Bioeconomia e decrescita felice

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MDF_LOGO_JPEG_574X274Nella sua Prolusione al Consiglio Permanente della CEI il Cardinale Bagnasco introduce il termine “Bioeconomia”, chiaramente in termini antropologici, affermando il primato dell’uomo sul Mercato e della Vita sulla dittatura del PILedel profitto. Ma il primo a parlare di bioeconomia è stato l’economista rumeno naturalizzato americano Nicholas Georgescu Roegen nel suo libro La legge dell’entropia e il processo economico (1971).

Georgescu Roegen è stato fra i primi, e fra i pochi, a teorizzare e ad auspicare una economia che soddisfi i bisogni dell’umanità riducendo al minimo l’entropia, cioè il disordine, la dissipazione e i consumi di risorse rinnovabili ad un ritmo superiore alla loro capacità di rigenerazione. Positivo dunque che il cardinale Bagnasco parli di Bioeconomia, ma ciò andrebbe inteso nella sua accezione più ampia.

D’altronde, la sopravvivenza dell’uomo e della Vita sulla Terra non può prescindere dalla questione ecologica e dal fatto che già oggi la nostra impronta ecologica è superiore alle capacità rigenerative del pianeta. Come a dire che stiamo mangiando nel piatto dei nostri figli e dei nostri nipoti. Molti economisti si illudono che nel 2013 o nel 2014 ci sarà un “rimbalzo” e l’economia tornerà a crescere. Si rifiutano anche solo di considerare l’ipotesi che siamo alla crisi finale dell’economia di Mercato, ovvero di un’economia che è tutto fuorchè bio, perchéè stata finalizzata solo alla crescita indefinita della produzione e del consumo di merci.

Questa economia dissipativa ed energivora è oggi schiacciata dai debiti, sia pubblici che privati, che sono stati contratti per sostenere i consumi in un periodo in cui l’offerta di merci supera largamente la domanda, depressa anche da una diffusa riduzione del potere d’acquisto. Oggi cercare di uscire dalla crisi stimolando la crescita è come cercare di rianimare un moribondo a bastonate perché la crescita non è la soluzione ma la causa della crisi. È ora di cambiare paradigma culturale per passare dalla crescita insostenibile alla decrescita felice (non a caso il termine decrescita è stato utilizzato la prima volta da Nicholas Georgescu Roegen).

Il Movimento per la Decrescita Felice da molto tempo cerca di far conoscere a tutti, cittadini, politici, economisti, industriali, sindacati, le proprie proposte per superare la crisi economica. Si pensi a quale enorme impatto positivo avrebbe, in termini di creazione di posti di lavoro, di riduzione degli sprechi di energia e delle immissioni in atmosfera di CO2 una sorta di “Piano Marshall” nazionale per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio nazionale, pubblico e privato, che in media spreca i 2/3 dell’energia utilizzata per il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo.

Sarebbe un enorme volano economico per rilanciare il settore dell’edilizia, un settore oggi in crisi. Il denaro per realizzare gli interventi di efficientamento energetico potrebbe essere stanziato dalle banche e dallo Stato (al posto di finanziare gradi opere costose e di dubbia utilità) e i risparmi sui costi di gestione degli edifici efficientati permetterebbero nel giro di pochi anni di ripagare l’investimento.

Siamo in periodo elettorale eppure di questi temi concreti si parla molto poco, salvo isolate eccezioni. Noi, ostinatamente, continuiamo a ribadire la necessità e l’urgenza di spostare la priorità dalla crescita del PIL alla crescita dell’occupazione in lavori utili, ovvero finalizzati alla riduzione dei consumi e degli sprechi e alla salvaguardia del territorio e del pianeta. E’ questa la proposta di bioeconomia del Movimento per la Decrescita Felice.

di Luca Salvi (Mdf Verona)

Fonte: Movimento per la Decrescita Felice

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