C’e’ qualcosa che mi infastidisce ogni giorno di piu’ ascoltando le notizie dai media, la pubblicita’, osservando i segnali che il mondo esterno ci invia.
E’ la sensazione, sempre piu’ intensa, di essere uno tra gli innumerevoli individui che fan vacanza, che comperano, che si ammalano, che fanno sport, che ….
Poche volte percepisco di essere importante per gli altri perche’ io sono io, questa particolare persona che vive , pensa, desidera .
Questo miracolo non accade certo finche’ sono in coda per 50 Km verso mete turistiche e nemmeno sulle spiagge affollate o nei Centri Commerciali. Piuttosto capita nel gruppo di amici, sul lavoro, nel bar del quartiere, nel negozio di paese, nella squadra sportiva.
Per tutti gli altri ( politici, economisti, sociologi, banche, esperti di marketing e simili) esisto e ho peso solo in quanto membro di un gruppo: quello degli elettori, degli acquirenti, dei malati, degli sportivi… Un essere indistinto in una moltitudine di altri esseri indistinti, valido solo per le statistiche.
.Talvolta ci si interroga, e’ vero, per capire dove affondano le radici del crescente malessere sociale, malessere che sembra esplodere particolarmente durante le festivita’, proprio quando in teoria vi è maggior relax .
Non so pero’ se c’e’ davvero la voglia di guardare fino in fondo al problema, a costo di mettere in discussione il modello sociale che abbiamo costruito.
La mia risposta e’ : crisi di identita’. Quella cosa che ti manda in tilt, per cui non sai piu’ chi sei, dove ti trovi, dove vai, perche’ ci sei…
A tutti sara’ capitata, qualche volta almeno, la piacevole, sorprendente esperienza di sentirsi considerati persona, importante per se stessa e nulla piu’: incontrare un volto amico che ti chiede come stai, essere invitato – da pedone – con un sorriso ad attraversare la strada, trovare il negoziante che ti offre solo e proprio cio’ di cui hai bisogno,…
Ma e’ un’ eccezione appunto e non la quotidianita’ vedersi guardati con attenzione e interesse.
Soli e confusi nella moltitudine, alienati nella massa senza volto: questa sta per essere ( o e’ gia’ ) la nostra condizione di vita.
Chi non la condivide non ha altra via d’uscita che trovarsi escluso dal gruppo.
Che fare? Fuggire, vivere scelte estreme, stare ai margini della societa’, vivere da barboni?
Non tutti e non sempre hanno forze sufficienti per affrontare tale solitudine.
Rivolgo un invito ai lettori: immaginiamo un mondo diverso, un mondo dove cio’ che conta e’ la persona e tutto il resto vi ruota intorno, al suo servizio.
Lo stile con cui viviamo i nostri giorni non e’ l’unico possibile e nemmeno il migliore. Lo abbiamo adottato pian piano, immergendoci in una crescente danza che chiamiamo progresso senza accorgerci delle implicazioni che portava con se’ .
Una volta pero’ compreso che non siamo, per questo, piu’ liberi e nemmeno piu’ felici , possiamo decidere di rifiutarlo.
Torniamo a mettere l’uomo a misura di tutte le cose come affermava un filosofo tanto tempo fa e forse il mondo, con nostra soddisfazione, tornera’ ad essere a misura di uomo.
Foto da_ marianna06.typepad.com