“Ora, è lo stesso pianeta ad indicarci che la prossima vera crescita dovrà essere interiore, e dunque, dal punto di vista esteriore, grossolano, sarà una decrescita. E la felicità in questo processo, per chi lo vorrà cogliere, consisterà nell’apprezzare sempre di più le ricchezze interiori, che dovranno poi essere espresse nel mondo e nella vita collettiva, in una società più sostenibile e più gusta.” Dott. Stefano Pischiutta
Essendo buddista e “decrescista” nello stesso momento, sempre più mi rendo conto quanto questi due aspetti, che fanno parte oramai della mia vita da qualche anno, siano strettamente connessi tra di loro e di come l’uno richiami inevitabilmente l’altro. Di questo ho cercato di parlare nel mio saggio “Decrescita Felice e Rivoluzione Umana” che ho scritto due anni fa e dal quale è nato questo blog. Di questo ho cercato di parlare nei miei post, nei pochi articoli che sono riuscito a pubblicare su riviste, nei miei interventi, nelle presentazioni, negli incontri.
Da una parte il Buddismo di Nichiren Daishonin, che pratico da sette anni, mi ha insegnato che esiste la possibilità, in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza mi trovi, di sperimentare uno stato di profonda gioia e di profonda fiducia nella vita, che la mia esistenza non è separata da ciò che mi circonda e che il mio stato interiore condiziona ogni aspetto della realtà. Tramite la pratica, lo studio e l’approfondimento della propria fede si può valorizzare e dare un senso a ciò che facciamo, indirizzando se stessi e la società nella direzione della creazione di valore, ovvero nella trasformazione della sofferenza in felicità. La vita è una sfida continua con l’illusione innata dentro di noi, l’atteggiamento di aprire la propria vita, di sperimentare compassione e saggezza nel pieno della propria sofferenza è ciò che garantisce una vittoria sulle nostre paure, sulle nostre insicurezze, sulla nostra oscurità. Vincere significa innanzitutto manifestare la nostra natura illuminata, la nostra consapevolezza intrinseca di poter superare qualsiasi difficoltà, a partire proprio dalla trasformazione del nostro spirito. Il nostro cambiamento interiore, la nostra rivoluzione umana è ciò che fa la differenza.
Dall’altra parte, la Decrescita Felice, assieme alle complesse tematiche economiche, ecologiche e sociali a cui è strettamente collegata, mette in discussione il sistema occidentale che ha uniformato il mondo e lo sta portando inevitabilmente al collasso. La decrescita felice indica la possibilità di un cambiamento dei nostri stili di vita, del nostro modo di pensare la vita, di fare politica, di prendere scelte importanti. Si tratta quindi di riportare l’uomo su un binario che lo conduca a crescere e migliorare effettivamente, uscendo dall’illusione del progresso e della crescita economica illimitata. Più che questioni tecniche, la decrescita felice riguarda la cultura, perché è da essa che sono nati i problemi economici, ecologici e sociali che stanno degradando il nostro presente e minacciando il nostro futuro. Il senso del limite è fondamentale per ritrovare un equilibrio nelle nostre esistenze terrene, per vivere in armonia nel nostro ecosistema e col nostro corpo; il senso della possibilità invece attiva la nostra creatività e la nostra progettualità e la indirizza verso un mondo migliore.
Buddismo e Decrescita diventa quindi, a mio modo di vedere, un binomio inscindibile, un passo indispensabile per l’evoluzione, e non il progresso, della nostra specie non più basata sulla competizione ma sull’empatia. Entrambi pongono il loro fuoco sul rinnovamento dello spirito umano, sullo sviluppo e la cura della nostra consapevolezza interiore, che ci permette di distinguere ciò che ha valore per la vita universale, e che quindi la sostiene, da ciò che invece la danneggia e la distrugge.
E’ ovvio che oggi non siamo consapevoli che la nostra condizione vitale così come il nostro stile di vita e il sistema economico che abbiamo costruito stanno seriemente mettendo a rischio il presente e il futuro dell’umanità.
Come sai mi trovo del tutto in linea con la tua visione a dire il vero sia filosofica che poi sull’attuazione pratica. Mi trovo a dissentire nell’idea che buddismo (con i vari accenti che questo può avere) e decrescita sia binomi inscindibili. Ovvero: non necessariamente un individuo deve identificarsi con una corrente di pensiero spirituale per poter condividere gli aspetti che si collegano alla Decrescita.
Ti esprimo questo proprio perchè credo necessaria un’opera interiore di “solve et coagula” per la creazione della nostra pietra filosofale, ma si può arrivare a ciò tramite vie diverse.
Eternamente incuriosita dei vari modi con cui le varie civiltà si sono approcciate al divino, mi sono accorta della validità e dei loro principi originari. E il mantenermi aperta alla conoscenza e bellezza che ognuna esprime mi permette di non “religarmi” dentro nessuna di esse apprezzandole tutte. I cinesi ci hanno donato la medicina con lo studio dei 5 elementi e i meridiani corrispondenti, l’astrologia, la radiestesia ed il Feng Shui. Gli indiani le cure ayurveda, l’analisi dei chakra. Gli ebrei, i nativi americani, i cristiani, i buddisti, i taoisti. Una visione olistica ci dona la possibilità di una sintesi che avviene poi dentro di noi.
si si , infatti ho scritto a mio modo di vedere
ognuno la vede come preferisce 🙂