I bambini, lo dicono tutti, sono sempre più veloci, più intelligenti, più pronti per questo mondo. E’ sicuramente vero. E’ cosi vero che mio figlio di 8 anni soffre di enciclopedite, vuole imparare tutto e vuole entrare nel merito di qualsiasi cosa con maniacale precisione.
Per esempio gli uccelli: non gli basta sfogliare per ore e ore ogni tipo di manuale scientifico su cosa mangiano gli uccelli, quanti tipi ce ne sono, come si riproducono e in zone del mondo vivono, non gli bastano tutti i documentari, le foto su google image e i libri specializzati, vuole proprio conoscere a memoria tutti i loro nomi, le famiglie e le specie. Un’ossessione direi, più che la voglia di imparare.
Tutti dicono – che genio tuo figlio! quante cose sa – io invece non vi nego che sono un po’ preoccupata. Non è certo una cosa grave, guaribile senz’altro ma voglio spiegarmi meglio.
Voler imparare è certo un buon segno, ma voler ingoiare conoscenza pura a cucchiaiate, senza neanche sapere perchè è ben diverso. Un giorno mio figlio è venuto da me preoccupato e mi ha detto: mamma, sono triste perchè non so se voglio occuparmi ancora degli animali o voglio conoscere i treni, c’è cosi tanto da sapere!!
La maestra che è donna saggia e grande osservatrice mi ha fatto notare un particolare cosi prezioso che voglio condividerlo con voi: l’intelletto è da tenere a bada. A quest’età e soprattutto quando i bambini sono piccoli le spiegazioni razionali sono puro fumo negli occhi. I bambini hanno bisogno di ben altro.
Glieli faccia dipingere questi uccelli signora, mi ha redarguito, glieli faccia osservare andando in passeggiata, gli faccia ascoltare i versi, prepari dei nidi insieme a lui andando nel bosco a vedere come sono fatti. Il bambino ha bisogno di essere liberato dai troppi stimoli intelluali e lasciato libero di vedere attraverso il vasto mondo degli uccelli il suo vasto mondo interiore.
Sfogliate insieme libri dove gli uccelli sono illustrati, non gli servono immagini scientifiche, lui ha bisogno di sognare!! Il suo bisogno enciclopedico è solo ansia da prestazione, un tipo di conoscenza che raffredda il sapere, materializza, indurisce i sentimenti. I bambini hanno bisogno d’altro… hanno bisogno di immagini immateriali con cui nutrire la loro voglia di imparare…
Ciao Sabrina! Credo che tuo figlio non sia un caso unico, ma anzi rappresenti bene la tendenza culturale di questi ultimi decenni… Il proliferare di informazioni, a cui è sempre più facile avere accesso – e dalle quali siamo letteralmente sommersi sin dalla più tenera età -, non è purtroppo andato di pari passo con il diffondersi di una cultura della moderazione, oltre che di criteri di scelta che possano orientare i fruitori verso i dati più essenziali, più funzionali o semplicemente relativamente più importanti. Vi è poi senz’altro un altro aspetto: la cultura dell’autoaffermazione si espande e instaura in noi il meccanismo del senso di colpa se non facciamo abbastanza, se non sappiamo abbastanza; non ci lascia il tempo, nell’affannosa attività di accumulazione cognitiva che assorbe ogni nostro momento, di riflettere su quale sia la reale necessità di tutto questo (sempre che ve ne sia una). Ho volutamente estremizzato il discorso, perché per sempre più persone è proprio questo il problema di fondo: si tratta di un circolo vizioso – quello dell’accumulo di sapere – dal quale è difficile uscire. Secondo me il consiglio della maestra è giusto. Un’altra via potrebbe essere quella dello sport. Consiglierei anche lo zazen, ma forse per un bambino di 8 anni è prematuro… però la curiosità è anche e soprattutto un dono, basta che non diventi compulsiva…
sono perfettamente d’accordo ed il problema principale è che più chi ci sta intorno cade in questo circolo vizioso, più è difficile mantenersene fuori anche se ne è coscienti, perchè il rischio che si corre , pur se si sa di essere nel giusto, è quello che si passerà il tempo a sentire che chi non si rende conto di questa trappola(cioè la maggioranza di quelli che ci circondano) non ci riterrà alla sua altezza, perchè non siamo una treccani. ho ventisette anni e vivo continuamente questa contraddzione. trasmetta a suo figlio che i limiti sono ciò che c’è di più umano in noi, e che riuscire ad accettarli e ad ammetterli è ciò che ci rende più amabili agli occhi degli altri, mostrandogli che lei stessa lo ama proprio per quelli, per tutto quello che non sa o non sa fare, e penso che non avrà altro da insegnarli.
(PS avete qualche bel libro da consiglarmi sull’argomento?:) grazie)
Fa parte dei Tempi che viviamo ora e quindi della nostra società.
Il calcolo infinitesimale ci ha definitivamente portati ad abbandonare la geometria euclidea e così per ogni campo si può investigare all’infinito e c’è questo continuo spasmo per riuscire a toccare, a raggiungere l’infinito -cosa peraltro frustrante perché materialmente impossibile. E’ un po’ quello che facciamo con la crescita economica, no? Vogliamo una crescita teoricamente infinita (o diteci, politici ed economisti quando dovremo fermarci e tornare indietro) in un pianeta finito.
Forse l’uomo (o il bambino) riuscirebbe a placare l’irrequieta causa di infelicità se passasse un po’ più di tempo all’aria aperta, a contatto con la natura, con l’unico compito di assaporare il divenire, lo scorrere del tempo, immerso nella contemplazione e nell’essere.
verissimo Manuel, infatti ho notato che portare i miei figli a fare lunghe passeggiate almeno un paio di pomeriggi a settimana li aiuta moltissimo a decomprimere i tempi della scuola e della vita frenetica. ne parlo sul mio blog proprio in questi giorni sul post Come organizzare una spedizione senza muoversi dalla città http://www.vivere-semplice.org/?p=3626
Appena ho letto questa frase ‘mamma, sono triste perchè non so se voglio occuparmi ancora degli animali o voglio conoscere i treni, c’è cosi tanto da sapere!!’ mi è scattato un campanello d’allarme. E’ possibile che si tratti di sindrome di Asperger, più che di enciclopedite.
Perchè mai azzardi una cosa del genere? Non credi sia un po’ pesante? So pochissimo di questa sindrome ma guardo mio figlio e vedo un bambino con relazioni sociali normali, capace di raccontare una barzelletta agli amici, capace di concentrarsi, abilissimo con il corpo, salta, fa pallacanestro, amante della socializzazione, pieno di amici…. secondo me queste cose non si dicono con leggerezza!!
signora,mi permetta di intervenire.
La sindrome di Asperger non è nulla di grave.
Non inficia le capacità sociali ne tantomeno di concentrazione (quest’ultima anzi tutt’altro).
Io stessa ho sempre avuto una normalissima e soddisfacente socialità, un po’ imbranata fisicamente da piccola,ma con la pratica costante di sport risolta in adolescenza. Molte passeggiate all’aria aperta e nessun problema di concentrazione fino ad un particolare momento della mia vita, che mi ha costretta a fare i conti con il mio modo di essere.
Una curiosità maniacale e inquieta, uno sfasamento sempre percepito nei confronti degli altri, poco interesse per le reazioni emotive altrui e mie.
Tutto non mi ha mai impedito una vita soddisfacente ed anzi ho capito ed accettato cose che gli altri reputavano bizzarre in me e se suo figlio ne fosse affetto probabilmente sarebbe lei a dover imparare qualcosa da lui.
non è limitante. non è autismo grave. ci pensi un attimo, prima di accusare la società o di preoccuparsi se lo vedrà “particolare” crescendo.
saluti
cara signora Giulia
queste sue parole sono preziose, grazie. Vorrei solo precisare che non mi preoccupa la diversità o la particolarità nel comportamento dei bambini. Quello che mi stupisce e mi inquieta è che una persona senza conoscere e senza aver approfondito possa parlare di una cosa non proprio ordinaria come l’Asperger. Gli allarmismi fanno male quanto l’indifferenza!!
Ho cinquant’anni e da bambino ero come tuo figlio. Grazie per avermi aiutato a capire qualcosa di quel mio tempo.
e aggiungo tante passeggiate “imposte” perchè io avrei preferito stare in casa ad imparare tutto su rocce e minerali, mentre mi si rimproverava di non essere come gli altri bambini che amavano stare all’aperto.
e di andare a scuola un anno prima non se ne parlò, perchè a detta di mia madre “mi sarei privata del gioco con i miei coetanei”. può capire, un anno di asilo in più,che guadagno ai miei occhi…non me ne importava nulla. ho odiato mia madre,se lo immagina?
non dico che suo figlio sia come me. ma pensi ad aiutarlo a capire che cosa gli piace e a capire lei che cosa lo stimola. e non lo renda preoccupato di ciò che pensa lei.
saluti di nuovo