Ho conosciuto Stefania Rossini a una fiera dedicata all’ambiente e all’ecologia, dove entrambi eravamo stati invitati a presentare i rispettivi libri. Sembrava molto a suo agio, in quel contesto, ma allo stesso tempo nervosa. Quel giorno, infatti, era la prima volta che presentava in pubblico il suo libro, Vivere in 5 con 5 euro al giorno. Vista la sua difficoltà, o il suo imbarazzo, mi sono permesso di darle due consigli su come gestire il fatto di parlare di cose anche personali in pubblico, o comunque davanti a persone che non si conoscono. E Stefania, grazie alla naturalezza che la caratterizza, ha fatto una presentazione breve ma efficace, uscendone decisamente bene.
Da quel giorno è nata quella che oserei già definire una vera amicizia, nonostante non si abbia quasi mai la possibilità di incontrarsi. Un rapporto di stima e affetto reciproci nato dallo scambio continuo di informazioni, riflessioni e, appunto, consigli. Da parte mia, su come affrontare il pubblico e soprattutto le critiche, spesso idiote, di chi, schiavo di preconcetti e luoghi comuni, pensa che chi fa scelte come le sue sia necessariamente uno sciocco, un fricchettone, un illuso, o uno zozzone trasandato e antisociale. Da Stefania, invece, ho ricevuto diversi consigli pratici, anche attraverso il suo blog, ma soprattutto ho avuto modo di capire una volta di più che essere se stessi è sempre la scelta migliore.
Da tempo non incontravo una persona così genuina e sincera. Da anni non vedevo lo schietto pragmatismo lombardo (Stefania è bresciana e io milanese) che da bambino osservavo nei miei nonni, e che nel frattempo è stato ridotto o a barzelletta o a slogan xenofobo. Una purezza d’animo, la sua, che si legge anche fra le righe dei suoi post, dei suoi aneddoti, delle sue ricette, e di cui c’era decisamente bisogno. Sì, perché nel tripudio di narcisismo e superficialità in cui siamo immersi, dove un «Mi piace» su Facebook sembra contare più di ogni altra cosa, Stefania anche dopo avere capito cosa significhi essere popolari, anche dopo gli inviti in radio e in TV, è rimasta com’era: una persona normale, semplicemente entusiasta di quello che fa.
Questa «blogger per caso», a differenza di molti scrittori, giornalisti e ambientalisti compiaciuti che soddisfano il proprio ego comunicando al mondo quanto pensano di essere virtuosi, se ne frega del numero di copie che venderanno i suoi libri. Lei, come spesso ama ricordare, è solo una mamma, e cerca di condividere con altri il frutto delle sue esperienze. Che, potendo tornare molto utili in tempi di crisi, stanno avendo successo anche fra persone che fino a poco tempo prima erano completamente consacrate al dio mercato e ai suoi assurdi comandamenti.
Stefania Rossini è la personificazione di quello che è il vero messaggio della decrescita felice: non si vuole tornare indietro, al carro e alla candela, ma si cerca di trovare un nuovo futuro, perché quello promosso (o dovremmo dire pubblicizzato?) dalla morente società dei consumi semplicemente non è possibile. «Sarebbe utopico, ora, pensare di essere fuori da questo meccanismo», scrive giustamente Stefania: «Ma è già davvero tanto rendersi consapevoli e fare piccoli passi per migliorarsi». Del resto, «ognuno di noi può fare la differenza». A partire da quello che si mangia.
L’industria alimentare, infatti, è all’origine delle peggiori forme di inquinamento e di sfruttamento presenti sul nostro pianeta: allevamenti intensivi, pesticidi, OGM, sprechi di acqua, abuso di petrolio e decine di altri fattori rendono la produzione industriale di cibo una delle attività umane più impattanti in assoluto. Per cosa, poi? Per mangiare schifezze di cui non solo non conosciamo la provenienza o gli effetti sulla salute, ma che non sono neppure buone. C’è chi può ribattere dicendo che almeno i cibi di scarsa qualità costano meno. Siete liberi di crederlo; tenete però presente che, una volta abbandonati dalla salute magari proprio grazie alla qualità scadente di ciò che si mangia, le spese da affrontare potranno essere ben più elevate.
La sincerità di Stefania e dei suoi consigli, che come lei sono appunto semplici, pratici e concreti, dopo avere caratterizzato Vivere in 5 con 5 euro al giorno (libro tradotto persino in tedesco e spagnolo), è anche l’ingrediente essenziale di questo suo nuovo lavoro. Ma attenzione, perché quello che state per leggere non è un banale ricettario, né tanto meno il diario di una casalinga indaffarata. Questo libro, come è già stato il suo popolare predecessore, è molto di più: è una guida per vivere meglio, magari con meno. Anche in questo caso, infatti, Stefania non si limita a condividere ciò che fa dentro o fuori casa, non spiega solamente come preparare cibi e autoprodursi beni, ma offre anche un’infinità di spunti di riflessione su come approcciarsi con se stessi e con il mondo, dando indicazioni su come vedere sotto un’altra luce la realtà che ci circonda.
Rendersi indipendenti attraverso l’autoproduzione di ciò che si mangia, infatti, può essere il primo passo verso una nuova vita, in cui si può riscoprire la soddisfazione che solo le cose fatte da sé possono dare. Ma al di là di ciò, questo libro è in grado, molto meglio di un trattato accademico, in cui le parole sono generalmente troppe e troppo complicate, di fare capire la necessità, in questo preciso momento storico, di reinventarci il mondo in cui viviamo, a partire dalle nostre scelte e dai nostri gesti quotidiani. Per un semplice motivo: non abbiamo altra scelta. In effetti, da qualunque parte si voglia guardare la società in cui viviamo, è ormai chiaro che ci conviene letteralmente fare di necessità virtù. E vedere la crisi economica non come la fine di tutto, ma come una reale possibilità di miglioramento.