Decrescendo & decostruendo / I nuclearisti democratici

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Il 12-13 giugno 2011, con ancora negli occhi la catastrofe di Fukushima di marzo, gli italiani votarono in massa il referendum abrogativo del programma nucleare italiano concordato dal governo Berlusconi con i francesi di Edf e Areva. Possiamo essere certi che nel giro di qualche anno, quando il clamore mediatico sulla vicenda giapponese si sarà dissolto, l’atomo verrà nuovamente presentato come soluzione imprescindibile per la crescita, la ripresa economica e la lotta ai cambiamenti climatici; si dirà che le centrali di nuovissima generazione rendono praticamente nullo il rischio di incidenti, ecc. Bisognerà essere quindi pronti a replicare alle nuove mistificazioni degli apologeti nucleari, e potrebbe trattarsi di una questione abbastanza immediata, visto che tra i componenti del nuovo governo Renzi almeno due – Galletti e Guidi – si sono dichiarati favorevoli all’atomo anche dopo il disastro giapponese.

Per tale ragione propongo la decostruzione di una lettera aperta apparsa su Il Riformista dell’11 maggio 2010, scritta da un gruppo di scienziati, imprenditori e uomini politici all’allora segretario del PD Bersani allo scopo di convincerlo a sostenere il ritorno all’atomo; si tratta un perfetto compendio dei luoghi comuni della propaganda nuclearista.

Come al solito tra parentesi in corsivo i miei commenti al testo.

Caro PD, sostieni il nucleare – Il Riformista 11 maggio 2010

Caro Segretario, chi ti scrive segue con attenzione l’esperienza del Partito democratico. Alcuni sono impegnati anche nella vita del Pd. E apprezzano il lavoro che stai facendo per dare al Pd concretezza e radicamento, ponendo al centro della sua iniziativa i temi del lavoro e della insufficiente struttura produttiva italiana. Oltre naturalmente alla questione più generale e importante delle regole della democrazia italiana.

(I firmatari della lettera non potevano saperlo, in realtà questa captatio benevolentiae nei confronti di Bersani per convincerlo su posizioni nucleariste era del tutto superflua. Un cablogramma intercettato da WikiLeaks rivela che nel 2007 Bersani, allora ministro per lo sviluppo economico, firmò con il Segretario USA all’Energia Bodman un accordo bilaterale di partnership sulla ricerca e lo sviluppo dell’energia nucleare; Bersani si impegnava anche a favorire la creazione un clima di consenso nel paese a favore dell’atomo. Certo dopo un accordo per importare tecnologia americana doveva essere un po’ problematico convergere su di un programma sotto l’egida dei francesi di Areva)

Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali come si dice e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto. (“Rigore intellettuale e scientifico”: segniamoci bene queste parole)

Fra le grandi questioni irrisolte del nostro Paese vi è il problema energetico. I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento.

(I paladini del “rigore scientifico” iniziano la loro trattazione con un classico del nuclearismo: la mistificazione di dati reali presentata come evidenza scientifica. C’è poi una strana incoerenza: alcuni dei firmatari della lettera sono tra i maggiori sostenitori dell’integrazione europea e della cessione di sovranità nazionale, della globalizzazione dei mercati e della delocalizazione produttiva; eppure quando si parla di energia si scoprono stranamente autarchici.

Comunque, cerchiamo di affrontare il problema energetico in modo realmente rigoroso. I modi per intervenire sono essenzialmente due: aumentare l’apporto energetico o compiere un’opera di efficienza. Secondo il Rapporto sull’efficienza energetica redatto nel 2007 da ENEA e CESI RICERCA, con alcuni miglioramenti tecnici in campo domestico e industriale si potrebbe tagliare del 40% il consumo elettrico – ben 120 TWh – a parità di prestazione. Costo stimato: circa una decina di miliardi di euro, contro i 25 previsti per il programma Enel-Edf-Areva – produzione massima di elettricità: 48 TWh. Direi che lo “spirito concreto” non lasci adito a dubbi!

Se poi siamo davvero tanto preoccupati dell’autosufficienza energetica, perché affidarsi al nucleare quando l’Italia è priva di risorse di uranio? Tra i principali esportatori di uranio compaiono Kazakistan, Uzbekistan, Russia e Niger – quest’ultimo il prediletto di Areva – nazioni che è arduo definire ‘geopoliticamente non problematiche’. E soprattutto perché affidarsi a una tecnologia straniera prodotta su licenza, che ci legherebbe mani e piedi ai francesi di Edf e di Areva?

Per finire, fa davvero sorridere che i paladini della fonte energetica più sovvenzionata nella storia umana – tra spese militari e civili – si cruccino per i “generosi incentivi” del fotovoltaico).

Risultato: emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici molto alte, costo delle importazioni molto elevate e continuamente esposto al rischio “prezzo del petrolio”, sicurezza energetica in discussione, come si è visto qualche anno fa con la crisi fra Russia e Ucraina, prezzi dell’energia elettrica mediamente più elevati del 30 per cento rispetto agli altri Paesi, in particolar modo europei.

(Ignoranza o propaganda? Quando si parla di nucleare, il modello che viene preso sempre a modello è quello francese, che produce l’80% dell’elettricità dall’atomo: un modello non riproponibile oggi, anche perché sviluppato in condizioni particolari, quella della Francia di De Gaulle, dove lo stato si fece carico di tutto gli oneri creando un programma dove interessi civili e militari sono strettamente connessi. Se si prende invece un modello nucleare più attendibile per gli standard attuali, come quello della Germania, le cose cambiano drasticamente: il prezzo dell’energia tedesco è più elevato di quello italiano – e guarda caso il mercato è liberalizzato, non c’è un sostanziale monopolio di stato come in Francia… Come se non bastasse le emissioni di di CO2 pro capite di paesi nuclearisti come Germania, Canada, Australia, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Belgio sono superiori a quelle italiane.

Se non altro grazie al nucleare saranno meno dipendenti dal petrolio, giusto? Beh, date un’occhiata a questo sito e guardate come la nuclearissima Francia abbia un consumo pro capite di petrolio nettamente superiore al nostro…)

Una situazione che richiederebbe scelte ragionate, risposte strutturali “sostenibili” oltre che efficaci sia in termini di riduzione dello sbilanciamento strategico del mix energetico nazionale, sia in termini di miglioramento del suo impatto ambientale complessivo.

(Se non altro hanno avuto la decenza di mettere le virgolette alla parola “sostenibili”… ma ecco che viene presentata un’altra mistificazione: quella del mix energetico. L’assunto su cui si basa è apparentemente ragionevole: siccome le rinnovabili presentano un carattere fluttuante e hanno bisogno di ulteriori sviluppi, vanno integrate con fonti convenzionali in grado di assicurare la stabilità del sistema elettrico.

Tuttavia, come ha sottolineato Hermann Scheer nel libro Imperativo energetico, tutto dipende da quali tecnologie-ponte vengano impiegate. Le centrali termoelettriche basate sull’attivazione di turbine attraverso il riscaldamento dell’acqua e la formazione di vapore – quindi tutte quelle nucleari e a carbone – hanno una flessibilità d’uso alquanto limitata, perché possono volerci diverse ore per ottenere la densità di vapore sufficiente all’attivazione delle turbine; non sono quindi adatte per sopperire a necessità immediate, ma hanno senso solo se impiegate costantemente – si parla infatti di ‘centrali elettriche a carico costante’ attive per il massimo tempo possibile, altrimenti sono del tutto anti-economiche. Ne consegue quindi che l’utilizzo di carbone e nucleare è pensato per essere prioritario, altrimenti l’immissione sempre più frequente di energia da rinnovabili ne pregiudicherebbe la convenienza economica, dovendo rimanere attive per periodo ridotto. E infatti non è un caso che Edf si sia offerta di collaborare alla costruzione di centrali atomiche in Gran Bretagna, a patto che il governo si impegni a non superare del 35% la quota di energia ottenuta da rinnovabili).

Per definire tali scelte a nostro avviso tutte le opzioni dovrebbero essere considerate, nessuna esclusa, inclusa quella nucleare, non come “la” soluzione ma come “parte della” soluzione.

L’energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un’insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile.

(Se davvero la ritiene una “insostituibile opportunità”, sicuramente il business avrà investito massicciamente in questa tecnologia. Come possiamo capire se è vero? Vediamo un po’ nel periodo 1990-2011 come sono aumentati i consumi in rapporto alle principali fonti energetiche da cui si ricava elettricità – dati Eni:

FONTE           DIFFERENZA

Nucleare            +27%

Carbone             +66%

Gas                    +68%

Eolico e solare    +3050% (sono passate da 2 tep a 63!)

Sarà anche un’opportunità insostituibile, ma il nucleare è chiaramente al palo!)

Dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all’energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili.

(Nominarne qualcuno di questi fantomatici ‘studi internazionali’? Giusto per farsi un’idea!)

Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall’analisi di questi dati e fatti.

Come ha autorevolmente affermato il presidente americano Barack Obama: «Io credo che la creazione di lavori verdi sarà il traino della nostra economia per un lungo periodo. Per questo abbiamo destinato un grande ammontare di denaro per l’energia solare, quella eolica, il biodisel e tutte le altre fonti di energia pulita. Nello stesso tempo, sfortunatamente, per quanto velocemente crescano queste fonti avremo un enorme fabbisogno di energia, che non potrà essere soddisfatto da queste fonti. E la domanda è: “Da dove verrà quest’energia?” L’energia nucleare ha il vantaggio di non emettere gas serra e dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che Paesi come la Francia e il Giappone e altri Paesi sono stati molto più aggressivi nel ricorrere all’energia nucleare e con molto più successo, senza alcun incidente. Siamo consapevoli dei problemi legati al combustibile esausto e alla sicurezza, ma siamo fermamente convinti che questa via sia da percorrere se siamo preoccupati per il cambiamento climatico».

(Questa lettera è stata scritta quando Obama si era da poco insediato alla Casa Bianca, e tutti vi riponevano per una ragione o per l’altra grandi speranze… Per quanto riguarda l’assenza di incidenti in Giappone, purtroppo dopo Fukushima suona come le ultime parole famose.

Se non altri gli scienziati firmatari di questa lettera hanno avuto il buon gusto di mettere in bocca a Obama – che scienziato non è – l’asserzione per cui “il nucleare non emette gas serra”. Per certi versi è vero: dentro il reattore avviene la fissione dell’atomo, non la sua combustione, quindi si emette solo vapore acqueo. Ma l’intera filiera atomica, dall’estrazione di uranio, alla conservazione delle scorie, alla dismissione delle centrali è molto onerosa in termini ambientali. Secondo gli studi di J.W.Storm van Leeuwen, con l’impoverimento di minerali di uranio le emissioni per l’estrazione raggiungeranno un livello tale da essere paragonabili a quelle di una centrale a gas. Van Leeuwen ha anche sottolineato i rischi legati alle sostanze chimiche adoperate nella filiera atomica e all’esaurimento di minerali essenziali per la tecnologi nucleare, come il zirconio e la bentonite).

Ed è proprio, a nostro parere, dalla cooperazione fra le diverse opzioni, innovazione tecnologica ed efficienza energetica nella produzione e nel consumo, rinnovabili, fossili sempre più puliti e nucleare, che si può individuare la soluzione al duplice problema che abbiamo di fronte: disporre di energia elettrica e ridurre l’impatto ambientale. Senza preclusioni.

(Senza preclusioni! In fondo è sbagliato chiamare i firmatari di questa lettera “affascinati dall’atomo”: loro sono affascinati da qualsiasi cosa produca energia! Del resto c’è anche la firma del senatore Franco De Benedetti, fratello del più noto Carlo, proprietario della Cir che a sua volta è azionista di maggioranza di Sorgenia, società energetica ben inserita nel business del carbone…)

Siamo l’unico Paese del G8 che non produce energia dal nucleare.

(Qualcosa per cui si può fieri di essere italiani, finalmente!)

L’Europa produce circa il 30 per cento della sua energia elettrica con il nucleare. Nell’Europa dei 27 ben 15 Paesi possiedono impianti nucleari, 12 (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) hanno annunciato nuovi piani di espansione nucleare. Paesi, un tempo considerati in via di sviluppo, come la Cina, l’India, il Brasile sono fra i primi investitori mondiali in nuovi impianti nucleari. Grandi Paesi produttori di petrolio stanno oggi lanciandosi convintamente nella costruzione di nuove centrali.

(Peccato che la proliferazione del nucleare civile possa essere accompagnata anche da quella del nucleare militare… Quanto ai paesi produttori di petrolio, per lo più situati in zone desertiche prive di laghi e fiumi che possano venire incontro alle onerose esigenze di raffreddamento dei reattori, da dove prenderanno l’acqua? Saranno per caso costretti a costruire le centrali sulle coste per attingere acqua di mare? E i rischi? Ahimé, ci si pensa solo quando il guaio è successo…

Comunque cari firmatari, se metà del mondo investe nel nucleare, avete fatto i conti delle riserve di uranio? Perché si parla tanto di picco del petrolio ma quello dell’uranio sembra già essere avvenuto… )

Sebbene la legge che reintroduce la possibilità di utilizzo del nucleare contenga forzature e punti sbagliati e ci siano limiti nell’azione di governo per la realizzazione dell’annunciato programma nucleare, riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari.

(E’ vero, l’Italia ha già avuto dei trascorsi atomici prima del referendum del 1987! Con ben quattro centrali! E tutti si ricordano che in quel periodo l’energia era praticamente gratis, tutto funzionava alla perfezione… l’Italia insomma era il paese del Bengodi!)

Gli errori del Governo meritano una puntuale sottolineatura da parte dell’opposizione e le prese di posizione dei gruppi parlamentari del Pd nelle sedi competenti si sono ispirate a una logica di contestazione di merito.

È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto.

Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema.

Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni.

(Date un’occhiata qua, e guardate come la centrale atomica situata nella zona di Dampierre-en-Burly trasformi la campagna francese in una meravigliosa Arcadia!)

O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare.

(E magari un studio accurato sull’energia realmente necessaria e quella superflua no? Sulle riserve di uranio e sul picco in generale delle materie prime?)

Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica .

(Chiedere alla Tepco, l’azienda che controllava la centrale atomica di Fukushima…)

Le tecnologie nucleari sono, ormai, essenziali e diffuse nel campo sanitario, industriale e della ricerca.

Il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza di tutti i rifiuti nucleari, ad esempio, ci riguarda indipendentemente dalla scelta di costruire nuove centrali. E costituisce un grande tema di ricerca e innovazione tecnologica.

(Ecco, qui sarebbe stato il caso di citare il provvedimento più importante preso da Obama in materia nucleare: la cancellazione del progetto per la creazione di un deposito permanente di scorie nella Yucca Mountain. A oggi non esistono depositi permanenti e, visto che il periodo di decadimento della scorie copre intere ere geologiche, sembra improbabile che se ne possa costruire uno realmente definitivo)

Infine. Crediamo che a te non faccia difetto la sensibilità di capire l’importanza per l’industria italiana di partecipare di nuovo a un processo internazionale di sviluppo del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata.

(Caro Pierluigi, money is money! Sei abbastanza ‘sensibile’ per capirlo?)

Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione.

(Qui siamo completamente d’accordo. Anzi, ci uniamo a questo atto di denuncia dei firmatari per segnalare uno scandalo che non può passare inosservato: malgrado due referendum abrogativi, gran parte dei finanziamenti alla ricerca pubblica sono ancora destinati al nucleare)

Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown.

Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico.

Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.

(Lunga vita agli italiani che hanno votato ai referendum del 12-13 maggio 2011!)

Fonte Immagine: Wikimedia

 

2 Commenti

  1. Bell’articolo.
    Si sarebbe potuto anche dire che parte del materiale utilizzato negli ultimi decenni nelle centrali nucleari è provenuto dallo smantellamento degli ordigni nucleari (in seguito agli accordi fra gli Stati Uniti e l’ex Unione Sovietica, già alla fine degli anni settanta, sul disarmo nucleare): questo per dire che, una volta terminato di utilizzare questa particolare “fonte”, il problema dell’approvvigionamento di uranio sarà ancora più grave!!
    Armando

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