Decostruendo Contro la decrescita #8

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Riciclaggio: speranze vere, speranze vane

In Contro la decrescita appare un capitolo, dal titolo: ‘Sprecare, riciclare, riparare’, criticante le preoccupazioni dei decrescenti sullo spreco, in cui la questione del riciclaggio non viene mai affrontata. Simonetti ne ha invece dibattuto al riguardo sul sito di DFSN, in merito alla confutazione delle tesi di Georgescu-Roegen sulle contraddizioni tra economia e leggi della termodinamica. Molto gentilmente, ha liberamente offerto un capitolo sull’argomento (espunto dalla versione finale del libro per ragioni editoriali), con la relativa bibliografia. Detto per inciso, al di là dei punti di vista si sarebbe trattato di un contributo pregevole e scientificamente ben argomentato (a nostro giudizio, decisamente superiore alla critica di World3), e dispiace che si sia preferito lasciare più spazio al sensazionalismo (illazioni sui rapporti primitivismo/decrescita e critiche analoghe) che alla divulgazione intellettuale.

La tesi di fondo sostenuta è questa:

Che il riciclaggio sia possibile in generale, è certo (e su questo, spero non ci si debba mettere a discutere oltre). Quel che Ayres dice è che il riciclaggio continuo non è impedito *in teoria* dalla seconda legge della termodinamica, in nessuna sua formulazione, neppure quella di G.R. che è – peraltro – errata. Esistono certo degli impedimenti pratici al riciclaggio continuo, in primis la crescita esponenziale dei costi, ma sempre in teoria nessuno di questi ostacoli è insuperabile, data la disponibilità costante di energia solare (che rende per l’appunto il sistema di riferimento, cioè la Terra, un sistema non isolato) (commento di Simonetti del 16-11-2014)

L’articolo di Paul Ayres a cui fa riferimento si intitola: The second law, the fourth law, recycling and limits to growth, e risale al 1998. La confutazione teorica di Georgescu-Roegen e della sua ‘quarta legge della termodinamica’ (1), si basa sulla concezione della Terra non come sistema ‘chiuso’ bensì ‘isolato’, ricevendo costantemente l’afflusso energetico proveniente dal sole. Ciò è sufficiente a Simonetti per dedurne che non esistono problemi legati all’entropia, in quanto

la morte termica dell’universo, o anche semplicemente del sistema solare, è talmente lontana da rendere il suo richiamo del tutto irrilevante. (commento del 16-11-2014)

Ricapitoliamo brevemente le tesi fondamentali sostenute da Simonetti attraverso gli autori riportati nella sua bibliografia:

– Geogescu-Roegen deduce dalla seconda legge della termodinamica (l’energia si degrada irrimediabilmente da energia utilizzabile a energia non più utilizzabile – non si può quindi riciclare)  la ‘quarta legge’, in base a cui non solo l’energia ma anche la materia si degrada;

– Georgescu-Roegen però sbaglia nel ritenere la Terra un sistema energecamente chiuso, in quanto riceve un costante afflusso dal sole: siccome le cellule fotovoltaiche producono più energia di quella impiegata per la loro costruzione (il loro EROEI è cioé>1), allora questo quarto principio è contraddetto e il riciclaggio illimitato è possibile, al di là dei problemi pratici ed economici.

Si noti come il tema dell’energia e della materia venga considerato unicamente in astratto. Per inquadrare correttamente l’intera problematica, conviene prendere le distanze dalla polemica con Georgescu-Roegen e dalla teoria (2),  esaminando la questione in termini empirici.

Se la Terra è un sistema ‘aperto’ sul piano dell’energia, non lo è però su quello delle risorse fisiche, versante in cui le perdite entropiche contano eccome. (3) La materia non si crea e non si distrugge, ma può frantumarsi in seguito a consumo ed usura in particelle di dimensioni ridottissime, il cui recupero (se mai possibile) sarebbe onerosissimo in termini energetici; senza contare che nei processi di fabbricazione si usano solitamente più materiali contemporaneamente, rendendo difficile la separazione dei singoli elementi.

Inoltre, la maggioranza dei materiali riciclati subisce un processo chiamato downcycling, ossia di perdita di qualità della materia: la carta riclata ha caratteristiche inferiori a quella di partenza; esistono varie tipologie di plastica, se mischiate insieme il prodotto riciclato presenta qualità meccanicamente inferiori. Il riciclaggio dell’acciaio raggiunge punte molto vicine al 70%, tuttavia le diverse leghe di acciaio presentano al loro interno tracce di altri elementi che, combinate insieme, danno origine a un metallo con proprietà specifiche differenti da quello di partenza; nel ciclo di produzione dell’acciaio da rottame, dopo la desolforazione e la scorificazione, vengono aggiunti elementi di lega quali il manganese, il silicio, il cromo, il vanadio per migliorarne le caratteristiche meccaniche; identici problemi si presentano con l’alluminio. Da queste premesse, si comprende perché, a livello generale, il riciclaggio dei metalli si attesta a livelli inferiori al 50%, come si evince dalla prossima tabella:

riciclaggio

Tuttavia, a parte le difficoltà nella differenziazione dei rifiuti –  nel caso delle ‘terre rare’ possono essere quasi insormontabili – il riciclaggio è compatibile con una visione economica improntata alla decrescita (non è un caso che sia una delle ‘8 R’ di Latouche), non alla crescita, ‘infinita’ o ‘continua’ che sia. Infatti, anche se il riciclaggio dei materiali si attestasse intorno all’80% (speranza a dir poco ottimistica), dopo quattro trattamenti la materia si ridurrebbe della metà. Inoltre, materia ed energia sono strettamente correlate, per cui non ha senso considerarle separatamente: nella prospettiva di impiegare solo risorse energetiche rinnovabili (quindi con EROEI non superiori a 15-20, nelle ipotesi più favorevoli), alcuni procedimenti di riciclaggio risulteranno ancora convenienti, altri no, senza contare i limiti intrinseci dovuti all’impiego di metalli rari come cadmio, gallio e germanio, che una tale struttura energetica richiederebbe in grandi quantità.

I ragionamenti di Ayres e altri studiosi vanno quindi ricondotti dall’iperuranio della teoria alla realtà. Il riciclaggio va incoraggiato in tutti i modi e perfezionato, ma non può sostituire tout court il prelievo minerario tradizionale e, soprattutto, non può essere addotto per giustificare la crescita esponenziale, in qualsiasi veste si presenti.

L’ideologia della crescita ‘continua’

Nel capitolo ‘La crescita infinita’ di Contro la decrescita, Simonetti ritiene, in contrasto con i decrescenti, che la crescita economica sia un fenomeno spontaneo all’interno dell’economia, non uno scopo della teoria economica e della prassi politica (pag.55-57), e invita a distinguere tra crescita infinita (impossibile perché l’arco temporale dell’esistenza della Terra è limitato) e continua, lasciando intendere che questa sarebbe possibile, anche se non per forza auspicabile.

Proviamo ad approfondire le teorie di Ayres, partendo dai capisaldi fondamentali:

– la Terra è un sistema chiuso ma non isolato, in quanto viene costantemente irradiato dalla luce solare;

– questo apporto energetico permette un riciclaggio continuo e illimitato, confutando quella che Georgescu-Roegen ha chiamato ‘quarta legge delle termodinamica’, secondo cui non solo l’energia ma anche la materia si degrada (si tratterebbe dell’errore di Georgescu-Roegen a cui accenna Simonetti).

La seconda asserzione, come abbiamo appena visto, è contraddetta dal downcycling, il quale dimostra che anche la materia è soggetta a decadimento. Ma se si ricorresse solamente a materie prime rinnovabili? L’efficienza della natura nel riciclaggio sfiora il 100%, per cui forse si potrebbe davvero continuare a crescere e rimandare tutto alle calende greche della ‘morte entropica dell’universo’.

Ironia della sorte, questa rivisitazione ‘green’ della crescita continua subisce una brusca confutazione per opera di Simonetti stesso. Nel capitolo ‘La madre natura di Vandana Shiva’, polemizza con l’intellettuale indiana per una visione a suo dire troppo idilliaca delle civiltà preindustriali quali rispettose dei cicli naturali:

La distinzione di Shiva è priva di ogni fondamento storico e razionale e si basa su di un mero pregiudizio ideologico: cioé sulla convinzione che sia esistita da qualche parte, in passato, una società in perfetto stato di equilibrio con la natura, dove il prelievo di risorse non superava mai la soglia critica e non si verificava mai il depauperamento e l’esaurimento degli stock, e anzi dove la natura benignamente e generosamente offriva su di un piatto d’argento agli uomini suoi adoratori l’occorrente per vivere. Nulla del genere è mai esistito, salvo che nei miti o nelle favole: e per accorgersene basta pensare al fato di civiltà come quella dell’isola di Pasqua o della colonia vichinga in Groenlandia, illustrate in un famoso libro di Jared Diamond. (pag. 31)

Ovviamente, se l’umanità è sopravvissuta fino ad oggi, è perché società più prudenti nell’osservare i vincoli ecologici sono esistite.

Senza andare tanto lontano si puo` forse guardare ad esempi quali il “maso chiuso“,  che, come in molte altre societa` montane, garantiva autosufficienza e sostentamento ai suoi membri in equilibrio con l’ambiente naturale circostante. Ma più genericamente si hanno ‘società biologiche’ di esseri viventi in equilibrio energetico da milioni di anni. Cosa significa ciò alla luce della supposta quarta legge di Georgescu-Roegen? Semplicemente che riciclo e crescita non sono compatibili, mentre riciclo e non-crescita lo sono. Infatti, se il riciclo viene ricondotto al suo significato essenziale di ‘conservazione della materia’, esso e` certamente possibile, come impariamo studiando la chimica: tanti atomi di ossigeno e idrogeno entrano nella reazione ed altrettanti ne escono combinati nell’acqua che ne risulta con produzione di energia, il problema è semmai che il contrario non succede spontaneamente. Ma quando si tratti di riciclare prodotti più complessi le cose si complicano (come spiegato sopra) e ricombinare gli atomi che costituivano un vecchio computer per produrne uno nuovo, l’impresa non è solamente assurda, ma pressoché impossibile. Si potrebbe dimostrare che l’ovvia antieconomicità è solamente un altro aspetto dell’enorme inefficienza a cui si andrebbe incontro, con conseguente incremento entropico esponanziale che presto renderebbe insufficiente l’apporto energetico esterno… probabilmente quanto intendeva Georgescu Roegen con la sua quarta legge. In altre parole, essendo impossibile quindi una crescita continua basata sul riciclo , l’unica opzione è di annullare qualunque strategia di crescita, ovvero di applicare la decrescita per garantirsi ulteriori margini di sopravvivenza.

Possiamo concordare sul fatto che la morte termica sia molto lontana nel tempo, purtroppo dobbiamo ammettere che la malattia termica è ben presente già oggi. Si veda il riscaldamento globale, che non è altro che un altro aspetto dell’entropia creata nel tentativo di produrre crescita con o senza riciclaggio. E allora quanto è stupido essere malati e continuare nelle pratiche che producono la malattia, anche sapendo che la morte è lontana? Forse non poi troppo lontana, quando anche piccole variazioni dal sano equilibrio provocano già catastrofi ambientali ed incremento dei mali incurabili.

Ma torniamo ai due esempi proposti da Simonetti, ossia la civiltà dell’isola di Pasqua e la colonia vichinga della Groenlandia: essi sono due ottime rappresentazioni di sistemi isolati, in virtù della particolare posizione geografica. Le loro popolazioni avevano un’economia basata quasi al 100% su risorse rinnovabili, ma ciò non è bastato per salvarli dall’estinzione proprio per la spiegazione addotta da Simonetti, ossia l’incapacità di adattarsi ai cicli naturali di rigenerazione. Gli intenti dell’avvocato romano non erano ambientalisti: nel ragionamento è implicito che, trattandosi di una specie di indole ‘atavica’, l’uomo contemporaneo non può essere rimproverato per i suoi comportamenti non sostenibili (sono anch’essi in ultima analisi ‘naturali’), sebbene questa volta la posta in palio sia l’intero ecosistema planetario e non una minuscola isola sperduta nel Pacifico o colonie di qualche centinaio di abitanti. Tuttavia, ragionamenti sottintesi a parte, gli esempi riportati non fanno una grinza.

L’altra faccia della medaglia del ragionamento, però, è che gli abitanti dell’isola di Pasqua e i Vichinghi erano popoli arretrati: la tecnologia può bypassare limiti in precedenza insormontabili. Ma è proprio così? Sentiamo cosa ne pensa Jared Diamond, ricercatore citato da Simonetti (la cui opera, forse, non è stata letta con la dovuta cura):

Questa fiducia nel futuro si basa sulla convinzione, tutta da dimostrare, che la tecnologia abbia risolto più problemi di quanti ne abbia creati… Le nuove tecnologie creano sempre problemi imprevisti, anche se riescono a risolvere quelli per cui sono state progettate. Le soluzioni tecnologiche adottate per risolvere un problema ambientale sono di solito molto più costose delle misure impiegate per prevenirlo: confrontiamo i miliardi di dollari di danni che accompagnano i naufragi delle petroliere con i costi modesti di pratiche sicure ed efficaci intese a minimizzare i rischi di queste catastrofi ambientali.

Il progresso tecnologico non fa che aumentare la nostra capacità di agire, in meglio o in peggio, e molti nostri problemi attuali sono conseguenze negative e non intenzionali della tecnologia esistente. Il rapido progresso del XX secolo, infatti, ha dato origine a problemi nuovi e complessi molto più velocemente di quanto non abbia risolto i vecchi. Che ci fa pensare che, a partire dal primo gennaio 2006, per la prima volta nella storia del genere umano, la tecnologia cesserà miracolosamente di causare problemi nuovi e imprevisti, limitandosi a risolvere quelli che in precedenza creato? (4)

Addirittura, il notevole gap di sviluppo tra le civiltà del passato e del presente potrebbe ritorcersi contro i più progrediti:

Ho già detto che ci sono ovvie differenze tra il mondo antico e il mondo moderno, e che queste (la popolazione è più numerosa oggi che in passato, la tecnologia è più potente e distruttiva, l’interconnessione tra le diverse parti del globo che ci espone al rischio di un tracollo globale, e non solo locale) sembrano giocare a nostro sfavore. Se in passato gli abitanti di Pasqua non riuscirono ad affrontare i loro problemi locali, meno gravi dei nostri, come può sperare il mondo moderno di risolvere i suoi enormi problemi globali? (5)

Diamond risponde indirettamente anche ad Aryes e alla sua teoria basata sull’inesauribilità dell’energia solare:

Poiché la luce solare può sembrare inesauribile, è facile ritenere che sia infinita anche la capacità della Terra di produrre vegetazione. Questo non è affatto vero… Le prime analisi, effettuate nel 1986, hanno trovato che le attività umane utilizzavano (per esempio per l’agricoltura, la selvicoltura e la manutenzione dei campi da golf), oppure deviavano dal suo corso naturale o sprecavano (come avviene, per esempio, con la luce solare che batte sull’asfalto delle strade o sugli edifici), circa la metà della capacità fotosintetica della Terra… dal 1986 a oggi, si stima che entro la metà del nostro secolo avremo utilizzato gran parte della capacità fotosintetica terrestre. Ciò vuol dire che la maggior parte dell’energia proveniente dal sole sarà usata per le attività umane e che ne rimarrà poca per sostenere la crescita spontanea della vegetazione. (6)

Attraverso il parallelismo con l’isola di Pasqua e i Vichinghi, Simonetti (forse più di quanto non volesse), ci ha illustrato alcune dimostrazioni pregnanti dei concetti di biocapacità e carrying capacity. Nella prossima puntata vedremo però come l’autore di Contro la decrescita li svaluti nei capitoli centrali del libro, compiendo altre non meno pericolose sottovalutazioni.

(1) Georgescu-Roegen propone due formulazioni del principio:

A) La materia non più disponibile non può essere riciclata;

B) Un sistema chiuso (cioé un sistema che non può scambiare materia con l’ambiente) non può compiere lavoro indefinitamente con velocità costante.

(2) Per riabilitare la figura di Georgescu-Roegen rispetto a certe critiche che gli sono state rivolte, è bene ricordare che l’economista rumeno è il primo a riconoscere i limiti insiti nel ‘quarto principio’. Scrive infatti nella post-fazione di Entropia: “Un principio del genere enuncia quello che la legge dell’entropia stabilisce per l’energia. Una delle differenze è che, diversamente dal sistema isolato che tende verso la morte termica (quando tutta l’energia non è più disponibile), il sistema chiuso tende verso il caos (quando tutta la materia-energia non è più disponibile). Dobbiamo comunque trattenerci dal parlare di un’entropia della materia come entità misurabile. Esiste un’entropia misurabile per l’energia in quanto l’energià è omogenea; i materiali in massa sono invece eterogenei, basta dare un’occhiata alla tavola di Mendeleev. I fattori di dissipazione della materia variano pertanto, in maniera notevole, da sostanza a sostanza e quindi per ora non possiamo racchiudere tutte le forme di dissipazione della materia in un’unica formula generale. Questo non significa che la dissipazione della materia non esista e che non sia irrimediabile o che non si possa parlare di degradazione generalizzata della materia-energia verso forme non più disponibili”.

(3) Le considerazioni successive sul downcycling si basano su Bardi Ugo, La terra svuotata. Il futuro dell’uomo dopo l’esaurimento dei minerali, Editori Riuniti University Press, Roma 2011

(4) Jared Diamond, Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi, Torino, 2005, pag. 510

(5) Ibidem, pag. 526

(6) Ibidem, pag. 498

Tutte le citazioni presenti di opere protette da diritto di autore fanno riferimento alla legge 22 aprile 1941, n.633, art.70: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera”.

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Felice_Mente è un nome collettivo utilizzato per indicare un contributo opera dell'analisi condivisa di Manuel Castelletti, Igor Giussani, Giulio Manzoni, Daniele Uboldi.

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