Crozza e le bastonate

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Ed ecco che, dopo Mara Carfagna, Alberto Bagnai, Sandro Trento e Mattia Feltri, anche il buon Maurizio Crozza si unisce al coro di dileggiatori della decrescita, con uno sketch nella trasmissione Italialand del 5 aprile. Forse desterò scalpore, ma ritengo la presa di posizione del genovese decisamente più infelice, benché si tratti ‘solo’ di un comico, perché gli altri sono rimasti fedeli ai propri ruoli, lui invece ha completamente travisato la mission della satira politica che – è bene ricordarlo – consiste nell’attaccare il potere a prescindere da chi lo detenga.

Una satira che da diverso tempo per altro ritengo molto faziosa e piuttosto scarsa. Cosa si può dire di una persona che è riuscita nell’intento di far apparire simpatico e ‘ribelle’ l’austero e machiavellico Giorgio Napolitano, e la cui imitazione di Pierluigi Bersani è tanto pungente che il diretto interessato si è sentito in dovere di tenere un duetto sul palco con lui e di usare alcune sue battute (il famoso ‘smacchiamo il giaguaro’) come slogan della campagna elettorale? O che dire dell’insistito accanimento contro Antonio Ingroia, anche quando il suo movimento è rimasto escluso dal parlamento e quando il magistrato è stato trasferito d’ufficio ad Aosta (per il giubilo di Berlusconi felice che d’ora in avanti il PM “potrà intercettare solo gli stambecchi”)?

Secondo Crozza la decrescita sarebbe una soluzione radical-chic adatta solo per il miliardario Beppe Grillo, mentre Latouche farebbe bene a non prendere mai un treno Novara-Milano Rogoredo perché, se aprisse bocca, verrebbe preso a bastonate dai pendolari i quali, non essendo ricchi, dovrebbero auspicare una crescita continua dell’economia.

Ma perché mai i pendolari dovrebbero accanirsi violentemente contro lo studioso francese? Che ha fatto di male? È colpa della decrescita il loro pendolarismo, la loro sottomissione a una rete ferroviaria disorganica, congestionata e, per quanto riguarda la tipologia di treni da loro utilizzata, decisamente degradata?

Forse mi sono sempre sbagliato ma pensavo che la causa di questa situazione fosse un’ideologia economica che richiede la massima estrazione di capitale da persone e cose indifferentemente, quell’ideologia economica che Crozza è convinto di combattere con la sua satira. Magari sarebbe bello parlare con questi pendolari, chiedergli se per caso preferirebbero un’occupazione meno redditizia – senza offendere nessuno, Rogoredo non mi sembra esattamente una località dove si trovino impieghi da sogno – ma che permettesse loro di trascorrere più tempo con famigliari e amici, di dedicarsi a qualche interesse, di vivere una vita all’aria aperta alla luce del giorno e non solo nel buio delle stazioni nelle prime ore del mattino e della sera.

Dopodiché, si potrebbe magari dargli una mazza e vedere eventualmente chi e cosa vorrebbero bastonare

3 Commenti

  1. E, aggiungo io, sarebbero proprio personaggi come Latouche ad auspicarsi un miglior trattamento di quei pendolari che, costretti a viaggiare nei treni di serie C (l’Alta Velocità è roba da manager con la ventiquattrore o da giornalisti e comici stra-pagati!), i regionali con metà delle porte fuori servizio, senza riscaldamento d’inverno e come un forno d’estate, sempre in ritardo, affollati come non mai e in pessime condizioni igieniche, stentano a tirare avanti.

    Ma d’altronde noi siamo per l’Alta Velocità (40 euro per Firenze-Milano invece dei 15 con un regionale!) e quindi per il continuo disinvestimento di risorse dai treni per la classe media (quelli che pagano la parte più cospicua delle tasse) per incentivare le frecce di lorsignori.

    Su una cosa però c’ha ragione Crozza, e cioè sul fatto che la decrescita (felice) rimane ancora una tematica di nicchia e quindi non ancora accessibile a quella classe media che continua ad illudersi di poter raggiungere lo stesso stile di vita di lorsignori.

  2. Nel caso di Crozza, come di moltissime altre persone, credo che sia imperante la pigrizia mentale: ci hanno dato una tabula da osservare, mandare giù a memoria, venerare (che è quella della crescita), un paradigma insomma, che si può coniugare in mille modi, molti dei quali aberranti, e dal quale non è facile sganciarsi se non a prezzo di una grande trasformazione e di una profonda riflessione.
    E’ una reazione psicologica: è più facile continuare a vivere male, persistendo nelle azioni deviate a cui siamo abituati, che sforzarsi di vivere bene, rivoluzionando i cardini della nostra esistenza…
    Ogni trasformazione in natura, certo, è dolorosa: è dolorosa la muta di un uccellino, che soffre nel cambiare il suo piumaggio; è doloroso il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, perché prima di trovare l’equilibrio, c’è il massimo della destabilizzazione; è doloroso lasciare la società del “più”, perché il “meno” sembra una privazione.
    Ma un canarino canta con gioia e forza quando è mutato, un adulto guarda più sereno al suo domani, una civiltà del meno porta vantaggi insospettati.
    Crozza ha scelto di non informarsi, di non dotare la sua satira di una base concettuale concreta, di impigrirsi in un percorso stabilito dagli altri per lui. Che peccato, perché io invece, scegliendo con cognizione di causa, mi sento rinata.

  3. Condivido le posizioni espresse al 100%;

    Anchio ho tempestivamente espresso un’analoga posizione attraverso il sito http://www.resettatutto.org del Movimento per la Qualità della Vita (nella sezione attualità).
    p.s. da tempo il vostro sito è inserito nella nostra sezione “SITI AMICI”.
    W la decrescita felice, via maestra verso la Qualità della Vita ed una possibile Felicità Umana.

    francesco vitanza

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