deve costruire una città? Bene, verranno esaminati i vari ambienti ottimali possibili e si sceglierà la soluzione meno invasiva.
(Ti diamo una dritta: se non ci sono di mezzo corruzione e incapacità, funziona già così, occorrono appositi pareri tecnici per costruire un semplice edificio, figuriamoci una città intera)
La soluzione è la migliore per questo, questo e quest’altro motivo scientifico/tecnico/ambientale. Se non si è d’accordo dovranno essere presentate proposte alternative supportate obbligatoriamente da motivazioni valide dal punto di vista scientifico/tecnico/ambientale, non pareri personali di proprio gusto.
(Anche in questo caso rassicuriamo sul fatto che non si può derogare a un parere tecnico negativo semplicemente frignando “a me piace e lo voglio così, ecco!”. Almeno nelle democrazie dove non dovrebbero esistere individui al di sopra delle legge e persino lo stato deve sottostare alle norme che emana)
In sostanza l’uomo deve capire che non può prescindere dalle leggi della Natura, in quanto fa parte di essa. La Natura non è democratica.
(Peccato che nessuno abbia mai chiesto di ‘democratizzare la Natura’ modificandone le leggi a suon di petizioni e decreti!)
Alla Natura non interessa il parere della maggioranza delle persone. Perché tutto funzioni alla perfezione le sue leggi devono essere rispettate. L’uomo ha la capacità di studiare queste leggi, di comprenderle e di convivere con esse in pace e prosperità, senza violarne nessuna! L’uomo si è creato un mondo talmente isolato da tutto questo, che il solo sentirne parlare lo disorienta.
(Esiste una corrente polemica di segno contrario, alfiere dello sviluppo e del progresso, che denigra il popolo-bue per la ragione esattamente opposta, ossia il morboso attaccamento al mito del ‘naturale’, cosa che lo porterebbe irrazionalmente a rifiutare nucleare, OGM e altri presunti ritrovati miracolosi. Per quanto concettualmente agli antipodi, i polemisti di entrambi gli estremismi ostentano la medesima presunzione)
È così abituato a discutere di lavoro, di soldi, di calcio e chi più ne ha più ne metta, che la sua mente è completamente offuscata. Abbiamo la capacità di poter comprendere chi siamo, cosa facciamo qui e dove stiamo andando! E potremo in futuro trovare finalmente una risposta a queste domande arricchendo la nostra conoscenza, interagendo con l’ambiente circostante rispettandolo. In una parola: evolvendo!
(Ma come? A colpi di manganello in materiale riciclato e olio di ricino biologico? Oppure alla maniera dei pokemon, stadio forse raggiunto dall’autore che parla di ‘esseri umani’ come se fossero qualcosa di distinto da lui?
A parte gli scherzi, questo articolo ci invita in sostanza ad abbandonare la democrazia in favore di una ‘evoluzione’ dalle imprecisate conseguenze politiche. Mi tornano mente alcune preoccupazioni di André Gorz che ho esposto in Democrazia radicale, di cui riporto un passo:
“Gorz, contrariamente alle opinioni dominanti, diffidava profondamente di una linea
ecologica basata sull’analisi scientifica e la conseguente ‘necessità assoluta’, nonostante
la forza intrinseca di questa argomentazione. A suo giudizio si rischiava di riproporre un
dogmatismo scientista e antipolitico simile a quello che aleggiava in URSS a causa
dell’accettazione per fede del materialismo storico-dialettico nella forma del Diamat, che
finiva col trasformare in ‘scientifiche’ e quindi in ‘naturali’ delle asserzioni di carattere
politico, favorendo in questo modo l’eteroregolazione della società dall’alto da parte di una
espertocrazia burocratica, annientando autonomia e pluralismo. Il fatto che le leggi
dell’entropia e le varie forme di devastazione del pianeta poggino su basi scientifiche
molto più obiettive e concrete del Diamat non fa che peggiorare la situazione:
‘L’eteroregolazione fiscale e monetaria ha, secondo i suoi sostenitori, il vantaggio di
condurre all’obiettivo dell’ecocompatibilità senza dover cambiare le mentalità, il
sistema di valori, le motivazioni e gli interessi economici degli attori sociali… La presa
in conto dei vincoli ecologici si traduce così, nel quadro dell’industrialismo e della
logica del mercato, in un’estensione del potere tecno-burocratico… Essa abolisce
l’autonomia del politico in favore dell’espertocrazia innalzando lo Stato e gli esperti di
Stato a giudici dei contenuti dell’interesse generale per sottomettervi gli individui’
Gorz proponeva invece una visione riconducibile allo spirito del pensiero ecologico
originario, incentrato sull’autolimitazione volontaria e la difesa contro l’invasione del
quotidiano da parte degli apparati economico-amministrativi. La difesa della natura, in quest’ottica, diventa un obiettivo conseguente, perché la difesa dell’ambiente vitale nel senso ecologico e la ricostituzione di un mondo vissuto si condizionano e si sostengono l’un l’altra. L’una e l’altra esigono che la vita e l’ambiente vitale siano sottratti al dominio dell’economia, che crescano le sfere di attività nelle quali la razionalità economica non sia applicata”.
C’è moltissimo da fare per rivedere le procedure democratiche – troppo spesso ridotte a vuoti simulacri – e diffondere il pensiero ecologista. Tuttavia, non saranno certo atteggiamenti misantropi e presuntuosi a riuscire a fare breccia tra la gente, così come l’ambientalismo non può diventare la testa di ponte per nuovi fascismi sedicenti ‘verdi’. Secondo Rousseau, condizione necessaria ma non sufficiente per la ricerca del bene comune è un potere il più diffuso possibile: con ogni probabilità la difesa della biosfera non fa eccezione)
Immagine in evidenza: svastica ‘misteriosamente’ comparsa in un campo di frumento a Cooks Plantation, vicino Beckhampton nel Wiltshire.
Certi articoli inaccettabili hanno tuttavia il potere di uscire dal perbenismo e proporre riflessioni. Una provocazione la faccio anch’io: si potrebbe pensare ad una democrazia meritocratica dove si da la tessera elettorale a chi ha superato qualche esame accessibile a tutti, tipo economia, scienze politiche, ecologia, cosi da individuare un elettorato che, solo per prendersi la briga di studiare un po’, sarebbe un tipo di elettorato STATISTICAMENTE più attento, partecipe, informato. Di conseguenza la comunicazione tra politica ed elettore sarebbe di più alto livello, meno demagogica, e si potrebbe attuare una parziale dem. Diretta internettiana come immaginata da Casaleggio.
Ora si va avanti tra avidità delle elite e delle masse.
Noi che sosteniamo la decrescita dobbiamo ricordare cosa la crescita ha rappresentato fin qui: un metodo di governo, un paciere sociale che accontentava molto il ricco e molto meno il povero, ma entrambi, un po’ un cattivo padre di famiglia che risolve i contrasti con i soldi. Senza crescita, che non è possibile ne desiderabile in eterno, i conflitti usciranno fuori. Ci vuole allora anche un’altro sistema politico e democratico. Proposte?
Sono molto diffidente su tutti i tentativi di rendere ‘meritocratico’ l’accesso al voto, perché è già esistita un’epoca del genere ed ha creato i suoi bravi disastri. Penso anche che una vera democrazia abbia bisogno di contatti faccia-a-faccia e che Internet sia un po’ una pallida mimesi di ciò. Quanto all’ultimo aspetto ho provato a conepire qualche idea in Democrazia radicale (contenuto scaricabile alla sezione libri) anche se oggi forse non sottoscriverei proprio tutto tutto.