Critica della ragione agroindustriale #7: OGM, sementi e coscienze manipolate (seconda parte)

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(Critica della ragione agroindustriale #1, #2, #3, #4, #5, #6)

Resistere, resistere, resistere

I principali interventi sulle sementi transgeniche di prima generazione hanno riguardato modificazioni nel genoma o per introdurre tossine in funzione sostitutiva dell’irroramento esterno di pesticidi oppure per renderle tolleranti all’uso di erbicidi, in particolare al glifosato.

Per quanto attiene al primo tipo di OGM, l’inserimento del Bacillus Thuringiensis (BT) nel DNA di mais e cotone viene presentato solitamente come uno dei maggiori successi dell’ingegneria genetica. Si sono sviluppate specie di insetti resistenti, tuttavia, grazie principalmente alla pratica sinergica di alternare colture BT e non BT – favorendo l’incrocio tra specie resistenti e non resistenti alla tossina, indebolendo conseguentemente le progenie di parassiti – si è riusciti per ora a mantenere il fenomeno relativamente sotto controllo (figura 36).

Figura 36. Fonte: Nature Biotechnology (2013)

Per quanto concerne l’uso complessivo di pesticidi, negli USA dal 2000 in poi è cresciuto esponenzialmente il consumo di neonicotinoidi: tra questi, Clothianidin, Imidacloprid e Thiamethoxam – banditi dalla UE già nel 2013 per la loro elevata tossicità su insetti, invertebrati, uccelli e mammiferi1 – sono largamente impiegati sulle coltivazioni OGM di mais e soia. (figura 37)

Figura 37. Hopwood et al. (2016)

Se per quanto attiene alle infestazioni animali la situazione, tutto sommato, non è troppo negativa, lo stesso non si può dire per quelle vegetali, dove il bubbone della resistenza è scoppiato in tutto la sua gravità, sotto forma di ‘superbacce’ (‘superweed’). E’ un dato di fatto che, da quando sono state introdotte in commercio nel 1996 le sementi transgeniche, il fenomeno della resistenza agli erbicidi è notevolmente aumentato.

Nelle intenzioni originarie, l’uso del glifosato avrebbe dovuto garantire l’accantonamento di altri erbicidi di cui si temevano effetti nocivi sulla salute umana (ciò avveniva prima della diatriba IARC-EFSA sulla presunta cancerogenicità dell’ex brevetto Mosanto). L’insorgere dei fenomeni di resistenza ha invece significato l’impiego su vasta scala di atrazina (vietata in Italia già nel 1992) e acetochlor (figura 38), quest’ultimo classificato come probabile cancerogeno per l’uomo.2

Figura 38. Fonte: Gilbert (2012)

Di per sé, la resistenza agli erbicidi non è un imputabile agli OGM, trattandosi di una tara intrinseca all’agroindustria causata dalla standardizzazione delle colture; le sementi transgeniche lo hanno però sicuramente esacerbato e, se prima del 1996 gli USA potevano vantare meno problemi di resistenza rispetto all’Europa, dopo tale data la situazione si è capovolta (figura 40)



Figura 39. Impiego di glifosato negli USA per coltura (Fonte: database pesticidi USGS)

Figura 40

 

Fuori dagli USA

Quando gli OGM vengono introdotti in un paese emergente o in via di sviluppo, prima di gridare al miracolo invocando il tribunale penale dell’Aia per i miscredenti della transgenesi, è opportuno analizzare i risultati pensando che in quel contesto non avviene una semplice sostituzione di sementi, bensì un’evoluzione agronomica complessiva delle pratiche di coltivazione intensiva sul solco tracciato dalla Rivoluzione Verde. Esaminando i i trend produttivi delle tre principali nazioni dopo gli USA che ospitano coltivazioni OGM (Brasile, Argentina e Canada) in correlazione alle principali variabili di impatto ecologico (utilizzo fertilizzanti e pesticidi, consumo di terreno agricolo), si riscontrano certamente exploit produttivi ma nessun passo in avanti in direzione della sostenibilità ambientale (figure 41-43).

Figura 41

Figura 42

 Figura 43

OGM: solo prendere o lasciare?

Nell’era postmoderna dove la ricerca della verità sembra oramai soppiantata dai giochi linguistici tanto cari a Lyotard e in cui, adottando le mosse opportune, diventa convincente persino il terrapiattismo, è possibile tratteggiare anche un quadro idilliaco relativo all’adozione degli OGM. Usando però il metro di giudizio della definizione scientifica di sostenibilità, i risultati sono palesemente modesti o comunque non tali da far propendere per la diffusione massiccia delle sementi transgeniche.

Se quindi bloccarne la commercializzazione è più che giustificato, quale posizione assumere nei confronti degli studi sull’ingegneria genetica?3Imporre una moratoria sembrerebbe un atteggiamento irragionevole e oscurantista. Ciò nonostante, così come l’eventuale adesione alla causa degli OGM verteva su considerazioni di carattere pratico anteposte alle ragioni prettamente scientifiche, anche il suo accantonamento pone problemi non indifferenti.

A titolo di esempio, tra il 2015 e il 2017 Monsanto ha investito annualmente tra i 12 e i 13 miliardi di dollari di capitale,4 di cui un miliardo e mezzo circa solo in ricerca e sviluppo5: somme cospicue che devono generare profitti difficilmente possibili rimanendo relegati in un contesto ‘di nicchia’.6Se oggi il governo statunitense fosse folgorato da un raptus di illuminazione e decidesse di avviare una seria campagna di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di carne, abolisse gli allevamenti intensivi e rinunciasse alla chimera dei biocarburanti, ciò renderebbe improvvisamente inutili sul territorio nazionale almeno il 65% delle coltivazioni mais e l’80% di quelle di soia, insieme a più della metà di irrorazioni di glifosato e altri erbicidi associati a tale colture; una scelta lungimirante per ambiente e società si trasformerebbe quindi in una Caporetto devastante per le aziende impegnate nelle biotecnologie (ma non solo), perché perderebbero una forma (non troppo) occulta di sovvenzione.

Chi, alla maniera di Martín Caparrós, propone in stile marxista di socializzare la tecnologia transgenica dotando ciascuna nazione di una ‘Monsanto di stato’, oltre a sopravvalutare le potenzialità della transgenesi sottovaluta evidentemente questo aspetto economico, che invece emerge chiaramente pensando che il governo USA, complessivamente, assegna 2,5 miliardi di dollari annui alla ricerca in campo agricolo.7Le nazioni tecnologicamente più avanzate sono tutte gravate, chi più chi meno, dal fardello del debito pubblico, senza contare conflitti di priorità con l’esigenza di potenziare quei settori, come quelle energetico, dove in tempi brevi occorre compiere enormi progressi per affrontare problematiche spinose quali picco del petrolio e decarbonizzazione dell’economia. Volenti o nolenti, il rischio che gli OGM restino imprigionati in una logica estremista ‘tutto o niente’ è molto elevato.

1www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-04-28/la-ue-decide-salvare-api-stop-all-utilizzo-pesticidi-neonicotinoidi-143353.shtml?uuid=AEs54IgE. Malgrado ciò, Paolo Mieli sul Corriere della Sera del 31 gennaio 2016 (‘Il nostro sguardo rivolto al passato’) scriveva con impareggiabile faccia tosta: “…il mais OGM che potremmo coltivare è più sicuro degli altri per la salute: ha meno microtossine [in realtà si chiamano ‘micotossine’, n.d.r.] pericolose per l’uomo e le gestanti, inoltre non richiede insetticidi che uccidono api, farfalle e coccinelle, ma consente a questi insetti di vivere indisturbati tutelando ambiente e biodiversità animale”. Merita di essere riportata anche un’altra chicca: “Negli Stati Uniti dopo che sono stati debellati i parassiti si è potuti tornare a piante non OGM sancendo il principio che la scelta OGM non è a senso unico”. Palese distorsione della realtà: diversi agricoltori sono tornati alle sementi non-OGM non per la scomparsa dei parassiti, ma perché hanno ritenuto che il prezzo maggiorato per quelle BT non fosse più giustificato alla luce dei casi di resistenza riscontrati (www.offthegridnews.com/food/farmers-abandoning-gmo-seeds-and-the-reason-will-surprise-you/).

3Attenzione a non ridurre le biotecnologie alla transgenesi, anche perché esistono ritrovati accettati senza problemi da chi rifiuta gli OGM. Una di queste è la selezione assistita da marcatori (MAS, ‘Marker Assisted Selection’), una tecnica non di modificazione ma di selezione genetica, applicata a piante e animali per migliorare caratteri d’interesse attraverso l’impiego di marcatori morfologici, biochimici e genetici; in questo caso, viene rispettata la differenza di specie in quanto si incrociano solo genomi compatibili come nella selezione tradizionale (per tale ragione ha ricevuto il sostegno di Greenpeace, Slow Food e altri fautori dell’agroecologia). Per approfondire, FAO 2009.

4www.evaluation.it/aziende/bilanci-aziende/monsanto/

6La CRISPR, la rivoluzionaria ed economica tecnica di editing genomico, è già impiegata per la modificazione di sementi, tuttavia essa permette soltanto di ricombinare il genoma già presente nella cellula attuando mutazioni, senza consentire salti di specie (non si possono realizzare le coltivazioni BT, ad esempio, e sarebbe alquanto complesso creare una semente come il golden rice); questa è la ragione per cui negli USA l’uso della CRISPR non è assimilato alla transgenesi, diversamente da quanto stabilito dalla UE. Siccome in agricoltura, a differenza di quanto avviene in campi come la terapia genica, l’obiettivo principale è introdurre funzioni nelle piante e non eliminarle, sembra molto difficile poter rinunciare alle tradizionali (e più costose) tecniche di ingegnerizzazione. (Meldolesi 2017) Inoltre, contrariamente ai facili entusiasmi iniziali, si sospetta che l’editing del genoma possa cancellare involontariamente migliaia di basi del DNA nel sito di taglio, con pericolosi rimescolamenti di geni che possono sortire effetti imprevisti (Kosicki, Tomberg, Bradley 2018)

7en.wikipedia.org/wiki/Science_policy_of_the_United_States

Fonte immagine in evidenza: Terra e Vita

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

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