Che mondo sarebbe senza orribili crimini di sangue

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Va bene, l’aria che tira non é certo delle migliori, i problemi sono tanti e più o meno tutti li stiamo vivendo sulla nostra pelle… Ma onestamente pensiamo davvero che nel nostro amato Paese e nel resto del mondo ogni santo giorno accadano soltanto cose brutte? Siamo diventati davvero tutti così malvagi oppure é possibile che la stragrande maggioranza dei quotidiani e dei telegiornali (giusto per fare un esempio di notiziari “classici”) tendano a parlare principalmente di storie di sangue per non parlare d’altro ed avere buoni ascolti, approfittando della nostra “passione” più o meno inconscia per i voyeurismo meglio se morboso e condito da una buona dose di ansiogena violenza, come se fossimo tutti lì a guardare da un metaforico buco della serratura? Non importa quali siano le cose che dovrebbero davvero interessarci, viene dato sempre più spazio a notizie di cronaca nera (o simili), portando in prima pagina a livello nazionale notizie che tempo fa sarebbero state relegate solo alle pagine della cronaca locale, con abbondanza di programmi di approfondimento che indugiano su particolari scabrosi. Se poi si è “a corto di munizioni” ecco che si riparla dell’omicidio X che a distanza di anni non è stato ancora risolto. Che mondo sarebbe senza orribili crimini di sangue?

Tanto per fare un esempio, l’anno scorso i due telegiornali più seguito (ovvero il Tg1 ed il Tg5) hanno dato rispettivamente 1.173 e 1.194 notizie di cronaca nera, contro le 317 e 315 dedicate alla crisi. (dati risultanti da una ricerca effettuata dalla fondazione Unipolis, Demos & Pi e l’Osservatorio di Pavia) Non si può certo mettere tutti sullo stesso piano, per fortuna si colgono ancora differenze nell’impostazione dei notiziari, ma l’andamento generale é questo.
Ma se i telegiornali parlano tanto di criminalità, vorrà pur dire che questa é aumentata negli ultimi anni? Ebbene no, il tasso di criminalità è rimasto più o meno lo stesso, ma é aumentata l’importanza e l’ enfatizzazione che viene data a tali fenomeni, al punto che la maggior parte di noi pensa che negli ultimi ani la criminalità sia aumentata grandemente nel nostro Paese.

E’ comprensibile che le testate giornalistiche debbano rispondere a leggi di mercato, ma in questo modo ne diventano schiave, con il rischio poi di distorcere la percezione che abbiamo della realtà che ci circonda, la quale viene così vista attraverso una lente sempre più deformata. Quest’abitudine poi potrebbe nascondere anche una certa pigrizia da parte degli editori, che così vedono gli ascolti in aumento senza doversi sforzare troppo a pubblicare anche notizie di altro genere, cosa che richiederebbe un maggior sforzo giornalistico e probabilmente un maggior dispendio economico e di tempo. Il problema di base é che si sta cercando di trasportare qualsiasi settore della nostra vita sotto le grinfie delle logiche di mercato, dimenticandosi sempre più spesso della qualità del servizio, e quello dell’informazione purtroppo non sfugge alla regola. siamo sempre più bombardati da massicce quantità di notizie ansiogene, dimenticandoci che nel mondo esistono pure buone notizie… Probabilmente non fanno ascolto come un efferato omicidio, ma occorrerebbe bilanciare un po’ le cose, offrendo una scelta più vasta, che non risponda alla legge di un immediato ritorno di cassa ma che guardi più al lungo termine, come quando si fa un investimento che porterà i suoi frutti nel tempo in maniera più sobria.

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Nato nel 1969 a Pesaro, nel 1988 mi sono diplomato come Perito Turistico e nel ’93 ho completato un corso di Operatore di Marketing per PMI. Dopo quarant’anni vissuti sulla riviera romagnola, mi sono sposato e trasferito nelle Marche. Entrato molto presto nel mondo del lavoro (più per necessità che per scelta), ho avuto modo di notare con dispiacere che alla medesima domanda, ovvero: “Cosa serve per vivere?” una volta avremmo risposto “Un tetto, cibo ,acqua e la salute”, mentre ora semplicemente “Servono i soldi”. Questa triste constatazione mi ha fatto capire di essere sostenitore della decrescita già molto tempo prima di aver conosciuto il termine.

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