Avere senza possedere

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Sicuramente buona parte della mancanza di solidarietà tra persone della società contemporanea è legata allo spirito individualista insito nel liberismo capitalistico estremo che domina la cultura attuale.
Questa infatti non media per niente anzi potenzia la punta di egoismo naturale che ogni essere umano ha ereditato come spinta biologica all’autoconservazione fino a farla diventare un credo economico-sociale che vede nel fallimento dell’altro un motivo di accrescimento delle probabilità del successo personale.
Si tratta di un inganno.
Ben costruito, credibile, intrigante, attraente… ma è un inganno.
E certamente è molto difficile riuscire a far breccia nelle coscienze delle persone che sono quotidianamente esposte sia a visioni del mondo prevalenti per le quali il modello del successo e del potere è quello dominante sia a continue iniezioni di bisogni fittizi che inducono l’urgenza di soddisfarli causando in ultima analisi proprio quel senso di permanente insoddisfazione che deriva dall’acquisto di beni e servizi di vario genere non corrispondenti a quanto ci occorre davvero per renderci sereni e felici.
Tuttavia esiste un esercizio semplice che, se attuato con continuità e costanza, può aiutare ciascuno di noi a recuperare il senso di libertà e dignità della vita in sé, a prescindere da quello che si crede di dover possedere per riuscire a sentirsi bene.
L’esercizio, consiste nel ripetersi più volte al giorno mentre utilizziamo qualsiasi cosa di nostra proprietà che tale cosa la abbiamo ma non la possediamo davvero. E’ solo in prestito. E questo sebbene sia invece in effetti di nostra proprietà. E’ un esercizio di distacco, di presa di distanza e consapevolezza. Ci porterà a un amore nuovo verso le cose che utilizziamo: un amore senza possesso, un amore puro.
Infatti, in realtà, tutto quello che abbiamo può esserci tolto in un momento, dai ladri, da un terremoto, da un incendio, da una controversia giudiziaria, da mille possibili eventi imprevisti. Il fatto che per fortuna simili accadimenti siano non frequenti, di per sé non ci autorizza a credere che possedere qualcosa possa darci la felicità. Al contrario ci darà il timore di poterne subire la perdita e quindi saremo infelici anche mentre utilizziamo qualcosa credendo di possederlo.
Un esercizio necessario per noi esseri umani, ma che gli animali tutti possiedono a livello istintuale.
Se vediamo perciò un bellissimo fiore in un giardino che ci affascina e cattura le nostre emozioni, proviamo a resistere all’impulso di coglierlo per portarlo in un vaso sopra la nostra tavola; se vediamo una coloratissima e leggiadra farfalla che vola come portata dal vento di boccio in boccio, proviamo a resistere alla tentazione di catturarla per rinchiuderla in un contenitore di vetro prima e in un libro, una volta morta e secca, poi.
La natura ci dimostra ogni istante che qualsiasi cosa tentiamo di prendere per possederla si consuma e spenge nelle nostre mai e scompare. Come possiamo essere così ciechi e incoscienti da continuare a cercare il possesso individuale all’ennesima potenza ?
Abbiamo già tutto…
Tutti.
Dobbiamo semplicemente reimparare ad apprezzarlo e goderne per come è, senza estirparlo, catturarlo, contaminarlo, modificarlo geneticamente, sottrarlo al bene comune, tacerne le proprietà salutari per anni cercando di ottenere una molecola di sintesi equivalente per brevettarla e diventare ricchi in pochissimi a scapito della salute di milioni di persone.
Quante cure benefiche avremmo potuto realizzare sino ad oggi continuando a fare ricerca sulle molecole e le proprietà naturali di piante e alberi e elementi biologici a fianco della ricerca supersponsorizzata rivolta nell’unica direzione delle molecole di sintesi che sono le sole ad essere brevettabili ?
Ancora soldi, ancora proprietà e ricchezza per pochi ad alimentare il motore dell’azione umana in questa società. Un vero peccato…
Qualcosa che gradualmente e con la sensibilità di tutti a vantaggio di tutti potremmo riuscire a cambiare.

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D.ssa in Lettere Moderne dal marzo 1990, nell’ottobre 2011 ha conseguito una seconda laurea, in Psicologia, e in dicembre ha completato il master triennale di Analisi Transazionale. Iscritta all’Albo Unico Nazionale dei Promotori di Servizi Finanziari con delibera Consob n°11776 del 07/01/1999. Iscritta al RUI ( Registro Unico degli Intermediari Assicurativi ) con iscrizione n° E000149972 del 16/04/2007. Ha conseguito l’iscrizione all’€fpa ( european financial planning association ) che rappresenta l’associazione garante della elevata professionalità e eticità nella professione di promotore di servizi finanziari in Europa con iscrizione del dicembre 2009.

4 Commenti

  1. e’ un argomemto coraggioso quello che affronti, se pensiamo al contesto attuale. La divaricazione enorme fra chi ha e molto e chi non ha ormai e’ giunta a livelli insopportabili. Ben vengano proposte, anche a livello di consapevolezza piu’ profonda, che poi da li’ tutto parte, che ci permettono di valorizzare quel che abbiamo e darne un senso che sia propriamnete umano e a servizio della comunita’. Nel rispetto di tutti, della natura o creato, dei piu’ devoli. Grazie.

  2. We grow up in this cancerous world that was fabricated by man to control everything. Man has to let go! Give up wanting to dominate and possess! Man should start to give back what he took from this planet before he’s gone and his siblings will be worse!

  3. L’ho sempre pensata come te, ma limitando i consumi non si perdono posti di lavoro?questo è il mio dubbio e anche che la decrescita è troppo bella per essere attuabile nel mondo così com’è Comunque saluti e complimenti.

  4. Ciao Silvana,
    probabilmente qualche effetto collaterale dannoso nell’immediato, come la perdita di posti di lavoro ( a cui peraltro stiamo già assistendo in questa fase di forte crisi economica ) ci sarebbe. Cambiare in corsa porterebbe ovviamente qualche scompenso… Purtroppo di scompensi in questo sistema già ce ne sono e molti e seri e gravi.
    Solo che sono per ora sufficientemente sporadici da noi mentre diventano massivi lontano dai nostri occhi occidentali perchè gravano soprattutto su alcune popolazioni di paesi meno sviluppati.
    E non pagandone severamente il peso da noi, siamo portati a preferire il mantenimento dello stato attuale ancora apparentemente più sicuro, rispetto alla scommessa di un cambiamento così radicale e in un senso che sembra un tornare indietro i cui effetti temiamo che potrebbero incidere gravemente sulle nostre piccole ma salutari certezze.
    Grazie comunque del tuo contributo e dell’occasione di scambio.
    Alessandra

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